Comboni, dziś

In lettera augurale (1879) al cugino Eugenio da Verona si legge:
Ti desidero un cumulo di benedizioni, prima spirituali per il grande affare della salvezza dell’anima nostra, e poi temporali. Al mondo, grazie a Dio, non ho mai mancato di amare la carità: e la vita del missionario è carità

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Nr pisma
Odbiorca
Znak (*)
Miejsce napisania
Data
1
Bertoldi Giuseppina
0
Verona
27.12.1850

A GIUSEPPINA BERTOLDI

ACR, A, c. 14/1

Verona, 27 dicembre 1850

[1]

Stimatissima Signorina, non può certo comprendere quanto sia spiacente per non aver fatto ciò che era mio vivo desiderio, cioè restituire al più presto il libro che lei mi ha fatto l'onore di prestarmi. Sì, signorina, il giorno stesso in cui suo fratello mi portò il secondo volume delle lettere scelte di M.e de Sévigné, io avevo preparato il primo, con un breve scritto, per rimandarlo; ma vedendo intanto che lei mi aveva prevenuto, mi sento obbligato a chiederle perdono della mia negligenza, certo che la sua bontà generosa vorrà accordarmelo. Io le sono molto riconoscente per il grande piacere che m'ha fatto e vedendomi notevolmente favorito al di sopra dei miei meriti e nel medesimo tempo onorato per una nuova prova del suo buon cuore, la prego di ricevere l'offerta del mio che è veramente colmo di riconoscenza verso la sua distinta persona, ossia la prego di accettare i più sinceri ringraziamenti che porgo a colei che si degna generosamente di moltiplicare i suoi gentili favori per colui che le sarà sempre riconoscente.


[2]

Ho letto, quasi per intero, il primo volume delle lettere francesi e ho trovato di che inebriare notevolmente il mio spirito con un inesprimibile piacere al di sopra delle mie attese, perché quantunque si debba preferire la lingua della propria Patria, piuttosto di quelle straniere, tuttavia in fatto di lettere sono obbligato ad ammettere che non ho trovato mai una penna italiana che mi sia stata così deliziosa quanto quella francese della quale a lei è piaciuto onorarmi. Per questo, essendo la lingua francese molto importante soprattutto per chi deve fare figura in brillanti conversazioni e più ancora per la nobile eleganza che è propria di questa lingua, accetti che l'esorti a perfezionarsi molto nella conoscenza della medesima, essendo oggi lo studio delle lingue una parte necessaria in una distinta educazione. E' questo perciò che le suggerisce il suo devoto servitore e, nel tempo stesso, per essere favorito da lei in questa occasione, la supplico di accettare i più sinceri sentimenti di riconoscenza che, dal primo momento in cui ebbi l'onore di parlarle mi preoccupavo assai di esprimerle, pieno di speranza di rinnovarglieli la prima volta in cui avrei avuto l'onore di vedere la sua degna persona.

Tuttavia mi conceda il favore di presentare i miei ossequi più distinti a suo padre mentre, reiterando le mie istanze, mi trovo nella felice occasione di testimoniarle i miei rispettosi sentimenti di stima e di alta considerazione con i quali io sarò per tutta la vita



il suo umile servitore

Daniele Comboni, chierico



Traduzione dal francese.






2
Firma su Registro
1
Limone
1851
. 2 (1191)

FIRMA SU REGISTRO DELLA PARROCCHIA DI LIMONE

APL (Arch. Parr. Limone)



3
Istanza alla Curia Vesc.
1
Verona
27. 7.1854
ALLA CURIA VESCOVILE DI VERONA

ASCV, Patrimoni (1854) Comboni



Istanza alla Curia Vescovile per ottenere il patrimonio ecclesiastico.



4
Richiesta di facoltà
1
Verona
1855
A PIO IX

RICHIESTA DI FACOLTÀ

PER LEGGERE LIBRI ALL'INDICE

ACR, A, c.21/18 n.6



5
Firme Messe
1
Verona
1855
FIRME DELLE MESSE CELEBRATE

IN S. STEFANO, VERONA

ASSV



6
Firme Messe
1
Verona
1855
FIRME DELLE MESSE CELEBRATE

IN S. GIOV. BATTISTA IN SACCO, VERONA

AMV



7
Firme Messe
1
Verona
1856
FIRME DELLE MESSE CELEBRATE

IN S. STEFANO, VERONA

ASSV



8
Firme Messe
1
Verona
1856
FIRME DELLE MESSE CELEBRATE

IN S. GIOV. BATTISTA IN SACCO, VERONA

AMV



9
Don Pietro Grana
0
Verona
4. 7.1857
DON PIETRO GRANA

ACR, A, c.15/36



Verona, 4 luglio 1857
[3]
Molto Rev.do ed amat.mo Sig.re!

La sua lettera confidente mi sprona a farle conoscere lo stato genuino in cui mi trovo; anzi m'è di grande sollievo svelarle il turbamento che agita ora il mio animo. Come qualche volta parmi avergli detto, io inclino a percorrere la carriera quantunque ardua delle Missioni, e precisamente da ben otto anni quelle dell'Africa Centrale, al quale scopo diressi parte de' miei studi. Il Superiore conscio delle mie intenzioni, ha sempre fatto calcolo di me, per adoperarmi nella fondazione della sua Missione in quelle deserte ed infuocate solitudini; ed a tale scopo fin dallo scorso anno egli ha deciso di spedirmi colà nella prossima spedizione che avrà luogo agli ultimi del prossimo agosto o a' primi di settembre, purché sempre possa combinare molti affari della Missione con Roma e con Vienna. Per ambe queste parti ha già quasi terminato ogni cosa; onde fino dal mio ritorno da Limone m'ha già dato avviso di apparecchiarmi all'impresa, e quindi combini gli affari di famiglia, ed ogni cosa che mi spetta. Questo momento era già sospirato da gran tempo da me, con maggior calore, di quello che due fervidi amanti sospirano il momento delle nozze. Se non che due gravi difficoltà mi spaventano, senza delle quali io certo non mi risolvo alla Missione, e tutte e due formidabili.


[4]
La prima è il pensiero di abbandonare due poveri genitori che in questa terra non hanno altro conforto che quello d'un unico figlio: ma questa spererei di superarla, perché la nostra Missione è di tal natura che, attesa la ferocità del clima e gli affari che la legano coll'Europa, ci sforza ogni anno, od al più ogni due di venir qui; e per conseguenza non sarebbe totale abbandono; ma sarebbe come se stessi un anno o due senza vederli, quantunque la continua relazione potrebbe addolcire ogni lontananza: e questo, come dicea, non mi dà tanto sgomento, molto più che essi m'hanno già scritto d'essere disposti alla Provvidenza, e di assoggettarsi, con dolore sì, alla momentanea separazione. L'altra difficoltà è che voglio pria di partire che sia assicurata una comoda esistenza a' medesimi; la quale io ottengo colla liberazione totale da ogni debito.

Io credo che quando il mio campicello sia libero affatto da ogni peso che le passate luttuose circostanze hanvi recato, col primo salario, col ricavato del campicello, e con quelle messe che io potrò celebrare in Missione secondo l'intenzione di un Tizio che consegnerà le rispettive elemosine a' miei genitori (e spero anche fra i viaggi di poterne celebrare 200 all'anno), essi potranno vivere comodamente.


[5]
Ma per ora come fare ad ottener ciò? Io per ora non ho mezzi, né questi voglio procacciarli con vili o ardimentose maniere. Per conseguenza io non so che cosa ne sarà l'effetto. Certo è che senza aver fatto tutto questo io non voglio partire per la Missione Africana. Ma al mio caso trovasi anche D. Melotto. Onde non si sa cosa succederà. Certo è che questa incertezza, e molto più per me il pensiero di allontanarmi anche momentaneamente da' genitori, costituiti nelle attuali familiari circostanze come sa, e specialmente pensando alla madre, mi porta un grande sconcerto.


[6]
Sciolto però ch'io abbia le due sovraccennate difficoltà, io ho deciso di partire; ma il pensiero della discordia de' genitori, dell'isolamento in che si troveranno, ecco ciò che mi conturba. Io né della vita, né delle difficoltà della Missione, né di nessuna cosa ho timore: ma quel che riguarda i miei due vecchi, mi fa assai tremare. Egli è per questo che in tale incertezza e costernazione dell'animo mio ho deciso di fare gli esercizi per implorare l'aiuto del Cielo. S'io abbandono l'idea di consacrarmi alle Missioni straniere, sono martire per tutta la vita d'un desiderio che cominciò nel mio spirito da ben 14 anni, e sempre crebbe, a misura che conobbi l'altezza dell'apostolato.


[7]
S'io abbraccio l'idea delle Missioni, fo martiri due poveri genitori. Né vale il pensiero che morti i genitori, allora penserò alle missioni; perocché devo io allora desiderar la morte a' medesimi? Questa idea non è da cristiano e da sacerdote, ma da vandalo, e da cannibale; ed ho sempre desiderato e sempre desidererò di morir prima io che essi. D'altra parte se nelle missioni non si va sotto i trent'anni, è meglio abbandonare il pensiero, perché avanzata un po' l'età, né si potrà apprendere le diverse lingue ancora sconosciute delle tribù d'Africa, ove noi andremo, e perché l'esperienza assicura che il cimentarsi in quelle regioni in un'età più avanzata della sopraddetta, porta seco una subita morte.


[8]
Dunque niente di certo e di determinato io so dirle: di certo è che io sono ora inquieto ora speranzoso, ora mi pasco di vaghe idee, ora di sconsolanti. Se consulto chi sempre diresse la mia coscienza, sono spronato a decidermi alla partenza; se guardo alla famiglia, rimango atterrito; se penso al mondo, risolvendomi all'impresa, debbo aspettarmi la maledizione di chi sa le mie circostanze di famiglia e la pensa col mondo; se penso al mio cuore, esso mi suggerisce di sacrificare ogni cosa, e volare alle Missioni, e disprezzare ogni diceria. Immagini la tempesta del mio animo, il combattimento, il conflitto che mi conturba.


[9]
Sennonché in mezzo a questo universale contrasto delle mie idee, trovo opportuno il progetto di fare gli esercizi, di consultare la Religione e Dio; e Egli, che è giusto e che governa ogni cosa, saprà trarmi da questo impaccio, combinare ogni cosa e consolare i miei genitori, se mi chiama a dar la vita sotto il vessillo della Croce nell'Africa; oppure se non mi chiama, saprà mettere tali ostacoli che mi sia impossibile la realizzazione de' miei disegni. Perciò meglio è esclamare con Samuele: loquere Domine, quia audit servus tuus: e sciolta ogni cosa conforme al divin beneplacito, ripetere con Giobbe: sicut placuit D.no, ita factum est: sit nomen D.ni benedictum.


[10]
Mi dispiace per una parte che non sia passato per Toscolano: ma d'altra parte per Limone è molto meglio, che intanto questo paese partecipa de' benefici influssi della sua presenza. Il ritratto del superiore è ancora sotto opera: o per meglio dire è più di un mese che ne io, né i compagni sacerdoti ne hanno notizia. Appena messo a disposizione dell'Ist.o sarà primo mio officio mandargliene una copia. Del Margotti, fin da quando arrivai in Verona erano già esaurite le stampe, per cui si intraprese già un'altra edizione milanese, che di giorno in giorno uscirà alla luce: appena venuta fuori gliela manderò. Per quel che riguarda il mio Breviario, alla prima mia venuta a Limone, glielo porterò.


[11]
Ecco la sostanza del conflitto che ora s'agita nel mio cuore. Io non so a qual partito appigliarmi: se la Provvidenza sorriderà benignamente a' miei desideri, combinata ogni cosa, assicurato un futuro comodo sostentamento a' miei genitori, volerò lieto alla grande impresa: se Dio non vorrà da me quest'opera, chinerò la fronte, e benedirò dolorosamente la mano del Cielo. Sed hoc sub sigillo secreti, inter nos, la prego: ma mi scriva qualche cosa di bello, consoli destramente i miei poveri genitori, e consoli anche me: mi scriva. Oh, come sono cari gli accenti d'un amico lontano!!! Anche qui nell'Ist.o non oso parlare chiaro che con due o tre cari amici! essi mi consolano e m'avviliscono! quel però che mi porge conforto è nell'avere un compagno impacciato nelle mie medesime circostanze: è D. Melotto. Questi ha i miei medesimi desideri: peraltro meno ferventi, perché vi è naturalmente più fuoco in Lombardia, che nella provincia veneta ..... lo trovo più rassegnato di me. Laonde ho bisogno di essere ricordato nel gran Sacrifizio, quando sotto gli scrosci di Limone nella chiesa di S. Benedetto innalza l'ostia pacifica della consolazione.


[12]
Spero peraltro entro la metà di agosto di darle notizie determinate. Venga quel che Dio vuole; bisogna in tutto adattarsi [......]. Beltrame ha già scritto il suo viaggio sul Bahar-el-Azek: è un tomo come quel del Tiboni, e verrà subito stampato in [.......] dal Comitato delle Missioni in Vienna: poi in Verona.

Frattanto riceva i saluti di tutti i fratelli sacerdoti e specialmente quelli del conturbato



Suo affez.mo am. e s.

Daniele Comboni Sac.



N.B. Il quinto foglio della lettera è un po' strappato.






10
Don Pietro Grana
0
Verona
13. 8.1857
A DON PIETRO GRANA

ACR, A, c.15/41



Verona, 13 agosto 1857
[13]
Reverendo mio D. Pietro! Ho finito finalmente i santi esercizi; e dopo essermi consigliato e con Dio, e cogli uomini, n'ebbi che l'idea delle Missioni è la mia vera vocazione: anzi il successore del gran Servo di Dio D. Bertoni, il Padre Marani, mi rispose, che fattosi egli un quadro della mia vita, e delle circostanze passate, e presenti, m'assicura che la mia vocazione alle Missioni dell'Africa è delle più chiare, e patenti; e quindi, ad onta delle circostanze de' miei genitori che in questa occasione candidamente le ho presentate, mi disse: "vada, ch'io gli do la mia benedizione, e confidi nella Provvidenza, che il Signore, che gli inspirò il magnanimo disegno, saprà consolare e custodire i suoi genitori" Per la qual cosa ho deciso assolutamente di partire nel prossimo Settembre.


[14]
Il sovraccitato Superiore delle Stimmate mi disse, che facessi ben comprendere a' miei genitori la natura del Disegno del nostro Superiore, che cioè: 1º. si va e si viene (si non moriemur - sile); 2º. che per ora si prova e si tenta se può riuscire; altrimenti si ritorna subito. Ora lo prego caldamente ad usare tutte le industrie per disporre con tutta l'arte, e più coll'aiuto di Dio, e di Maria, i desolati miei genitori, cogliendo l'ora, il momento, in una, o due volte, sinchè si rassegnino alla volontà del Signore.


[15]
O quanto mi affligge il sacrifizio che questi due poveretti fanno per separarsi da me! A quali sacrifizi assoggetta il Signore questa vocazione! Ma fummi assicurato che Dio mi chiama; ed io vo sicuro. So che m'attirerò la maledizione, e le imprecazioni di molti, che veggono più in lá men d'una spanna; ma per questo io non voglio lasciare di seguire la mia vocazione. Adunque io confido in Dio, nella Vergine Immacolata, e nella sua sollecitudine, Sig.r Rettore; e n'avrà larga mercede.


[16]
Il progetto di spedirci a Bologna, venne annullato dal Superiore non so perché: fiat voluntas Dei: così pagherò la mia loquacità nel parlare e nel dir quattro, prima che entrino in sacco. Spero martedì, o mercoledì, di venire a Limone. Il progetto di condurre a Venezia i miei genitori, mi fa spavento, perché i miei compagni, e specialmente D. Beltrame, m'assicurano che sarebbe più doloroso per loro e per me: quindi mi persuadono a seguire il suo consiglio che mi diede a Limone, di non pensare a Venezia.


[17]
Non so come fare ad accomiatarmi l'ultima volta da loro. Io mi fermerò a Limone fino a' quattro, od ai cinque al più di settembre. Ora sto apparecchiando i trecento talleri pe' miei genitori, temo assai di venire a Limone senza denari: ma in caso, lascio a Verona chi fa le mie veci, perché pe' primi del mese voglio aver pagato tutti i miei debiti: altrimenti non penso all'Africa.

Intanto la riverisco; preghi il Signore per me, e mi creda di cuore



Aff.mo servo ed amico

Daniele C.




[18]
Stamane abbiamo celebrata la solennità delle partenze per l'Africa coll'accomiatarci dai varii corpi dell'Ist.o D. Beltrame cantò messa, D. Melotto fece da diacono, io da suddiacono, D. Dalbosco da cerimoniere, e D. Oliboni fece il discorso: fu una provata solennità, che mosse le lagrime a tutti, ed anche ad alcuni amici dell'Istituto, che v'intervennero.






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