Comboni, dziś

In lettera a Elisabetta Girelli (1870) da Verona si legge:
Noi siamo uniti nel Sacratissimo Cuore di Gesù sulla terra per poi unirci in Paradiso per sempre. È necessario correre a gran passi nelle vie di Dio e nella santità, per non arrestarci che in Paradiso.

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Nr pisma
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Data
1061
P. Giuseppe Sembianti
0
04.1881

Nr. 1061; (1016) - A P. GIUSEPPE SEMBIANTI

ACR, A, c. 20/25 n. 2

Aprile 1881


Breve biglietto.

1062
P. Giuseppe Sembianti
0
Malbes
01. 05. 1881

N. 1062; (1017) - AL P. GIUSEPPE SEMBIANTI

ACR, A, c. 15/119

Nº. 18

Dalla Colonia Agricola di Malbes, 1 maggio 1881

 

Mio caro Padre,

[6680]

Sono qui a cambiare aria perché è tanto pesante il caldo estremo e soffocante di El-Obeid alla mia fisica costituzione, che non posso chiudere occhio né mangiare. Si patisce per Gesù, e basta, ma non posso accudire a tutti i miei gravi incarichi.

Innanzi tutto debbo dirle che gli oltre a mille franchi che ha spedito D. Vincenzo Marzano a suo padre a Napoli sono stati da lui guadagnati in parte e in parte chiesti a persone benefattrici, per cui non ho nessun rimprovero a fargli; anzi l'ho trovato molto meglio di quel che credeva; ha lavorato terribilmente come parroco (sa bene la lingua) ed è quasi tutto suo il merito della chiesa nuova, che è magnifica. Per cui ritratto quanto dissi di lui in una mia lettera a Khartum per dovere di coscienza e per la pura verità. Siccome pure ho veduto che i 100 franchi spediti al padre di Angelo Composta di Negrar ho dovuto approvarli, perché spediti per autorizzazione di questo superiore, e perché l'Angelo Composta, a quanto pare ha meritato di essere esaudito pel suo assiduo e grande lavoro intorno alla chiesa come muratore, e perché, a quanto pare, è un ottimo soggetto.


[6681]

Anche il Superiore di qui D. Fraccaro ha lavorato e lavora molto, benché quasi sempre ammalato: questi due missioni di El-Obeid han molto faticato, e D. Fraccaro non si è messo niente in saccoccia di quel della missione, anzi vi ha speso alcune migliaia di franchi del suo, ma non ha saputo darmi i conti della sua amministrazione, e non me li può dare, perché non ha scritto. S'immagini, che non ha notato nemmeno i 3000 e più talleri che io nel febbraio e marzo ho pagati a Khartum per El-Obeid, dietro i suoi ordini. Non ha notato 209 Ghinee inglesi (5225 franchi in oro) che ricevette da Zucchinetti, e che io l'anno scorso feci pagare in Cairo etc. etc. etc. Cosa debbo fare? E' quasi un mese che sono in Cordofan, ed ogni giorno lo tempestai di darmi i conti, almeno approssimativamente: mi rispose di sì; ma sinora non vidi nulla, e non li vedrò in eterno.


[6682]

Ma i conti li ho io esatti di quello che ho pagato pel Cordofan; e ne trovai qui degli altri: per cui risulta che nei tre anni nei quali lo scioccherello e menzognero D. Losi scrisse a Sua Eminenza che io non ho mandato neanche una piastra, invece in solo denaro contante ho speso più di quattromila Napoleoni d'oro, senza calcolare tredici spedizioni di provvigioni. Sono tante le ingiustizie e le pillole amare che ho dovuto trangugiare dai santi matti, che è un miracolo che possa sopravvivere. Ma io ho altre idee che le loro: io lavoro unicamente per la gloria di Dio e per le povere anime e meglio che posso, e poi vo avanti, e non mi curo d'altro, certo che tutte le croci che debbo portare è pura volontà di Dio, e quindi mi saran sempre care.


[6683]

D. Bortolo mi scrive supplicandomi di lasciarlo tornare perché non si sente la forza e la salute di stare in Sudan, e mi prega di munirlo di commendatizie, e di dargli una destinazione o a Cairo, o in Europa. Veramente ne sento un vivo dolore, perché nella mia fantasia m'era fisso in mente, che il tenermi a fianco come consigliere e confessore un rigido, ingiusto, e accanito censore, come è D. Bortolo, ne avrebbe molto avvantaggiata l'anima mia, e mi si sarebbe fortificata la pazienza, che è la cosa più necessaria per formare un missionario dell'Africa. Ma d'altro lato come consigliere, perdo poco, perché è affatto senza criterio, e non vede neanche a metà del suo naso; non capisce niente, ed è testardo; è poca perdita che il Vicariato fa. Come confessore invece per me, perdo molto per le cose minute ed opportune che mi suggeriva, ed anche per esercizio di pazienza (sia detto fra noi), perché ciò che per me è bianco, per lui è nero; e ciò che per me è rosso, per lui è giallo.


[6684]

Benché ora abbia tutt'altre idee sulla missione di Khartum, ed abbia detto che fu male informato, pure fu rimarcato da tutti, e perfino da Francesco Pimazzoni, e dai due tedeschi, che non lascia mai un'occasione per sparlare di me, e sono convinti che egli mi avversi. Eppure io l'amo, perché è un povero infelice, buono a nulla, né a fare il Superiore, né a fare il missionario, né a rappresentare la missione; per cui, avendomi egli chiesto dove si dee destinare, ho consultato quasi tutti i missionari; e di comune accordo si è convenuto, che sarebbe dannosissimo il destinarlo al Cairo, ove sotto la sua direzione (che sta sempre in camera, o sparla del Vicariato) i candidati che da Verona vanno in Cairo, corrono pericolo di perdere la vocazione, come avvenne ad alcuni; ed i due tedeschi D. Gius. Ohrwalder e D. Dichtl Gio. hanno dichiarato più volte, che furono sul punto di abbandonar la missione in Cairo per le tristi notizie che D. Bortolo diede loro del Vicariato e dei soggetti etc.


[6685]

Invece ambedue qui dicono sempre che sono felici, perché hanno trovato Khartum e Cordofan affatto il contrario, e che trovarono missionari ottimi e pieni di abnegazione, e soprattutto si convinsero che la potenza morale della missione cattolica sotto la mia guida (ne ringrazio il Signore, non per mio merito, che non ne ho alcuni, ma pel mio stato di Vescovo e Rappresentante della S. Sede) è la prima potenza dell'Africa Centrale, e che malgrado le calunnie e le infernali mene degli antichi miei nemici, tutta l'Africa Centrale mi rispetta e mi stima, benché, come le dissi non merito nulla; ma solo ho la coscienza di aver degnamente e meglio che per me si è potuto, sostenuto il delicato mio grado, e rappresentata la Religione cattolica. Tuttavia il santo D. Losi (??), che da cinque anni e mezzo non m'ha mai veduto ha sempre sparlato di me e al cospetto delle nostre Suore (mel dissero esse) e dei negozianti anche i più ladri e birbanti (qual'è il nostro Procuratore, eletto dal P. Carcereri), che per grazia di Dio ora se ne va in Egitto; e D. Leone di Nuba che trovai qui e stette con noi 20 giorni, ha confessato ai nostri che ha trovato me Vic. Ap.lico tutto affatto diverso da quello che gli aveva dipinto D. Losi, il quale voleva che il Capo della Missione fosse D. Rolleri come più prudente e capace; e D. Leone disse che noi non dobbiamo badare e tenere per veri i giudizi su Nuba di D. Losi, che sono falsi e contrari a verità etc. etc.


[6686]

Eppure D. Losi quanto ad abnegazione è cosa rara. Egli non ha bisogno di nulla, non di letto, non di vestito, non di cibo: è un portento: per un'anima egli si priva di tutto, e dice di voler morire in Africa. E' vero che fa spropositi da cavallo per mancanza di testa e criterio; più volte per maritare un ragazzo fece cristiana una giovane meretrice, e due giorni dopo ambedue si lasciarono e tornarono musulmani; e questo è successo a lui nel 1875, dopo che io gli aveva formalmente proibito di fare quel matrimonio etc. etc. etc.


[6687]

Egli è onesto e casto: eppure mi assicura Suor Teresina (l'ha veduto essa), che è capace di stare un'ora con una giovane di venti anni perfettamente ignuda e più grande di lui per contrattare la compera di quattro uova o d'una gallina. Dice però sempre che Dio fa dei veri miracoli nell'assistere il missionario in mezzo a questi africani e africane ignude alla lettera... senza che mai capiti nemmeno l'ombra di un cattivo pensiero: e questo è vero, è articolo di fede dai missionari constatato fino dal 1849 ad oggi. Di più D. Losi ha detto che scriverà sempre e alla Propaganda e al Card. di Verona contro di me ogni volta che lo crederà in coscienza. Che lo faccia pure: io gli perdono di cuore. Invece profitto delle sue belle qualità pel bene della missione.


[6688]

Altra croce m'è venuta l'altro giorno. Malgrado l'ordine che io ho dato fino dal 1872 (come fanno tutti i Vicari Ap.lici) di non far stampare nulla senza la revisione del Capo della missione, D. Leone 5 mesi fa, spinto da D. Losi mandò a stampare un articolo sulla schiavitù contro il Governo egiziano, come fautore della schiavitù (D. Losi mi rimproverò due volte per lettera perché prima di venire in Africa non ho fatto il giro delle Corti d'Europa per invocare sussidio e protezione per reprimere la tratta degli schiavi a Nuba!!! Ora che l'Europa è tanto favorevole al Cattolicesimo!!!)


[6689]

Questo articolo comparve sulla Gazzetta di Colonia in tedesco, e venne alle mani di Blum Pascià Ministro delle Finanze al Cairo, e nello stesso tempo il ministro inglese si presentò al Khedive dicendogli: "Vedete cosa scrivono i missionari di Monsig.r Comboni dall'Africa Centrale; è segno che è proprio vero che il Governo di Vostra Altezza non fa nulla per reprimere la tratta. Il Khedive e tutti i Ministri d'Egitto ne furono disgustati, e Blum Pascia spedì questo articolo della Gazzetta di Colonia al Governatore Generale di Khartum coll'ordine di mandarlo a me e d'invitarmi a pronunciare il mio giudizio su quell'articolo (il quale porta che il Governatore del Cordofan, fra le altre cose, riceve mori e more invece delle imposte; il che da alcuni anni non è vero. Naturalmente ricevendo dai contribuenti schiavi rubati a Nuba invece di denaro, è mantenere la schiavitù).


[6690]

E il gran Pascià me lo spedì l'altro ieri; ed ora io devo rispondere. Certamente se il governo ci accorda una gran protezione come fa, non si aspetta certo da noi ingratitudine: e tale è certo se noi, invece di rivolgersi a lui per manifestargli i disordini di Nuba, lo si mette in piazza sui giornali europei, denunciandone con esagerazione il tristo governo. Spero che mi abbia capito. Intanto preghi pel suo aff.mo



+ Daniele Vescovo.


1063
P. Giuseppe Sembianti
0
El-Obeid
04. 05. 1881

N. 1063; (1018) – AL P. GIUSEPPE SEMBIANTI

ACR, A, c. 15/120

Nº. 19

El-Obeid, 4 maggio 1881

 

Mio caro Padre,

[6691]

Sono molto affaticato, perché ad onta di tutte le mie infermità e croci, bisogna sempre pensare, stare in piedi, spacciare gli affari, e provvedere. D. Giulianelli che dopo la mia partenza da Cairo, oltre il denaro rilasciatogli ricevette circa 20.000 franchi gli pare di avere fatto un gran che a spedirmi 3000 franchi. Comprò Oke di vino Nº 5532 (circa 6000 litri di vino) e spese franchi in oro 3371:20 c. E nientedimeno volea spedirne subito 3100 litri in Vicariato con uno dei secolari; e non pensa invece che noi qui abbiam bisogno di denaro. Gli ho ordinato in virtù di santa obbedienza che mi scriva perché comprò tanto vino che basta per 4 anni, e chi gli ha dato quest'ordine, ma egli santamente non mi rispose nulla. Dicono qui che fu D. Bortolo che glielo ha ordinato; ma D. Bortolo mi disse più volte che egli non gli ha ordinato nulla. Oggi gli ordino di non comprare più vino fino a nuovo mio ordine, e di non far più candele, perché spende enormemente, perché vuol candele grosse e con stoppino grosso, e solo di fattura trovo registrato nei conti una bella somma.


[6692]

E nel febbraio, comprò di nuovo 96 rotoli di cera per Fr. 172:50; e sono 1 prete, tre laici e 4 Suore ammalate etc. Di più gli ordinai di scrivere a lei delucidazioni su questa stupida spesa di vino, mentre qui non beviamo quasi mai vino ma merissa (siccera) etc. e non c'è denaro. Non avendo tempo di scrivere, le mando la stessa lettera di Giulianelli per altre piccole notizie. Impossibile che io possa mandar Suore in Cairo. Per Superiora colà basta Faustina. Faustina in mezzo alle avversità è una gran Suora, è vera Missionaria, e vale due Suore Campostrini: io la conosco a fondo. A Verona in una vita quieta e diametralmente opposta alla attività che ciascuna Suora deve avere in missione, Faustina è imbecille: sul campo vale due Suore nostre.


[6693]

Dunque confidiamo in Dio. Le mando la lettera di Giulianelli, che dopo tutto mi è caro, perché è molto pio, e prega molto, ed ho piacere di averlo a Cairo. Certo se avessi colà un altro superiore, ve lo destinerei volentieri, perché non sa trattare coi Consoli e col Governo, e gli si ride addietro, cosa che mi fa dispiacere. Veniamo a noi colla nuova croce delle due lettere qui accluse che mi scrivono le Peccati, e che io mando a Lei, pregandolo se lo crede opportuno di mostrarle a Sua Eminenza per iscoprire quella donna (che credo una Campostrini) che scrive con tanto poco delicatezza a me tacciandomi d'ingrato etc. Io risponderò appena il potrò alle Peccati, e la lettera la manderò a Lei, perché veramente mi fa schifo il rinfacciare sempre a me il bene che ha fatto alla missione, la mia ingratitudine (sic), e che si pentono di aver fatto quel che han fatto.


[6694]

Questo non è il sentire della Signora Luigia; ma è quella monacaccia senza religione, carità, e rispetto ad un Vescovo, mentre io non merito la taccia d'ingrato, e sdegnerei di ricevere elemosine fossero anche di centomila franchi, quando in seguito mi si rinfacciassero ad ogni momento, e mi costassero tante amarezze mortificazioni e pene. Ella a mio nome inviti queste Signore a darle copia del Documento di Sembianti [E' un lapsus calami per Squaranti] delle 10.000 Lire, che pretendono roba loro, mentre invece le hanno lasciate per tante messe. Di più io scriverò loro che approvo completamente la di lei condotta di essersi allora limitato ad anticipar loro di 15 giorni il trimestre, e di scrivere a me se deve si o no dar loro denaro. E poi come mai queste scioccherelle (o meglio la monaca, che io chiamerò maestra senza dire monaca), pretendono che sui due piedi un'istituzione che vive di elemosina, come è la nostra, abbia pronti 500, oppur 1000 franchi, senza dare un tempo conveniente etc. etc! E poi è roba loro, quando una volta l'hanno donata? E poi hanno esse diritto di reclamar denaro che esse hanno dato (e che fu speso) per messe da dirsi dopo la loro morte? Esse dicono di aver dato tutto alla missione; e poi la reclamano?... Io credo che questa volta non sieno preti i diavoletti, che confondono la testa a quelle due buone donne, ma che sieno le monache Campostrini. Bisognerebbe scoprire, per togliere ogni causa di nuovi dispiaceri, la cosa. E per questo l'uomo adatto per coadiuvare in ciò sarebbe il nostro carissimo Monsig.r Bacilieri.


[6695]

Le confesso il vero che mentre io sento la più viva gratitudine verso le Peccati, come le ho espresso in una mia non ha guari, comincia molto a raffreddarmi, perché dopo che mi hanno domandato perdono l'ultima volta per avermi intimato presso i tribunali e fattomi spendere molte centinaia di franchi all'Avv. Segala, dopo avermi messo nel fango con ingiurie e contumelie in una lettera all'Avv. Segala etc., venir ora fuori a tacciarmi d'ingrato, che si pentono di aver fatto etc. etc., è una cosa che mi addolora. Non è questo il modo di far carità. Non mostrano (cioè la scrivente monaca) né fede in Dio, né rispetto ad un Vescovo, né amore al prossimo, né virtù. Chi scrive quella lettera è una donna senza religione, fede, carità. Basta. Se può cerchi di dar loro 500 franchi, e che più tardi farà di tutto per dar loro gli altri 500. M'immagino che così sia abbastanza.


[6696]

Del resto, ella secondo le circostanze, si regoli pel meglio, mentre colla prossima posta le spedirò la lettera aperta che scriverò a loro.

Qui le Suore e specialmente Suor Teresa e Sr. Vittoria mi pregano a far venire Virginia in Vicariato. Considerato tutto, approvo la loro domanda, perché qui vi è estremo bisogno di Virginia, ed è la combinazione più semplice, equa, e giusta, e più comoda per me e per lei, il mandar Virginia in Vicariato. Suor Teresa (che è il tipo più perfetto della Suora africano-centrale) si prende sopra di sé tutta la responsabilità per tutto ciò che la riguarda. Domandi pure a Sua .........


[6697]

La picciola colonia di Malbes è un semenzaio di 37 anime cattoliche che vivono da veri cristiani, che ascoltan tutti la messa alla mattina, e che alla sera recita in comune il rosario e le preghiere, sotto la guida di D. Antonio che le dirige assai bene. Diverrà un paese, e poi una grossa borgata, etc. etc. di cattolici, esempio agli altri, e che in mezzo a un territorio tutto musulmano ed idolatra, forma una luce in mezzo alle tenebre. Io la settimana ventura partirò per Nuba, da dove non potrò scrivere che raro, né tornerò prima di aver decisa ed avviata la Stazione Centrale a Golfan.


[6698]

Son 10 giorni che cominciai una lettera a Sua Eminenza, senza aver potuto andare avanti: ma gli scriverò.

Queste Suore sono contente alcune di aver ricevuto sue lettere. Scriva loro spesso; coraggio si faccia in mezzo alle spine ove si trova: Gesù fu coronato di spine, e poi risuscitò. Ossequi all'E.mo, P. Vignola, D. Luciano, Mgr. Bac. e Casella, e preghi sempre pel



Suo ind.mo + Daniele Vescovo


1064
Un Pascià
0
El-Obeid
05. 05. 1881

N.o 1064; (1019) - A UN PASCIA'

AFM: Arch. Freschi Ing. Giovanni, Piazza Libia, 22 - Milano

El-Obeid, 5 maggio 1881


Mio caro Pascià

[6699]

Ho ricevuto a Malbes, dove sono stato per la mia salute, la sua onorevole lettera con l'articolo del Kölnische Zeitung: Slaveniagd und Slavenhandel in Agyptische Sudan, nella quale, con mia grande sorpresa, trovai il nome di un mio Missionario del Nuba, Don Leone Henriot. Dico "con mia grande sorpresa" perché dall'anno 1873 io ho dato ordine ai miei Missionari dell'Africa Centrale di non mandare relazioni o articoli sulle nostre Missioni per essere pubblicati dai giornali e che mandassero solo a me o al mio Vicario ogni articolo e relazione riguardanti le Missioni. I miei ordini in proposito sono stati sempre e perfettamente osservati.


[6700]

Ho letto e riletto l'articolo in questione e ho parlato con l'autore Don Leone che era qui con me per ragione della sua salute. Ho saputo la verità circa quest'affare e mi affretto a farle sapere, in confidenza, la verità riguardo a tutto questo.

Don Leone scrisse l'anno scorso una lettera a Don Luigi, Superiore di Khartum, riguardo alla schiavitù in Juba, e Don Giovanni Losi, Superiore di Nuba, mi scrisse in Europa a riguardo della stessa cosa.


[6701]

Don Luigi con la lettera di Don Leone andò a visitare il Hoc-comdar e parlò con lui e con Marcopolos del problema. Poi scrisse a me in Europa che era soddisfatto e contento perché Sua Eccellenza ha promesso di mandare ordini al Mudir del Cordofan di rimediare ai disordini di Gebel Nuba.

Di questo io fui molto soddisfatto e non parlai mai di Don Losi sia in Cairo che a Khartum; anzi seppi che gli ordini dell'Hoccomdar di Nuba erano stati eseguiti.


[6702]

Ma Don Leone, allo stesso tempo, aveva scritto l'articolo al giornale e a Don Luigi in Khartum; scrisse ancora un'altra lettera al Console Hansal, pregandolo di mettersi in contatto col Governo allo scopo di finirla colla schiavitù in Nuba. Il sig. Hansal rispose a Don Leone che sarebbe stato assai contento di fare quel favore. Lo pregò di scrivere a lui a Khartum e tenerlo informato della situazione della schiavitù in Nuba. Promise di comunicare al Dott. Schweinfurth (autore del soprannominato articolo del Kölnische Zeitung ecc. ecc.) in Cairo e lui avrebbe parlato al Console generale d'Inghilterra, il quale a suo tempo ne avrebbe parlato col Khedive.


[6703]

Nel frattempo Don Leone assai soddisfatto della risposta del sig. Hansal, scrisse ancora un'altra lettera riguardante la tratta degli schiavi in Nuba, colla promessa di ulteriori informazioni sulla orribile tratta. Questa lettera fu spedita da Nuba alla fine del febbraio scorso; io penso che dovrebbe arrivare nelle mani del Dott. Schweinfurth e sarà forse pubblicata sul Kölnische Zeitung, con il commento dello stesso Dott. Traveler, come aveva già fatto nella stessa rivista.

Ho dovuto rimproverare Don Leone per la sua disobbedienza ai miei ordini del 1873; egli non era al corrente delle mie disposizioni, perché egli era venuto in Missione nel 1879 e poiché egli è obbediente e buono, mi domandò perdono e promise di comunicare solo a me ogni notizia riguardante Gebel Nuba.


[6704]

Perciò, mio caro Pascià, ora sarà convinto che i membri della Missione cattolica non conoscono le pubblicazioni del Kölnische Zeitung e che Don Leone era in contatto non con Cairo, ma con le autorità locale del Console austriaco, allo scopo che egli provvedesse, con l'aiuto del governo del Sudan, quanto era necessario per Gebel Nuba.

Lei sarà pure convinto che il mercante di Khartum a cui Don Leone aveva scritto da Delen era il Console Hansal e che la lettera era arrivata dal cuore dei Monti di Nuba, fu mandata dal Console Hansal al Dott. Schweinfurth in Cairo, il quale scrisse al Console generale inglese in Egitto e pubblicò l'articolo sul Kölnische Zeitung ecc. ecc. (traduzione dal tedesco: Così oggi, dopo un viaggio di mesi, è arrivata una lettera dal cuore dei Monti Nuba al Cairo ove vi si trova un Missionario Don Leone Henriot che aveva scritto a un mercante di Khartum ecc. ecc.).


[6705]

La settimana prossima andrò a Gebel Nuba a visitare quella Stazione e quelle montagne. Dopo un esame di tutto le manderò una dettagliata informazione della tratta degli schiavi. Spero di assicurarla della soppressione della schiavitù in Nuba effettuata dagli ordini energici e precisi di Sua Eccellenza Rauf Pascià. Lei potrà passare il mio rapporto a S. Ecc. Blum Pascià in Cairo e sarà pubblicato da Kölnische Zeitung ecc. ecc. al fine di por termine e demolire le affermazioni del Dott. Schweinfurth.

Le affermazioni di Don Leone sono vere. E' pur vero che l'Hoc-comdar coi suoi ordini dati al Mudir del Cordofan ha rimediato a questo disordine in Gebel Nuba.


[6706]

Ho tutta la confidenza nel governo del Kedive e nella fermezza del nostro stimatissimo Governatore generale del Sudan, Rauf Pascià. Perciò io manderò sempre le mie relazioni e osservazioni sul problema della schiavitù al Governo e all'Hoccomdar. Questo è per me un dovere di giustizia, di gratitudine e di riconoscenza.

Io sono profondamente convinto e persuaso che il governo del Khedive ha la buona volontà e tutto il potere di distruggere, con l'aiuto di Dio, l'infame tratta degli schiavi e così dare una grande motivazione alla civilizzazione dell'Africa Centrale.

Prego la sua gentilezza di porgere i miei rispetti a Sua Ecc. Blum Pascià in Cairo e a Raul Pascià in Khartum.



Suo aff.mo amico

+ Daniele Comboni

Vescovo e Vicario Ap.lico dell'Africa Centrale



Traduzione dall'inglese.


1065
Relazione su Bianca Lemuna
0
El-Obeid
08. 05. 1881

N.o 1065; (1020) - RELAZIONE SU BIANCA LEMUNA

"Annali del B. Pastore" 25 (1881), pp. 36-47

El Obeid, 8 maggio 1881

 

Festa del patrocinio di S. Giuseppe

[6707]

In questa cara solennità del Patrocinio del nostro venerando Patriarca S. Giuseppe mi piace descrivere un grazioso fiorellino tutto olezzante di squisita fragranza, e comunicare ai nostri benefattori d'Europa un brevissimo cenno sopra una giovane, non ha guari convertita dal gentilesimo alla nostra S. Fede, cioè, Bianca Lemùna, la quale è senza dubbio il più bel fiore del nostro giardino della nascente Chiesa dell'Africa Centrale.

Da oltre 4 anni abbiamo nella Missione cattolica di El-Obeid, capitale del Cordofan, una ragazza di circa quindici anni, di color bianco-roseo benché nata da genitori negri, della quale io credo interessantissimo di stendere un cenno, sì pel fenomeno straordinario e per l'anomalia del suo colore, e sì per le sue qualità morali, fra le quali risplendono una singolare pietà, una integrità ed illibatezza di costumi veramente ammirabile ed uno speciale fervore per la nostra santa Religione, da paragonarsi a quello dei primitivi cristiani dei tempi apostolici.


[6708]

Il nome primitivo di quella giovane è Lemùna.

Ma siccome noi siamo soliti di dare ai nostri convertendi un nome cristiano facendo servire il nome primitivo per cognome, e siccome le fu imposto il nome di Bianca nel santo Battesimo amministratole ai 7 giugno 1879 dal Rev. D. Battista Fraccaro Superiore delle Missioni Cattoliche del Cordofan, così essa si chiama Bianca Lemùna.


[6709]

Essa è nata nel paese dei Nambia situato, a quanto pare, nelle regioni occidentali dell'Alto Nilo fra le tribù antropofaghe dei Gnam-Gnam, molto vicino al territorio dei Banda, ed alcune settimane di viaggio pedestre distante dal Dar-Fertit. Il paese dei Nambia è sconosciuto alla scienza geografica; ora da questi dati e da quelli che accennerò più sotto, parmi dover riferire che questa regione è situata fra il 4º ed il 6º grado di latitudine Nord. Nel 1858, cioè ventitre anni fa, trovandomi nella tribù dei Kic fra il 6º ed il 7º grado L. N., sulle sponde occidentali del Fiume Bianco, ho sentito parlare da parecchi di un paese chiamato Dor situato molto all'interno verso occidente e circondato tutto all'intorno da tribù perfettamente nere come l'ebano, nel quale abitavano genti bianche e rosse, e tale notizia mi fu poi confermata dal negoziante e viaggiatore Angelo Castelbolognese israelita di Ferrara, nel viaggio che io feci con lui nel 1859 da Khartum a Dongola passando il deserto di Basuda, il quale mi diceva di aver visitato questo paese dei Dor insieme a Giulio Poncet noto nella geografia africana, e che io conobbi a Khartum e sul Fiume Bianco. Nelle nostre future esplorazioni spero, che riusciremo a spiegare questi misteri.


[6710]

Bianca Lemuna è una giovane di bassa statura, ben tarchiata della persona, snella, di robusta complessione, instancabile nel lavoro, e con una voce più da uomo che da donna. Ben poco avvenente nel suo sembiante, ha il tipo della razza etiope. Ma il colore di tutto il suo corpo è assai più bianco di quello delle donne italiane, francesi, tedesche, inglesi, anzi è più bianco di quello delle donne circasse, ed i suoi capelli sono perfettamente biondi, ma affatto lanosi, come quelli della razza etiope. La sua pelle, tanto nel volto che di tutto il corpo, è durissima, in guisa, che volendolesi un giorno cavar sangue, si è spuntata la lancetta. Gli occhi tendono più al bianco che all'azzurro, ma di giorno essa vede poco, benché compia bene i suoi doveri: ma alla notte ella vede assai di più; senza lumicino o candele, ma perfettamente all'oscuro essa apre la dispensa, cerca e trova quello che brama; lava piatti, pentole, cucchiai, bicchieri e mette tutto a suo posto; scopa e pulisce, lavora ed adempie assai bene, come dicemmo, all'oscuro ai suoi uffici in dispensa, in refettorio, in cucina.


[6711]

Suo padre, che ha nome Ninghina, è di colore affatto nero; sua madre che ha nome Gen-tidi, è pure di color nero etiope; e delle due sorelle che dice avere, una è perfettamente nera, l'altra è rossa, ma tendente al colore degli abissini. Suo padre Ninhina è uno dei più fieri ed arrabbiati giallaba o negrieri che si arricchì col sangue dei poveri schiavi, rubandoli dalla loro patria, e vendendoli ad altri giallaba. Mentre egli era occupato in una caccia di schiavi in paese alquanto lontano dal suo, la nostra Bianca venne rapita insieme ad una sua schiava da una banda di altri negrieri trafficanti di umana carne; e dopo un faticoso viaggio di parecchi mesi attraverso a selve interminabili, popolate da leoni e da altre bestie feroci, essa giunse camminando parte a piedi e parte sul dorso dei bufali, ai confini della Muderia di Sciakka, non lungi dal Bahr-el-Gazal, ove insieme alla banda di schiavi, di cui ella facea parte, venne catturata dai soldati del governo egiziano del Sudan e trasportata nel Darfur, ove fu presentata come un interessante regalo a S. E. Gordon Pascià governatore generale del Sudan, il quale passando da El-Obeid, ebbe il nobile pensiero di farne dono alla nostra Missione del Cordofan per essere fatta cristiana ed assicurarla del suo avvenire.


[6712]

La sua lingua materna si chiama Itinirizandi; e dalle diverse parole, che io ho estratto di questo idioma coll'aiuto di lei, sembra di origine semitica e monosillabica, come la Dinkaika e la Barika, che sono parlate da molte tribù situate fra il 3º ed il 12º grado Lat. N. Bianca intende ancora la lingua Dinkaika, ma non la parla, come ho potuto io stesso più volte constatare. Sebbene parla correttamente la sua lingua Itinirizandi, come apparisce dai frequenti colloqui che ella tiene con quell'antica schiava, colla quale fu rapita, e cui ella vorrebbe guadagnare al cattolicesimo, la quale è ora al servizio di un nostro cattolico di Aleppo dimorante in El-Obeid, il Sig. Ibrahim Debbàne.


[6713]

Bianca asserisce che il suo paese dei Nambia è ricco di una sorprendente vegetazione; che ha bei fiumi, ridenti montagne, vaste campagne e fioriti giardini, in cui crescono i limoni, l'uva, i banani, i pomodori, le melanzane, il frumento, il sesamo, il maïs, le bannie, i fagiolini, le patate dolci; e dice che per aver acqua anche lontano dai fiumi basta collocare sotto un monticello od una roccia le borme (vasi di terra cotta di forma rotonda della capacità di 7 od 8 litri) e si riempiono subito: dice, che colà si conosce il più grande dei fiumi, che si chiama Bianco, e che essa ha veduto non molto lontano; dice che in sua patria si viaggia sui giamus (bufali), e che vi sono buoi, montoni, pecore, capre, bufali, zebre, giraffe, struzzi ed uccelli di tutte le forme, grandezze e colori, ma che non vi sono punto né asini, né muli, né cavalli, né cammelli, né dromedari. Vi sono poi colà in gran copia elefanti, leoni, iene, leopardi, e serpenti di ogni qualità e grandezza. Soprattutto afferma che molti del suo paese esercitano, come suo padre, l'obbrobrioso mestiere di giallabi o trafficanti di schiavi, che si cacciano e si rapiscono a vicenda fra tribù e tribù, e che colà si vive sempre in gran timore ed in continua trepidazione.


[6714]

Lasciando da parte altre notizie interessanti cavate dalla sua bocca circa la lingua Itinirizandi (della quale ho cavato la numerica con molte parole) ed i costumi dei Nambia, chiudo questa narrazione col toccare alcunché delle sublimi qualità morali che adornano l'anima ed il cuore di questa fortunata creatura.

Bianca appena entrò nella nostra Missione, fu istruita nelle massime della nostra santa Religione da una giovane Suora orientale della provincia di Damasco in Siria, per nome Virginia Mansur; ed in appresso ebbe per maestra la moretta Fortunata Quascè di Gebel Nuba, che ora è novizia dell'Istituto delle nostre Suore e che continua la sua istruzione. Dal giorno in cui Bianca conobbe la nostra santa Fede, divenne una fervente cattolica. Benché non mostri di aver gran talento ed acume, e le sia costato gran fatica l'apprendere il catechismo in arabo (che non è la sua lingua) pure ella ha ben afferrate le massime ed i principi della nostra Santa Fede e se le ha profondamente scolpite nel cuore. Essa è di una pietà singolare, ed ama assai l'orazione; essa prega nelle ore dal regolamento stabilite, ed assiste con singolare devozione alla S. Messa, e si accosta con sommo rispetto e fervore alla SS. Comunione; ed in quei giorni ella è sempre ilare e serena.


[6715]

Essa prega prima del lavoro, prega lavorando, e prega di frequente fra il giorno; ed il Cuore Sacratissimo di Gesù, la B. V. Immacolata e S. Giuseppe sono i suoi tesori che ella venera con peculiare devozione ed amore, e che ha sempre sulle labbra. Fedelissima agli obblighi ed alle pratiche religiose, essa osserva rigorosamente tutti i digiuni prescritti dalla S. Chiesa e le vigilie della Madonna, e le osserva in modo che durante le 24 ore di ciascun giorno ella non suol gustare mai cibo di sorta, benché in minima quantità, e talvolta anche si astiene dal prendere il minimo sorso d'acqua. Temperatissima e parca nel suo vitto, ella non ha mai accettato per suo mantenimento se non l'ordinario cibo delle nostre morette, cioè l'impasto di Dokhon, specie di miglio, od altro di simil genere; e sovente si priva anche di questo cibo per distribuirlo ai poveri od a qualche altra moretta più sofferente e bisognosa; e tutto ciò per spirito di mortificazione e carità.


[6716]

Tenacissima nell'adempimento dei suoi doveri essa non sta mai in ozio, né mai si perde in puerili trastulli colle altre ragazze, benché non conti che appena quindici anni di età, bensì attende con assidua diligenza a tutti gli uffici che dall'obbedienza le sono imposti.

A lei come alla più fidata persona dell'Istituto è commessa la chiave della dispensa, la cucina e il refettorio; ella custodisce gelosamente quanto le vien consegnato di provvigioni e di commestibili, né si permette mai di dare o distribuire a chicchessia la più piccola cosa, senza l'ordine ed il consenso di chi tiene il luogo di Superiora. Essa poi non si è mai permessa di appropriarsi, od anche solo di gustare la minima particella di commestibile della credenza dalle Suore affidatale.


[6717]

Fortunata Quascè, sua maestra, la invitò più volte a mangiare il pane bianco delle Suore, che è di frumento, però molto inferiore del nostro pane d'Europa; ma Bianca lo rifiutò sempre dicendo: "Non è conveniente che io, che sono una povera schiava, mangi il pane delle Suore che sono libere". Ed a chi le ha fatto osservare che essa, dal momento che ha ricevuto il santo Battesimo è diventata libera come le Suore, ella rispose: "E' vero che ora io sono libera, perché ho avuto la sorte di diventare cristiana; ma io sono nata schiava, e non è conveniente che io mangi il pane delle Suore che sono nate libere e che sono sempre state cristiane; per me conviene mangiare il pane dei neri, ed io sono felice ed avventurata di poter esser sempre la serva delle Suore". Bianca è contenta di tutto, vive in piena pace colle compagne, alle quali mai reca la minima offesa o disturbo. Quando talvolta le succede qualche contrarietà, o le compagne od assistenti rompono qualche oggetto ecc. essa si altera e si commuove, e la sua alterazione sembra che sia quella di una fiera; ma tosto la religione la calma; il pensiero di Dio, della Vergine SS., della Fede la tramuta in un istante e diviene mansueta e paziente come un agnello, ed essa continua quieta e tranquilla il suo lavoro.


[6718]

Sennonché la virtù che le brilla più splendida in fronte è la purezza de' suoi costumi ed il candore della sua angelica illibatezza. Benché nella sua casa paterna e soprattutto nei viaggi e nel tempo della sua schiavitù sotto barbari padroni ella abbia veduto co' suoi propri occhi, e sentito colle sue orecchie di tutto... pure Bianca è un fiore splendidissimo d'illibatezza, un angioletto d'intemerati costumi. In mezzo alle sue occupazioni è custode gelosa di se stessa, scrupolosa nell'evitare ogni cosa, che possa offendere la sua virtù, si scandalizza d'ogni più piccola cosa e teme sempre d'offendere il Signore; sa cogliere il destro per evitare ogni comunicazione e colloquio con chi non è del suo sesso: e quando passa per la corte delle Suore qualche nero, per qualsiasi oggetto di lavoro o di servizio, ella si ritira in cucina od in refettorio, e si contiene seria e dignitosa.


[6719]

Gordon Pascià avendo ricevuto dalle province dell'Equatore un giovane bianco della sua razza, pensò di mandarlo in Cordofan con animo di proporlo a marito di Bianca. Accompagnato da ufficiali e soldati del governo, si è dovuto permettere che fosse a lei presentato. Bianca appena lo vide, corse ad appiattarsi nelle camere delle Suore; le fu più volte proposto di sposarlo, ma tutto fu inutile; essa non volle più vederlo né sentirne di lui parlare. Il nostro D. Giovanni Losi, che ha per massima di sistemare col matrimonio cristiano le nostre ragazze non convertite, propose ripetutamente a Bianca di sposarsi con un giovine bianco che egli trovò a Singiokàe tornando da Nuba, e l'assicurò che ne sarebbe contenta. Ma tutto fu inutile, ella dichiarò che non penserà mai ad uno sposo terreno, ma che essa vivrà sempre colle Suore, e sarà per tutta la vita la serva delle Suore che hanno rinunziato per sempre al matrimonio terreno. Bianca Lemuna si è scelta per suo sposo Gesù; in Gesù ella ha trovato unicamente il suo bene, la sua pace, le sue delizie, la sua vita.


[6720]

Essa è la più fervorosa ed edificante creatura che possediamo in questa Missione cattolica del Cordofan; essa forse è il fiore il più fulgido ed olezzante, che questa nascente vigna del Signore di Sabbaoth abbia giammai prodotto fra i popoli dell'Africa Centrale.

Che Iddio ce la conservi per molti anni ad edificazione di noi tutti, e ad incremento della nostra Fede in queste remote contrade, ove la massa di questi popoli infelici geme ancora sotto l'impero di satana, avvolti da tanti secoli nelle tenebre e nelle ombre di morte.



+ Daniele Comboni

Vescovo di Claudiopoli i.p.i.

Vicario Apostolico dell'Africa Centrale


1066
Dirett. Museo Missioni Catt.
0
El-Obeid
11. 05. 1881

N° 1066; (1021) - AL DIRETTORE

DI "MUSEO DELLE MISSIONI CATTOLICHE" "Museo delle Missioni Cattoliche" (1881), pp. 386-387

El-Obeid, capitale del Cordofan, 11 maggio 1881

 

Mio caro D. Giuseppe, ed amico mio dolcissimo,

[6721]

Sono molto lieto per vedere il Museo delle Missioni Cattoliche di gran lunga migliorato, e ricco d'interessanti relazioni di tutte le Missioni della terra, per cui d'ora innanzi mi terrò ad onore di spedire delle importanti notizie dall'Africa Centrale.

Sono poi lieto nel vedere la Sede centrale del Museo e delle corrispondenze alla nostra Chiesa delle Missioni Apostoliche, alla SS. Trinità, e sotto gli auspici immediati del mio caro amico. Certo sono molto da ringraziare V. S. che assunse questa eredità del caro Canonico Ortalda, lo zelantissimo Arcivescovo di Torino, e quanti hanno impresso nuovo slancio e nuova lena al Museo delle Missioni Cattoliche.


[6722]

Qui vi è carestia d'acqua. Mi vogliono certi giorni cinquanta e sessanta franchi per comperare soltanto acqua fangosa e salata per bere e far da mangiare.

Le manderò una piccola relazione, come pure un cenno sopra Bianca Lemuna, giovane con la pelle di tutto il corpo più bianca della donna circassa, colla faccia perfettamente rosea, coi capelli biondi perfettamente, e nata da genitori neri. Oggi la mandai all'Osservatore Romano.


[6723]

Scriverò spesso a Lei pel Museo. Se aprisse sul Museo una offerta per gli assetati del Cordofan sarebbe bene, ma vedo che ci vuole qualche particolare informazione relativa.

Siccome il Museo contiene la vita del P. Leone d'Avancher, le dirò che giorni sono mi giunse una sua lettera in francese; gliela mando tale quale la ricevetti col rispettivo enveloppe, lettera che fu cominciata anni fa, e finita prima di morire: è scritta di proprio pugno dal P. Leone a me. Gliela invio perché, se credessero, la stampino sul Museo: e poi dopo stampata, potrà spedire l'originale al P. Sembianti, Rettore del mio Istituto Africano a Verona.

Mille ossequi all'Arcivescovo, a tutto il Capitolo, al Teologo Arpino, Parroco di S. Salvario, ai membri del Circolo della Gioventù Cattolica di Torino, al venerando suo padre, ecc. ecc. Parte la posta. Vale.



Suo aff.mo amico

+ Daniele Comboni

Vescovo e Vic.Ap. dell'Africa Centrale


1067
Can. Cristoforo Milone
0
El-Obeid
12. 05. 1881

N° 1067; (1022) - AL CAN. CRISTOFORO MILONE

Cristoforo Milone, "Mons. D. Comboni - l'Abate Girolamo Milone" Napoli (1883), pp. 35-36

El-Obeid, 12 maggio 1881


Mio caro amico,

[6724]

Due righe in confidenza e fra noi.

Se io potessi ed avessi tempo vi scriverei spesso e tutte anche le settimane pel vostro foglio; ma non posso (oltre le gravissime occupazioni del mio Vicariato) devo pensare anche a raccogliere oltre 500 franchi al giorno per sostenere i miei stabilimenti: epperciò devo scrivere sempre come corrispondente di altri 15 giornali tedeschi, francesi, inglesi, americani, che mi mandano delle belle migliaia. In Italia poi ho relazione con tutti quasi i giornali cattolici, specialmente l'Oss. Romano, l'Unità Cattolica, l'Oss. Cattolico, ecc. (ai quali non scrivo quasi mai) oltre i miei Annali del Buon Pastore di Verona che esce ogni trimestre.


[6725]

Ora io a Voi scriverò sempre delle lettere, ma quando trovate sui giornali cattolici qualche mia corrispondenza, voi potete farla e stamparla come diretta a voi, perché tale è la mia intenzione e mi fate piacere. Potete dire: "Siamo lieti di ricevere da Mons. Comboni la seguente lettera ec. datata dal Cordofan ecc.". Fra giorni vi spedirò la descrizione della più grande chiesa dell'Africa Centrale dedicata a Nostra Signora del Sacro Cuore Regina della Nigrizia; e voi dovete essere il primo a stamparla perché il primo merito di questa meraviglia dell'Africa Centrale è di un napoletano addetto sin da giovane al Clero napoletano (che bella istituzione degli Arcivescovi di Napoli per creare sublimi vocazioni soprattutto al sacerdozio) e da me ordinato in Africa, cioè D. Vincenziello (Marzano). Voi avrete vedute anche corrispondenze sul Museo delle Missioni di Torino, sulle Missioni Cattoliche di Milano e Lione; stendetele e stampatele come dirette a Voi ed alla Libertà Cattolica perché tale è la mia intenzione. Mio caro, dovendo occupare i miei Missionari, nel ministero io sono solo, senza segretario, senza Vicario Generale; e per sostenere la Missione, io devo scrivere ogni giorno in diverse lingue.


[6726]

Una stupenda commendatizia vennemi fatta dal Vicerè o Governatore G.le del Sudan (che governa un territorio grande più di 5 volte tutta l'Italia) musulmano, in cui dice che Comboni è un alto dignitario nella sua religione cattolica che noi dobbiamo onorare ecc. Un Turco alto dignitario che dice che si deve onorare la nostra Religione!! E i nostri framassoni italiani liberali che perseguitano questa fede... Voi ci potete lavorar sopra come avete fatto si bene alla venuta di bianchi ed altre occasioni. Che fanno questi di bene duraturo al paragone della ultima mia Suora italiana che lavora tanto in Africa Centrale e fra i Nubani cui essa veste la prima volta? Colà han tutta la moda adamitica pria della caduta. Dunque riportate quella lettera di Rauf Pascià.



+ Daniele Comboni


1068
Card. Giovanni Simeoni
0
Cordofan
17. 05. 1881

N° 1068; (1023) - AL CARD. GIOVANNI SIMEONI

AP SC Afr. C., v. 9, ff. 121-123

Nº . 7.

Cordofan, 17 maggio 1881


E.mo e R.mo Principe,

[6727]

Le mando la descrizione della nuova chiesa di Nostra Signora del Sacro Cuore fabbricata in El-Obeid, capitale del Cordofan, e che senza dubbio è il più grande e maestoso tempio, consacrato al vero Dio, di tutta l'Africa Interiore. Questa descrizione è fatta da quello fra i miei buoni e laboriosi Missionari, che ne fu l'architetto ed il direttore principale, cioè, D. Vincenzo Marzano; ed ho tutta la fiducia, che Nostra Signora del S. Cuore Regina della Nigrizia, e padrona del Cuore di Gesù, convertirà queste genti*, che finora furono avvolti nelle tenebre della morte.


[6728]

Questo sacro tempio è oggetto di stupore e meraviglia per questi indigeni; ed io fui lieto nel Giovedì Santo di farvi le funzioni e consacrarvi gli olii santi, come pure vi pontificai nel giorno della Risurrezione di G.C.

Al mio ritorno poi da Gebel Nuba amministrerò solennemente il santo battesimo ad un buon numero di catecumeni che da molto tempo si istruiscono nei principi della nostra santa Religione. Il mese di maggio che vi celebriamo tutti i giorni con ispeciali orazioni e Litanie cantate con molte voci al suono dell'armonium, dà una vera idea dei templi di Roma, ove si pratica questo santo Esercizio.

Intanto prostrato al bacio della sacra Porpora, mi rassegno coll'ossequio più profondo



di V. Em.za R.ma u.mo, d.mo oss. figlio

+ Daniele Comboni Vesc. e Vic.Ap.


1069
Card. Giovanni Simeoni
0
El-Obeid
17. 05. 1881

N° 1069; (1024) - AL CARD. GIOVANNI SIMEONI

AP SC Afr. C., v. 9, ff. 131-132

J.M.J. Nº. 6

El-Obeid, 17 maggio 1881

Eminentissimo e R.mo Principe,

[6729]

La mia comparsa in Cordofan ha messo, così disponendo Iddio, il terrore nell'anima dei trafficanti di carne umana, perché credono che io sia munito di poteri straordinari dal Khedive (ed in parte è vero) per annientare la tratta, il che significa distruggere il precipuo guadagno, e la loro ricchezza. Qui vi sono dei milionari (fra i quali vi è Tefaala, che rubò Daniele Sorur alunno di Propaganda) che si arricchirono a forza di schiavi rubati dalla lor patria. Ve n'è uno (che i due alunni Arturo e Daniele Conoscono), che pe' suoi meriti di negriero sette anni fa fu fatto Pascià, perché coadiuvò il governo per la conquista del Darfur: si chiama Elias Pascià, che ha mille schiavi al suo servizio; ha 42 figliuoli e figliuole (senza contar le sue donne) a ciascuna delle quali può dare in dote 2000 Borse, cioè, 10.000 Ghinee egiziane pari a Franchi in oro Nº 260.000 per ciascun figliuolo o figliuola, sicché pei suoi 42 figli e figlie può assegnare 10.920.000, cioè quasi undici milioni. Costui ora non esercita più il negriero, e così il padrone dell'alunno Daniele Sorur che mi ha dato pranzi di 25 pietanze in ogni pranzo etc., di 30, ed anche 35 di piatti.


[6730]

Ma l'attuale Khedive fa grandi sacrifizi per l'abolizione della tratta, e non scherza. In ciò non ha piccol merito la Missione.

Giunto qui in Cordofan avendo sentito che i Baghara infestano Gebel Nuba (sono arabi nomadi ladri ed assassini) rubano a certa distanza dalla nostra stazione e ragazzi e ragazze e biade, dietro preghiera del gran capo e dei miei missionari di Nuba, ho chiesto al gran Pascià una piccola forza militare che percorra i dintorni dei monti di Nuba, e ci liberi dai ladri, che hanno rapito anche a noi parecchie cose. Rauf Pascià spedì subito e cento uomini, e mi scrisse che disponga anche di mille e più, che sono a mia disposizione.


[6731]

Mentre che ieri mi preparava a partire per Nuba io stesso con due missionari e due Suore (gli altri li ho spediti, e sono già arrivati da 15 giorni), io riceveva da Rauf Pascià la seguente lettera, che qui tradotta in italiano alla lettera trascrivo a Vostra Eminenza:

"A S. E. Monsignor Comboni Vescovo e Vicario Ap.lico del Sudan -Khartum, 10 maggio 1881.

Monsignore,


[6732]

Ho sentito con gran piacere il Vostro felice arrivo a Cordofan, e nello stesso tempo l'ottimo effetto della Vostra presenza nella Provincia. Mi si dice che il paese soffriva una grande siccità; ed io non dubito punto che è dovuto alle Vostre preghiere (sic), se il cielo ha versato la sua pioggia benefica. Faccia Iddio che partendo Voi per Gebel Nuba, la Vostra presenza sia accompagnata da felici risultati, e che da parte loro queste popolazioni riconoscenti Vi accompagnino colle loro benedizioni.

Voi forse sarete già arrivato a Gebel Nuba, e Vi prego, Monsignore, di voler bene esaminare il paese, e la sua amministrazione, affinché noi possiamo prendere le misure necessarie pel benessere di quelle genti, e provvedere alla loro prosperità.


[6733]

La questione della schiavitù principalmente deve formare l'oggetto di uno studio approfondito. Trovandovi Voi sulla faccia del luogo, sarete in caso di scoprire e ben conoscere gli errori, che colà si commettono, e di proporre il rimedio efficace da apportarvi. Voi troverete in me, Monsignore, il più valido appoggio per l'esecuzione degli ordini di Sua Altezza il Khedive; e ciò tanto più che, come Voi non l'ignorate, questi ordini sono in perfetto accordo colle mie proprie convinzioni.

Profondamente convinto dei sentimenti di umanità, onde Voi siete animato, io non dubito punto, Monsignore, che Voi prenderete in seria considerazione questa domanda che io Vi rivolgo, e che malgrado la noia che ciò Vi potrebbe apportare, Voi non mancherete di aiutarmi coi Vostri lumi, e coi Vostri savi consigli, in una materia di tanta importanza.

Vi sarà grato, Monsignore, di sapere che ho nominato un Ufficiale con cento soldati per la sorveglianza di Gebel Nuba. Ciò, non dubito punto, sarà molto bene accolto dal paese e soprattutto dalla Missione.

Vi prego di gradire, Mgr.e, l'espressione etc.



Il Governatore Generale del Sudan

(L.S.) Rauf Pascià"



Bacio la S. Porpora etc.



+ Daniele Comboni V. A.


1070
Can. Cristoforo Milone
0
El-Obeid
17. 05. 1881

N° 1070; (1025) - AL CAN. CRISTOFORO MILONE

"La Libertà Cattolica" XV (1881), p. 601

El-Obeid, 17 maggio 1881


Breve biglietto.