[1463]
E' noto all'E. V. R. come fino dal maggio p.p., avendomi Ella gentilmente offerto l'imprestito gratuito di Scudi Nº. 1500 ed avendo io accettato il cortese favore, dietro sua richiesta, ho stesa in iscritto una formale obbligazione, colla quale dichiarava di aver ricevuto dall'E. V. R. detta somma coll'obbligo di restituirla quando sarebbe considerabilmente sviluppata la nota pia Associazione; e come dopo avermi Ella assicurato che nel giorno seguente mi avrebbe consegnato il relativo denaro nel Monastero delle Viperesche, io, pieno di fiducia nella sua lealtà, ho trasmesso nelle mani di V. E. R. detta obbligazione.
[1464]
Le è noto ancora come essendo io andato il giorno fissato al detto Monastero per ricevere il convenuto denaro, l'E. V. R., alla presenza di due Monache dimoranti nel Monastero Viperesche, cioè, dell'attual Superiora Sr. Maria Angelica del S. Cuor di G. (la quale quando stava alla Puye Diocesi di Poitier in qualità di Maestra delle Novizie nell'Ist.o delle Figlie della Croce si chiamava, io credo, Suor Maria Serafina, ed in Verona portava il nome di Marianna Borie) e di Sr. Maria Serafina dell'Ostia (la quale allorché era Suora delle Figlie della Croce chiamavasi, io credo, Sr. Maria Angelica, ed in Verona portava il nome di Teresa De Angelis, l'E. V. R., io diceva, mi ha dichiarato essere volontà di Dio che io non ricevessi denaro.
[1465]
Ed istando io perché, o mi fosse consegnato il denaro, oppure mi fosse restituita la mia obbligazione, mentre la così detta Sr. Maria Serafina dell'Ostia, o Teresa De Angelis tenendosi fra le mani il denaro dall'E. V. R. portato al Monastero per consegnarmi, dichiarava esplicitamente che io non avrei mai tenuto o ricevuto detta somma, ma che l'avrebbero tenuto solo le due dette Monache, l'E. V. R.ma mi assicurava essere assoluta volontà di Dio che io non ricevessi denaro (perché, l'E. V. dicevami, non è Lei Sr. M. Serafina dell'Ostia che parla, ma è il Santo Bambino). Per la qual cosa veggendo io che non mi veniva consegnato né denaro, né restituito il mio chirografo di obbligazione, m'acquietai solo (e dirò anche con persuasione) dopo la promessa da Lei fattami, che giunti a Verona, il denaro sarebbe consegnato al degnissimo Vescovo Mgr. Canossa, il quale avrebbe disposte le cose in modo, che tutti saremmo rimasti contenti e soddisfatti.
[1466]
Le è noto altresì, come non avendo io mai ricevuto la somma dichiarata nel mio chirografo, Mons.r Canossa avendo fatto conoscere all'E. V. R. la necessità e il dovere che Le incombeva, o di restituirmi detta obbligazione, o di farmi tenere l'equivalente denaro, n'ebbe in risposta dall'E. V. R. che io non avrei mai ricevuto molestia od incomodo alcuno per conto di detto chirografo; sì che in ultima analisi io non m'ebbi né il denaro, né il chirografo. Premesse queste cose, siccome l'E. V. R.ma od io possiamo morire, e siccome Ella od i suoi eredi in base a detto chirografo di obbligazione potrebbero reclamare da me o da' miei eredi il pagamento della somma citata nella detta mia obbligazione, somma che io non ho mai ricevuta; mi rivolgo rispettosamente alla coscienza di V. E. R. per pregarla a restituirmi subito detto chirografo di obbligazione, all'indirizzo delle Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione a piazza Margana, od a farmi tenere al medesimo indirizzo una formale dichiarazione in iscritto, che l'E. R. ha lacerata la mia obbligazione .
[1467]
Fino ad ora per rispetto all'E. V. R. ed in riguardo alle gentilezze e cortesie che mi ha usate, io non ho reclamato dinanzi all'autorità competente questo mio diritto, e non ho fatto conoscere ufficialmente questo affare. Ma mi trovo obbligato di avvertirla che se entro due giorni l'E. V. R.ma non mi farà tenere il mio chirografo, e non esaudirà la mia preghiera, io sono costretto, mio malgrado, di fare atto legale di questa mia intimazione ad litteram, mettendola a protocollo negli Uffici delle Autorità competenti qui in Roma.
[1468]
Riguardo poi al pacifico componimento della nostra pecuniaria questione, cioè, del denaro che Ella esige da me per denaro somministratomi per istampe ed altre piccole cose e per oggetti che sono nelle mie mani di sua pertinenza, e della pecuniaria compensazione che con tutta giustizia io esigo da Lei, pei gravissimi danni sofferti da me, per avere l'E. V. R. colpevolmente impedita la mia partenza a tempo debito, come consta chiaramente a rispettabili persone, (qualora non venga fatto di intenderci insieme per l'organo dei nostri legali, i Sig.ri Nuvoli ed Alfonsi, come avvenne finora), io mi rimetto interamente al giudizio di tre personaggi ecclesiastici da noi scelti, o dal Vicariato di Roma, o dalla S. Congregazione dei Vescovi e Regolari.
[1469]
Circa finalmente alle tre morette, che ancora l'E. V. R. persiste a non volermi consegnare, Le annunzio che io non partirò da Roma, finché non mi saranno consegnate, essendo tale l'assoluta volontà del venerato mio Vescovo Capo dell'Opera africana, e così consigliandomi prudentissimi ed alto locati personaggi della Chiesa di Dio.
Rinnovandole i sensi della mia sincera gratitudine e rispetto, Le bacio la Sacra veste, e mi dichiaro
dell'E. V. R. umil.o e d.mo servitore
D. Daniele Comboni
Miss.o Ap.co dell'Africa Centrale