[2468]
Ma perchè la missione dell'Africa Centrale, dopo sforzi così colossali, dopo vittime così gloriose pretese dalla morte, quando fiorivano tante speranze, per un successo felice, dopo spese sì grandi e dopo tanti sacrifici, dovette interrompere la sua grandiosa e sublime opera di conquista e sospendere quasi del tutto il proseguimento della sua attività? E' perchè nel 1861 ci si vide posti nella dura necessità di abbandonare le stazioni fiorenti del Fiume Bianco, che i missionari avevano fondato tra gli stenti e che erano le più importanti e le principali sul loro territorio da convertire? E perchè i missionari, ridotti a un piccol numero, che avevano dato prova di uno zelo così mirabile, dal centro della loro attività, dovettero ritirarsi in Egitto? Perchè in questa sublime missione dell'Africa Centrale dopo 15 anni di attività subentrò una stasi e perchè era incerta del suo avvenire e si vide minacciata nella sua stessa esistenza?
[2469]
Ogni impresa di grande importanza, che mira a un principio che nobilita l'umanità, per essere atta a questo fine ha bisogno di un'organizzazione che risponda allo scopo e che sia sapiente. Solo da ciò dipende il buon successo di una grande opera, che si deve fondare. Una tale organizzazione deve avere uno scopo ben determinato e chiaramente formulato, affinchè l'edificio che si vuole erigere abbia un fondamento sodo e inconcusso. Dev'esserci un centro da cui può emanare l'attività; ci devono essere i mezzi necessari e le forze collaboratrici, con le quali soltanto ci si può ripromettere fruttuosi risultati; e in fine si deve imprimervi il sigillo della durevolezza e della progressiva crescita di tale organizzazione.
[2470]
Certo la missione dell'Africa Centrale possedeva molti uomini capacissimi, che le diedero principio, animati dal vigore degli eroi e dal più nobile coraggio. Noi vedemmo qui operai evangelici di meraviglioso talento, adorni di tutte le virtù apostoliche, che consacrarono alla missione tutte le loro energie, che la sostennero e cercarono di conservarla. Essa aveva protettori potenti ed aiuti materiali in abbondanza, procurati dalla munificentissima carità austriaca. Sennonché le mancarono quegli elementi, che non dovrebbero mancare mai per far risaltare la durevolezza del successo. Le mancava un centro di attività, tanto in Europa come sulle coste d'Africa, centro che avrebbe dovuto rifornirla di aiuti secondo il bisogno, che avrebbe dovuto constare di operai evangelici di ambo i sessi, capaci di esercitare il ministero apostolico nell'interno della Nigrizia. Per ripeterlo ancora una volta, l'organizzazione di questa Missione non rispondeva al fine né prometteva successi.
[2471]
Vi lavoravano sacerdoti eccellenti sotto ogni rispetto, ma che provenivano dalle diocesi del Tirolo, della Baviera, di Lubiana e dalle regioni fredde della Germania e dell'Austria. Di là si portavano direttamente nelle zone torride dell'Africa Centrale, senza aver prima trascorso un tirocinio comune ed uguale per tutti indirizzato a questo scopo. Questi tirocini e i vari stadi pei quali il missionario dovrebbe passare prima di incominciare la propria carriera, sono indispensabili. I missionari si portavano nei climi torridi del Fiume Bianco, senza essersi prima acclimatizzati nei vari punti, che si trovano tra questi e l'Europa. In primo luogo sarebbe stato urgente e necessario fondare in Europa un Seminario ben avviato, onde preparare giovani sacerdoti per la difficile e pericolosa missione dell'Africa Centrale. Qua e là sulle coste dell'Africa si sarebbero dovuti fondare collegi, ove i missionari si sarebbero potuti assuefare al clima ed esaminare anche se erano all'altezza dell'importante compito, e rendersi così idonei e valenti operai per il difficile apostolato dell'Africa Centrale.
[2472]
Prima ancora si sarebbe dovuto dar vita ad una Congregazione di Suore Missionarie per mezzo delle quali si sarebbe dato alla missione un aiuto potente ed indispensabile per la diffusione della fede in seno alle famiglie. Queste Missionarie costituiscono un elemento indispensabile e sotto ogni rispetto essenziale. Poi sulle coste africane si sarebbero dovuti erigere istituti, dove potessero ugualmente vivere e lavorare tanto gli europei quanto gli africani e dove gli indigeni di ambo i sessi si sarebbero potuti istruire per diventare essi stessi apostoli della fede e della civiltà tra i loro connazionali. Questo dalla Chiesa è sempre stato ritenuto come il mezzo più efficace per portare un popolo alla vera fede e per compiere così nel modo migliore la missione dell'Uomo-Dio, cioè la conversione al cristianesimo. La Missione dell'Africa Centrale mancava di tutti questi elementi, del tutto necessari per assicurare l'entrata della religione di Gesù Cristo in questi paesi così vasti e lontani. Dobbiamo tuttavia riconoscere anche in questo il vero, che cioè le opere di Dio, come avviene anche nei processi misteriosi della natura creata, incominciano come un seme minuscolo, che poi si sviluppa sempre più, dallo stato d'infanzia arriva ad una maturità sempre maggiore, e soltanto un po' alla volta cresce fino alla perfezione. Così doveva essere anche di quest'opera grandiosa di redentrice carità cristiana, che fu posta senza appariscenza nella terra, come l'evangelico granello di senapa, poi spuntò e a poco a poco crescerà ed in fine darà i suoi frutti.
[2473]
Per quello che riguarda gli elementi preparatori e richiesti dal fine, nel mio "Piano per la rigenerazione dell'Africa" si può trovare un abbozzo di tutto ciò, che è necessario ad erigere il grandioso edificio dell'evangelizzazione della Nigrizia. Questo Piano, ritenuto da prima come una pura utopia e come una illusione anche da alcune ragguardevoli Società, nondimeno fu dall'amatissimo Papa Pio IX pienamente approvato in tutte le sue parti. Un po' alla volta esso ottenne anche l'approvazione di alcuni personaggi distinti per autorità ed erudizione, e soprattutto di molti venerabili Vescovi e Vicari apostolici d'Africa. Il R.mo Mons. Lavigerie, Arcivescovo di Algeri, mi confessò con grande schiettezza che i grandi Istituti da lui fondati nella sua diocesi per la Prefettura del Sahara, sorsero sulla stessa base e proprio secondo i principi del mio Piano.
[2474]
Incoraggiato dalla parola del Vicario di Cristo e dello zelantissimo Mons. di Canossa, Vescovo di Verona e mio Superiore, e sostenuto in modo tutto particolare dagli onoratissimi membri della Società di Colonia, ho superato tutte le difficoltà che da ogni parte si opponevano all'attuazione del mio Piano e non vi ho dato importanza alcuna. Pareva che il nemico del genere umano avesse fatto di tutto per procurare l'annientamento di questa santa Opera, giungendo fino a minacciare di annientamento il trono del nostro santo Padre Pio IX. Ma nelle disposizioni della sua Provvidenza Dio ha stabilito, che le opere, che devono servire alla sua maggior gloria, siano contrassegnate dal sigillo della Croce, ed essendo nate ai piedi della Croce, anch'esse, come la Chiesa di Dio, in questo mondo, devono sostenere i duri colpi della persecuzione e le ostilità che l'inferno escogita contro di loro. Ma Dio volle salvare l'opera sua!
[2475]
E la salvò per mezzo del suo santissimo Vicario su questa terra. Per l'assistenza della sua benemerita Società e per la carità della Germania cattolica noi ora lavoriamo all'attuazione del mio Piano. Ora questo Piano non solo è stato riconosciuto dal Capo della Chiesa e da loro come quanto mai rispondente allo scopo e perfettamente adatto alla fondazione della Nigrizia, ma ora gode anche l'approvazione dei più assennati e prudenti personaggi del secolo, nonchè dei più alti e distinti dignitari della Chiesa, delle Presidenze delle varie Società, e di quegli uomini che hanno grande esperienza in fatto di fondazione di grandi opere e soprattutto di fondazione di opere missionarie. Solo a Dio perciò ne sia resa gloria, Lui solo è l'Autore di quel Piano! Ma dopo Lui sono Loro, miei cari amici, che ne hanno il merito maggiore. Riflettano, o Signori, che se loro vedono ora la santa Opera appena incominciata, i tempi che verranno vedranno i meravigliosi successi degli Istituti d'Egitto che vi hanno posto la base e che costituiscono quel centro d'azione, da cui l'attività apostolica si estenderà a tutta l'Africa Centrale. E questa è tutta opera loro! Se poi la nostra posterità vedrà nelle contrade della Nigrizia milioni di anime suddite della Croce ed esemplari di buon costume e di vita civile, è opera loro, perchè Loro ne hanno presa l'iniziativa.
[2476]
E' a Loro e alla Loro Società, che deve la sua esistenza la grande Opera, per mezzo della quale noi abbiamo le più liete e giuste speranze di conseguire la salvezza della Nigrizia. Senza di Loro e della loro Società la grande Opera non si sarebbe potuta fondare e la Nigrizia per molti secoli ancora resterebbe assonnata e dormirebbe il suo sonno di morte. Dalla santa città di Colonia, dalla tomba dei tre Re Magi, primi apostoli delle terre pagane, spuntò il primo raggio di luce, che dissiperà per sempre le ombre del paganesimo, che da oltre quaranta secoli, tengono avvolto nelle tenebre l'orizzonte della Nigrizia.
[2477]
Tuttavia per l'amministrazione e direzione degli Istituti di Egitto e delle missioni dell'Africa Centrale occorre dall'Europa un corpo di insegnanti composto di sacerdoti distinti, zelanti e istruiti, per poter proseguire l'opera anche dopo la mia morte. Questa è una disposizione del mio Piano, ed anche un desiderio di Propaganda. Nel 1867 pertanto sotto gli auspici dell'eccellentissimo Vescovo di Verona, Mons. di Canossa, ho aperto a Verona un Collegio per la Missione della Nigrizia, con lo scopo di formare Missionari europei per l'apostolato dell'Africa Centrale. Per mancanza di mezzi non mi fu possibile acquistare una proprietà per questo Istituto e dovetti pagare annualmente un affitto per una casa provvisoria. Ma finalmente con l'aiuto di Dio e di S. Giuseppe, protettore della nostra Chiesa Cattolica, riuscii ad acquistare a Verona per il detto Istituto una conveniente abitazione propria. Infatti per questo scopo io ricevetti dalla straordinaria munificenza di sua Maestà apostolica l'Imperatrice Maria Anna Pia d'Austria la vistosa offerta di 20.000 franchi. Allora, unitamente alle altre piccole somme inviateci dalla Provvidenza, fui in grado di pagare del tutto la casa. E Voi, che mostrate tanto zelo per la conversione della Nigrizia, pregate Iddio di conservare ancora a lungo sulla terra questa insigne benefattrice del genere umano e della Nigrizia. Dio ricompensi con la sua benedizione celeste questa pia principessa ed il suo illustre sposo, l'Imperatore Ferdinando I. La vostra preghiera penetrerà il cielo ed un giorno voi avrete in quest'anima grande una interceditrice immortale.
[2478]
A Verona si fondò anche l'Istituto delle "Vergini di Carità", onde gli Istituti per fanciulle in Africa possano avere di qui le loro maestre. Ma di questo, come pure di qualche altro, parlerò più tardi.
[2479]
Premesse queste notizie generali sul progresso dell'Opera della rigenerazione dell'Africa, do ora ai benemeriti membri della Società un rapido ragguaglio concernente:
1. Gli Istituti dei neri in Egitto;
2. Il Postulato, a favore dei neri dell'Africa Centrale,
indirizzato al S. Concilio ecumenico Vaticano;
3. La piccola spedizione in Egitto, intrapresa recentemente dal
Collegio delle Missioni africane di Verona.
[2480]
I - GLI ISTITUTI DEI NERI IN EGITTO
In Egitto attualmente ci sono tre Case o Istituti per neri:
A) La casa del S. Cuore, Istituto per i negri.
B) La casa del S. Cuore di Maria, Istituto per le nere.
C) La casa della S. Famiglia, scuola per le nere al Cairo Vecchio.
[2481]
A) L'Istituto del S. Cuore di Gesú per la conversione dell'Africa
Scopo primario è il seguente:
1. Educazione religiosa morale dei giovani negri e l'istruzione dei medesimi in tutte le scienze ed arti, che sembrano utili per l'Africa Centrale, affinchè, dopo una formazione completa, possano tornare alle loro tribù e lavorarvi, sotto la guida di missionari europei, come propagatori di fede e di civiltà.
[2482]
2. Affinchè ivi i missionari europei, maestri e artisti, si possano acclimatizzare, per meglio sostenere più tardi il clima nei paesi della Nigrizia e le fatiche dell'apostolato.
[2483]
3. Qui i missionari europei imparano l'arabo e le lingue e i dialetti delle tribù nere, le cose più necessarie per la missione e prendono conoscenza delle abitudini e costumi dei musulmani, coi quali essi vengono a contatto anche nei paesi della Nigrizia. Ed essi vi si addestrano sulla maniera di trattare, nel miglior modo possibile e con la più grande cautela, uomini del tutto corrotti. Inoltre imparano qui le relazioni col governo egiziano e con le autorità consolari delle nazioni straniere. Si acquistano qualche nozione di medicina e qualche conoscenza pratica delle arti, che sono indispensabili. Ma soprattutto si devono studiare i mezzi e la pratica di guadagnare nel modo migliore e più efficace possibile anime a Dio. In una parola questo Istituto per il sacerdote è una scuola d'esperienza e una prova, che egli deve fare per imparare bene a fare il missionario e per poter esercitare nella maniera più efficace e conveniente il suo ministero nell'Africa Centrale.
[2484]
4. Il tirocinio in questo Istituto vale come tempo di istruzione e di prova, nel quale ci si può formare la più coscienziosa convinzione se i sopraddetti missionari europei e coadiutori, che devono portarsi nelle contrade della Nigrizia, siano dotati di una castità a tutta prova, di costanza nella fede, di umiltà e di abnegazione, della dedizione più generosa, della vera carità e di tutte le virtù necessarie all'apostolato. Le missioni dell'Africa Centrale infatti sono congiunte a gravi difficoltà e pericoli per chi vuole metter mano all'opera di conversione, e questo severo tempo di prova è necessario, perchè non capiti mai il caso che coloro che vanno laggiù a diffondere le virtù cristiane, soccombano essi stessi all'immoralità: "ne cum aliis praedicaverint, ipsi reprobi efficiantur".
[2485]
Inoltre questo Istituto ha come scopo secondario la conversione al cristianesimo della razza etiope (i neri), dimorante in Egitto, che secondo la relazione ufficiale del 1869-1870 del Levernay, soltanto al Cairo conta 25.000 individui. L'Istituto in questione ha poi un'amministrazione sua propria, per la quale è autorizzato dal R.mo Vicario Apostolico, e così con questa autorizzazione si può far molto a bene della Colonia europea come degli indigeni di qualsiasi rito e credenza. Godendo grande autorità e grande stima presso ogni classe della società, i missionari si servono di questi privilegi con vantaggio, a beneficio della missione d'Egitto.
[2486]
Per quanto concerne i negri in Egitto, abbiamo già incominciato con grande riserbo e circospezione a fomentare la conversione di quelli che si trovano presso famiglie cattoliche, e procedemmo con accortezza e circospezione ancora più grande coi negri, che si trovano presso eretici e musulmani; di regola noi attendevamo che la Provvidenza li conducesse ai nostri Istituti e nella maggior parte dei casi ciò accadde quando erano ammalati o abbandonati.
[2487]
I negri che si trovano presso le famiglie cattoliche, sono quasi tutti pagani o musulmani. La ragione di questo fenomeno, pregiudizievole al cattolicesimo, deriva dal fatto, che anche presso i cattolici di costumi esemplarissimi ci s'imbatte in un indifferentismo tradizionale per quanto concerne la salvezza dell'anima della loro servitù nera, la considerano più come un articolo di commercio che uomini, e non vogliono affatto che si facciano cattolici per una doppia ragione: anzitutto, perchè i neri, divenuti cattolici, acquistano con ciò stesso la libertà, e temono che allora vogliano smettere di restare al loro servizio. (Mentre noi possiamo dimostrare a costoro col fatto che coloro che col battesimo diventano cristiani danno prova di una fedeltà ancora più grande ai loro padroni!). In secondo luogo, se essi diventano cattolici e i loro padroni vogliono licenziarli dal loro servizio, essi non possono venderli più ai musulmani per guadagnare attraverso di loro denaro, perchè costoro non comperano neri cattolici, ma solo pagani o musulmani. Su questo particolare apostolato egiziano dei nostri Istituti ci siamo diffusi già l'anno scorso in una relazione del P. Carcereri. Ed i nostri cari membri saranno venuti a conoscenza dell'infelice situazione della popolazione nera in Egitto, specialmente se i neri dimorano in famiglie cattoliche di diverso rito. Sapranno valutare quali difficoltà e ostacoli si oppongono al più accorto e abile esercizio del ministero sacerdotale e quanta chiaroveggenza e riservatezza di contegno si richieda per ricavarne dei vantaggi. Sapranno apprezzare anche i risultati positivi che noi procuriamo così alla nostra santa Madre, la Chiesa. Infine si saranno convinti altresì che l'apostolato d'Egitto tra i neri, benché formi il compito secondario per i nostri Istituti, tuttavia di per sé attua già una parte molto essenziale della missione.
[2488]
L'Istituto del S. Cuore di Gesù comprende:
1. i missionari,
2. i catechisti e coadiutori,
3. il catecumenato e l'educandato dei neri,
4. un piccolo ospedale per neri.
Seguono qui, esposte brevemente, le regole di vita per i missionari degli Istituti d'Egitto, come le ho stabilite, soprattutto per loro, fin dal 1868.
[2489]
La vita del missionario, che ha rotto in modo assoluto e perentorio tutte le relazioni col mondo e con tutte le cose più care secondo natura, dev'essere una vita tutta di spirito e di fedeltà a Dio. Egli deve lavorare con intenso spirito di fede e di carità verso gli uomini per la salvezza delle anime. E a tal scopo è necessario, che oltre a una dedizione fedelissima al dovere, e ad uno zelo ardente, abbia anche un grande amore e timore di Dio. E' necessario ancora che abbia una padronanza ben sicura delle proprie passioni; la sua vita deve aprirsi al fervore per le cose spirituali, e deve contrassegnarlo un grande amore allo studio e al desiderio della perfezione e della vita interiore.
[2490]
A questo fine ho prescritto ai missionari degli Istituti dei neri le seguenti pratiche per l'acquisto della propria santificazione:
1. Osservanza esatta del regolamento e dell'Orario quotidiano.
2. Ogni giorno Messa e divino Ufficio, e ogni settimana confessione.
3. Mattina e sera orazioni vocali e Rosario in comune.
4. Al mattino un'ora di meditazione in comune.
5. Esame di coscienza, Lezione spirituale, Visita al SS. Sacramento o alla Cappella e Comunione spirituale in privato.
6. Atto di offerta a Gesù della propria vita e delle proprie fatiche per la consacrazione missionaria, mattina e sera in comune.
7. Lezione quotidiana della storia del Nuovo Testamento, della vita dei Martiri e dei Santi o dei missionari illustri.
8. Ogni anno in quaresima Esercizi spirituali per 10 giorni, e ritiro mensile al venerdì dopo la prima domenica del mese.
[2491]
9. In marzo mese ad onore del Patriarca S. Giuseppe; in maggio ad onore della beatissima Vergine Maria, con pratiche di pietà ogni giorno dei due mesi; novene, ottavari e tridui in comune e alle volte con prediche e canto in onore del SS. Sacramento, del S. Cuore di Gesù, della S. Famiglia, dell'Immacolata Concezione, e di altre feste della SS. Vergine, di S. Giuseppe, dei SS. Tre Magi, dei Santi Apostoli e Martiri, di S. Francesco Saverio, dei Santi Africani etc., delle Anime del Purgatorio etc., per la nostra S. Chiesa, per il Capo della nostra S. Chiesa, per la Propagazione della Fede, per la conversione della Nigrizia e per il benessere e per la salute dei benefattori dell'Opera della rigenerazione dell'Africa.
10. Speciali pratiche di pietà di ciascuno.
Per promuovere la santificazione dell'anime ho dato ai Missionari le seguenti prescrizioni:
[2492]
1. Studio frequente della S. Scrittura, applicazione alla Teologia Dogmatica, alla Morale, al diritto Canonico, alla Storia della Chiesa e delle missioni, alle dottrine degli eretici e dei pagani. Quest'ultima costituisce il principale oggetto di studio dei missionari e versa soprattutto:
a) sulle principali esigenze del ministero sacerdotale.
b) Sugli errori e le superstizioni dei popoli dell'Africa Centrale.
[2493]
c) Sugli errori dell'Islam in generale e quelli particolari dei musulmani d'Egitto, della Nubia e dei popoli musulmani di origine araba che vivono dispersi nell'Africa Centrale e che hanno conservato i principi della religione musulmana.
d) Sugli errori degli eretici e scismatici di ogni genere e di ogni rito in generale, e le particolari differenze tra gli eretici e scismatici d'Egitto, soprattutto dei copti, greci, armeni, anglicani, etc. e framassoni.
e) Sui pregiudizi perniciosi che dominato tra i cattolici dei vari riti in Egitto e tra alcuni monaci e preti orientali, pregiudizi che possono diventare un ostacolo per il progresso del cattolicesimo, che tiene per il Papa.
f) Sulle perniciose tendenze e vizi che dominano per la tradizionale ignoranza tra i cattolici d'Egitto; i mezzi più adatti per porvi rimedio.
[2494]
2. Studio accurato della lingua araba, francese, denka, berbera, bari, etc.
3. La storia, la geografia, l'agricoltura e gli usi dei paesi della Nigrizia.
4. Qualche nozione di medicina, di flebotomia, varie arti e mestieri, che sono utili nei paesi della Nigrizia.
5. Il servizio agli ammalati, assistenza spirituale e corporale.
6. Predicazione, spiegazione del catechismo, amministrazione dei Sacramenti negli Istituti dei Negri e nelle chiese.
[2495]
I nostri Missionari, tanto Sacerdoti che Laici, vivono insieme da fratelli nella medesima vocazione, sotto la direzione e dipendenza di un Superiore. Compiono con zelo quello che viene loro ordinato di fare, disposti ad aiutarsi a vicenda. Professano stima verso gli altri Missionari d'Egitto e si studiano di vivere in ottime relazioni con loro, anche nell'esercizio dei loro speciali uffici. La loro missione è soprattutto questa: essi hanno di mira l'evangelizzazione della Nigrizia. Benché non obbligati da voto, professano al Superiore religiosa e filiale obbedienza in tutto per amore di Dio, del buon ordine e dei veri progressi dell'opera sublime e santa, a cui si sono consacrati. E la loro dipendenza da lui riguarda l'esercizio medesimo delle funzioni del loro ministero, il disimpegno dei vari uffici di professione negli Istituti, il trattare coi neri, il permesso di assentarsi da casa, di assumere incombenze da estranei. In tutti questi punti ognuno deve agire in perfetto accordo col consenso e licenza del Superiore. Questi a sua volta si comporta con loro da padre e fratello. Egli cerca di secondarli con premura nei loro sforzi e di soddisfare i loro giusti desideri. E per venire incontro ai loro bisogni distribuisce le varie mansioni con riguardo alle loro inclinazioni e abilità.
[2496]
Il Superiore è responsabile dell'Istituto e degli individui del medesimo. A lui direttamente compete la direzione e amministrazione del medesimo e la sorveglianza sopra ciascuno, e la rappresentanza presso le autorità locali e le trattative di affari con esterni e le altre obbligazioni, che sono inerenti alla natura di Capo dell'Istituto. Nei casi di maggior rilievo il Superiore si consiglia coi confratelli più esperti e prudenti, specialmente quando si tratta di rimuovere conseguenze pericolose per l'Istituto.
[2497]
Tutti vivono in vita comune, contenti del vitto, vestito e provvista di libri e di altri oggetti, che ricevono secondo le entrate dell'Istituto. Ai soli Sacerdoti è permesso di usare per le loro necessità particolari di ciò che ricevessero dalle loro famiglie e dai loro proventi. Ma si vietano la diretta amministrazione dei beni particolari che posseggono in patria. Essi cedono a vantaggio dell'Istituto anche le entrate di offerte e di messe etc. Poi devono coadiuvare il Superiore, in quello in cui sarà richiesta da lui l'opera di ciascuno secondo la sua capacità nell'educazione dei neri nelle varie materie di scienze e di arti, secondo le disposizioni particolari stabilite per ogni Istituto.
[2498]
Secondo le disposizioni particolari delle competenti Autorità ecclesiastiche possono essere affidati ai sacerdoti anche la direzione spirituale degli Istituti per nere, il ministero della predicazione, l'istruzione religiosa nei due Istituti; ma dove ciò sia richiesto, deve concedersi a giudizio del Superiore.
[2499]
Nelle relazioni cogli esterni, il dovere e l'intenzione di ognuno è quella di guadagnare anime a Gesù Cristo, per il quale hanno lasciato la patria, i genitori e congiunti, in una parola tutto. Benché l'attività dei missionari si limiti ai poveri neri nei nostri Istituti e circa la particolare natura di questa Missione, pure massime i Sacerdoti colgono le propizie occasioni, come abbiamo accennato, per fare a tutti indistintamente il maggior bene che possono, rammentandosi di essersi consacrati ministri di Colui che patì e morì per tutti. Trattandosi tuttavia di conversioni di adulti, ognuno procede d'intelligenza col Superiore, il quale poi, quando lo richiedesse un caso particolare, si rivolgerà al Vicario Apostolico d'Egitto e a quell'autorità spirituale, che rappresenta la santa Sede. Ai fanciulli non cattolici, gravemente infermi non si amministra il battesimo, se non in caso di morte evidente, e questo sempre con le debite cautele.
[2500]
Nessun missionario può entrare negli Istituti delle nere, o compiervi un esercizio di ministero o un servizio di pietà; ciò si può fare solo se ne ha ottenuta facoltà dal Superiore ovvero un permesso speciale. Vanno eccettuati i casi in cui lo richiedesse una necessità urgente ed imprevista e solo in assenza del Superiore. E tale proibizione si estende anche a tutti i servi e una elusione ad essa è considerata come colpa grave,
[2501]
Nei nostri Istituti si osserva la clausura, che è assolutamente necessaria e che è consacrata dall'uso costante di tutte le associazioni religiose. Tuttavia nelle missioni essa viene regolata dalle circostanze e in determinati casi secondo la prudenza del Superiore. Le donne vengono ricevute nella comune sala di ricevimento, tenendo conto delle poche eccezioni, che il Superiore può fare per alcune pie benefattrici, o nel caso che si annunciasse una visita staordinaria.
[2502]
La direzione generale degli Istituti in omnibus et quoad omnia, tutti gli affari esterni e tutte le trattative con le autorità civili, in particolare con i Consoli europei e con il Governo egiziano, e la corrispondenza con l'Europa e ciò che vi si deve fare, resta affidato a me solo. In mia assenza la direzione generale degli Istituti dei neri e la gestione economica per i due Istituti in generale, è devoluta al P. Stanislao Carcereri. Il piissimo Don Bartolo Rolleri è maestro degli alunni neri. il P. Giuseppe Franceschini è insegnante in vari mestieri e in lavori manuali di vario genere. Mons. D. Pasquale canonico Fiore è direttore spirituale e cappellano dell'Istituto per le nere del S. Cuore di Maria e Don Giuseppe Ravignani tiene la gestione particolare dell'Istituto per le nere. Tutti si dividono la sorveglianza degli alunni e le altre occupazioni dell'Istituto. A Pietro Bertoli è affidata la farmacia e la cura per il reparto ammalati. Domenico dà l'istruzione in agricoltura.
[2503]
L'Istituto dei neri occupa tutto l'antico Convento maronita al Cairo Vecchio; possiede un ampio cortile e la chiesa più vasta e più bella del Cairo Vecchio. Con 1200 franchi ho preso in affitto questa casa per tre anni; essa è adiacente all'antico edificio che, come vuole la leggenda, è servito di dimora alla S. Famiglia in Egitto.
[2504]
Le Regole stabilite per il mio Istituto sono il frutto di lunghe osservazioni dell'esperienza. Le norme da me tracciate per esso non sono che il sunto sostanziale della forma condotta da seguirsi dai missionari. Io ho ferma la massima e la determinazione di maturare con la pratica e lunga esperienza il Regolamento più adatto per gli Istituti. Le sottopongo poi alla S. Congregazione di Propaganda Fide e alla suprema sanzione della S. Sede.
[2505]
Fin dalla fondazione degli Istituti non ci fu momento in cui non mi sono reso conto della mia difficilissima situazione rispetto a quello che esigono gli affari sia all'interno che all'esterno dei miei piccoli Istituti.
[2506]
Per quanto riguarda la mia posizione in confronto all'esterno dei miei Istituti, io mi vidi posto sotto la protezione e paterna benevolenza del rappresentante della S. Sede e riconobbi che il disimpegno dei doveri di un apostolato tanto importante e così difficile, com'è quello d'Egitto, non è facile se si considerano gli svariatissimi elementi che abbraccia.
[2507]
Bisogna trattare ora con il corpo ecclesiastico della Missione, ora col governo egiziano e con le autorità consolari di Francia, Austria ed Italia. Mi trovavo inoltre in mezzo a un clero di diversi riti orientali; in mezzo a sette di eretici e alla dominante massoneria. Il capo di un nuovo Istituto infatti deve avere sotto questo rispetto l'occhio vigile e attento su tutto e camminare coi calzari di piombo. Non trascurai neppure di ben ponderare la mia difficile posizione nei confronti dei membri dell'Istituto, dei quali mi vidi alla testa. Essi constavano di religiosi, la cui forma di istituzione era diversa da quello dei sacerdoti secolari poi di suore francesi, italiane e orientali, di morette riscattate da diversi benefattori ed educate nei diversi Istituti con norme differenti.
[2508]
Questi erano tutti elementi eterogenei, che per prima cosa io doveva mettere in perfetta armonia, ridurre ad unità di intenti e di bandiera. Con la massima accuratezza ed esattezza studiai il carattere, le doti e le attitudini di ciascuno affine di ben regolarlo e servirmene a beneficio della crescita e prosperità della nostra grande impresa. Che la grazia di Dio operasse nei nostri Istituti e che la sua benedizione fosse con noi mi apparve in modo chiarissimo dal fatto che nei miei missionari riconobbi uomini di grande coscienza, di fermo carattere, di fedeltà alla vocazione, di perseveranza, di vera carità verso il prossimo e di abnegazione. In queste virtù eccelle fra tutti specialmente il P. Carcereri. La Provvidenza inoltre ci concesse un vero amico, padre e consigliere nel Rev. P. Pietro da Taggia, Rappresentante del Vicario Apostolico e parroco al Cairo Vecchio, il quale lavora da 34 anni con grande zelo perle missioni. Egli ha già prestato eccellenti servizi al nostro Istituto; per l'opera nostra ha un interessamento pieno d'affetto e nei tempi del bisogno, della croce e delle sofferenze, egli è per la santa missione un vero conforto e un vero aiuto, per cui noi gli siamo oltremodo riconoscenti.
[2509]
Dio ce lo conservi per molti anni ancora! Lo stesso posso affermare di Mons. Ciurcia, Delegato apostolico d'Egitto, Arcivescovo di Irenopoli; nel nostro sublime compito egli ci è insieme padre e guida. Circondati cosí da vicino da uomini sí servizievoli, nelle circostanze difficili della nostra missione non tralascio mai di chiederne il consiglio. Gli affari di rilievo riguardanti gli Istituti, li sottopongo anche ai nostri sacerdoti missionari e faccio esprimere il loro parere in proposito; e questo anche perché è un mezzo ottimo per introdurli nella pratica degli affari e per metterli al corrente di tutto quello che esige la nostra sublime Opera. Più tardi ciò tornerà loro molto utile, se essa si sviluppa di più e se prende dimensioni sempre maggiori. Tutti i passi che facevo per i nostri Istituti e tutte le azioni prima venivano giudiziosamente ponderate e vagliate dal consiglio e dalla trattazione con altri e solo dopo di ciò mi decidevo ad agire energicamente nel nome del Signore.
[2510]
Dopo che a Dio e ai sentimenti nobili dei nostri missionari io debbo a questa provvida e salutare misura quell'umanità, obbedienza, buon ordine, armonia perfetta che regna nei nostri Istituti d'Egitto. Inoltre in questo modo i nostri missionari vengono messi in grado di dirigere da sé un Istituto. Io dirigo nello spirito i miei cari colleghi missionari e sono la guida del loro cuore; ma essi sono anche l'oggetto di tutta la mia stima, e di tutto il mio affetto. Noi siamo animati tutti da un unico ideale, da un'unica ardente brama: di sacrificare la nostra vita per amore di Dio, per amore della sua Santa Chiesa e per l'infelice Nigrizia. E noi, illustrissimi Signori della nobile Società di Colonia, siamo disposti a morire martiri per la fede! (Ricorderanno bene come i missionari d'Africa sono morti quasi tutti proprio al principio del loro apostolato). Sì, noi siamo disposti a morire per questo; ma vogliamo morire con giudizio, con saggia prudenza, operando per un'Opera grande, per salvare anime presso un popolo, che è il più abbandonato della terra. Perciò noi ci esponiamo con gioia ai più grandi pericoli della vita, ma con quella prudenza e magnanimità che si addice ai veri Apostoli e martiri di Gesù Cristo.
[2511]
B) L'Istituto del S. Cuore di Maria per la rigenerazione dell'Africa
Così ho chiamato l'Istituto delle morette, il quale è affidato alla direzione delle Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione. E' situato nelle vicinanze del Nilo, dirimpetto alle piramidi, a trenta passi di distanza dal luogo, ove la figlia del Faraone scorse nell'acqua il piccolo Mosè.
[2512]
Lo scopo primario e secondario di questo Istituto è analogo a quello dei neri, salvo alcune variazioni, che si devono fare per ragione dell'educazione, che mira soprattutto a formare giovani cattoliche, destinate a coadiuvare l'apostolato tra le nere, sia in Egitto come nell'Africa Centrale.
[2513]
Questo Istituto comprende:
1. Le Suore.
2. Le morette missionarie,
3. Le aspiranti e le assistenti,
4. Il Catecumenato,
5. Un piccolo ospedale per nere.
Le Suore, di cui io sono il Superiore ordinario, sono tenute ad osservare con la massima esattezza le Regole del proprio Istituto, del quale darò ragguaglio in altra circostanza e che fu fondato nel 1831 dalla S. Sede con il preciso scopo di formare forze che vengano in aiuto delle missioni estere.
[2514]
Le seguenti pratiche religiose si osservano, sotto la direzione delle Suore e con la partecipazione delle morette di tutte le classi dell'Istituto, soprattutto dalle missionarie, onde si corroborino nella loro santa vocazione:
1. Osservanza esatta di tutte le prescrizioni.
2. Mattino, mezzogiorno e sera orazioni vocali in comune (secondo la mia disposizione a bene particolarmente della missione della Nigrizia).
3. Al mattino una mezz'ora di meditazione in comune.
4. Esame di coscienza, esercizi di pietà, Visita al SS. Sacramento e Comunione spirituale, lettura spirituale a colazione, pranzo e cena.
5. Confessione e comunione settimanale secondo il consiglio del Confessore.
6. Spiegazione del Vangelo al mattino e Catechismo o Dottrina Cristiana al pomeriggio; la domenica e le feste in Cappella.
7. Ogni mercoledì un'ora di adorazione davanti al SS. Sacramento con Messa per la conversione della Nigrizia.
8. Esercizi spirituali, ogni anno dal 10 al 19 marzo, festa di S. Giuseppe; ritiro mensile l'ultimo giovedì del mese.
9. In marzo e maggio ogni giorno S. Messa e alla sera predica, preghiere particolari ed esposizione della Pisside.
10. Il primo venerdì d'ogni mese Pratica della Guardia d'Onore al S. Cuore di Gesù.
11. Novene, Ottavari, Tridui in onore di Gesù Cristo, della Vergine Maria e dei Santi, a secondo delle devozioni missionarie stabilite per l'Istituto dei Neri. Speciali preghiere per il trionfo della Chiesa, per la conversione dell'Africa e per i benefattori dell'opera africana.
12. Particolari esercizi di carità cristiana.
[2515]
Le Suore e le morette, che devono lavorare per la salvezza delle anime, si preparano ad iniziare l'apostolato della Nigrizia attraverso i seguenti studi:
1. Studio ampio del Catechismo e delle differenze dalle altre religioni, nella misura secondo cui quest'ultimo argomento è adatto al sesso femminile cattolico. Una missionaria impartisce loro di tanto in tanto questo insegnamento, e spiega con esempi le differenze delle eresie, come si fa anche nell'Istituti per i moretti. All'insegnamento delle controversie religiose si aggiunge anche un'istruzione sul modo migliore di convertire alla nostra santa religione la popolazione nera femminile di qualsiasi superstiziosa credenza. Si indicano loro il modo di argomentare e le similitudini più pratiche e piane per combattere e distruggere gli errori delle superstiziose credenze delle donne dell'Islam, del paganesimo e delle varie sette etc. Siccome in Oriente molto difficilmente gli uomini possono avvicinare le donne e siccome i missionari devono essere molto circospetti nel parlare e conversare con loro, noi ci ripromettiamo ottimi successi per la nostra santa fede cattolica soprattutto da parte delle Suore e delle morette nel loro influsso sul sesso femminile, nella loro qualità di missionarie. Mi sembra soprattutto importantissimo e oltremodo necessario che le giovani missionarie nere siano istruite in questo modo circa le differenze religiose, perchè solo così può essere facilitata l'opera nostra.
2. Le morette missionarie istruiscono le assistenti e le malate nella fede e nella morale cristiana, e preparano le catecumene per il santo battesimo.
3. Studio della lingua araba e denka.
4. Esercizi pratici di servizio e di assistenza spirituale agli ammalati. Alcune nozioni di medicina e di farmaceutica.
5. Studio di tutti i lavori manuali femminili di prima necessità per la Nigrizia, specialmente far vestiti, cucire, cucinare, tessere.
6. Oltre l'arabo, apprendimento dell'italiano, francese, denka, e di alcuni dialetti africani.
7. Esercizio di cucina, far pane, confezionare vivande con quei prodotti agricoli che, mediante un'agricoltura migliorata, si possono introdurre anche nei paesi dei neri. Intreccio di stuoie e preparazione di coperte con foglie di palma.
[2516]
Dalle morette sotto la sorveglianza delle Suore e delle più esperte maestre nere si preparano tutti i lavori di finezza e di valore che vengono commissionati dagli esterni e specialmente da magazzini europei. Si tratta di ricami di ogni genere in oro e in seta. Il far vestiti, il cucire e il far bucato per gli Istituti. La cura della cucina, del bucato, del servizio agli ammalati viene compiuta a turni settimanali dalle morette.
[2517]
Tra le Missionarie nere ve ne sono 16 di provata moralità, capacità e di vocazione soda, che sono perfettamente formate e pronte ad esercitare con ottimo successo il loro apostolato nell'Africa Centrale. Esse sono molto esercitate ed eccellentemente istruite nell'arte e maniera di attirare negre, onde rendere loro accessibile il cattolicesimo, sia che si trovino molto indurite nelle loro superstiziose credenze o che siano fanaticamente attaccate all'Islam.
[2518]
L'esperienza ci ha convinti che questo Istituto di negre è un elemento molto importante per guadagnare al cristianesimo la popolazione femminile nera, di svariatissime tribù, che vive in Egitto. Difatti spesso, quando le morette, musulmane o pagane, conversarono con le nostre e videro quale buona educazione e quali cognizioni esse avessero e come cantavano bene in chiesa, si risvegliò anche in loro il desiderio di farsi cattoliche. E molte infatti abbracciarono la nostra santa fede e vi perseverano con fedeltà. Certamente il numero delle convertite sarebbe di gran lunga ancor maggiore, se esse non avessero a lottare contro l'opposizione spietata dei loro padroni. Benchè molte di queste convertite, strappate violentemente dal seno delle loro famiglie, comperate e rivendute tante volte da uomini crudeli, fossero state esposte ai pericoli più raccapriccianti, tuttavia, ricevuto il S. Battesimo, manifestarono una grande purezza di costumi e si conservarono nell'innocenza battesimale. Ora se noi vediamo successi così belli in queste giovani missionarie in Egitto, dove ci sono tanti ostacoli da superare, quanto più grande sarà la loro efficacia non appena esse saranno trasportate fra le tribù nere dell'Africa Centrale! Là dove non ci sono lotte né contro il fanatismo musulmano né contro i pericolosi pregiudizi di padroni che non si piegano. E' nostra convinzione che in breve le loro consorelle nere saranno guadagnate alla nostra santa fede. Questa è una prova di più per l'opportunità del mio "Piano della rigenerazione dell'Africa".
[2519]
L'insegnamento nelle case delle famiglie cattoliche di ottima riputazione, vien fatto in modo che ci vadano sempre due nere accompagnate da una Suora. Generalmente una tale missione, che viene fatta a bene di una nera pagana o musulmana, porta anche altri frutti. Infatti pure altre vi si aggiungono, parte per curiosità o condotte dalla grazia di Dio, profondamente convinte a farsi cattoliche.
[2520]
E qui mi sia lecito fare una piccola digressione e narrare ai nostri membri della Società un caso grazioso toccato alla moretta Giuseppina Condè. Essa era stata educata con straordinaria cura ed amore a Salisburgo dalle Orsoline e mi fu mandata al Cairo nel settembre del 1869 dal R.mo Primate Arcivescovo di Salisburgo. Giuseppina Condè, nata nel sud del Darfur, il febbraio dello scorso anno fu accompagnata da una delle nostre Suore e da due missionarie nere nella casa di un copto, dove c'erano tre nere da istruire nella religione cattolica. Qui poi si trovò pure un'altra moretta venutavi per la curiosità di vedere le nostre missionarie e di parlare con loro. Erano lì appena da un quarto d'ora, quando costei, dopo aver gettato ripetutamente l'occhio su Giuseppina Condè, scoppiò in pianto dirotto. Giuseppina, senza sapersene dare ragione, incominciò a piangere anch'essa, per cui le altre s'intimorirono tutte e fecero del loro meglio per consolare le due. Improvvisamente la moretta che piangeva, si avvicina alla nostra Giuseppina e cerca sulla nuca di lei una cicatrice. Quindi le domanda se suo padre non si chiamava così e così. E Giuseppina rispose di sì. Allora il fiume di lacrime delle due si raddoppiò e non cessavano di guardarsi. La moretta estranea continua a fare nuove domande: "Tua madre si chiamava forse così e così? Il paese dove tu sei nata non si chiamava così e così? Non avevi tu un'altra sorella maggiore di te e una minore e un fratello, e non si chiamavano essi così e così?"... Giuseppina a tutto rispondeva di sì. Il pianto non cessava, e in fine essa chiese nuovamente a Giuseppina: "Quando tu eri ancora al tuo paese, non ti chiamavi così e così?" "Sì, mi chiamavo così e così". "Nella tua casa ti ricordi tu della tua sorella maggiore e del suo nome?" "Sì", rispose Giuseppina, "e come l'amavo la mia sorella maggiore!" "Ricordi ancora come i giallaba ti hanno strappato dalle braccia di tua sorella?" "Ricordo benissimo tutto questo", rispose Giuseppina. "Orbene, sappi che io sono la tua sorella maggiore".
[2521]
E a questo punto le due sorelle si buttarono l'una tra le braccia dell'altra. In quell'occasione Giuseppina venne a sapere che un giorno dopo di lei, anche la sua sorella era stata portata via con la forza assieme alla mamma. Dopo tre mesi di viaggio arrivarono nel Kordofan ed essa fu venduta ad un nubano, che se la portò con sé a Dongola e a Siut, dove passò in proprietà ad un mercante turco. Costui la vendette al Cairo ad un eunuco dell'harem del sultano, che la fece portare a Costantinopoli, ove divenne una delle mogli di un ricco musulmano, a servizio dell'harem imperiale. Da costui fu trattata bene, e provveduta di abiti, di perle e di diamanti. Ma quando egli se ne morì, essa cadde nella miseria e fu venduta ad un mercante di tabacco, che viaggiava alla volta del Cairo. Un suo figlio fu venduto a Smirne ad un mercante. Si trovava in Egitto da circa un anno, quando un mattino capitò in casa del copto e vi trovò a caso sua sorella. "Godo di averti ritrovata" disse a Giuseppina, "ma mi rincresce di vedere che sei cristiana; però spero che diventerai musulmana come me". "No, cara, anzi al contrario, io spero che tu diventerai cristiana. Io sono stata in Europa, ho trascorso molti anni in Germania e ivi mi hanno ricolmato di benefici e mi hanno fatto conoscere la via che conduce al cielo. Mi hanno inculcato l'amore alla SS. Vergine e mi sono fatta cristiana. Devi provare anche tu quanto sia bello essere cristiana". Ma l'altra non approvò questo suo parlare, godette tuttavia che Giuseppina fosse stata in Germania, solo non voleva capacitarsi che si fosse fatta cristiana. Giuseppina la invitò a farmi visita, cosa però che essa rifiutò per paura che io la rubassi e la facessi cristiana. "Vieni", le disse Giuseppina, "andiamo insieme dal nostro Padre, vedrai come è buono".
[2522]
Ma in quel giorno essa non volle sapere niente del buon padre. Venne un altro giorno, ma aveva ancora una gran paura. Desiderava che io lasciassi andare con lei a casa sua la sorella, cosa che io le rifiutai assolutamente. Poco tempo dopo essa visitava di frequente Giuseppina nell'Istituto ed ora sembra molto disposta ad abbracciare il cristianesimo. Ma finora non sono riuscito a comperarla dal suo padrone, che esige per lei un prezzo esorbitante e poca voglia di venderla. Preghiamo la Madre e Regina della Nigrizia, la Vergine Immacolata, che ci aiuti, affinchè anche quest'anima si salvi.
L'ospedaletto del nostro Istituto ha una farmacia che costa 2000 fr. e fornisce medicinali anche alle altre due case e per di più a molti poveri della città.
[2523]
Le Suore sono animate da uno spirito ottimo, esemplari nella loro vita religiosa e piene di dedizione e di zelo per l'opera nostra. E noi da parte nostra non tralasciamo di fortificarle nella loro vocazione, di aiutarle e di perfezionarle.
La Superiora è Sr. Veronica Pettinati, di Empoli, che prima fu Superiora a Malta e a Gerusalemme. Essa è veramente all'altezza della sua missione. La casa del S. Cuore di Maria è un fabbricato vasto e solido con un piccolo orto, che ho preso in affitto dal signor Bahari Abut, greco cattolico, per 1600 fr. all'anno.
C) L'Istituto della S. Famiglia
[2524]
In Egitto la condizione dei poveri neri è quanto mai pietosa e triste. Molti anni di esperienza mi hanno convinto che non solo il musulmano e l'infedele, ma anche il cristiano cattolico di carattere buono e irreprensibile, fatte poche eccezioni, considera gli infelici neri non come uomini, come esseri ragionevoli, ma come oggetti che recano guadagno. In generale un cavallo, un lama, un asino, un cane, una gazzella si apprezzano di gran lunga più di un nero o una nera. Il valore di questi ultimi è in proporzione solo al prezzo che sono costati o al denaro che essi possono fruttare coi loro servizi e fatiche o perfino con le loro perverse passioni. Qui il nero, come essere ragionevole, non ha valore alcuno. Solo una classe di neri è in grande onore, e sono gli eunuchi, i custodi degli harem. Tra cento neri, che a 7 o 8 anni di età vengono sottoposti a questa barbara operazione, forse venti restano in vita. Ora, dato che un eunuco costa dai 500 ai 1000 talleri prussiani, egli viene stimato di più in base all'alto prezzo. Da questo riconosceranno i nostri cari benefattori tedeschi quanto sia il bene che fanno allorquando devolvono le loro elemosine a questi infelici popoli neri. Questi poveretti, strappati violentemente ai loro parenti, devono fare faticosi e pericolosi viaggi per poi cadere nelle mani di padroni barbari, che se li scambieranno otto o dieci volte. E poi finiscono col divenire oggetto di disprezzo e vittime della crudeltà. La carità tedesca, dalla quale sono sostenuti i nostri Istituti, è l'opera più nobile di civiltà a bene di una parte dell'umana famiglia, che è la più dolorante e abbandonata della terra, e i neri saranno così elevati non solo all'altezza della fede cristiana, ma anche della civiltà europea.
[2525]
La Nigrizia eromperà un giorno in un canto di lode e di ringraziamento a onore della generosa Germania cattolica, alla quale essa deve la sua risurrezione.
L'esistenza di un Istituto in cui i neri vengono educati nella fede e in tutti i rami della cultura, come negli Istituti d'Europa, ha già fatto miracoli in Egitto. Infatti a molti Egiziani pareva proprio impossibile, che i neri potessero essere educati nella civiltà e che avessero le attitudini dei bianchi. Oggi sono convinti che questo è diventato una radiosa realtà. Ebbene anche se per questo un tal Istituto agli occhi dei musulmani d'Egitto dev'essere una prova evidente e parlante, tuttavia l'attività del medesimo non era rivolta all'esterno, dovendo noi usare troppa precauzione, per non cadere a causa del fanatismo musulmano in pericolose contese, e per non eccitare la suscettibilità delle varie sette nella terra dei Faraoni. Pensai allora ad un mezzo per sollevare ancor più la razza nera e porla in una luce di favore davanti a quegli uomini, che hanno solo un'ombra di civiltà. Il diritto che la razza nera possiede e che le si deve riconoscere presso quella bianca, dovrebbe apparire ancor più evidente per gli Egiziani. E io volli mostrare vieppiù ai popoli, provandolo con un esempio parlante, che secondo lo spirito sublime del Vangelo tutti gli uomini, bianchi e neri, sono uguali dinanzi a Dio ed hanno diritto all'acquisizione e alle benedizioni della fede ed alla civiltà cristiana Europea.
[2526]
Tra i mezzi da me escogitati per rispondere a questo scopo, il più pratico e il più conveniente per le condizioni in cui ci trovammo l'anno scorso, fu l'erezione di una scuola pubblica al Cairo-Vecchio, nella quale dovevano lavorare soltanto maestre nere. Essa doveva erigersi proprio all'europea e doveva essere frequentata da giovanette di qualsiasi razza. Pensavo che ciò avrebbe influito molto a mettere in maggior onore la razza nera in Egitto. Nello stesso tempo le Missionarie nere potevano considerare la loro opera in questa scuola come una specie di noviziato ed un tempo di prova per esercitarsi al futuro apostolato di maestre e di missionarie nell'Africa Centrale.
[2527]
Queste due ragioni, congiunte alla necessità veramente urgente, di possedere al Cairo-Vecchio una scuola pubblica per fanciulle, mi decisero ad erigere un piccolo Istituto dedicato alla "S. Famiglia". Dietro autorizzazione, sollecitata presso il R.mo Arcivescovo, Vicario e Delegato d'Egitto, che il 23 maggio 1869 mi fece arrivare un decreto, io potevo aprire una scuola nel centro dell'antica Babilonia d'Egitto, a pochi passi di distanza dalla santa Grotta, dove la S. Famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria, riposò nella sua faticosa fuga.
[2528]
In questa scuola, in cui insegnano 5 Missionarie nere sotto la direzione di Sr. Caterina Valerio, francescana del Terz'Ordine di Verona, e di Sr. Faustina Stampais, mia cugina, di Maderno (diocesi di Brescia) viene impartito l'insegnamento del catechismo e della morale cristiana, di tutte le materie elementari e dell'arabo, francese, italiano, tedesco, armeno e di tutti i lavori manuali femminili, dal far lavori a maglia fino al più fine ricamo in oro e in seta. E' frequentata da ragazze orientali cattoliche di ogni rito e da europee, come pure da greche, armene, scismatiche e musulmane. Se non che, avendo il Patriarca copto scismatico proibito alle fanciulle della sua religione di frequentare la scuola del nostro Istituto, di queste ne vengono poche. Ebbi perciò un colloquio con lui, che però non condusse a nessun risultato. Egli disse: "Io non desidero che le ragazze copte frequentino la sua scuola; dalle nere non hanno niente da imparare, e poi temo che si facciano protestanti". Si vede fin dove arriva la sapienza di un tale Patriarca. Invano tentai di dimostrargli che la religione protestante dista più dalla fede cattolica che non dalla copta e che i suoi preti copti sarebbero in grado di insegnare più il protestantesimo che la fede cattolica.
[2529]
Questa casa appartiene ai RR. Padri Francescani di Terra Santa, ai quali perciò pago un affitto annuo di 360 franchi. L'insegnamento scolastico viene impartito gratuitamente. Solo alcune famiglie tedesche bavaresi vi pagano mensilmente qualche cosa.
[2530]
SPESE E MEZZI DI SUSSISTENZA DEGLI ISTITUTI D'EGITTO
Riguardo ai mezzi pecuniari e materiali dei nostri Istituti io ho mille motivi di ringraziare la Provvidenza. Benchè i tempi siano al presente così tristi e dal 1867 sui nostri Istituti si siano abbattute varie vicissitudini e burrasche, nulla di meno finora non è mai mancato loro il necessario per le ammirabili disposizioni di Dio (E' pur sempre vero che il demonio minaccia ogni opera di bene). Noi siamo giunti felicemente fin qui e speriamo di lavorare ancora nella stessa maniera, fino a che i nostri Istituti un giorno avranno entrate proprie.
[2531]
Finora l'aiuto più considerevole ce lo prestò la Germania cattolica, rappresentata dalla benemerita Società di Colonia, che è la diretta fondatrice dei nostri Istituti per neri in Egitto e la migliore promotrice dell'Opera della rigenerazione dell'Africa. Dio la spinga a continuare e a intensificare i suoi aiuti! La protettrice di questa grande opera è la benemerita Società di Colonia, essa è infatti una sublime opera di Dio! Le nostre suppliche a Dio mirano a questo che essa si diffonda sempre più e prenda proporzioni sempre maggiori.
[2532]
Un grave inconveniente sta in ciò, che i nostri Istituti d'Egitto non posseggono ancora alcuna casa come propria.
Le tre case d'Egitto ci costano un affitto annuo di 3160 Fr. Con le riparazioni, che diventano necessarie, tale somma ammonta ogni anno a 4000 Fr.; tuttavia d'ora innanzi solo a 3550 fr. Una casa propria per la missione richiederebbe 80,000 Fr. La casa del S. Cuor di Maria mi fu offerta per 60,000 Fr. Però alcuni cambiamenti e migliorie richiedono altri 20,000 franchi. In Egitto le case sono molto care. Per rendere possibile l'acquisto di una casa come propria, almeno per incominciare, l'illustre Società di Colonia, con nobile e incomparabile premura, mi ha inviato la bella somma di 10,000 Fr. Quest'esempio degno di lode ha trovato imitazione in un insigne benefattore, che destinò a questo scopo altri 3000 Fr. Certo manca ancor molto all'acquisto di una casa propria. Dio infonda un simile spirito di carità anche ad altri benefattori, affinché questo punto importante per la nostra grande opera si adempia presto.
[2533]
Le spese necessarie soltanto per i bisogni più urgenti dei tre Istituti d'Egitto ammontano ogni anno a 25,000 Fr. Usando la più grande parsimonia tale somma si è verificata finora come esigenza annuale.
Segue qui una breve esposizione delle entrate e delle uscite di tre anni dei nostri Istituti d'Egitto, cioè dal tempo della fondazione fino al presente e, tutto sommato, viaggi, donazioni in denaro e viveri, e le spese per l'arredamento interno.
ENTRATE E ATTIVO DEGLI ISTITUTI DEL CAIRO
NEI PRIMI 3 ANNI DELLA LORO FONDAZIONE
Donazione in contanti Franchi
[2534]
1. La illustre Società di Colonia per il riscatto dei neri 33,050
2. La Società della Propagazione della Fede di Lione e Parigi 1,000
3. La Ludwigverein di Monaco 1,500
4. La Società dell'Immacolata Concezione di Vienna 1,000
5. La Società per le Scuole d'Oriente di Parigi 1,200
6. La Società del S. Sepolcro di Colonia 500
7. L'Istituto delle Monache Cistercensi di Landshut in Baviera 2,000
8. L'Istituto della Visitazione di Beueberg in Baviera 1,260
9. Offerte di benefattori privati tra i quali si distinguono:
le Loro Maestà l'Imperatore Ferdinando I e l'Imperatrice
Maria Anna d'Austria, sua Altezza
il Duca di Modena Francesco V, sua Altezza reale
il Principe Giorgio di Sassonia e la consorte, Sua Altezza
il Principe Carlo di Löwenstein etc. etc. 19,470
10. Ricavato dei lavori delle morette degli Istituti del Cairo 3,680
11. Per le SS. Messe dei missionari (stipendi di Messe) 5,400
[2535]
DONAZIONI DI OGGETTI UTILI DI VARIO GENERE
12. Signorina Duchene di Parigi, Signora Maurin Bié, signorina Dephies, dalla Società di Roma (Opera Apostolica di Roma)
stoffa, vestiti, camicie etc. etc. per un valore di 3,640
13. Donazioni in caffé, zucchero, formaggio, farina, cibi di ogni sorta 4,000
14. Dalla famiglia del missionario Don Rolleri,
alle monache della Beatissima Vergine di Cremona,
grano e prosciutto etc. 700
15. 9 barili di Olio da mio padre Luigi Comboni 750
Somma Fr. 89,150
[2536]
Risparmi mediante mie industrie e concessioni straordinarie
16. Varie Società Ferroviarie, che hanno la loro sede
a Parigi, Sig.r Pointu Direttore delle Ferrovie
del Sud a Vienna, Sig.r Behm direttore a Innsbruck,
Sig.r Talabot a Parigi etc. Essi mi concessero
viaggio gratuito in Italia, in Francia e in Germania;
ammonta a 1,600
17. Viaggio gratuito per il Cairo di morette come
postulanti della Missione, di Fratelli laici, e di
operai, trasporto gratuito di 274 colli da Marsiglia
ad Alessandria per parte di sua Ecc.
il Ministro degli Esteri di Francia
(il Governo francese concesse viaggio gratuito solo per i missionari,
ed anche questo non sempre, ma solo ad alcuni)
e mediante il governo egiziano. 12,000
Somma delle entrate Fr. 102,750
SPESE E PASSIVO DEGLI ISTITUTI DEL CAIRO
NEI TRE ANNI DALLA LORO FONDAZIONE
1. Spese di viaggio per 36 persone con trasporto
bagaglio dall'Europa al Cairo 15,600
2. I miei viaggi in Europa 2,200
3. Affitto delle case del Cairo 8,160
4. Per me e per gli Istituti lettere e spedizione e
ricevuta di pacchi etc 2,600
5. Spese per il culto, lumi, olio, vino, farina, banchi,
confessionali, lavandini, etc. 2,900
6. Farmacia, per il medico ordinario e per uno in casi
speciali, piccole spese per l'ospedale 4,800
7. Cibo, vestito, mantenimento di 72 persone, veicolo,
carro, asino, e per il riscatto di moretti e morette 39,000
8. Letti di ferro, lavandini, mobili, masserizie per
arti e mestieri, l'occorrente per l'altare etc.
Tutti oggetti che i tre Istituti posseggono e che
ammontano a circa 26,000
Somma delle spese Fr. 101,260
Totale delle entrate ed attivo Fr. 102,750
Totale delle spese e passivo Fr. 101,260
Fondocassa Fr. 1,490
[2537]
Non sono affatto calcolate le elemosine necessarie e che in ogni missione si devono dare ai poveri o in denaro o in altre cose.
Così ora Loro hanno, per sommi capi, un'idea della fondazione e degli intenti dei nostri tre Istituti dei Neri d'Egitto e delle Regole che vi si osservano. Essi si devono ritenere come la prima pietra di quel grandioso edificio di carità cristiana e di civiltà, che nell'ammirabile sua preordinazione la divina Provvidenza sembra voglia erigere per la conquista morale e spirituale della Nigrizia dell'Africa Centrale. Mi resterebbe qualche cosa d'altro ancora da esporre circa i risultati primari e secondati conseguiti, e che si perseguono in questi istituti. Ma questo sarà materia di una ulteriore relazione che ancor mi riservo.
[2538]
Voglio ancora accennare qui che il rappresentante della S. Sede, il R.mo Mons. Ciurcia, Vicario e Delegato Apostolico d'Egitto e di Arabia, ha dimostrato sempre grande benevolenza verso di me e verso gli Istituti, ed ha esternato in modo pieno d'affetto il suo compiacimento e alla S. Congregazione di Propaganda Fide abbia dato i ragguagli più lusinghieri sul conto loro. Essi fecero ottima impressione anche ai Vescovi e Vicari Apostolici di Cina, India, America e d'Oriente, che in occasione del loro viaggio al Concilio Ecumenico Vaticano li onorarono di una visita. Con particolare gratitudine e venerazione ricordo il R.mo Mons. Leo Meurin della diocesi di Colonia, decoro dell'apostolato in India, vescovo di Ascalona, Vicario Apostolico di Bombay e amministratore interinale del Vicariato di Poona. Come membro della Compagnia di Gesù egli possiede un acume speciale nel dare un giudizio circa un Istituto missionario e sa valutare con grande precisione di vedute se un Istituto per l'apostolato di recente erezione dia speranza e sia in via di progresso. I pregiatissimi Signori, che hanno avuto la fortuna di godere la conversazione di questo insigne apostolo dell'India, avranno udito da lui un ragguaglio sui lavori e sul progresso dei nostri Istituti (cfr. Gli Annali dell'Anno scorso). L'encomiabile benignità che usò con noi in Egitto, a Roma e dovunque non la dimenticherò mai. Questo degno figlio di S. Ignazio, cui è affidato l'apostolato dell'India, del suo glorioso Padre e predecessore S. Francesco Saverio, è diventato imitatore delle sue gloriose virtù. L'India e il Concilio Vaticano devono a Mons. Meurin servigi di primissima importanza. E' per me una gioia e un vanto che questo illustre Vescovo sia un coloniese.
[2539]
L'Egitto, in occasione della solenne apertura del canale di Suez, fu onorato dell'alta presenza dei più potenti Principi d'Europa, tra i quali il glorioso Principe della corona di Prussia e l'Imperatrice Eugenia. Per rendere onore al vero e per adempiere un dovere di gratitudine, dirò della condotta veramente apostolica di Sua Maestà l'Imperatore d'Austria.
[2540]
Il fortunato evento della solenne apertura del Canale di Suez ebbe luogo alla metà di novembre del 1869: gettò i suoi raggi luminosi sulle sante missioni d'Oriente e in particolar modo d'Egitto. Tra i Principi d'Europa, che presero parte alle feste, fatte preparare con splendore e magnificenza orientale da sua Altezza il Kedivè d'Egitto, Ismail Pascià, c'era anche Sua Maestà l'Imperatore d'Austria. Questa comparsa in Egitto del nobile discendente degli Asburgo; agli occhi degli uomini è un grande onore per il memorabile momento dell'inaugurazione di un'opera di gloria e di portata mondiale, ma agli occhi di Dio, secondo le disposizioni misteriose della Provvidenza, fu un avvenimento sommamente felice per il cattolicesimo in Oriente. Sì, fu proprio un apostolato a beneficio delle Missioni cattoliche. Quando un sì potente Imperatore non disdegna di prostrarsi sulla tomba del Salvatore e di testimoniare la sua venerazione ai Luoghi Santi, santificati dalla presenza dell'Uomo-Dio durante la sua vita terrena, in Terra Santa ed in Egitto, dà con ciò stesso un esempio magnifico ed eloquente. Né omise di professare la sua stima ai sacerdoti di questi Santuari, che in queste terre predicano agli infedeli il Vangelo di pace e di ogni bene. Infatti il grande monarca, appena giunto nella Santa Città di Gerusalemme, s'inginocchiò ai piedi di un povero frate francescano, e gli fece la sua confessione per poi ricevere il pane degli angeli sul Sepolcro di Colui, che è il Re dei re e Signore degli eserciti. Questo fu uno spettacolo edificante non solo per i cattolici, ma anche per i turchi e per gli eretici. Al suo arrivo a Suez e al Cairo la sua prima preoccupazione fu quella di assistere alla S. Messa nei modesti templi di Dio, che vi si trovano, e soltanto di poi osservava le superbe e gloriose meraviglie dei secoli passati.
[2541]
Il 23 novembre sarà per me un giorno che ricorderò in eterno. In questo giorno Sua Maestà Imperiale, alle 11 a.m., si degnò ricevere il corpo diplomatico e i consoli d'Egitto. Un'ora prima il R.mo Mons. Ciurcia raccoglieva presso di sé i Vescovi dei Cattolici orientali uniti e i Superiori degli Istituti della capitale d'Egitto, e alle ore 11 ci recammo al magnifico palazzo di Giazirah. Appena Sua Maestà Imperiale ebbe notizia del nostro arrivo, noi, rappresentanti della Religione cattolica in Egitto, fummo ricevuti subito, senza aver chiesto udienza, ed il corpo diplomatico dovette aspettare. Alla breve e vibrante allocuzione di Mons. Ciurcia, l'Imperatore rispose con parole di benevolenza e di incoraggiamento e con la promessa di voler aiutare e proteggere gli interessi della religione cattolica in Oriente. L'Imperatore si rivolse poi ad ognuno dei Vescovi e Superiori di Istituti e disse poche parole di compiacimento. Tali parole furono rivolte anche alla mia pochezza con particolare affabilità, e Sua Maestà Imperiale mi espresse l'interessamento che egli prende per la rigenerazione dell'Africa Centrale, di cui l'Imperatore è sempre stato valido protettore fin dalla fondazione del vasto Vicariato. Questo riconoscimento e questa considerazione che il cattolicesimo e i suoi rappresentanti spirituali esperimentarono da parte di un tal Principe non mancarono di produrre sui turchi un'impressione di meraviglia e di favore.
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Essi notarono che un Imperatore professava in faccia a tutto il mondo la più sincera stima e rispetto per la sua santa religione e che trattava tutti i suoi sacerdoti, dai Vescovi in giù, con la più cordiale gentilezza. Ne dovettero tirare come conseguenza evidente, che essi per parte loro non dovevano porre più ostacoli all'apostolato cattolico e che dovevano concedere piena libertà alla nostra S. Religione e che i Missionari e i Rappresentanti di questa S. Religione in Oriente dovevano essere rispettati. Infatti nel caso che avessero agito contrariamente, un sovrano europeo così potente avrebbe potuto denunziare la loro prepotenza ed ingiustizia. Dato che questo modo di procedere dell'Imperatore d'Austria ebbe dei veri successi per l'apostolato, deve essere conservato a eterna memoria dagli Annali della Missione e i Missionari d'Egitto se ne ricorderanno con eterna gratitudine. Tra i personaggi distinti, che presenziarono all'apertura del canale di Suez e che onorarono di una visita i nostri Istituti, devo ricordare ancora: Sua Altezza Reale l'Arciduca Rainero con la sua distinta consorte e parimenti l'Arciduca Ernesto, i quali s'intrattennero tutti alla buona con le morette e che con la massima condiscendenza si facevano dare da esse informazioni a loro riguardo.
II.
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L'Opera della rigenerazione della Nigrizia è un'opera urgentissima, difficilissima e vasta quanto mai. Per attuare nelle sue grandi linee il progetto, come l'ho concepito io nel mio spirito, e per dargli un fondamento duraturo ci vorrebbe una partecipazione generale di tutti i cattolici del globo, raccolti insieme, onde liberare questi poveri popoli neri dalla notte del paganesimo e far sorgere sopra di loro la luce vivificatrice della fede in Gesù Cristo. Dobbiamo riflettere sempre che essi sono la decima parte di tutto il genere umano! Non trovo parole per descrivere il dolore che provo, e la mia profonda afflizione di cuore e con quale gravità e intensità pesi su di me il pensiero della desolazione e del letargo in cui sono immersi questi infelici! Io fui testimone oculare di queste catene spirituali e della profonda miseria di questi infelici. Il pensiero di una miseria umana così immane, che pesa sulla mia cara Nigrizia, mi toglie in molte notti il sonno ed al mattino mi alzo più stanco che non fossi stato alla sera, dopo una giornata di intenso lavoro. E in queste notti lunghe e piene d'affanno, prima che me n'avveda, la mia fantasia corre alle riarse terre dell'Africa Centrale, ancora inesplorate e teatro delle condizioni più sconcertanti. Poi nell'immaginazione ripercorro tutta l'Europa civile e mi guardo attorno per vedere se mai appaia un raggio di speranza, che possa essere di beneficio ai miei poveri neri!
[2544]
Ah, e poi mi prostro nuovamente e risolutamente ai piedi dei monarchi e dei grandi di questa terra per scongiurarli con rivi di lacrime, di aprire la loro mano e di spendere una parte dei loro tesori per la salvezza di questi infelici! Lascio poi che il mio sguardo scorra sulla parte eletta del gregge di Gesù Cristo e contemplo i più fiorenti seminari delle preminenti diocesi del mondo cattolico, e vorrei scegliermi tra di loro i giovani più forti, i fiori e le speranze del sacerdozio, per spronarli a volgere con gesto eroico le spalle al mondo, a lasciare la loro patria e a correre in aiuto di quegli infelici, a spezzare le catene della loro schiavitù e a portar loro la lieta novella, la fede cattolica.
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Una notte, in cui immerso in tali pensieri, ero appena tornato dal letto di morte di un povero uomo, che abitava sulla riva del Nilo, donde si scorgono le celebri piramidi, proprio queste piramidi, vero simbolo della schiavitù del popolo ebreo, che era stato impiegato nella costruzione di queste antichissime e celebri piramidi e che vi aveva sparso il suo sudore. E come un lampo colpì il mio spirito il pensiero di approfittare del Santo Concilio Ecumenico e di presentarmi a tutti i Vescovi del mondo cattolico, raccolti intorno alla tomba di S. Pietro per conferire col Vicario di Gesù Cristo sui più importanti interessi della Chiesa Cattolica e sulla sua influenza su tutto il mondo. Per qualche tempo questo piano lo portai meco nel mio spirito. Poi pregai e feci pregare per me i migliori tra i primi frutti della Nigrizia rigenerata. Dopo aver consultato a lungo i miei colleghi di missione e dopo un maturissimo esame, risolvetti di partire per Roma, dove, via Messina, arrivai il 15 marzo, mio genetliaco. Considerato a fondo tutto ciò che poteva essere di maggior vantaggio al mio progetto e avuti frequenti colloqui coi più insigni Prelati del Concilio ecumenico, soprattutto col Card. Barnabò, fui invitato a compilare un "Postulatum Pro Nigris Africae Centralis", che doveva essere fornito delle qualità necessarie per poter essere preso poi in considerazione dall'assemblea conciliare.
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Così per un singolare aiuto della grazia divina e con una fatica che non si può dire, riuscii a sottoporlo alla Commissione. Dovetti far visita a 600 Vescovi, dei quali moltissimi sottoscrissero il Postulato. Questa Commissione constava di Cardinali, Patriarchi, Arcivescovi e Vescovi, ed era stata nominata da Sua S. Pio IX per raccogliere ed esaminare le proposte dei Padri del Concilio. Il mio Postulato fu da essa approvato, perchè l'oggetto che conteneva era utile alla Chiesa universale, e perciò essa diede il suo consenso perchè fosse sottoposto al Concilio. Finalmente nel giorno memorabile per la Chiesa Cattolica, 18 luglio 1870, il Postulato fu dal Segretario della Commissione per i Postulati, Mons. Alessandro Franchi, Arcivescovo di Tessalonica, sottoposto a Sua Santità. Pio IX si degnò sottoscriverlo e stabilì che nel Concilio si trattasse sotto la rubrica "de Missionibus Apostolicis".
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In breve, non posso numerare tutti i vantaggi che il Postulato porterà in futuro, perchè raccomanda alla Chiesa universale il grande affare della Nigrizia e dell'Africa Centrale. Il Postulato fu accolto con grande interessamento dai Vescovi del Concilio, benchè allora tutti gli animi fossero tenuti occupati soprattutto per la questione principale del dogma dell'Infallibilità, e questo ne assorbisse quasi tutta l'attenzione. Dei vantaggi che il Postulato pone in rilievo, voglio rilevarne solo due:
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1. Non appena venisse discusso nel Concilio il grande problema che il Postulato indica, e con una decisione conciliare uscisse un responso a bene dell'apostolato della Nigrizia, questo responso sarebbe senza dubbio un monumento eterno di protezione a tutti i popoli neri dell'Africa Centrale, e per tutti i secoli tutto il mondo cattolico lo riguarderebbe come una cosa impressagli nel cuore dal S. Concilio Ecumenico e vi riconoscerebbe un perpetuo appello, che si stende a tutti i popoli della cristianità cattolica: il promuovere con zelo la conversione dei neri ed aiutare per tutti i tempi le missioni dell'Africa Centrale, sino a che la Nigrizia sia divenuta cristiana.
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2. Una volta sanzionato solennemente dal Concilio ecumenico Vaticano il principio dell'apostolato della Nigrizia, ne vedremo in seguito i meravigliosi risultati. Per l'Africa Centrale non solo usciranno dalle diocesi cattoliche collaboratori ed apostoli pieni di zelo, ma anche i cattolici di tutto il mondo, mediante contribuzioni in denaro, si daranno premura di procurare gli aiuti materiali che sono necessari, perchè tutte le imprese che si devono compiere per la conversione della Nigrizia, abbiano il miglior progresso.
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Probabilmente il Postulato diede lo stimolo anche all'effettuazione dell'ultima piccola spedizione in Egitto, da me organizzata verso la fine di ottobre dell'anno scorso. Nelle pagine che seguono racconterò come avvenne il primo impulso.
Era il 29 giugno, giorno sacro alla commemorazione dei gloriosi Principi degli Apostoli. La Basilica Vaticana offriva al mondo uno spettacolo unico. Il Capo supremo della Chiesa celebrava il pontificale e vi si faceva sfoggio di tutta la maestà, di tutto lo splendore e bellezza del culto esterno della Chiesa di Gesù Cristo. Mai tale cerimonia fu così sublime e magnifica come in questa occasione per la presenza dei Padri del Concilio, che in numero di oltre 600 nei loro ricchi e preziosi paludamenti, facevano la loro comparsa nella principale basilica del mondo.
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Per avere il posto più favorevole che fosse possibile e la vista migliore, mi avevano pregato alcune distinte personalità di accompagnarle in Vaticano e di portarle vicino alla Confessione di S. Pietro dal lato del Vangelo. Essi infatti non solo volevano vedere bene le cerimonie del Pontificale, ma per di più io dovevo dir loro i nomi e le diocesi dei singoli Vescovi che ci passavano accanto per recarsi nel coro di S. Pietro. Essi sapevano benissimo che io potevo dare loro le migliori informazioni, perchè li conoscevo quasi tutti, avendo avuto colloqui con loro a motivo del Postulato o avendone fatta la conoscenza nelle loro diocesi o ancor prima in altre circostanze, a Roma. Fortuna volle che, mentre passava per questo posto il corteo dei Cardinali e Prelati e io dicevo i nomi e le diocesi dei singoli, molte persone mi si facessero intorno per udirne pur esse i nomi. Tra costoro c'era un giovane canonico dell'Arcidiocesi di Trani nel napoleano, il quale, senza che io me ne accorgessi particolarmente, prestava orecchio più d'ogni altro a quello che dicevo. Si susseguirono l'uno dopo l'altro molti Prelati, che non la finivano mai, ma appena passato accanto a noi uno di questi, tosto il giovane canonico mi si accostò e mi chiese: "Chi è quel Prelato?". Io gli risposi subito: "E' Mons. Bianchi Dottula, Arcivescovo di Trani, Nazaret e Barletta e Amministratore perpetuo della diocesi di Bisceglie". Il canonico sorrise con aria d'assenso e si rivoltò ai suoi amici, ma io non ci feci più caso. In quell'istante apparve il S. Padre in sedia gestatoria, salì il trono e incominciò il Pontificale. Io mi avvicinai ai Vescovi e parlai in arabo con alcuni Prelati orientali. Con altri, che mi si facevano attorno, ero costretto a parlare in altre lingue, poichè in quell'occasione Roma era l'universo.
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Osservai allora come il giovane canonico mi seguiva passo passo e captava ogni parola, quando parlavo latino, italiano o francese. Due mesi più tardi egli mi confessò che allora egli non aveva osato parlarmi, ma aveva pregato uno dei suoi compagni di rivolgermi la parola. Avendo io soddisfatto il suo compagno con una cortese risposta, il giovane uomo si fece coraggio e incominciò con me il seguente dialogo: "Scusi la domanda, Signore, ma lei deve avere per la mente un affare ben importante per intraprendere tutti quei viaggi, che ho appreso dalla sua bocca!" "Lo scopo dei miei viaggi", gli risposi io, "è quello di raccogliere elemosine e mezzi di sussistenza per la mia missione e di cercare missionari, animati dal vero spirito di abnegazione e di zelo, che mi aiutino nella mia grande impresa". Quando il canonico ebbe udita questa mia risposta, i suoi occhi s'incontrarono coi miei con uno sguardo pieno di vivacità e di ardore. Parlai quindi nuovamente con gli altri e nominai loro i Principi e le Principesse, che si trovavano sulla loggia dei Principi. Poi ecco il mio canonico ritornare improvvisamente e rivolgermi questa domanda: "Quale missione direbbe lei essere più adatto per un napoletano?" "La missione in Africa" gli risposi subito. Ciò eccitò vieppiù il giovano canonico. Mi balenò allora alla mente una luce e tosto il pensiero di guadagnare all'Africa questo giovane; mi separai amichevolmente dagli altri, per dedicarmi maggiormente a lui e per sondare il terreno. Ed eccolo farmi una domanda: "Oh! Dica, in che contrada è lei missionario?" "In Egitto" gli risposi, senza dare un'ulteriore indicazione che io ero missionario dell'Africa Centrale. Il giovane canonico soggiunse tosto: "Che gioia non sarebbe la mia di essere missionario sotto la sua direzione! Ma l'Egitto non è la missione che io ho scelto per me. E' l'Africa Centrale e la Nigrizia, dato che avendo letto il Postulato pro Nigris Africae Centralis, proposto al Concilio da un certo abate Comboni, del quale lessi anche il Piano per l'evangelizzazione della Nigrizia, fui preso dalla più profonda simpatia per questi popoli.
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Sì, mi pare che al mondo non esista nulla di più importante e di più meritorio, che questo sublime compito. Benchè io mi sia già presentato al mio Arcivescovo ed egli sia entrato per me in relazione con un Vescovo lazzarista d'America, perchè io mi possa dedicare alla sua missione, appena letto il Postulato e il Piano, comunicatomi dal mio Arcivescovo, fui preso da un amore così forte per l'Africa Centrale, da una simpatia così viva per questi popoli, che il mio Arcivescovo non volle opporvisi e solo mi disse: "Preghi perchè il Signore le manifesti la sua volontà". "Lei non ha mai sentito parlare della Nigrizia e di quella grande opera missionaria?" Io non sapevo cosa mi accadeva sentendo parlare il giovane così! "Sì", gli risposi, "conosco quest'opera missionaria della Nigrizia. Siccome i missionari che vanno nell'Africa Centrale devono toccare l'Egitto, ho avuto occasione di conoscerli tutti e sono molto addentro nello scopo della loro Missione." "Oh! come sono lieto", rispose il giovane canonico, "che lei sia così bene versato in tutto; allora lei deve conoscere anche colui che collabora per quest'Opera, l'abate Comboni!" "Sicuro", gli dissi, "lo conosco benissimo". "E' con lui che devo parlare, ho già chiesto al mio Arcivescovo l'abitazione del Comboni, ma non me la potè indicare. Egli mi confessò che lo conosce benissimo e mi consigliò di domandare l'abitazione del Comboni al Vescovo di Verona, che la saprebbe certamente. Subito dopo la chiusura del Pontificale andrò da lui per avere informazioni in proposito". Io allora gli risposi: "Posso dirglielo anch'io dove abita Comboni, se vuole, egli abita in Piazza del Gesù, Nº. 47, terzo piano". "Grazie mille", disse il giovane canonico tutto soddisfatto e scrisse l'indirizzo, "ora non ho più bisogno di andare dal Vescovo di Verona, vado dritto dal Comboni". "Caro mio, se lei vuol andare subito da lui sarà inutile. Comboni non lo trova a casa di sicuro, egli a casa non c'è mai, è un girovago di prima classe, è sempre talmente sovraccarico di affari, che a casa ci va solo per dormire. Del resto se lei vuole trovarlo, vada da lui domani alle due pomeridiane. Forse, quando stanco torna dalla passeggiata a S. Paolo extra muros, lo troverà a casa".
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Io rimandai questa visita ad un altro giorno di proposito per aver tempo di informarmi dettagliatamente di quest'uomo presso l'illustrissimo Arcivescovo, prima ancora di mettermi in relazione con lui e di dargli una risposta. "Dunque domani alle due sarò dall'abate Comboni".
Questi dialoghi avevano avuto luogo mentre da Pio IX si celebrava il Pontificale. Quando il S. Padre con la sua voce sonora, che passava chiara e distinta attraverso l'immensa basilica, cantò il Pater noster, il giovane canonico, che dai circostanti aveva saputo che Don Comboni ero io, mi si avvicinò e mi disse: "Dunque è lei l'abate Comboni!" Faccia pure conto che lo sia", gli risposi. "Allora" soggiunse, "da questo momento io mi consacro alla sua grande impresa e voglio espormi a tutti i pericoli dell'apostolato della Nigrizia. Disponga subito di me e mi tratti pure come un pezzo di legno; di una sola cosa la prego, di andare dal mio Arcivescovo e di indurlo a permettermi di dedicarmi all'Opera sua. Io confido che Dio, mediante il R.mo Mons. Arcivescovo mi concederà questa grazia. Io mi sottometto a lei per tutta l'eternità e le prometto la più incondizionata ubbidienza".
[2555]
Che disposizione mirabile! Come sei buono, o mio Dio! Nello stesso istante in cui il giovane canonico mi prometteva solennemente di darsi anima e corpo all'opera missionaria della Nigrizia, lì a pochi passi dalla tomba dei Principi degli Apostoli, in presenza del Vicario di Gesù Cristo e dei rappresentanti del cattolicesimo, il R.mo Arcivescovo di Trani offriva al Vescovo di Verona il giovane canonico Pasquale Fiore per le missioni d'Africa.
Terminato il Pontificale, raccomandai al nuovo aspirante di raddoppiare le sue preghiere a Dio e alla Regina degli Apostoli per poter conoscere la decisione del cielo. Mi trovavo dal Vescovo di Verona, quando questi, appena scortomi, mi disse come la divina Provvidenza forse ci aveva concesso come collaboratore nell'opera africana, un uomo insigne nella persona di un eccellente giovane canonico, offertogli dall'Arcivescovo di Trani. Egli mi incaricò di parlare con l'Arcivescovo e di esaminare il candidato se avesse vera vocazione. Ciò sarebbe evidentemente inutile, perchè ci basterebbe il giudizio di Mons. Bianchi Dottula, Prelato distinto, profondo conoscitore del cuore umano e che sapeva comprendere benissimo l'importanza e la grandezza di quest'attività missionaria, alla quale il nuovo candidato voleva dedicarsi.
[2556]
Sulla sera, quando andai a far visita all'Arcivescovo di Trani, questi mi narrò tutta la storia della vocazione di Pasquale Fiore allo stato ecclesiastico. E mi confessò che faceva proprio un sacrificio grande a privarsi di un uomo che era uno degli ecclesiastici più insigni e zelanti della sua Diocesi. Ma, dato che vedeva essere questa la volontà di Dio, vi era completamente disposto e gli dava volentieri il suo consenso. Prima però di prendere una decisione in cosa di tanta importanza, dovemmo fare un triduo alla Madre di Dio, per poter conoscere la divina volontà. Giunti al terzo giorno del triduo, il 2 luglio, Visitazione della Vergine, ritornai dall'Arcivescovo e dopo poche parole mi disse tosto che Dio aveva chiamato veramente il canonico Fiore all'apostolato in Africa; e così si concluse la cosa. Fiore mi raccontò più tardi come gli era venuta la vocazione alle Missioni, nella quale si riconosce chiaramente la mano di Dio. Convenimmo che tornasse anzitutto in patria per mettere a posto gli affari della sua vasta parrocchia e della sua famiglia. Nell'autunno l'avrei chiamato io a Verona nel Collegio delle Missioni Africane e qui il Vescovo di Verona e io avremmo disposto d'impiegarlo nel modo più confacente pel bene della grande opera.
[2557]
Non sarà privo d'interesse per Loro il riportar qui i particolari dai quali il canonico Fiore fu spinto a decidersi per l'Africa.
Il canonico Fiore è un giovane prete di 30 anni, la cui famiglia, assai agiata, abita nella città di Corato. Sua madre, una signora squisitamente pia, di 48 anni, nutriva verso il figlio un amore straordinario e questi da parte sua corrispondeva all'amore materno con gli stessi sentimenti di tale affetto, da vivere solo per Dio e per la madre. Si dovette a questo intenso amore alla madre, se egli all'inizio della sua carriera sacerdotale non si orientò verso le Missioni estere, alle quali si sentiva attratto fortemente. In casa ebbe un'ottima educazione e nel seminario della sua diocesi si distinse talmente per la sua capacità intellettuale, per pietà e per amore allo studio, che alla fine del corso teologico fu scelto dal suo Arcivescovo a mettere a posto alcuni affari ecclesiastici di grande importanza. Vi dimostrò tanta prudenza, zelo e abilità, che a soli 26 anni d'età gli fu affidata la grossa parrocchia di Corato, che contava 32.000 anime. Veramente ammirabile fu il suo spirito di abnegazione al tempo del colera che infuriò per due volte in modo orribile in questa città. Nel 1867 al tempo della più violenta manifestazione di questo morbo in Corato, morirono ogni giorno 140-150 persone. La grande operosità di Fiore e lo zelo veramente apostolico, che in questa tribolazione della sua città egli dimostrò, ebbe come esito che l'Arcivescovo dietro richiesta di molti, lo nominò Canonico del Capitolo di Corato ed ebbe inoltre da esercitare il pesante ufficio di parroco e di confessore di molte religiose nei monasteri di quella contrada.
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L'esercizio quotidiano del suo ufficio spirituale non gli impediva di prestare a sua madre le più tenere prove d'affetto. Quando a mezzogiorno tornava a casa, la prima cosa che desiderava era quella di vedere sua madre, ed ogni volta che andava in chiesa, prima ancora andava da sua madre; ambedue sembravano non poter vivere separatamente. Quando però sentì sempre più impellente la vocazione a consacrare la sua vita alle sante missioni, si sentì inquieto nell'animo suo, temendo che questo affetto intenso alla madre potesse divenire un grave ostacolo all'attuazione del suo piano. Quante volte il giovane canonico fu lì per troncare questi legami del sangue, onde fuggirsene in un mondo lontano e poter così offrire l'anima sua solo a Dio! Quante volte a stento seppe resistere alla tentazione di abbandonare la casa per entrare in un Istituto missionario! Ma la vinceva sempre l'amore materno.
[2559]
In tale stato si trovava l'anima sua, quando un affare d'ufficio di particolare urgenza lo chiamò a Roma e fu solo con grande disagio che gli riuscì di separarsi per qualche giorno dalla sua amata madre. Al suo arrivo a Roma incontrò un collega d'ufficio che voleva fare gli Esercizi Spirituali in una comunità religiosa, ma senza averne potuto ancora trovare l'occasione. Capitò che Fiore, celebrando una mattina presso i Gesuiti, scorgesse un avviso sul quale c'era una notificazione di Esercizi Spirituali presso i PP. Gesuiti a S. Eusebio e la data della loro apertura. Domandò allora ad un prete gesuita se il suo amico poteva prender parte a questi Esercizi. Avendone avuta risposta affermativa, appena gli fu possibile, corse dal suo collega a dargliene notizia. Fiore fu invitato da questi a fare gli Esercizi con lui, ma dapprima il giovane canonico gli diede un rifiuto, osservandogli che li aveva fatti solo da poco. Però, data l'insistenza dell'amico, dovette andar con lui a S. Eusebio. Qui i due vennero a sapere che c'era preparato il posto solo per uno; e allora Fiore se ne tornò indietro triste, perchè sentiva ormai che una voce interna lo spingeva sempre più a fare di nuovo gli Esercizi proprio allora, e perchè gliene era offerta l'occasione. Se l'intese in proposito col suo Arcivescovo che lo consigliò di tornare a S. Eusebio e di riprovare se gliene dessero il permesso. Con insistenti suppliche ottenne dai buoni Padri la licenza. Dettava gli Esercizi il celebre P. Curci S.J. Ci furono cinque prediche sulla vocazione dell'uomo, nelle quali lo slancio era sublime quanto mai, e dipinse con tal forza gli argomenti e con tale unzione le vanità di questo mondo e la caducità di tutte le cose terrene, che il canonico Fiore non indugiò più un istante ad abbracciare l'attività delle Missioni Estere e a lasciare la sua amata mamma, per la quale nutriva tanto affetto. L'amore alle anime infelici, che gemevano ancora sotto il dominio di satana, e l'ardore di liberarle e di redimerle, riportò vittoria sull'amore alla Madre! Allora aprì interamente tutto lo stato dell'anima sua al suo Arcivescovo e lo pregò di indicargli una Missione, ove gli fosse dato di offrire la sua vita per la salvezza delle anime. Il suo Arcivescovo ne parlò a tale scopo con un Vescovo americano, e si stava già per prendere con lui una decisione definitiva, quando la Provvidenza, come già dissi, dispose altrimenti.
[2560]
Ci fu dato da Dio un altro uomo insigne, la cui esperienza nella cura d'anime ci sarà di grande utilità per l'infelice Nigrizia. Egli è Don Giuseppe Ravignani, di anni 36, parroco di Povegliano, il quale esercitò il suo ufficio con grande saggezza e con straordinaria dedizione per ben undici anni, e che lasciò tra i suoi parrocchiani un tal ricordo di bontà, che non dimenticheranno più il loro parroco. Già da lungo tempo aveva desiderato di dedicarsi alle sante Missioni. Ma gli capitarono sul sentiero parecchi ostacoli, non previsti, che ritardarono la sua decisione.
L'opera sua in parrocchia era sí ben avviata e sí eccellente, che in patria si formò, per cosí dire, un'attività come se dovesse esercitarla in paesi stranieri. Il suo modo di agire era sempre cosí, come se fosse stato l'ultimo della sua vita, e sempre congiunto a generosità verso gli uomini e mirante sotto ogni riguardo alla salvezza delle anime.
[2561]
Nel dicembre 1869 fu inviato a Gerusalemme per un affare assai importante. Giunto in Egitto, fece visita ai nostri Istituti e vide quanto bene vi si faceva. E conosciuto a fondo lo spirito che vi domina, che non mira ad altro se non alla salvezza e alla elevazione delle anime degli uomini più abbandonati e più infelici di questa terra, maturò in lui la decisione di dedicarsi all'apostolato dell'Africa Centrale. Proseguì il suo viaggio per Terra Santa, visitò i luoghi santi, bagnati dal sudore e dal sangue del divin Salvatore, e l'anima sua profondamente pia, alla vista del Calvario, del S. Sepolcro, della Grotta di Betlemme, fu invasa dal fervore più ardente. Sul Golgota s'impadronì di lui un'ardentissima brama di poter dare anche lui la sua vita per quello stesso ideale per il quale ha dato la sua vita e tutto il suo sangue prezioso un Dio in forma umana. Poi fu di ritorno al Cairo, si presentò ai nostri missionari, si offerse loro per la Missione. Ma, siccome io ero già partito per Roma per raccomandare la nostra grande causa dei neri ai rappresentanti della Chiesa ivi raccolti in Concilio, si portò a Roma anche lui e si mise a disposizione di Mons. di Canossa, Vescovo di Verona, per la nostra opera missionaria. Dopo maturo esame e dopo averne assunte informazioni, per il momento lo mandammo a Verona, per il settembre si fissò la nuova spedizione in Egitto, alla quale doveva unirsi Ravignani.
[2562]
Anche Pietro Bertoli, veneziano, è un uomo assai eccellente. Egli per un bel po' di anni fu membro dell'Istituto dei Ministri degli Infermi e per 10 anni fu primo infermiere del grande ospedale di Mantova. Possiede ottimi talenti, salute robusta, ed è di una condotta morale irreprensibile. Se avesse fatto studi regolari, sarebbe riuscito benissimo anche nella carriera ecclesiastica, ma la povertà della sua famiglia era troppo grande; fu costretto a restare a casa e ad abbracciare il mestiere di suo papà. Tuttavia, quando questi morì, Pietro Bertoli si dedicò alla cura degli infermi tra gli Oblati di S. Camillo. Ed a Mantova, mediante una cura assidua degli infermi nel grande ospedale - dove infatti ci sono 600 malati - e mediante il contatto dei più periti medici della città, ebbe anche l'occasione più opportuna per acquistarsi molte cognizioni teoriche e pratiche di medicina e di chirurgia. Essendosi dimostrato sí utile in questo campo in Italia, non mancherà di essere in ciò di grande utilità anche nelle Missioni tra i neri, dove egli può fungere da primo medico africano. La sua vocazione alle Missioni d'Africa s'era manifestata già da oltre tre anni, per cui decisi di mandarlo al Cairo.
[2563]
Devo ricordare poi il fratello laico Domenico Polinari; è un maestro esimio di agricoltura, che conosce a fondo. Possiede anche altre cognizioni utili.
[2564]
Di Suor Giuseppina parlerò un'altra volta. Essa è di Tiberiade, nata sullo storico lago, che ha una parte di primaria importanza in tanti racconti biblici. Entrò in noviziato a Betlemme di Giuda. Fu poi chiamata in un monastero di Gerusalemme e più tardi a Deir-el-Zamar in Siria, dove insegnò a lungo alle giovanette arabe. In seguito dalla Superiora Generale, Sr. Emilie Julien, che in una circostanza l'aveva mandata a Marsiglia, fu assegnata a me; essa dovette entrare nel nostro Istituto del S. Cuor di Maria. Verso la fine di ottobre io la mandai in Egitto per la via di Messina.
[2565]
In settembre la nostra piccola spedizione doveva partire per l'Egitto, se non che mancavano ancora i mezzi finanziari. L'orribile guerra scoppiata tra due potenti nazioni, che pur si meritano il nome di più civili del mondo, assorbivano gli animi e li alienavano dall'interessamento per le nostre missioni. Dio sa quando il mondo riavrà nuovamente una pace sicura e duratura. So quanto abbia a patire la generosa Germania per le dolorose conseguenze della guerra, di questo nemico del genere umano, benché abbia toccato il vertice della gloria e abbia celebrato i più fulgidi trionfi, e ciononostante fu la magnanima Società di Colonia che mi offerse nuovamente i mezzi per la piccola spedizione in Egitto. Sul Saturno i partenti il 30 ottobre lasciavano Trieste, dove io li avevo accompagnati e, dopo spaventose burrasche, l'8 novembre 1870, via Alessandria, giungevano al Cairo.
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Ed io?... Un capitano deve trovarsi sempre dove la sua presenza è più urgente e più importante per la lotta, e dove la sua direzione promuove meglio la grande Opera. In Egitto l'Opera della nostra Missione si è iniziata ottimamente, i nostri Istituti, per cosí dire, possono essere lasciati a se stessi. Una sola cosa manca loro, cioè i mezzi di sussistenza, il denaro. E poiché il mondo giace in un'oscurità generale e l'orizzonte è dovunque cosí fosco, che non si sa dove trovare aiuti certi per l'avvenire, perciò io resto in Europa, dove m'industrio a cercare mezzi, come meglio posso. Ma in condizioni cosí tristi, che mezzi potrò avere in Italia e in Francia? E inutile attendersi un aiuto finanziario in questi paesi. E la Germania cattolica? La Germania cattolica è la nuova Roma, essa sana tutte le ferite ed è inesauribile nella beneficenza e delle fonti di soccorso. Loro non daranno diminuire gli aiuti, per il mandato che la Provvidenza ha loro affidato a difesa e protezione della Nigrizia. Loro, Signori, hanno coadiuvato nella fondazione dell'Opera santa, che fra tempeste spaventose, dalla sua incertezza è divenuta realtà, e Loro aiutano a continuarla. Certamente la guerra fa disseccare molte fonti d'aiuto, il commercio langue e l'obolo della vedova e dell'orfano diviene ognor più difficile, ma mi permettano di ripeterlo, che la beneficenza della Germania è inesauribile! Se Loro pensano allo spaventoso, inaudito spargimento di sangue della presente guerra, che ingoia centinaia di migliaia di vittime umane, ciò non dà ancora che una pallida idea della grande miseria in cui giacciono milioni di poveri camiti. Quindi coraggio: Non pervenitur ad magna praemia nisi per magnos labores. "Non si arriva a grandi successi se non attraverso grandi fatiche". La loro beneficenza, che non viene mai meno, ha già salvato molte anime, perché ha soccorso e chiamato in vita un'opera che è la più cattolica del mondo. La costanza, la imperturbabilità nelle loro opere di carità coopereranno anche a consolidarla e ad ingrandirla.
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Affinché gli Istituti d'Egitto e le opere missionarie, che presto sorgeranno anche sul suolo dell'Africa Centrale, portino in sé il sigillo di una fondazione duratura, nel 1867, sotto la protezione del R.mo Mons. di Canossa, aprii a Verona un piccolo Collegio per le Missioni Africane, per formare sacerdoti europei, affinché i nostri Istituti e la Missione dell'Africa Centrale con questo mezzo abbiano sempre nuovi missionari e cooperatori. Nominai Superiore del Collegio il pio e dotto Don Alessandro Dalbosco, che prima lavorò con me come missionario nell'Africa Centrale. Non si poteva pensare a una persona più indicata per questo compito. Un uomo austero di costumi, profondo conoscitore dello spirito umano e degli ostacoli dell'attività missionaria nell'Africa Centrale, amabile nel tratto, convincente nei suoi argomenti, profondo conoscitore della Dogmatica, della Morale, del Diritto Canonico, delle Leggi canoniche orientali, della Storia e dei costumi d'Oriente, delle tribù nere, dell'arabo, italiano, tedesco, francese, inglese, nubano e greco. A noi parve che in questo uomo il cielo avesse fatto un regalo alla nascente Opera per la quale egli diede la vita. Ma purtroppo egli si sentì colpito dagli strapazzi dell'apostolato in Africa, tanto più che soffriva di una malattia addominale, che incominciò a svilupparsi ancora a Khartum e che nel laborioso disimpegno del suo ufficio aveva trascurato nei quattro anni da lui trascorsi a Legnago. Di ritorno dall'Assemblea generale di Bamberga, dovette tenere il letto per più mesi e il 15 dicembre 1868 morì lasciando nuovamente orfano il nostro piccolo Collegio missionario di Verona, ed anche l'Opera del Buon Pastore, nella quale egli aveva l'ufficio di segretario.
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Questa fu una perdita amara per il Collegio di Verona. Infatti è quanto mai importante che gli Istituti d'Egitto e questo Collegio di Verona si diano la mano e nello stesso tempo camminino e si completino a vicenda, affinché possiamo raggiungere l'unico sublime ideale, cioè di piantare stabilmente la fede cristiana nell'Africa Centrale. Perciò dovetti restare a Verona, dove rimarrò qualche tempo ancora, per dare il miglior indirizzo e per consolidare questo Collegio, soprattutto per desiderio del R.mo Card. Barnabò, il quale col suo fare faceto mi disse già più d'una volta queste parole: "Mio caro Comboni, una delle due, o mi porti nero sul bianco che vivrai ancora 35 anni, oppure stabiliscimi bene questo Collegio di Verona, in modo che dia buoni missionari per l'Africa. Nell'uno come nell'altro caso tu hai grandi speranze di svolgere quanto prima una grande attività missionaria nell'Africa Centrale. Ma se tu non mi metti a posto il Collegio di Verona, o ti capitasse qualche accidente che ti porti all'altro mondo, forse la tua bell'opera potrebbe andarsene in fumo!" Siccome finora non ho trovato alcuno che mi assicuri di vivere altri 35 anni e neppure un sol giorno, è quindi necessario che io mi dia molto le mani d'attorno per il Collegio di Verona. Benché con tutta sincerità del mio cuore, io esclamai con S. Paolo: Servus inutilis sum, e benché io sappia benissimo di poter poco o niente, tuttavia in questo do perfettamente ragione al Cardinale, che è il Superiore di Propaganda. Un grande Servo di Dio, il venerabile Benaglio Corte da Bergamo, morto nel 1836 in concetto di santità e di cui sta per essere introdotta la causa di beatificazione, ha detto: "Le grandi opere di Dio non vengono compiute né dai dotti né dai santi, bensì da coloro che ne hanno avuto l'ispirazione da Dio".
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Questa sentenza che esprimono anche i Santi Padri, mi consola assai, perché so con troppa grande certezza, che mi manca molto alla santità e a una scienza profonda, anzi mancano persino i principi della perfezione e della prudenza dei Santi. E ciononostante sono convinto di compiere la volontà di Dio, facendomi promotore dell'Opera africana. Dio attraverso il suo Vicario sulla terra mi ha affidato questa missione ed io do la mia vita per quest'opera santa che ho intrapreso.
Mi dovetti dunque applicare con tutta la mia energia al Collegio di Verona, perché esso deve formarmi, per l'opera evangelizzatrice dell'Africa Centrale e per gli Istituti d'Egitto, collaboratori della più grande capacità. E spero che in seguito questi sul campo della loro attività missionaria, con la grazia di Dio, produrranno molte conversioni, e tanto in Egitto come nella Nigrizia le nostre missioni arriveranno ad uno stato di floridezza. Se poi i magnanimi cattolici della grande nazione tedesca si persuaderanno di questi successi, s'infervoreranno di zelo sempre maggiore per l'aumento e lo sviluppo della santa impresa e faranno affluire sempre più i loro mezzi alla Società di Colonia, che così sarà in grado di prestarci soccorsi sempre più abbondanti. In tal maniera da Colonia e da Verona si manterrà parimenti in sviluppo la missione africana e allora la meta finale non sarà molto lontana: cioè la sicura introduzione e la vittoria della fede cattolica in tutto quanto il territorio della Nigrizia.
Aggiungo qui ancora un breve programma di tutta l'attività nella nostra missione, fatto stampare da me in fogli volanti in Germania.
PROGRAMMA
DELLA RIGENERAZIONE DELLA NIGRIZIA
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La religione cristiana, questa sorgente di salvezza e fondamento di civiltà per i popoli, nonostante ripetuti ed eroici sforzi compiuti durante diciotto secoli, non potè gettar mai profonde radici tra le popolazioni dell'Africa centrale. Circa la decima parte del genere umano, ossia 100 milioni di infelici figli di Adamo, appartenenti in maggioranza alla razza nera, giacciono ancora nelle tenebre e nelle ombre di morte.
L'Europa, che ha il compito di portare la civiltà a tutto il mondo, dopo di essere stata strappata essa stessa dalla forza mirabile del Vangelo al giogo nefando del paganesimo, deve spiegare con zelo rinnovato la sua poderosa potenza nel nobile ideale di lavorare per illuminare e salvare questo infelice ed abbandonato continente, per chiamarlo a far parte del grande ovile del nostro comune Pastore.
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Per la riuscita di questa sublime ed utile impresa è necessario che sia in Europa, sia sulle coste dell'Africa, si organizzino tutte quelle opere che possono introdurre l'apostolato cattolico nell'Africa Centrale, mediante il sistema esposto nel "Piano della rigenerazione dell'Africa", fondato sul principio di rigenerare l'Africa con l'Africa.
Finora la santa impresa abbraccia quanto segue, vale a dire:
I. IN EGITTO
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A - La Casa del S. Cuor di Gesú, diretta dai membri del Collegio delle Missioni Africane di Verona. Il suo scopo è il seguente:
1. L'educazione religioso-morale dei moretti e la loro istruzione nelle scienze ed arti, a loro necessarie per poter poi lavorare come apostoli, sotto la direzione dei Missionari europei, tra le loro tribù nell'Africa Centrale.
2. La possibilità che i Missionari europei si acclimatizzino e si procurino le cognizioni necessarie per un ministero pratico nell'interno dell'Africa.
3. Infine l'istruzione religiosa e la conversione dei neri che vivono in Egitto.
La casa del S. Cuor di Gesù comprende:
a) i Missionari;
b) i catechisti e i coadiutori;
c) il catecumenato e la scuola per i neri;
d) un ospedale per i neri abbandonati.
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B - La Casa del S. Cuor di Maria, diretta dalle Suore di S. Giuseppe, etc. Il suo scopo è l'educazione religioso-morale delle morette e la loro istruzione nei lavori femminili, affinchè col tempo esse possano lavorare con profitto come apportatrici di religione e di civiltà tra le contribule.
Questa casa comprende:
1. Le Suore;
2. le morette che si dedicano alle Missioni;
3. le aspiranti e le ausiliarie;
4. il catecumenato e la scuola;
5. un piccolo ospedale per nere abbandonate.
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C - La Casa della S. Famiglia. Il suo scopo è la scuola pubblica al Cairo-Vecchio, tenuta dalle Missionarie nere (sopra B, n. 2), per fanciulle d'ogni colore e religione. L'insegnamento si estende principalmente alla fede e alla morale cattolica, agli elementi delle scienze ed ai lavori femminili e viene impartito in varie lingue.
Questi Istituti stanno sotto la giurisdizione di Sua Ecc. il R.mo Mons. Vicario e Delegato Apostolico d'Egitto.
II. IN EUROPA
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1. Il Collegio delle Missioni Africane di Verona. Il suo scopo è la formazione di chierici e di giovani sacerdoti per l'apostolato in Africa, come pure la prova della loro vocazione e di quella dei catechisti e dei coadiutori, che vogliono servire come aiutanti nelle Missioni d'Africa.
2. L'Istituto delle Missionarie per l'Africa a Verona. Il suo scopo è la formazione di Suore pie e zelanti, destinate a dirigere gli Istituti femminili neri nell'Africa Centrale.
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3. La pia Associazione del Buon Pastore, che fu eretta canonicamente in Verona e da S. S. Pio IX fu arricchita di parecchie Indulgenze plenarie. Il suo scopo è la raccolta di pie donazioni e di elemosine, per poter mantenere il Collegio delle Missioni Africane di Verona e il detto Istituto di Missionarie per l'Africa.
Sua Ecc. Il R.mo Mons. Luigi Marchese di Canossa, Vescovo di Verona, è il Presidente della grande Opera della rigenerazione dell'Africa.
Don Daniele Comboni, Missionario apostolico dell'Africa Centrale e Superiore degli Istituti per i neri in Egitto, ne è il Vicario, il Direttore Generale di questa impresa.
Don Daniele Comboni
Missionario Apostolico dell'Africa Centrale
e Superiore degli Istituti per i Neri in Egitto