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Data
951
Card. Giovanni Simeoni
0
Verona
27. 07. 1880

N. 951; (1173) – AL CARD. GIOVANNI SIMEONI

AP SC Afr. Austr., v. 6 (1875-1885), ff. 797-800

Verona, Ist.o Africano, 27 luglio 1880

E.mo e R.mo Principe,

[6039]

Due sole righe per esprimerle la mia interna soddisfazione pella proposta di assegnare una missione o Prefettura Ap.lica pel Seminario di Lione.

Non è per niente opportuno quello che io avea tracciato pei Belgi, perché, saputo da V. Em.za che si trattava di Belgi, avea segnato come base di operazione il gran Fiume Congo, ove da due anni lavora la spedizione Belga capitanata da Stanley. Se a M.r Planque si affidasse quel territorio, si cadrebbe nel medesimo errore in cui si è caduti nell'affidare a M.r Planque il Capo Centrale di Buona Speranza, troppo fuori di comunicazione dal suo centro di azione.


[6040]

Invece, io calcolato che il Planque ha due case in Egitto, che aspira anche a spingersi in Alto Egitto al di là dei punti occupati dai Riformati Francescani etc. (il che è molto bene), io sarei di subordinato parere di affidare e cedere a Planque la casa di Scellal colla Nubia Inferiore e l'antico regno di Dongola; i quali due punti sono in clima sanissimo; e ciò servirebbe poi di base di operazione per assumere l'evangelizzazione dell'impero dell'Waday o altra parte in relazione colla base di operazione Scellal e Dongola (ove io aspirava a mettere uno stabilimento, ed ove vi sono anche copti).


[6041]

Ad ogni modo tratterò direttamente con M.r Planque anzi m'abboccherò con lui per far cose positive e stabili, per non vederlo sempre vagare con fasci di Carte Geografiche alla mano, senza nulla o poco concludere.

Non intendo con ciò, di non ispiegare tutta la mia attività per ben sistemare e far prosperare la mia Congregazione di Verona. Anzi farò tutti i miei sforzi, e certo vi riuscirò avendo io qui un'Opera magnifica di candidati e di Suore, che si formano all'arduo e scabroso apostolato dell'Africa Centrale, che così poco si conosce in Europa anche da uomini grandi, ed altolocati.


[6042]

Pell'epoca della mia partenza sarà spero tutto combinato. Non rinuncio poi all'idea di affidare una piccola parte ai buoni pretini di D. Bosco, e di aiutarli perché abbiano a riuscire, col mio aiuto nell'intento.

A S. Pietro in Vincoli abita ora la prima colonna dell'Africa Centrale ai tempi primi, il dottissimo e santo Rocchettino Mitterrutzner, che invano io implorai che fosse nominato Consultore di Propaganda. Egli nulla seppe mai dei miei passi per lui. Tuttavia supponendo che l'Em.za V. al 1 agosto celebrerà messa al suo Titolo, la prego di fargli buona cera perché è uomo grande e di gran merito, e meriterebbe davvero una Cattedra episcopale. Da 29 anni aiuta l'Africa C.le, compose due dizionari e grammatiche, la Dinka, e la Barica, e diede - raccolse - molte centinaia di migliaia di Franchi all'Africa.

Le bacio la S. Porpora e sono



Suo ubb.m d.o figlio

+ Daniele Comboni Vesc


952
Mons. Antonio Silva
0
Verona
28. 07. 1880

N. 952; (909) – A MONS. ANTONIO SILVA

AFB, Piacenza

Verona, Istituto Africano, 28 luglio 1880

Lettera: C. manda documenti.

953
Madre Amna De Meeus
0
Aussee
02. 08. 1880

N. 953; (910) – A MADRE ANNA DE MEEUS

ACR, A, c. 15/153

Aussee (Haute Styrie), 2 agosto 1880

Mia molto R.da Madre,

[6043]

Le domando perdono del mio ritardo a risponderle. E' colpa mia in parte, perché sono solo e ho un gran lavoro.

Ho fatto tutto il possibile per essere a Bruxelles il 5, ma siccome l'imperatore d'Austria è sempre a caccia, non mi ha ancora ricevuto per quanto è da cinque giorni che sono qui a Aussee, cioè a due ore da Ischl, dove c'è S. Maestà.

Ma se non avrò la fortuna di vederla a Bruxelles, la vedrò in Inghilterra. Per questo accetto l'offerta generosa della sua onorevole ospitalità e scenderò nei suoi paraggi, come lei mi ha detto e scritto. Là avrò bene il suo indirizzo e saprò raggiungerla in Inghilterra.


[6044]

Nell'attesa preghi e faccia pregare per me, come il più imbarazzato Vescovo della terra, ma la mia forza è nel Santissimo Sacramento, che lei, mia buona Madre, serve e fa servire con tanto cuore e dedizione. La sua Opera è il più sublime apostolato della terra, è la forza più potente per schiacciare la testa al demonio. Faccio dei voti perché questa Opera ammirabile si espanda su tutta la terra. Sì, essa si espanderà certamente, malgrado le teste piccole e i piccoli cuori che si credono qualche cosa per far di meno dell'Opera dell'Adorazione perpetua.

Preghi per il suo dev.mo



+ Daniele Comboni

Vescovo e Vicario Ap.lico dell'Africa Centrale


Traduzione dal francese.


954
Don Francesco Giulianelli
0
Aussee
06. 08. 1880

N. 954; (911) – A DON FRANCESCO GIULIANELLI

ACR, A, c. 15/13

Aussee in Styria, 6 agosto 1880

Breve biglietto.

955
Rosina Marini Grigolini
0
Verona
21. 08. 1880

N. 955; (912) – A ROSINA MARINI - GRIGOLINI

APMR, F/2/176

Verona, 21 agosto 1880

Dichiarazione di ricevuta.

956
Omelia in S. Zeno
0
Verona
22. 08. 1880

N. 956; (913) - OMELIA IN S. ZENO

ACR, A, c. 18/12

Verona, 22 agosto 1880

O M E L I A

letta in S. Zeno, Verona

PAX VOBIS

[6045]

Non avviene giammai che per volger di tempo, o per mutar di abitudini, o per qualsivoglia rivolgimento sociale i popoli abbiano a dimenticarsi dei loro benefattori. Ad onorarne la memoria, a magnificarne le gesta, a celebrarne la gloria, oltreché sono spinti dal sentimento della riconoscenza, che non si potrebbe cancellare in petto agli uomini, se prima non divengano peggiori dei bruti, vi sono portati altresì dal riflesso dello splendore che ne riceve la patria, della quale è posta in chiaro e la grandezza cui l'ebbero innalzata, e la gloria che procurata le ebbero i suoi benefattori.


[6046]

E siccome la grandezza e la gloria di un popolo altra è morale, altra è materiale, quella che gli deriva dalla bontà delle leggi che lo governano, dalla mitezza dei costumi a cui si informa, dalle virtù che sono in onore presso di lui: questa invece dalla agiatezza della vita, dalla prosperità dell'industria, dalla coltura delle arti, e siccome per la natura stessa delle cose quella più assai grandemente di questa si apprezza, perché di un ordine di lunga mano superiore; così l'eroe avventurato che abbia spesa la vita per la gloria e grandezza morale di un popolo, non solamente si acquista un titolo alla sua gratitudine, ma ben si intreccia alla fronte un serto di benedizioni perenni, che al suo nome non mancheranno più mai finché un figlio solo di questo popolo viva sopra la terra. Roma, la città regina del mondo, la dominatrice di tutte le genti, Roma la città eterna per eccellenza, se con plauso ricorda i suoi primi padri, e tutti quei grandi che s'adoperarono per ogni guisa al suo splendore, sicché tanta gloria le procacciarono, che verun'altra città potè giammai vantarne l'eguale, Roma con plauso assai maggiore il nome rammenta di quel povero pescator di Galilea, che entrato un giorno fra le sue mura, vi operava la più grande rivoluzione di cui abbiano parlato gli annali dei popoli e delle nazioni, cangiando interamente le sue dottrine, le sue leggi, i suoi costumi, e di maestra che era di vizi, di errori, d'empietà, rendendola al mondo intero maestra di verità, di virtù, di santità.


[6047]

Sono ormai trascorsi diciannove secoli da quel giorno; e il nome di Pietro suona tuttavia come allora venerato e sacro per Roma: ancora oggidì Roma lo ripete il nome di Pietro coi più vivi trasporti della riconoscenza e della gioia: Roma nel nome di Pietro va tuttavia altera e gloriosa in faccia a tutti i popoli dell'universo.


[6048]

Signori! Se qualcuno per avventura non ben conscio della storia del popolo veronese, bramasse sapere da voi perché mai Verona oggi acclama festante al nome di Zenone apostolo e martire di Gesù Cristo, perché in ciascun anno vuol sacro intieramente questo giorno al suo culto, perché colla pompa la più splendida in alcune grandi solennità nell'anno ne vuol festeggiata la memoria, io ben so qual'è la risposta che voi gli dareste: "Zenone è il più grande, il più insigne benefattore del popolo veronese". Quale fu Pietro per Roma, tale fu per Verona Zenone: ché Roma da Pietro, da Zenone ebbe Verona ricevuta la fede di Cristo, quella fede che di gloria sì luminosa circonda i popoli che l'accolgono in seno, da renderli spettacolo di ammirazione al mondo, agli angeli, ed agli uomini.


[6049]

E come la gloria e la grandezza di Roma crebbe a dismisura, quando Pietro col sangue sparso fra le sue mura suggellò le verità della fede che annunziata vi avea, così la grandezza e la gloria di Verona poggiarono al colmo, quando in testimonianza della fede, di che le avea fatto dono, Zenone ne bagnava le zolle coi suoi sudori e colle sue lagrime, e ne illustrava il nome coi grandissimi e straordinari patimenti del suo laborioso apostolato e colla sua morte, fino a meritarsi dalla Chiesa e dai secoli il sublime e glorioso titolo di Martire di Gesù Cristo. E un popolo in sì alto grado beneficato non dovrà onorare il suo benefattore? Sì, lo onorate o veronesi; onoratelo del vostro meglio Zenone. E ben ravviso che in questo faustissimo giorno Voi traete dalle contrade di questa città e dalle campagne a questa vasta Basilica, e fate bella corona intorno alla sacra tomba di questo benemerito Progenitore, benedicendo il suo nome, ed implorando la sua protezione. Venerate sì in Zenone quel Padre augusto, che vi rigenerò alla vita immortale della fede, ed alla purità del Vangelo.


[6050]

Collo splendore delle sue feste, e colla pompa esterna onorate il suo tempio, e lui conservate in quel trono di grandezza, su cui lo innalzò la pietà dei vostri antenati. Serbate eterna memoria di questo gran Santo, e conservate nel cuore e adempite colle opere il sacro dovere di gratitudine che a lui vi stringe. Il perché, invitato io cortesemente dal venerando Antistite della nostra cara Verona e Principe di santa Chiesa, a dirvi due parole in questo faustissimo giorno, in cui si celebra la solenne Invenzione del suo Corpo, vi toccherò di volo un cenno sugli alti benefici, che S. Zenone colla fede vi ha compartiti, e che costituiscono la vostra gloria, e la vostra vera grandezza; benefici, che vi obbligano a perpetua riconoscenza.

La vostra attenzione è già bene impegnata, perché io debba pregarvi ad accordarmela benevola e cortese. Incomincio.



Parte Prima


[6051]

Gesù Cristo soltanto, o Signori, può formare la vera grandezza dei popoli, perché Gesù Cristo soltanto colla azione vivificante che egli dispiega, mercé la sua dottrina compendiata nel Vangelo che lasciò in deposito alla Chiesa Cattolica, può far fiorire in mezzo ai popoli tutte le virtù sociali e domestiche, che della vera grandezza sono il principio e il fondamento. Conoscere adunque Gesù Cristo il Figliuolo di Dio, e conoscendolo amarlo, e amandolo praticarne gli insegnamenti, tutto ciò costituisce per un popolo la sua più grande ventura: e checché ne dica la terrena filosofia, checché ne pensino i cultori del senso e della materia, checché si vada insinuando dalla superba incredulità, sta in fatto che questo popolo, il quale conosce ed ama ed obbedisce a Gesù Cristo, si lascia addietro ad infinita distanza quei popoli, che privi del beneficio della fede, non sanno occuparsi che dei volgari e bassi interessi del mondo, dal quale ricevono poi in concambio affanni, umiliazioni, vergognose miserie, amari disinganni, e finalmente la morte nella eternità.


[6052]

Nosse Deum, cade qui a proposito la sentenza del Savio, nosse Deum consummata iustitia est, et scire iustitiam et virtutem suam, radix est immortalitatis. (Sap. 15,3). Or ecco, o Signori, il principio donde emanano i grandi benefici che il santo vostro Vescovo Zenone vi ha prodigati; ecco il fondamento sul quale si appoggia la sublime grandezza a cui egli ha innalzato Verona, che da oltre quindici secoli, lo venera come vero Padre e principalissimo Protettore.


[6053]

A comprendere la grandezza dei benefici, che Voi riceveste da Zenone, è d'uopo conoscer bene qual fosse Verona a' suoi tempi. Ed oh! con quai colori potrò io dipingervi il miserando stato, in cui gemeva in quell'epoca infausta! Orsù, o veronesi, mutate idee, dimenticate quanto ora vi ha in questa magnifica città di religione, di pietà, di virtù: obliate sì quella religione santa, che ora per lo zelo di ordinato clero, pel senno di savissimi Vescovi, per la docilità degli animi vi fiorisce in seno, greggia alla Chiesa diletta, e a Dio cara: dimenticate quelle sublimi patrie virtù, che per la carità, per la pietà, e pei cristiani costumi sì vi commendano. Ad avere una languida idea di qual si fosse a quei tempi calamitosi, immaginate per un istante che non vi sieno ancora questi sacri templi, in cui si adora il Signore in ispirito e verità; togliete quanti sono i monumenti della sua pietà e cristiana filantropia; strappate dalle menti la verità della fede, togliete ai cuori la divozione, alle passioni il freno, alle anime la vita dei Sacramenti della Chiesa.


[6054]

Quale spettacolo non offeriva di sé il nostro popolo innanzi che la fede di Cristo col suo raggio illuminatore brillasse sopra di lui!... Al sol rammentarlo, io ben me ne vedo, un fremito di raccapriccio destasi nei vostri petti. In mezzo al nostro popolo il paganesimo dominava ancora potente coi suoi riti nefandi, colle infami sue leggi, colle sue brutali abbominazioni, con tutta la lunga coorte delle sue oscenità, dei suoi eccessi, dei suoi più odiosi delitti; stato miserando! conseguenza funesta dell'avere gli uomini disconfessato il loro Dio, ripudiandone dispettosamente i precetti, per conformarsi ai dettami delle passioni, cui s'era tolto ogni freno. L'Arena, il Circo, il Teatro, monumenti magnifici in cui si ammirò (e in taluno si ammira ancora oggidì) la grandezza romana, a cui Verona in sì bella parte comunicò, voi guardateli piuttosto siccome monumenti della perfidia, della barbarie, e delle dissolutezze dei nostri antenati, e testimoni delle nostre antiche vergogne.


[6055]

Né il quadro funesto, che con dolore io vi dipingo non è ancora finito. In mezzo alla turba dissoluta dei gentili, giusta accreditate sentenze, vi aveano ancora gli eretici, che s'accinsero in quei tempi a combattere e dilaniare la veneranda Sposa di Cristo col mortifero veleno di false dottrine; contemplate gli Ebioniti, i Basilidi ecc., e soprattutto gli Ariani, che strapparono dalla Chiesa cattolica il sublime e sostanziale carattere del Cristianesimo, cioè, la divinità di Gesù Cristo; le quali eresie, se non il nome, portano tuttavia seco tutta la deformità e tutti i vizi dell'idolatria, più quelli del livore che le macera, dell'odio che le consuma, della frode e dell'inganno, che più della guerra aperta furono alla Chiesa sempre fatali. Cotai serpi velenosi dilaceravano allora le viscere alla nostra infelice Verona; e benché v'avesser pure fra noi a que' giorni alcuni cattolici, che Gesù Cristo adoravano nella verità della Fede, che fino dai primordi del Cristianesimo aveva raggiato la sua luce, soprattutto mercé i sudori e le fatiche di ben sette Vescovi santi, che precedettero il nostro Santo Patrono sulla Cattedra episcopale veronese, tuttavia questi eran pochi, timidi e nascosti; erano un nulla a petto della moltitudine, cui la piena dell'errore qual torbido torrente inondava.


[6056]

Tale, o Signori, era Verona a quei tempi; quando finalmente volge sopra di lei lo sguardo misericordioso l'Onnipotente, e segnando ai suoi mali il confine, a Zenone affida la grand'opera della sua conversione e della sua definitiva rigenerazione. Ed ecco già il novello Apostolo guidato mirabilmente dalla Provvidenza la prima volta se le presenta. Bramate voi di conoscerlo? Quali ne sono adunque i natali? L'alto tesoro di scienza sacra e profana di che va ricco, ne dice chiaro che sono illustri. La patria? Da gravissimi documenti apparisce, ed io ne sono profondamente convinto, ch'egli sia africano. Ma pure non mancando qualche argomento in contrario, vi dirò che di Lui se ne fa bella a giusta ragione la mia cara Africa come dei Cipriani, dei quali n'ha lo stile robusto e focoso. Di lui se ne pregierebbe l'Asia come dei Grisostomi, ché non meno imperiosa scorre talora la sua eloquenza. Di lui se ne vanta l'Italia come degli Ambrosi, dei quali non meno acuto penetra, non meno eloquente spiega gli arcani della teologia.


[6057]

I suoi compagni? lo zelo che l'infiamma, e le virtù che da lui quasi da candelabro risplendono. Le prove della sua Missione? Furono già luminose nella Siria, donde arreca gloriose cicatrici di martire; di più i miracoli, con cui Dio glorifica il prodigioso suo Apostolato. Escile pure incontro, o Verona, e lo saluta qual angelo della pace, che col Vangelo ti arreca; saluta esultante quei passi che a te rivolge, e bacia riverente quei piedi che calcano la fortunata tua terra: quam speciosi sunt pedes evangelizantium pacem, evangelizantium bona! Esulta sì, che sta per passare la notte, in che cieca errasti fin qua; deponi le squallide vesti della mestizia, e quelle riprendi del gaudio: già più ridenti i tuoi colli risuoneranno d'ora innanzi non più dei nomi impuri di Venere e di Adone, di Marte e di Giove, di Minerva e della altre schifose deità pagane, ma dei nomi dolcissimi di Gesù e di Maria. Spezzerai le catene del servaggio antico; e la voce del potente Zenone discaccerà quei demoni, sotto il cui spietato impero gemesti tanti anni; e proverai quanto sia dolce il respirare quell'aura di libertà, che nel regno di Cristo godono i figliuoli di Dio rigenerati coll'onde salutari del santo Battesimo.


[6058]

Ergi adunque il capo sui tuoi colli ridenti, o avventurata città; e ti prepara a ricevere degnamente il tuo Liberatore, che guidato mirabilmente da Dio muove alla tua volta, e cammina sulle sponde dell'Adige seco per te recando la Fede di Gesù Cristo; e con essa le benedizioni del cielo stanno per discendere sovra di te. Esulta, o Verona; e pensando alla grandezza ed alla gloria, cui ti solleverai fra poco, oblìa i giorni de' tuoi dolori, e i lunghi anni ti scorda della tua abiezione.


[6059]

Ed ecco, che Zenone armato della sua fede, acceso della sua carità s'accinge all'ardua e laboriosa sua impresa. Verona schiava nuovamente delle folli superstizioni del paganesimo, sebbene privilegiata dal cielo, come dicemmo, udito ne avesse risuonare il nome divino per opera dei Santi suoi Vescovi, e dei gloriosi suoi Martiri, avea per poco oblìato Gesù Cristo. Nel suo seno adunque templi sacrileghi a mostruose divinità consecrati; are nefande su cui s'immolavano vittime impure: riti abbominevoli onde si coonestavano le orgie più scandalose; il diritto violato, la giustizia oppressa; prostituiti i principi medesimi di naturale onestà. Che dovrei dire di più? il vizio, il delitto portati in trionfo, la virtù sconosciuta perfino di nome. Orbene: Zenone vuol distruggere i templi degli idoli, e rovesciarne gli altari, e cessarne per sempre gli empii riti, le solennità obbrobriose. Zenone vuol rispettato il diritto, rispettata la giustizia, l'onestà messa in onore, ed al posto del delitto collocata la virtù. In una parola: qui dove ha regnato il demonio, vuole Zenone che in avanti regni Gesù Cristo, regni lui solo per sempre, e sulle menti e sui cuori.


[6060]

E già pon mano all'opera, senza che lo sgomentino punto, o la rabbia dei sacerdoti, o il furore de' potenti, o le popolari passioni. Pon mano all'opera; e non vi ha ostacolo che possa intimorire il suo cuore, non vi ha pericolo che valga ad arrestare il suo braccio, non v'ha stento o fatica che sia capace di affievolir la sua lena. Pon mano all'opera; e sia pur manifesta la durezza dei cuori, palese la indocilità degli spiriti, molteplici i pregiudizi delle menti; no, non dispera per questo di riuscir nell'intento.


[6061]

Miratelo, o Signori; infiammato di zelo apostolico entra nei palagi dei grandi, s'inoltra nei casolari del povero, discorre le vie più popolose della città, si fa vedere sulle pubbliche piazze, lungo le vie più frequentate, ed ovunque annunzia il nome di Gesù Cristo; e mentre altri lo ricopre di scherni, altri lo fa segno agli insulti, altri si avventa con furore contro di lui, Zenone apostolo intrepido, dovunque il nome di Gesù Cristo lo annunzia più forte, ed invita dovunque i figliuoli di questa terra alla adorazione di Gesù Cristo, unico e vero Dio del cielo.


[6062]

E perché in questa terra Gesù Cristo regni e trionfi sulle menti e sui cuori, ne disvela le glorie infinite, ne discopre i pregi ineffabili, ne predica la virtù, la sapienza, il potere; e nell'atto medesimo che fa manifeste le sue dottrine, le sue massime, i suoi precetti, le sue leggi, l'infamia disvela e la mostruosità delle assurde dottrine, delle empie massime, dei precetti iniqui, delle barbare leggi del paganesimo. E di tanto zelo infiammato il nostro Apostolo, pur si scaglia e combatte contro gli eretici de' suoi tempi, e colla sua fatidica parola mostra più sfolgorante e sublime la verità della eterna generazione del Verbo dal seno del divin Padre, e fa brillare di luce vivificante la divinità di Gesù Cristo contro gli assalti furibondi degli empi, che negando queste fondamentali dottrine della nostra santa Religione, straziavano sì fieramente l'immacolata Sposa dell'Agnello divino, che moriva sulla Croce per la salvezza del genere umano.


[6063]

La storia non ci ha conservato nelle sue pagine, colpa la tristizia dei tempi nefasti, tutti i particolari della vita di S. Zenone nella nostra città per rigenerarla totalmente e guadagnarla a Cristo, e colla dottrina, e coll'esempio, e colla dolcezza, e colla perseveranza, e colla fervorosa preghiera, e cogli aspri digiuni, e coll'assiduo pianto, e coi più fieri e continui patimenti, sia nella luce del giorno, sia nel silenzio della notte, sia in privato, sia in pubblico. Ma bene argomentare si può del tanto che nella nostra Verona ei fece a glorificazione di Gesù Cristo, dal sapere con infallibile sicurezza, che unicamente per opera di Zenone Gesù Cristo fu conosciuto tra noi; e tra noi nuovamente stabiliva il suo regno sovra basi stabili sì, che per volger di tempo non doveano crollare mai più. Sì, o veronesi; regnava tra voi Gesù Cristo, e colle sue dottrine e colle sue leggi: regnava tra voi; e ai pie' del suo trono, vedeva umiliati i padri vostri, che gli tributavano omaggi di fede, di amore: regnava tra voi; e all'ombra dei suoi tabernacoli vedea trarre dalle borgate di tutta la nostra Diocesi e dalle finitime terre in gran folla gente d'ogni condizione, d'ogni età, di ogni sesso, che pur elleno ancor gli giuravano fede.


[6064]

E tutto questo, lasciate che io lo ripeta, o Veronesi, tutto questo mercé di Zenone. Fu lui che le cerimonie superstiziose di un sacrilego culto ebbe cangiate coi riti augusti del Cristianesimo: lui che rivendicò i diritti dei deboli e degli oppressi contro la tirannide dei potenti; che della donna schiava e mancipia del suo crudele consorte ne formò la diletta e indivisibil compagna, che i figliuoli avuti in conto non più che di cose dai loro spietati genitori, chiamò a far parte della famiglia: fu lui in una parola, che sulle rovine degli altari di Venere, di Marte, di Giove e di Minerva ebbe collocata la Croce riguardata poc'anzi come obbietto di scandalo e stoltezza; quella Croce augusta, che distrutta l'idolatria, rovesciati i profani delubri, conquise le potenze d'abisso, diventò non già l'altare di un tempio solo, ma, secondo l'enfatica espressione di un Santo Padre, diventò l'ara del mondo, che volò nei templi, e vi fu adorata; volò nelle regge, e vi fu rispettata; volò sulle bandiere, e vi fu temuta; volò sulle antenne, e vi fu invocata; si distese sul capo dei Monarchi, e li onorò; in petto agli eroi, e li incoraggiò, sulla fronte dei sacerdoti e li consacrò.


[6065]

In una parola fu Zenone che santificò questo popolo Veronese; e seppe trarre tali esempli di virtù eroiche in tanti santi che illustrarono questa città e Diocesi, che riempirono di meraviglia la Chiesa. Sì, Zenone, dice la tradizione inviolata, che l'anonimo Pipiniano ci tramandò, Zenone convertì e battezzò Verona: Qui Veronam praedicando reduxit ad Baptismum.

Quel Vangelo adunque, che da quasi sedici secoli da noi si predica e si venera, egli il primo ne lo promulgò: quella fede che da tanto tempo serbiamo sì incorrotta, egli nel nostro cuore la piantò: quei santissimi Sacramenti ai quali partecipiamo, egli il primo ne li somministrò: quella religiosa pietà e divozione che sempre abbiam coltivata, egli fu il primo a distillarnela ed a scolpircela nell'animo. Zenone, si Zenone fu il vero Apostolo, che tramutò Verona pagana ed eretica in Verona cristiana e cattolica, imprimendole nel cuore a caratteri indelebili la Fede di Gesù Cristo. Ed era per tal guisa che Verona sorgeva a tanta gloria, a tanta grandezza, alla quale avrebbe indarno aspirato in addietro.


[6066]

Conciossiaché essendo unico Gesù Cristo, che forma la grandezza e la gloria di un popolo, quando questo popolo riceva gli influssi della sua azione vivificatrice, gloriosa e grande non dovea dirsi la nostra città, se partecipava in così larga misura agli influssi benefici della azione di Gesù Cristo? Oh! sta bene adunque che il nome di Zenone suoni per voi venerato e caro, ed a rendergli onore sieno oggi le vostre cure rivolte. Col tanto che ei fece tra voi a glorificazione di Cristo, procurò il vero lustro, il vero splendore della patria nostra.


[6067]

Qualora io considero la grandezza del beneficio, che donandoci la santissima fede di Gesù Cristo ne fece Zenone, altro non ne trovo che fra tanti incliti personaggi di questa illustre città benemeriti, ad alcuno ne stringa ad egual dovere di gratitudine. Chi infatti potea, o Verona, di più segnalato beneficio esserti largo? Forse chi per nuove vie e non segnati mari il campo ti aperse alla ricchezza di più fiorito commercio? Ma quanto, e più, sei debitrice a Zenone, che a ben altre ricchezze la via ti aperse, additandoti i tesori del cielo, ai quali pel Battesimo ti diede speranza e diritto? Noi ci sentiamo pure, o veronesi, aver debito di gratitudine a tanti uomini illustri, che in ogni maniera di scienze, lettere ed arti resero la patria nostra oggetto di ammirazione nel mondo. Di questi conserviamo qual cosa sacra le opere e gli scritti; alla loro immortalità ergiamo splendidi monumenti, e statue innalziamo nelle piazze, tramandando così a' posteri la loro celebrità e la nostra grata memoria. Ma forse che non concorse a nobilitar d'assai più questa patria Zenone? Per lui si gloria Verona d'un eloquente letterato, d'uno scrittore, le cui opere si pregiano come quelle degli antichi Padri, e trovano lode dei protestanti medesimi. Per lui la gloria alla Chiesa Veronese di poter contare per fondator principale un santo padre. Per lui principalmente quante furono e sono le glorie della nostra Religione e virtù, che la nostra Patria tanto onorarono.


[6068]

Infatti, o Signori, se dagli eletti frutti d'un albero si ricorda e commenda quell'ingegnoso colono che con mano industre glieli innestò, e senza del quale l'albero non avrebbe prodotto che frutta selvatiche e amare, chi non vede che quanti sono i giocondi e bei frutti di virtù e di fede, che da pressoché sedici secoli Verona, eletta pianta del giardino della Chiesa, produsse, tutti si deono ripetere da Zenone, che quale industrioso cultore la prima volta in quest'albero gli innestò? Se non sapessi di offendere la vostra modestia, o Veronesi, vi parlerei di quella fede e virtù, che costituisce il precipuo carattere del vostro popolo. Vi direi della gloria di quella fede, che nella purità dei dogmi serbaste sempre intatta, ed acquistò a Verona il bel vanto di essere chiamata Verona fidelis: fede santissima, di cui Zenone vi innestò nel cuore le fondamenta. E ben quell'anima grande ne esultò quando fedeli vide i suoi diletti figli la prima volta raccolti in un tempio, che sulle rovine del gentilesimo inalberò in Verona il primo, lieta e trionfante la fronte al cielo, predicando la vittoria di Cristo.


[6069]

Vi direi, veronesi, della fraterna vostra carità ed amore verso i tribolati ed i miseri; e ne parleranno sempre quei pubblici stabilimenti, in cui ritrova ricovero il vecchio, l'infermo, il fanciullo, il derelitto, l'orfano, il traviato, cara virtù che Zenone vi instillò, e ne aveste dalle sue labbra il più splendido elogio in queste magnifiche parole: "La larghezza vostra a tutte le province è palese; le vostre case a tutti i pellegrini sono aperte; già i vostri poveri non san che sia mendicare gli alimenti; già le vedove ed i poverelli hanno di che far testamento; e più direi a vostra lode, se non foste miei." Né tacerò dell'angelica Virginità, di cui Maria, la gran Madre di Dio, prima fra tutte le figliuole di Eva inalberò sulla terra lo stendardo glorioso, e ne seminò nella Chiesa i candidi gigli, e che il nostro Santo fu il primo che facesse germogliare in questa sacra terra veronese, sia in mezzo alle spine del secolo, sia nelle convalli dei chiostri, sia nei prati fioriti della cristianità. Zenone a molte Vergini sante dava consiglio fra le domestiche pareti; ed a molte nel silenzio di un chiostro statuiva ordine e legge; e fu forse il primo nell'Occidente che chiudesse fra i sacri recinti quell'anime che voleano fra gli uomini condurre vita da angeli.


[6070]

No, no, Verona, l'ubertà del tuo suolo, l'amenità dei famosi tuoi colli, la dolcezza del tuo clima, la magnificenza dei tuoi monumenti non sono ciò che ti fanno di vera gloria bella e onorata: perocché a che ti gioverebbero questi vanti senza la fede in Gesù Cristo? Oh! fede augusta, tu sei il decoro delle nazioni, la pace dei popoli, l'onor di quella città, ove fosti seminata. Tu insegni ai grandi l'uso del potere, delle ricchezze ai doviziosi: tu leghi nella società gli uomini coi vincoli della carità. Ma senza te, infelici sono i regni, misere le città; vacillano i troni, cui solo sostiene il timore; non hanno amatori le leggi, si calpesta la virtù, si onora il vizio; trasricchisce il dovizioso, facendo mille altri miseri: dell'oppressione si sazia l'orgoglio, del tradimento la ingiustizia, del furto la ingordigia, dell'altrui sangue la vendetta, dirò anzi il sollazzo, e la barbara curiosità. Ti rammenta, o Verona, quando nel tuo famoso e monumentale Anfiteatro sol per oggetto di trastullo le belve feroci aizzavi contro i gladiatori quelle pascendo per naturale istinto di umana carne il ventre, e tu gli occhi crudeli per istudiata barbarie di umano sangue.


[6071]

Ravvisa ora te stessa, se il puoi, in questo tuo stato ecco; i mali che, senza la fede, inondarono le tue contrade; ecco quanto ti giovava un dì, senza la fede, la dolcezza de' tuoi costumi. Ove sarebbe ora la tua pace? ove quell'ordine che ti conserva? ove il bel decoro delle virtù che ti illustrano? Oh! benedite dunque mille volte, o veronesi, quel Zenone, che procacciandovi coi suoi sudori la fede, vi fu largo per essa d'ogni altro benefizio e favore; benedite a questo grande Apostolo che vi conquistò a Gesù Cristo; benedite a questo Padre amoroso, che vi rigenerò alla vita immortale della grazia; benedite a questo sublime Pastore, che per guidarvi al pascolo eletto delle dottrine del Vangelo sostenne travagli, fatiche, angosce, patimenti; e consumò in un continuo e penoso martirio l'intera sua vita.


[6072]

Ed invero, o Signori, Zenone fu vero Martire di Gesù Cristo. Io qui tacerò, perché già tratto tratto vel feci trasparire in questo mio breve e rapidissimo sermone, e stenderò un velo su tutta quella serie di affanni, di persecuzioni, di tradimenti, d'insidie, di croci, e di martìri, che a somiglianza degli Apostoli, e di tutti i Fondatori delle Chiese, sostenne il nostro Santo pel nome di Gesù Cristo, per conquistare e guadagnare a Lui la nostra diletta Verona. E' vero Martire di Cristo, dice in sostanza S. Giovanni Grisostomo, colui che, anche senza spargimento di sangue, nutre in petto un'anima dotata di forti proponimenti per la gloria di Dio, e un cuore acceso di brame ardentissime di morire per Gesù Cristo per la salvezza dell'anime; e S. Cipriano chiama Martiri coloro che molto hanno patito per Cristo. Ma di più, io venero profondamente la sentenza dei Padri e degli scrittori antichi, che martire appellano S. Zenone. Io piego ossequioso la fronte dinanzi alla maestà del culto esterno e dei sacri riti, e riverisco il sentire della Chiesa, che rosso vestita celebra del nostro Santo, quale di vero Martire, l'odierna solennità dell'Invenzione del suo S. Corpo, e quella, ancor più splendida, della festa del suo Natalizio. Mi inchino finalmente dinanzi alla celebrità del suo nome e del suo culto, per cui appena sciolto dalle corporee spoglie, e resa la bell'anima in seno di Dio, sulle ali della fama sen vola glorioso, e riempie di divozione non solamente Verona, ma città e regni; onori, che solo ai Santi Martiri si rendeano.


[6073]

Sia gloria adunque a Zenone, vero Apostolo e Martire di Gesù Cristo; e Voi, dilettissimi veronesi, da quanto sinora vi ho accennato giudicate voi, se maggior gloria e grandezza maggiore poteva S. Zenone assicurare a Voi col suo sublime Apostolato e colla preziosa sua morte, avendo in mezzo di Voi assicurata la fede di Gesù Cristo, la quale per tutti quei popoli che l'accolgono in seno, è unico principio, unico fondamento e della vera grandezza, e della vera gloria.



Parte Seconda.


[6074]

Non crediate, o Signori, che al chiudersi la preziosa vita di S. Zenone, pur la fonte si chiudesse delle sue beneficenze verso Verona. D'altre e pur segnalate ve ne fu larga pel corso di tutti i secoli la sua protezione dal cielo.

Distrutta in Verona l'idolatria, e cacciate fuori dalla nostra città le pestilenziali eresie per opera dell'invitto e santo Vescovo Zenone, in altre parti d'Italia e del mondo cristiano si scatenarono bensì contro la Fede Cattolica novatori ed eretici d'ogni sorta, cercando di recare sfregio alle sue immacolate dottrine; e città, e province, e regni e nazioni si abbandonarono in braccio all'errore; e volte le spalle alle sorgenti della vita, correano a dissetarsi alle putride fogne dell'eresia. Ma in Verona, ah! no, in Verona non venìa meno la fede: anzi allora appariva più bella, perché era allora che produceva nel suo seno frutti preziosi di pietà, di religione: era allora che nel suo recinto facea sorgere templi magnifici, che apriva chiostri ed asceteri, e ad ogni grado, ad ogni condizione, ad ogni età facea tradurre in atto le più eroiche virtù.


[6075]

Chi nol dirà? Qui in Verona la fede restava salda a tutte prove, perché i cultori suoi dallo zelo, dai sudori, dai patimenti, dalla morte e dalla protezione del loro Apostolo Zenone avvalorati, la professavano intrepidi, e costanti la praticavano. E quando più tardi questa Italia stessa ora a politici, ora a religiosi sconvolgimenti soggetta si dibatteva, quando tra gli orrori delle civili fazioni, e quando tra l'anarchia delle opinioni, e vedeva da una parte scorrere il sangue di ben molti dei figli suoi, dall'altra molti altri dilungarsi dal centro della unità disconfessando Roma papale, in Verona no, né si turbava la pace, né si indeboliva la fede: ché governata dai propri Principi e Reggitori, e poi soggetta alla Regina dei mari dividea con lei la gloria delle sue conquiste, sempre unita alla Cattedra di Roma, vivea del suo spirito, che è spirito di verità e di vita. La fede qui in Verona riportava sì belle vittorie, perché dal fervido patrocinio del suo Apostolo e Progenitore traeva di giorno in giorno novella forza, e poderosa virtù.


[6076]

E qual sollecitudine mostrò sempre dal cielo il nostro inclito Patrono per la Chiesa veronese! In essa perpetuò sempre le paterne sue cure in quei vent'otto Vescovi Santi che noi veneriamo sugli altari, e che occuparono dopo di lui la santificata sua sede episcopale, e nei quali trasfuse il suo spirito ed il suo amore. Egli sostenne dall'alto dei cieli la fede ed il coraggio, e fece eredi degnissimi delle pastorali sue sollecitudini ben oltre a cento altri Vescovi, che fino alla presente età si segnalarono sulla cattedra insigne di Verona. Dal cielo impetrò sempre al clero veronese quello zelo, quella fede, quella gravità di costumi, e quell'ecclesiastica disciplina,che tanto lo onora. Dal cielo ei mira ancora il popolo veronese come suo e lo ama qual padre, e lo guarda qual celeste Pastore.


[6077]

E di questi giorni, o Signori? Ah! non v'ha oggidì chi, contemplando la nostra Verona non sentasi compreso di ben grande ammirazione per lei. Mentre per tutto la fede mirasi esposta a gravi cimenti, mentre la fede, ahi! sventura! In molte parti d'Italia nostra si va indebolendo, perché contro la fede si è dichiarata guerra tremenda, guerra di sterminio, e di morte; chi mai non dovrebbe sentirsi preso di ammirazione, veggendo come tra voi la fede di tutta risplende la sua vigoria? Quante nel corso di questi ultimi anni non deste prove di riverenza, di sommissione alla Chiesa cattolica? Quante di ossequio profondo alla Cattedra infallibile ed alla Sede di Pietro, dalla vostra fede fortificati, eccitati dall'esempio edificantissimo del venerabile Eminentissimo Principe nostro Vescovo e Padre? Quante prove di filiale amore non deste alla santa memoria dell'angelico Pio IX, tanto più grande quanto più vilipeso, contraddetto, ed angustiato dai nemici suoi? Quante ne tributaste al sapientissimo e venerando suo successore Leone XIII gloriosamente regnante?


[6078]

Io lo dirò, o Signori; tutti lo diranno con me: no, qui in Verona la fede non può affievolirsi, e nulla può patire né di sua vigoria, né di sua bellezza un solo istante giammai; ché i sudori e i patimenti di Zenone, il suo luminoso apostolato, il suo martirio gridano incessantemente all'Eterno, perché appunto la fede qui salda ognor si mantenga, né abbia per qualsivoglia vicissitudine a soffrir detrimento. E non fu certo senza special Provvidenza di Dio, che appo noi rimanesse la sacra sua Spoglia, che or son pochi anni nella comune e solenne esultanza si rinvenne nell'antico e monumentale sotterraneo di questa grandiosa e stupenda Basilica, e che fu sempre per Verona e per noi fonte inesausta di grazie e benedizioni.


[6079]

Salve adunque, o Santo venerato, inclito Proteggitore di questa illustre Città; salve, o Santo Padre Zenone. Deh! se ti torni accetta la mia preghiera, a Te rivolto, io ti supplico dal fondo del cuore, a volere in questo giorno solenne in più larga misura sopra questo popolo far discendere le benedizioni del cielo. Tutto da Te questo popolo si ripromette. Sia dunque per Te, che vegga le sue brame esaudite, compiuti i suoi voti.


[6080]

Ma un'altra preghiera io vo' deporre, o gloriosissimo Santo, su quella sacra Tomba, che da oltre quindici secoli è sorgente feconda di tante grazie e misericordie. Uno sguardo rivolgi pietoso a quelle genti dell'Africa Centrale, da tanti secoli incurvate sotto l'impero di satana, sulle quali pesa ancora tremendo l'orribile anatema di Ca-naam. Da questa diletta Verona partì la poderosa scintilla di quel sacro fuoco destinato ad illuminare quelle nazioni, e a dar vita ed incremento a quella vasta e desolata vigna di Cristo, irta di tante spine, che da Dio venne affidata alla mia indegnità, ed alle fievoli ed inette mie pastorali sollecitudini, e per la quale pure palpitò il Cuore Sacratissimo di Gesù, e morì sulla Croce.


[6081]

Da quel glorioso avello, teatro di tante misericordie, stendi, o Zenone, la pietosa tua mano sopra quell'umile cenacolo di futuri operai evangelici e di sacre vergini, che s'istituiscono e si preparano all'arduo e laborioso apostolato africano, e che sorse non ha guari in questa religiosa città, sotto i provvidi auspici del benemerentissimo Principe nostro Vescovo, tuo prestantissimo Successore. Ah! ti degna, o gloriosissimo S. Zenone, di suscitare da questa sacra terra veronese elette vocazioni all'arduo e santo apostolato della Nigrizia; e fa sì, che da questa religiosa città e Diocesi, mercé il potente aiuto di assidue e fervorose preghiere, e di sante e generose vocazioni apostoliche de' tuoi figli, sia nell'Africa Centrale trapiantato il tesoro prezioso di quella cattolica fede, che tu già dall'Africa ci portasti in Verona; affinché questa fede santissima, che costituisce la vera grandezza e la vera gloria del popolo veronese, torni all'Africa ed all'infelice Nigrizia sorgente inesausta di redenzione e di vita. Nel nome del Padre, del Figliuolo, e dello Spirito Santo. Così sia.



+ Daniele Comboni


957
Don Luigi Grigolini
0
Verona
22. 08. 1880

N. 957 (914) – A DON LUIGI GRIGOLINI

APMR, F/R

22 agosto 1880

Dedica su un breviario.

958
Mgr. Agostino Planque
0
Verona
22. 08. 1880

N. 958; (915) – A Mgr. AGOSTINO PLANQUE

ACR, A, c. 15/143

Verona, Istituto Africano, 22 agosto 1880


Mio carissimo Superiore,

[6082]

E' con la più grande soddisfazione che S. E. il card. Prefetto di Propaganda mi ha fatto sapere che lei è disposto ad accettare una Missione nel mio Vicariato, avendo un numero rilevante di elementi. Io, al contrario, ne ho ben pochi; è per questo che ci tengo molto, come pastore di tante anime, procurare loro i mezzi per entrare nell'ovile di Gesù Cristo, senza aver riguardo se sono io o gli altri, se è il mio Istituto o quello degli altri, purché sia predicato il Cristo.


[6083]

Appena S. Eminenza mi ha fatto capire il suo gradimento e mi ha incaricato di concederle una parte del mio Vicariato e di non destinare a lei solamente dell'osso, ma anche della carne, cioè un buon clima, come base di operazione, ho scritto ai miei Missionari il mio progetto sulla parte da accordarle. Ma siccome la risposta tarderà ad arrivare almeno tre mesi e dato che S. Eminenza desidera che si venga a una conclusione di questo affare prima della mia partenza per il Vicariato e siccome mi devo recare il più presto possibile (per quanto la mia salute non sia buona) cioè entro qualche settimana, le dico in due parole ciò che ho stabilito di fare per il più grande vantaggio e ..... [manca una parte] ..... di intenderci su tutto. Ora mi dica: sarebbe disposto a ...... [manca tutta l'ultima parte].....

+ Daniele Comboni

Traduzione dal francese.


959
Card. Giovanni Simeoni
0
Verona
27. 08 1880

N. 959; (916) – AL CARD. GIOVANNI SIMEONI

AP SC Afr. C., v. 8, ff. 1073-1079

Verona, 27 agosto 1880

Eminentissimo e R.mo Principe,

[6084]

Ho ricevuto da circa due settimane in Ischl, ove andai ad ossequiare l'Imperatore d'Austria Protettore della Missione, il venerato suo foglio del 3 corrente; del quale avendo bene compreso tutta la portata ed il significato, mi sono concentrato a ponderare seriamente se, attesa la mia nullità e debolezza, io possa ancora essere veramente utile all'apostolato africano, che è senza dubbio il più arduo e spinoso della terra, o se invece gli torni dannoso; tanto più che adesso, in causa di tante fatiche, privazioni, malattie, febbri, crepacuori, lotte e contraddizioni sostenute per molt'anni, specialmente nell'ultimo terribil periodo della carestia e pestilenza, sono diventato realmente più sensibile ai colpi dell'avversità, e molto più debole a portare le croci.


[6085]

Ma siccome si dee sempre confidare unicamente in Dio e nella sua grazia, e chi confida in sé confida (scusi) nel più grosso asino di questo mondo, al riflesso che le opere di Dio nascono sempre appiè del Calvario, e devono essere contrassegnate col sigillo adorabile della sua Croce, ho pensato di abbandonarmi in braccio della divina Provvidenza, che è fonte di carità pei miseri, e tutrice sempre dell'innocenza e della giustizia; e per conseguenza di mettermi nelle mani dei miei Superiori veri rappresentanti di Dio e del Vicario di G. C., e di Vostra Eminenza R.ma, e dell'E.mo Card. di Canossa da V. E. e dalla p.m. dei suoi venerandi Predecessori nel governo della S. Cong.ne deputato ad assistermi nella mia santa Impresa.


[6086]

E dapprima ringrazio vivamente l'E. V. per avere efficacemente interessato l'E.mo Card. di Canossa a voler continuare ad aiutarmi tanto nella scelta di un buon Vicario, quanto nel sopravvegliare questi miei Istituti fondamentali di Verona. E del pari sono veramente grato a V. E., e ne sono profondamente commosso, pel suo zelo vigilantissimo e sapientissimo, e per la pietosa cura che adopera, affinché l'ardua e spinosa mia intrapresa tanto in Verona che in Egitto e nel Vicariato cammini sicura ed incolume verso la santa sua meta, per convertire alla fede e alla cristiana civiltà la desolata porzione della Vigna, irta di tante spine, affidata alle deboli mie cure.


[6087]

Appena potei avere udienza mi presentai all'E.mo di Canossa per iscongiurarlo a nome di V. Em.za: 1º. di continuare ad assistermi, come ha fatto da ben 13 anni, pel buon andamento de' miei Istituti africani di Verona; 2º. per darmi fra il suo clero un ottimo e capace Sacerdote per assistermi come Vicario in spiritualibus, e come amministratore dei beni temporali dell'Opera e del Vicariato.


[6088]

Ad 1.um rispose: "Sì, volentieri, e volentieri assai, perché amo l'opera e la missione, e desidero che quelle povere anime dei Negri sieno salvate; sì, volentieri continuerò a fare quel poco che posso, benché io non posso che la piccola parte che dipende da me come Vescovo di Verona: su questo stia sicuro".


[6089]

Ad 2.um "non ho nessuno da disporre, né posso far nulla, perché i miei preti buoni occorrono per me, che sempre più scarseggiano, e non posso privare la mia Diocesi per soccorrere un'altra, etc. etc. etc.". In breve, dopo due buone ore di discussione, di preghiere mie, di rifiuti suoi, di insistenze mie, di contorcimenti suoi etc. etc. (e all'anticamera stavano diversi parroci ad aspettare), si è definitivamente deciso che mi accorderebbe un ottimo, bravo, e zelantissimo Sacerdote, robusto, prudente, savio etc., il M.to R.do D. Francesco Grego della Diocesi di Verona, nato nel 1833, d'anni 47, che fu 7 anni Curato a S. Massimo, 4 anni Parroco di Prun, e 12 anni Arciprete Vicario Foraneo di Montorio Veronese, e quindi uomo pratico di affari e del governo spirituale dell'anime, il quale da 25 anni si sentì vigorosamente chiamato ad essere missionario dell'Africa Centrale, vocazione già approvata dal defunto santo mio Superiore D. Nicola Mazza, ma che non potè mai eseguire, perché aggravato dal dovere di mantenere la madre, la sorella, e lo zio che gli fece sempre da padre; e dopo perché l'E.mo di Canossa che gli fece sempre da padre; e dopo perché l'E.mo di Canossa mai gli concesse di andare, perché lo credette necessario alla importantissima e vasta sua Parrocchia e Vicaria etc.


[6090]

Insomma S. Giuseppe m'ha fatto la grazia di ottenere questo soggetto, che io credo attissimo allo scopo. Ne ho chiesto anche un secondo, ma inutilmente. Volai poi subito a Montorio a comunicare a questo Arcip.te Vicario Foraneo, che ha nome D. Francesco Grego le decisioni dei Sua Em.za e la condizione da me accettata di mantenere i suoi in una mia campagna nella casa padronale, ove lo zio avrebbe ad esercitare l'ufficio di mio gastaldo, o fattore (direttore della mia possessione) e vivrebbe colla madre e sorella. E il sullodato Arciprete ne rimase fuor di sé per la gioia; e dissemi che in due o tre giorni avrebbe manifestata la sua risoluzione alla madre, che altre volte avea dichiarato che ella mai si sarebbe opposta alla vera vocazione del figlio. Nello stesso tempo sollecitai il medesimo a far quanto prima le pratiche colla Curia Vescovile per provvedere alla sua Parrocchia e Vicaria.


[6091]

Sennonché L'E.mo Card. Vescovo di Verona mi fece osservare che non è conveniente lanciare di colpo un Sacerdote dall'Europa all'Africa Centrale; e quindi si è convenuto a buona ragione di destinare il sullodato M. R. D. Franco Grego come Superiore dei miei stabilimenti di Cairo per un anno finché si acclimatizzi, e prenda pratica delle cose orientali, e nello stesso tempo sia l'Amministratore G.le dei beni temporali, facendosi aiutare nell'amministrazione privata degli Ist.i miei di Cairo da D. Francesco Giulianelli romano, che in tal partita sa molto bene il conto suo.


[6092]

Questa mi sembra un'occasione propizia per disfarmi di colui, che fu la prima causa di tutti i miei guai, e che suscitò e mantenne viva la discordia dei miei missionari nel Vicariato, cioè, D. Bartolomeo Rolleri, che dal 1873 fino al p.p. maggio fu Superiore dei miei Istituti d'Egitto.


[6093]

Questa mia opinione e giudizio l'ho espressa all'E. V. in questo foglio dopo ponderata riflessione e per piena cognizione di causa e se io avessi ceduto ai savi e ripetuti consigli di gravissime persone, avrei fatto meglio, e lo avrei licenziato fino dal 1877; ma siccome è pio, e sacerdote di buona condotta morale - e la buona condotta è la più bella predica pegli infedeli - e diligente nei suoi doveri sacerdotali, ho sempre sperato nel suo ravvedimento dai suoi gravi errori e difetti. Egli è uomo di una cocciutaggine e di una testa sì dura, che mai vidi quasi l'eguale. Di più è dominato da passione, e vede tutto nero ne' suoi avversari, e tutto bianco ne' suoi fautori.


[6094]

Dal 1868 fino al 1875 era una delle mie consolazioni, savio, obbediente, rispettoso, benché molto chiuso, e mi amava come padre, ed io gli corrispondeva come fratello. Nell'ottobre del 1875, per una circostanza che ancora non so spiegare, ingannato da inimico homine che gli ha dato da intendere quello che ha voluto, per sostituir lui al mio posto. Da quei giorni egli scrisse dozzine di lettere ai miei missionari del Vicariato eccitandoli ad unirsi a lui come in un sol uomo per fare ricorso a Propaganda contro di me; e fra qui e Khartum ne ho più di trenta delle sue lettere per provare ciò, e siccome la maggior parte si rifiutò per dovere di giustizia e di verità, egli divenne il nemico e calunniatore (sempre però in coscienza!?!) di quelli che non risposero al suo appello; e così continuò per molto tempo; e poi si acquietò, sopratutto quando io condussi in Vicariato come mio amministratore e Vicario il compianto mio D. Antonio Squaranti, conforme m'era stato ingiunto dalla S. Cong.ne.


[6095]

Sennonché, dopo che il suddetto santo e prudentissimo Sacerdote Squaranti, giunto a Khartum, ed esaminate bene le cose, gli scrisse in Cairo che egli, il Rolleri, era stato la causa di tutti i guai del Vicariato, col discreditare a torto il Capo della Missione presso i missionari suoi dipendenti, (furono napoletani quasi tutti che corrisposero o in un punto, o nell'altro, alle non rette insinuazioni di lui) e maltrattarlo in mille guise, cominciò un battibecco col medesimo D. Squaranti, che finì solo colla morte del medesimo. Ma siccome il Rolleri è uomo di cortissime vedute e cocciuto, continuò ancora a discreditare quei buoni missionari che non la sentivano con lui; e veggendo che io, conosciuto sulla faccia del luogo la verità delle cose, non mi piegai alle sue esigenze, mi chiese le Lettere dimissoriali per andarsene altrove, le quali io gli concessi subito, e gliele le ho spedite da Khartum nel gennaio del 1879, pregandolo solo di aspettare fino a che io avessi provveduto un altro Superiore a Cairo, al qual posto egli mi avea proposto l'ex Cappuccino, D. Bellincampi del Collegio Mastai, ch'era venuto in Cairo colle patenti della S. C. di Prop.da.


[6096]

Ma siccome io non aveva che triste notizie dal Cairo di questo soggetto, scongiurai di nuovo il Rolleri a rimanersi al suo posto sino alla mia venuta in Cairo; ciò che egli fece. Anzi venuto io in Cairo ed in Roma, da dove dopo aver consultato per mezzo del Prof. Pennacchi l'E.mo Card. Consolini, licenziai dall'Ist.o di Cairo il Bellincampi come non chiamato alla missione dell'Africa C.le; e dopo il Rolleri più non parlò di abbandonare la mia Opera. Si noti che il Rolleri si è sempre rifiutato di andare in Vicariato, ad onta di ripetuti miei inviti dal 1875 in poi; invito che io gli ho fatto sia per lavorare colà, sia perché constatasse coi suoi propri occhi le cose come erano, e avesse a modificare i suoi torti e falsi giudizi.


[6097]

Ed egli quantunque non abbia mai veduto nemmeno un palmo del Vicariato, quantunque non abbia mai oltrepassato il gran Cairo e Suez, pure ha preteso sempre di avere il dono dell'infallibilità nel giudicare sulle cose più minute e sul personale del Vicariato contro il giudizio del Vescovo, e Vicario Ap.lico. Egli poi nel maggio scorso, dietro licenza, venne in Italia, in Roma ed ora sta in sua patria, ma coll'idea di tornare nell'ottobre in Egitto. Egli mi dichiarò che egli non andrà mai nell'Africa Centrale, né accetterà di stare a Verona; ma solo apparterrà all'opera a condizione di stare nel mio Ist.o di Cairo, s'intende come Superiore. Tutte queste cose riferite coll'E.mo Card. di Canossa l'altro ieri, l'E.mo ha deciso con me d'invitare il Rolleri a rimanere nell'Ist.o di Verona in assistenza del mio veneratissimo Rettore P. Giuseppe Sembianti e sotto gli occhi dello stesso e dell'E.mo Vescovo; altrimenti se ne vada dove meglio gli talenti.


[6098]

Io poi a parlare all'Em.za V. con filiale confidenza (e sarei molto contento di ingannarmi e di ritrattarmi) aggiungerò a questo proposito, che le sinistre notizie che sono giunte alla S. Cong.ne sull'andamento del Vicariato, e che in Vicariato non vi è nessuno che possa farmi da Vicario, le false informazioni sul conto del D. Bonomi etc. etc., tutto ha il suo principio o diretto o indiretto, e ha per autore principale il Rolleri, che diresse tutte le file dei rapporti etc. Ma non importa; la verità verrà a galla, perché Dio è tutto misericordia, carità, e giustizia, e Dio saprà trarre da queste provvidenziali vicissitudini il massimo bene per l'Africa; ed un bene è che intanto io ho guadagnato un buon soggetto, D. Grego, che se non riuscirà valente a predicare in arabo, perché un po' troppo avanzato, sarà utilissimo per la direzione degli affari, per la buona disciplina e il buon andamento delle cose, affinché camminino secondo lo spirito di Dio.


[6099]

Del resto per amore di verità devo dirle, che il Vicariato non cammina così male, come fu riferito a V. E. (e mi ritratterò certo se nella prossima visita pastorale constaterò il contrario). Il R. D. Luigi Bonomi - ha 39 anni, fu Curato per sette anni, e dal 1874 è in Africa, ove ha fatto molta pratica, ed è un vero missionario. Questo è il mio subordinato parere su lui. Non dico che abbia tutte le qualità per essere Vicario: gli mancano le belle maniere, e non ha tutte le viste per trattare convenientemente né colle autorità, né coi sudditi: è troppo duro: ma circa rettitudine di pensare, zelo, abnegazione, testa dritta, umiltà, obbedienza è uno dei migliori che possa avere un Vicario Ap.lico, e soprattutto per essere ligio al suo dovere: ma siccome all'insinuazioni che gli fece nel 1875 il Rolleri di ribellarsi a me, ossia di unirsi a lui (Bonomi era in fondo a Gebel Nuba e Rolleri al Cairo) non gli rispose nulla, ma solo gli mandò a dire, ossia, gli fece scrivere, che egli il Bonomi non riconosce altri Superiori che quelli che gli sono dati dalla S. Sede, o da chi rappresenta la santa Sede, così gli divenne nemico, fino al punto che or sono tre anni e mezzo, il Rolleri coadiuvato da due napoletani etc. gli appose la gravissima calunnia che per più notti conferiva con una Suora: cosa che poi venne appurata dal R.mo Squaranti e da me, nel giugno del 1878, con la confessione e ritrattazione formale del reo calunniatore.


[6100]

Così pure il Rolleri dietro la calunnia di un prete napoletano condotto in Africa dal Carcereri dietro preghiera dell'Arcivescovo di Trani, con calore e minacce mi spinse a cacciare dalla missione un missionario piemontese; ed io già per telegrafo avea chiamato questo missionario, D. Gennaro Martini, a Khartum. Ma poi il calunniatore prete napoletano dopo una febbre fortissima, temendo di andare all'altro mondo, fece in iscritto una coscienziosa ritrattazione dichiarando che ciò ch'egli avea scritto a Rolleri era una mera calunnia ed una sua invenzione per accaparrarsi la grazia di Rolleri; e di questa ritrattazione rilasciò copia a Rolleri ed a me (che porterò meco a Roma, e l'Arcivescovo di Trani, veduto l'autografo, potrà testificare a V. E. la verità ed autenticità dello scritto). Ebbene, dopo aver ricevuta il Rolleri questa dichiarazione, fatta si può dire al capezzale della morte, dal prete calunniatore (e poi morì davvero dopo 4 mesi), non doveva il Rolleri ritrattarsi presso di me sulla calunnia a carico di un prete innocente? Eppure non l'ha fatto; e lasciò correre la calunnia, e ciò in coscienza... che è sempre la sua parola. Insomma io ho provato il martirio: ma ne sono contento, perché così ha voluto il Signore, e perdono a tutti.

Il Martini poi stanco andò a casa sua.


[6101]

Del resto né il Vicariato, né la mia Opera cammina come dice il Rolleri. Il rimedio capitale da apporre alla mia Opera, era ricostituire il mio Istituto di Verona su basi saldissime, soprattutto dandogli un ottimo e bravo Superiore: e questo è ciò che ho fatto col venire in Europa, e vi riuscii coll'aiuto del veneratissimo Card. da Canossa, come spero che l'E. V. verrà a conoscere. Questo Ist.o mi darà buoni soggetti.


[6102]

Altre cose mi rimangono a fare, la prima delle quali è di andar quanto prima in Vicariato etc. etc. etc. Così pure devo rispondere alle sue veneratissime lettere: ma lo farò domani e posdomani.

Ci siamo accordati per lettera e telegrafo io ed il R.mo Planque di convenire insieme a Torino, ed intenderci su tutto, ciò che faremo entro questa novena della Madonna del Popolo.

Perdoni di questa lungaggine; le bacio la S. Porpora, e sono



di V. E. R.ma ubb. d.mo osseq.o figlio

+ Daniele Comboni Vescovo e V. Ap.


960
Don Francesco Giulianelli
0
Verona
28. 08. 1880

N. 960; (917) – A DON FRANCESCO GIULIANELLI

ACR, A, c. 15/15

Verona, 28/8/80

Mio caro D. Francesco,

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Quando avete da pagare provvigioni od altro per Roma (come sento dalla vostra ultima che avete pagato a Roma alcune centinaia di franchi mandandoli dall'Egitto) non mandate danaro, ma avvisate me che io faccio pagare dal mio banchiere. Ci siamo finalmente disfatti di D. Grieff, il quale distruggeva nel nostro Istituto, ed era la causa col suo esempio, e colle sue prave insinuazioni, che alcuni hanno vergognosamente abbandonato l'Istituto. Dopo che io ho messo in vigore la regola, chiamando a rettore degli Istituti un santo Sacerdote, qual'è il P. Sembianti, Grieff, che non ha spirito, fu il primo a non osservarla, e tirò molti altri. Dopo consultato l'E.mo Card. di Canossa ed il prudentissimo Generale delle Stimmate, ho dato a Grieff le sue dimissorie, e mercoledì mattina è partito per la sua Diocesi di Luxemburgo.


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Sia ringraziato il Signore. Avevano ragione e Fuchs e Bouchard, e Moron e Dichtl a scrivermi quanto mi hanno scritto, perché avendoci vissuto insieme, lo conoscevano. Sia ringraziato Dio. Dite a Dichtl e a D. Giuseppe che Grieff è andato a casa sua. Ora l'Istituto cammina benissimo.

Coi 5000 mila franchi che vi ho mandato, provvedete agli urgenti bisogni. Da Colonia manderanno solo a me, quando sarò in Egitto io. Intanto ingegnatevi. Io faccio in fretta per partir presto. Benedico tutti e Suore etc.



+ Daniele V.o


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Scrivetemi a Roma dirigendo le lettere a vostra madre dalla quale le riceverò io stesso. Salutatemi D. Paolo Rosignoli e P. Pietro, i P. Gesuiti e tutti del nostro Ist.o. E' probabilissimo che vi conduca un maestro arabo, essendo l'altro partito per la Siria.