[4077]
Obbedendo al grazioso invito di V. E. R.ma, io mi fo un dovere di tracciarle succintamente un quadro della Storia della santa Opera per la Redenzione della Nigrizia, della situazione presente del Vicariato dell'Africa centrale, e del carattere di stabilità e perpetuità che seriamente presenta quest'ardua e laboriosa Missione, la quale senza dubbio è una delle opere più sublimi ed importanti dell'Apostolato della Chiesa Cattolica tra le nazioni infedeli dell'universo.
[4078]
E innanzi tratto, per maggiore intelligenza della storia di questa Missione e della sua topografica posizione, credo opportuno di qui citare all'Em. V. le tre Ponenze, in cui la S. C. si è occupata per l'erezione, pei provvedimenti, e pella sistemazione del Vicariato, ch'ebbero luogo nel gennaio del 1846, nel maggio del 1872, e nell'agosto del 1874; e di additarle la Carta Geografica, che io ebbi l'onore di presentare alla S. C. nel 1872, nella quale ho tracciati esattamente i confini dei Vicariati e Prefetture Apostoliche di tutta l'Africa, in base ai documenti, che mi furono esibiti in Propaganda.
[4079]
Sotto tre diversi periodi si dee considerare la storia tutta del Vicariato. Nel I. periodo si contempla questa grande Missione sotto il governo del P. Ryllo, che morì in Khartum nel 1848, e di parecchi Sacerdoti secolari tedeschi ed italiani fino al 1861. Nel II. periodo la si contempla sotto la condotta dei RR. PP. Francescani dal 1861 al 1872. Nel III. finalmente la si considera dal 1872 al 1876 sotto la direzione dei Sacerdoti dell'Istituto per le Missioni della Nigrizia, da me fondato in Verona nel 1867 sotto gli auspici del Vescovo Monsig. Canossa.
[4080]
Dal Rapporto da me presentato nella Ponenza del maggio 1872, apparisce come nel primo periodo si sono iniziate quattro Stazioni nel Vicariato, cioè quella di Scellal al Tropico del Cancro presso l'Isola di File nella Nubia Inferiore; quella di Khartum, capitale dei possedimenti egiziani nel Sudan, situata presso il 15º. Lat. Nord nella Nubia Superiore; quella di S. Croce nella tribù dei Kich presso il 7º. L. N., e quella di Gondocoro nella tribù dei Bàri presso il 4º. L. N. sul Fiume Bianco. Nei 14 anni del primo periodo vi sudarono poco meno che 40 Sacerdoti missionari europei; e quasi tutti perirono vittime di carità, e d'immense fatiche, e dell'inclemenza del clima. Nel II. periodo, abbandonate subito le stazioni più remote di S. Croce e di Gondocoro, e poco dopo quella più vicina di Scellal, si concentrò l'azione apostolica nella Stazione di Khartum. Vi lavorarono presso a 50 Francescani in gran parte laici, dei quali 22 soccombettero, e quasi tutti i superstiti si ritirarono in Egitto e nell'Europa, rimanendo in Missione due e talvolta un solo missionario con un fratello laico.
[4081]
Nel III periodo finalmente, oltre a molti laici coadiutori, parecchie Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione e molte Istitutrici negre, ben 11 Sacerdoti e 3 Studenti di Teologia del mio Istituto per le Missioni della Nigrizia in Verona, e 5 Padri Camilliani penetrarono e si stabilirono nel Vicariato; e nessuno di questi ebbe a soccombere; ma tutti 19 vivono ed operano con zelo in quest'ardua Vigna del Signore. Dal che apparisce evidentemente, che il Vicariato dell'Africa Centrale nei suoi principii e nel suo sviluppo ha percorse le vie ordinarie, che la Divina Provvidenza ha tracciato a tutte le opere sante, le vie, cioè, delle prove, dei combattimenti, e del trionfo.
[4082]
E qui mi è d'uopo accennare di volo all'origine di quella santa Opera per la Redenzione della Nigrizia da me fondata sotto gli auspici dell'illustre Vescovo di Verona, che, mediante l'aiuto dei Santissimi Cuori di Gesù e di Maria e di S. Giuseppe, riuscì in tempi sì difficili e calamitosi, ed attraverso a molte prove e contraddizioni, a piantarsi in Verona, nell'Egitto, e nell'Africa Centrale; opera che alimenta e conduce attualmente quest'arduo e laborioso Vicariato.
[4083]
Tra i primi cinque missionari, che nel 1846 furono spediti dalla S. Sede nell'Africa Centrale, v'era il Sacerdote D. Angelo Vinco, membro del privato Istituto di D. Nicola Mazza di Verona, nel quale io fui educato, e di cui feci parte dal 1843 al 1867. Dopo la morte del P. Ryllo, D. Vinco essendo ritornato in Europa per raccogliervi elemosine e missionari, passò due mesi nel prelodato Istituto in Verona, e fu l'occasione provvidenziale, per cui l'illustre Sacerdote Mazza risolvette di educare e inviare nell'Africa quelli tra i suoi soggetti, che mostrassero vocazione ad un tanto ministero. Fu nel gennaio del 1849 che studente di filosofia, nell'età di 17 anni io giurai ai piedi del mio venerato Superiore D. Mazza di consacrare tutta la mia vita all'apostolato dell'Africa Centrale; né mai venni meno colla grazia di Dio per variar di circostanze al mio voto; e da quel punto non ad altro intesi che ad apparecchiarmi a così santa impresa. Infatti nel 1857, mentre ferveva il primo periodo della Missione, fui spedito con altri Sacerdoti compagni a Khartum e nelle Stazioni del Fiume Bianco, ove fra le più dure prove fui più volte sull'orlo del sepolcro.
[4084]
In questo frattempo mi fu dato di ben conoscere la lingua, il carattere ed i costumi di numerose tribù della Nigrizia interna. Ma la Missione nel 1861 essendo passata nelle mani dei RR. PP. Francescani, mi ritirai dal Vicariato, dopo aver compiuto per ordine del mio Superiore, una importante spedizione ad Aden e sulle coste orientali dell'Africa. Nel 18 settembre del 1864 dopo avere assistito a S. Pietro in Vaticano alla solenne Beatificazione di Margherita Alacoque, mi balenò alla mente il mio Piano per la Rigenerazione dell'Africa, che ho presentato alla S. C., in seguito al quale ho formato il disegno di assicurare la stabilità e perpetuità delle Missioni della Nigrizia Centrale erigendo per le medesime un Istituto in qualche punto d'Italia, e fondando in Egitto due stabilimenti per acclimatizzarvi i missionari e le missionarie, e prepararli convenientemente al faticoso apostolato dell'Africa Centrale.
[4085]
Ma trovandomi solo e sprovvisto affatto di appoggio e di mezzi pecuniari per incarnare il mio concetto e tradurlo in pratica, col consenso de' miei Superiori scorsi per tre anni l'Italia, la Francia, la Germania, l'Inghilterra ed altre parti, esercitando il mio ministero sacerdotale, visitando e studiando le opere delle missioni straniere, cercando lumi, protezione e sussidii, e facendo conoscere l'importanza della concepita opera a chi mi poteva aiutare, confortato anche dall'E.mo Card. Barnabò e da illustri ed eminenti personaggi ecclesiastici e secolari, e soprattutto dai preziosi incoraggiamenti e dalla fatidica parola dell'adorato nostro S. Padre Pio IX, che nel Settembre del 1864 mi fece risuonare all'orecchio: labora sicut bonus miles Christi pro Africa. Benché mi vedessi dinanzi insormontabili ostacoli e prevedessi enormi difficoltà sia nell'Europa, sia nell'Africa, pure fidato sempre in quel Divino Cuore, che palpitò e soffrì anche per la infelice Nigrizia, mai mi abbandonò la speranza di riuscire nell'arduo compito.
[4086]
Fu nel 1867 che la Provvidenza mi additò il vero punto di appoggio, su cui basare stabilmente l'edificio della già concepita opera. Monsig. Canossa, Vescovo di Verona aveva più volte contemplato uno stuolo di fortunate morette, che gli presentava il pio P. Olivieri per averne elemosina; e tocco da tenera compassione avea più volte suggerito e incoraggiato l'illustre D. Mazza, suo amico, a ricevere nel suo Istituto femminile queste figlie dell'Africa interna per istruirle in quella fede, che poscia avrebbero potuto insegnare in patria sotto la guida dei missionari. Il perché dopo aver ben ponderata ogni cosa, mi rivolsi a questo nobile e pietosissimo Prelato; gli sviluppai il mio concetto, e lo supplicai caldamente a pigliare la concepita opera sotto le ali della sua protezione, e ad assumerne la guida e la presidenza, dichiarandogli che io sarei stato fino alla morte il suo braccio, anzi il cardine di tutta l'opera; e che quanto ai mezzi pecuniari e materiali avrei pensato io solo a provvederli per mezzo dell'inclito Patriarca S. Giuseppe.
[4087]
Il magnanimo Vescovo animato da uno spirito veramente apostolico, senza punto sgomentarsi né dei tempi calamitosi, né dell'estrema mia debolezza e povertà, né della grandezza e difficoltà dell'impresa, sostenuto e fortificato dal S. Padre Pio IX, e dall'Em. Card. Barnabò e da gran numero di Vescovi, con cui si era meco trovato insieme nelle Feste solenni del XVIII Centenario del Martirio del Principe degli Apostoli qui in Roma, assunse la protezione ed il mandato di essere il capo e il preside di tutta l'Opera. Il perché sotto i suoi auspici apersi subito in Verona due case, cioè l'Istituto pei Missionari della Nigrizia e il Collegio delle Missionarie, detto delle Pie Madri della Nigrizia, a sostenere le quali ho creata l'Associazione del B. Pastore, sotto la Presidenza del Vescovo assistito da un Consiglio di rispettabili personaggi ecclesiastici e secolari, che il S. Padre arricchì d'Indulgenze Plenarie.
[4088]
Tutto questo si è fatto dopo aver lasciato per sempre l'antico privato Istituto Mazza già isterilito, allo scopo di fondare il nuovo Istituto delle Missioni della Nigrizia, per sottometterlo alla sanzione della suprema Autorità della Chiesa, e collocarlo sotto la padronanza assoluta della S. Sede. Dopo aver messo alla testa di questo nuovo Cenacolo di apostoli dell'Africa il compianto D. Alessandro Dalbosco mio antico compagno nella missione dell'Africa centrale con 16 Istitutrici nere e 3 Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione, partii per l'Egitto; e il giorno 8 dicembre 1867 apersi in Cairo sotto gli auspici di Monsig. Ciurcia, Vicario Apostolico dell'Egitto, due stabilimenti: l'uno maschile dei negri affidato ai Sacerdoti del mio Istituto di Verona; l'altro femminile affidato alle Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione.
[4089]
Circa lo scopo, lo spirito, i regolamenti, lo sviluppo e la situazione degl'Istituti delle Missioni per la Nigrizia in Verona e in Egitto eretti nel 1867, l'Eminenza Vostra R.ma può vedere la Ponenza del maggio 1872. Tra i Sacerdoti che mi seguirono in Egitto, v'erano i due Padri Camilliani Carcereri e Franceschini, i quali avendo dovuto abbandonare il proprio Convento di Verona in seguito alla soppressione degli Ordini Religiosi in Italia, implorarono per mezzo di Mons. Canossa, eletto Visitatore Apostolico delle Case Camilliane della Provincia Lombardo-Veneta, ed ottennero dalla S. C. dei Vescovi e Regolari con Rescritto 5 luglio 1867 il permesso di associarsi ad quinquennium alla mia opera. Essi mi coadiuvarono con molto zelo ed attività nel condurre gl'Istituti di Egitto. Anzi avendomi gl'interessi dell'Opera chiamato per ben due volte in Europa, durante la mia assenza affidai la direzione degli stabilimenti di Egitto al P. Stanislao Carcereri.
[4090]
Nel 1870 ebbi il conforto di presentare un Postulatum al S. Concilio Vaticano sottoscritto da molti Vescovi, che l'E. V. qual Segretario della Congregazione destinata ad esaminare le proposte dei Padri, nella sera del 18 luglio sottomise alla firma del S. Padre per essere passato nella Congregazione stabilita per le Missioni Apostoliche.
[4091]
Veggendo maturare e prosperare gl'Istituti preparatori in Egitto, volsi l'animo a trapiantarne i frutti più eletti nell'interno dell'Africa. E siccome l'esperienza del primo periodo del Vicariato non aveva offerto troppo luminosi risultati lungo le sponde del Fiume Bianco, confortato dal buono spirito de' miei Missionari, e specialmente del P. Carcereri, m'accinsi a tentare le vie dell'interno, nei paesi, cioè, situati tra il Fiume Bianco e il Niger.
[4092]
Il perché, dopo assunte esatte informazioni sul regno di Cordofan, ove non era mai penetrato nessun missionario cattolico, sapendo bene che la sua capitale, El Obeid, era il recapito dell'infame commercio degli schiavi, che vi affluivano da cento tribù dell'interno, e dai vasti imperi del Darfur, del Waday, di Baghermi, e di Bornù, pensai alla fondazione di una Missione nella capitale del Cordofan, la quale doveva essere il centro e il punto di partenza per distendere gradatamente l'azione apostolica nei paesi e tribù della parte centrale del Vicariato, in quella guisa che Khartum è veramente il centro e il punto di partenza per diffondere la Fede nelle vaste tribù, che costituiscono la parte orientale ed australe del Vicariato. A tale scopo ho destinato come esploratori i due PP. Carcereri e Franceschini con due fratelli coadiutori del mio Istituto di Verona, mettendo il Carcereri a capo della spedizione, e munitolo di sussidii e del denaro necessario per mantenersi tutti per due anni, gli diedi le opportune istruzioni, ordinandogli di prendere la via del Deserto di Korosco e di Khartum, di penetrare nel Cordofan; e dopo esplorati bene i punti principali, fissare la sua dimora nella capitale El-Obeid, studiar quivi i costumi, la popolazione, il clima e il governo del paese; e dopo aver tutto bene esaminato, spedirmene un esatto Rapporto, per attendere le risoluzioni, che io avrei potuto ottenere in proposito dalla Propaganda.
[4093]
Infatti, compiuta in breve tempo l'esplorazione ideata, il P. Carcereri m'inviò la Relazione; che è inserita verso la fine della suddetta Ponenza del 1872. Di più avendomi assicurato esser disponibile in El-Obeid una comoda casa formata di loro di sabbia pel prezzo di mille scudi, m'affrettai a spedirgli tosto da Roma questa piccola somma per l'acquisto della predetta casa, ingiungendogli di rimanervi tranquillo fino a nuove disposizioni, occupandosi intanto a studiare la lingua e il paese, e a guadagnare qualche anima, specialmente fra i bambini in articulo mortis. Io intanto mi occupai della mia opera in Verona, raccolsi in Germania i fondi necessari per gl'Istituti di Verona e di Egitto; e incaricato regolarmente dal Vescovo di Verona, venni in Roma per sottomettere l'Opera alla sanzione della suprema autorità della Chiesa.
[4094]
In seguito alle decisioni della S. C. nell'adunanza generale del maggio 1872 avendo la S. Sede affidato al mio Istituto per le Missioni della Nigrizia in Verona tutto il Vicariato dell'Africa Centrale, ed a me il governo del medesimo col titolo di Pro-Vicario Apostolico, ossequiata a Vienna S. M. Apostolica l'Imperatore d'Austria e d'Ungheria, Protettore delle Missioni dell'Africa Centrale, da cui ottenni ampli favori, partii con buona corte di ausiliarii per l'Egitto; d'onde spediti immantinente alcuni miei missionari in Cordofan, nominai temporaneamente il P. Carcereri all'ufficio di mio Vicario Generale, ingiungendogli di prendere a mio nome possesso della Stazione di Khartum, che due PP. Francescani stavano per abbandonare in seguito al richiamo lor fatto dal R.mo loro Padre Generale, e di pigliare a pigione una comoda casa per collocarvi le Suore e le Istitutrici negre, che dal gran Cairo io avrei condotto meco a Khartum.
[4095]
Infatti nel gennaio del 1873 partii dal Cairo con 30 persone fra Missionari, Suore, Fratelli coadiutori, moretti ed Istitutrici negre; e dopo 99 giorni di viaggio giunsi in Khartum; ove fui ricevuto con gran festa dal Gran Pascià, dell'I. R. Console Austro-Ungarico, e da tutta la popolazione cattolica ed acattolica; installai le Suore di S. Giuseppe colle morette nella casa presa in affitto, e i Missionari nella vasta abitazione eretta dal compianto mio predecessore D. Ignazio Knoblecher; impiegai un mese nell'organizzare i due stabilimenti di Missionari e di Suore, e nell'avviare la morente missione di Khartum; e lasciato quivi a Superiore il P. Carcereri, e a suo assistente il Canonico Fiore membro del mio Istituto di Verona, partii pel Cordofan, e giunsi in El-Obeid ai 19 Giugno ricevuto con grande esultanza da tutti, e specialmente dal Pascià, il quale, forse per timore, aveva abolito giorni prima il pubblico mercato di schiavi, che si teneva sulle piazze della capitale.
[4096]
Non avendo tra le Suore soggetti sufficienti per istabilire un regolare Istituto femminile in El-Obeid, vi condussi da Khartum l'ottima e sperimentata mia cugina Faustina, da oltre 4 anni stata addetta allo stabilimento di Cairo, con due scelte Istitutrici negre, per affidar loro le morette che si avrebbero in seguito riscattate, e le schiave rifugiate, ossia l'opera femminile del Cordofan.
[4097]
Queste collocai provvisoriamente in un angolo della casa separato da un muro di divisione, fino a che potei comperare un'ampia e comoda abitazione, ove installai l'Istituto femminile sotto la sorveglianza della predetta mia cugina, finché nel febbraio del 1874, giunte le Suore in El-Obeid, pigliarono esse la direzione di tutta l'opera femminile. Così in brevissimo tempo mi riuscì di organizzare e sistemare i due stabilimenti del Cordofan, che tanto bene apportarono ed apporteranno all'apostolato della Nigrizia Centrale.
[4098]
Fino dal 1848 avea conosciuto in Verona il bravo giovane moro Bachit Caenda appartenente alla nobile famiglia dei Conti Miniscalchi, oriundo della tribù di Gebel Nuba, e conosciuto in Propaganda. Nei lunghi anni di verace amicizia ed intimi rapporti, ch'ebbi sempre con questo fervente cattolico africano, dovetti ammirare col Vescovo di Verona in questo Nubano una distinta pietà, una fede inconcussa, ed una sodezza di carattere ammirabile, sì che senza quasi accorgermi concepii un alto concetto dei Nubani, e ripetei mille volte all'ottimo Bachit che io non era contento, finché non avessi piantata la Croce di Gesù Cristo nella sua patria. Questo desiderio fu talvolta accademico nei primi anni del mio ministero, stanteché l'azione apostolica era concentrata sul fiume Bianco.
[4099]
Ma quando giunsi in Cordofan, ed ebbi campo di sentir parlare ogni giorno del paese dei Nuba, della bravura e fedeltà dei servi nubani, e della premura colla quale il Governo egiziano reclutava soldati tra le file degli schiavi nubani che giungevano di frequente ad El-Obeid, allora mi si riaccese in cuore più che mai il desiderio di studiare i Nubani, e di portarvi la fiaccola del Vangelo. Il perché mi diedi ogni cura per assumere esatte informazioni su questo popolo vicino, mi misi in rapporto con uno dei capi della polizia del Divano di Cordofan, per nome Maximos, il quale tra le sue mogli aveva pure una parente del gran capo dei Nubani, col quale egli aveva stretta amicizia. La Provvidenza non tardò a somministrarmene la più propizia occasione.
[4100]
Essendo giunto in El-Obeid uno dei capi nubani di Delen, per nome Said Aga, il predetto ufficiale di polizia, Maximos, me lo presentò in Missione la mattina del 16 luglio 1874, sacro alla Madonna del Carmine, mentre uscivamo di Chiesa dopo la solita Ora di adorazione al SS.mo Sacramento, che ho istituita in tutte le mie case di Egitto e del Vicariato, e che si pratica tutti i mercoledì della settimana pro conversione Nigritiae. Accolsi il capo nubano con molta deferenza, gli mostrai le botteghe d'arti e mestieri, la piccola scuola di moretti e morette, gli suonai l'armonium, gli feci vedere l'altar maggiore ben parato, e la statua della Madonna ecc. Veggendo la somma soddisfazione e contento di Said Aga, gli esternai il mio desiderio di conoscere il gran capo dei Nubani, e gli feci travedere che non sarei lontano dal piantare una missione fra i Nubani stessi.
[4101]
Il bravo Said Aga rimase colpito dalle meraviglie, ch'egli diceva di aver veduto nella nostra missione di El-Obeid; talmente che ritornato al suo paese, tanto parlò e tanto fece, che il gran capo, il Cogiur Kakum, si decise di venire egli stesso a visitarmi in Cordofan. Infatti fu per me una grata sorpresa il veder entrare nella missione di El-Obeid il gran capo dei Nubani, con un seguito di oltre a venti persone tra capi e servi, la mattina del mercoledì 24 settembre, sacro alla Madonna della Mercede, mentre noi uscivamo dalla solita ora di adorazione pro conversione Nigritiae. Trattenni meco tutto quel giorno il gran capo con tutto il suo seguito, gli parlai diffusamente dei miei intendimenti, gli mostrai tutto. Egli ripetè la visita alla Missione per quattro giorni consecutivi, e si decise fra noi che dopo le piogge avrei subito intrapresa con alcuni miei compagni una visita ai Nubani, ove, dopo avere esplorato bene il paese ed esaminata ogni cosa, avrei probabilmente piantata una Missione; e con questa speranza egli ripartì pel suo paese pieno di stupore per le vedute cose, e fuor di sé della gioia per la mia prossima esplorazione fra i Nubani.
[4102]
Già fin dal 16 luglio, quando il capo Nubano Said Aga era venuto a visitarmi, io aveva informato i miei compagni di Khartum della cosa avvenuta in El-Obeid, e di una probabile esplorazione che avrei fatta fra i Nubani. Il P. Carcereri con replicate istanze mi supplicò di accompagnarmi fra i Nubani: anzi si esibì a compiere egli stesso quella esplorazione, e che per tale oggetto egli avrebbe ben volentieri ritardata la sua gita in Europa, che egli avea deciso di fare. Dopo aver ben ponderato ogni cosa, lo invitai a venire in El-Obeid ai primi di ottobre, e ben ruminata e discussa la nuova esplorazione, ho acconsentito di destinar lui a questa esplorazione con altri compagni, ed ottenni dal Pascià che il sullodato ufficiale di Polizia, Maximos, con una guida accompagnasse a Nuba i miei esploratori. A dire il vero l'esplorazione fatta dal Carcereri, a cui io aveva ordinato d'impiegare almeno due mesi, fu brevissima, poiché non si trattenne che al primo paese di Delen, e per sole 40 ore; dopo di che tornò in El-Obeid. Tuttavia, al suo ritorno in Cordofan egli mi confermò la verità di quanto io avea potuto rilevare sui Nubani nelle due visite precedenti di Said Aga, e del gran capo Kakum.
[4103]
Ai 17 di novembre del 1873 il P. Carcereri partì da El-Obeid per Roma, ove giunse nel marzo 1874. Io poi dopo d'aver composti e sistemati i due stabilimenti dei Cordofan, tornai alla mia residenza principale di Khartum, ove trovandosi le Suore, in una casa presa a pigione, essendo questa alquanto ristretta, edificai di pianta con quadretti cotti, e solidi mattoni uno stabilimento lungo 112 metri, colle risorse pervenutemi da diversi privati miei benefattori, tra i quali l'Imperatore Ferdinando e l'Imperatrice Maria Anna d'Austria, ed il compianto Duca di Modena; in seguito a che potei installarvi l'Opera femminile, le Suore, l'Orfanatrofio, e le scuole. Mentre io lavorava co' miei compagni sul campo della Missione, il P. Carcereri in Roma stipulava a mio nome la nota convenzione valevole per cinque anni fra me e il R.mo P. Guardi Vicario Generale dei Camilliani e quella fra me e la Superiora Generale delle Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione.
[4104]
In base alla convenzione coi Camilliani fu stabilito, che questi Religiosi servissero la missione in quella stazione a cui verrebbero destinati dal Pro-Vicario Apostolico. Di più assunsi l'obbligo di erigere una Casa Camilliana a Berber, ove di tanto in tanto si radunassero i Religiosi, i quali devono anche pigliar cura di quei cattolici, che trovansi sparsi nelle quattro grandi province di Berber, di Suakin sul Mar Rosso, di Taka, e dell'antico regno di Dongola, sempre però sotto la dipendenza e giurisdizione del Pro-Vicario Apostolico. Fedele agl'impegni assunti in questa convenzione, volai a Berber, vi comperai e pagai interamente la più bella e comoda casa della città, posta sul Nilo; e v'installai il P. Franceschini, ordinandogli di farvi le riparazioni e migliorie utili per ricevervi convenientemente un Ordine Religioso; e nel 2º di marzo 1875 vi s'installarono cinque Religiosi Camilliani, compreso il Padre Stanislao Carcereri Prefetto, e inoltre due laici; al 1º di aprile con apposito Decreto, eressi canonicamente questa casa, affidandola ai missionari Camilliani.
[4105]
Il fine per cui acconsentii d'introdurre nel Vicariato l'Ordine di S. Camillo de-Lellis, fu unicamente per provvedere sempre più all'eterna salvezza di circa cento milioni d'infedeli, onde consta il mio Vicariato, e per procurare zelanti operai evangelici, affin di salvare il numero maggiore possibile delle anime affidatemi, ed anche per premiare i servigi, che i due Padri Carcereri e Franceschini avevano prestato alla mia opera. Ho poi conchiusa la convenzione per soli cinque anni, per avere il mezzo e il tempo sufficiente di constatare se realmente l'Ordine di S. Camillo potea tornar utile alla Nigrizia, e in seguito regolarmi.
[4106]
Circa poi la fondazione della nuova Missione di Gebel Nuba, ordinatami dalla S. C., iniziata dagli ottimi missionari del mio Istituto di Verona, D. Bonomi e D. Martini, e circa il mio soggiorno fra quei popoli, e l'importanza di una tale Missione, e la sua regolare istituzione, mi riporto alla mia Relazione 10 ottobre del p.p. anno 1875, ch'ebbi l'onore di spedire all'Em.za V. R.ma dal paese stesso dei Nubani.
[4107]
Di ritorno da Gebel Nuba, scesi in El-Obeid, quindi a Khartum; e di là passai a Berber; quindi visitata la città di Suakim sul mar Rosso per conoscere i bisogni di quella località, ed amministrarvi i Sacramenti, prolungai il mio viaggio sino al Cairo; ove, tolti tutti gli ostacoli, ordinai di continuare la nuova fabbrica dei due stabilimenti preparatorii sopra un terreno regalatomi dal Kedive nel più bel quartiere della capitale di Egitto, nei quali si sono già testè installati i missionari e le Suore per l'Africa Centrale, che fino adesso abitarono due case, prese a pigione in Cairo Vecchio.
II.
[4108]
Premessa la breve storia sull'origine dell'opera della redenzione della Nigrizia, e sulla fondazione dei singoli stabilimenti e Missioni del Vicariato dell'Africa Centrale, passo ora a tracciare all'E. V. R.ma la situazione presente del Vicariato, e il carattere di stabilità, che seriamente presenta. A tale scopo giova considerare lo stato attuale del Vicariato in quanto 1. agli stabilimenti, e alle risorse che possiede: 2. agli operai che vi lavorano: 3. al clima: 4. alle disposizioni del governo e delle popolazioni, in mezzo a cui si esercita l'apostolica azione.
[4109]
1. Per ciò che riguarda gli stabilimenti per le Missioni dell'Africa Centrale, oltre a ciò che si può raccogliere dalla 1.a parte del presente rapporto, due convenienti ne esistono in Verona: l'uno pei Missionari, l'altro per le Suore dette Pie Madri della Nigrizia, aventi attigui due orti, sufficientemente vasti, e sussidiati dalla pia Associazione del Buon Pastore, dal frutto di due palazzi, e da una tenuta da me recentemente comperata non lungi dalla città d'I. L. 50,000, con Chiesa e due case, l'una coloniale, dominicale l'altra, poste sul fondo medesimo. In questi Istituti vengono sperimentati i soggetti, e vi cominciano la propria abilitazione alle missioni del Vicariato, la quale passano a compiere nei due nuovi stabilimenti, di pianta fabbricati nella più propizia posizione del Gran Cairo, ove si acclimatizzano apprendendo insieme gli usi e l'indole dei neri, a vantaggio dei quali si occuperanno specialmente nelle presenti Stazioni centrali di Berber, Khartum, Obeid, Gebel Nuba, e nelle future. In ciascuno dei suddetti paesi o città, popolate ciascuna da 50 e anche 80 mila abitanti, oltre alla comoda casa solidamente e regolarmente costruita in Scellal, possiede stabilimenti la Missione dell'Africa Centrale.
[4110]
In Berber con attigua cappella e opportuno terreno riducibile a giardino, collocata in posizione opportuna e pei missionari che l'abitano, e per le nostre carovane che giungono da Cairo pel deserto di Korosco, o pel Mar Rosso e deserto di Suakin, incontrasi la casa convenientemente allestita e sufficientemente ampia per alloggiarvi i missionari e per esercitarvi l'apostolico ministero, affidata ai Camilliani, che qui veggonsi nel centro di quelle vastissime terre, che sono alla lor cura soggette. Lungo 112 metri è lo stabilimento maschile in Khartum, la cui solida costruzione in pietra costò al mio predecessore Ignazio Knoblecher la somma di circa 700,000 Lire; ed altrettanto lungo è lo stabilimento femminile da me costruito in pietre e mattoni solidissimi l'anno 1875.
[4111]
Questi, separati fra di loro dalla chiesa, a cui aderiscono ambedue, adempiono quasi un intero lato di quel grande giardino, cinto pel resto di una muraglia di terra in parti, in parti di cotti, che appartenente alla Missione, serve quotidianamente la medesima de' suoi prodotti, e inoltre di vantaggio sul passivo, frutta alla missione stessa circa I. L. 3,000. Di gran lunga più ancora frutterà quando si avrà perfezionato il mezzo onde introdurvi l'acqua, al quale scopo trovasi in posizione opportuna, prospettando col lato opposto agli stabilimenti sul Nilo Azzurro, da cui è bagnato. Aventi ciascuno la propria cappella, ma costruiti per ora in loto di sabbia trovansi organizzati e sistemati pure i due Istituti di Obeid convenientemente allestiti e vasti a sufficienza per alloggiarvi i Missionari e le Suore, per tenervi le scuole maschile e femminile, per esercitare infine l'apostolico ministero in quella popolatissima città.
[4112]
Di speciale prodotto, oltre al sufficiente comune terreno, ma scarso di frutto per la deficienza d'acqua, nulla più possiedono quelle case, che due magazzini fruttanti insieme annualmente L. 500, e l'annua elemosina fissa di circa trenta moretti. Sole le case testè piantate in Gebel Delen, prima montagna di Gebel Nuba, non ancora posseggono un attivo speciale; ma al momentaneo difetto suppliscono totalmente le risorse comuni.
[4113]
Vero è ben che enormi sono le spese necessarie e per le costruzioni, e per le due Congregazioni Religiose introdotte, e per lunghi viaggi, e pel mantenimento dei Missionari, e pei trasporti ecc., ma la Divina Provvidenza sempre accorse al bisogno per guisa, che da nessun debito è gravato il Vicariato. Le fonti principali, che mantennero materialmente l'affidatomi Vicariato e ne' suoi principii, e ne' suoi rapidi progressi, e che lo manterranno in avvenire, sono non tanto le particolari possidenze di ciascuno Istituto, e le ricche elemosine de' miei privati Benefattori, quanto le ordinarie elemosine delle Società Benefattrici di Colonia, le cui elargizioni montarono fino ad ora ad annue L. 20000; (1) le minori, ma sempre crescenti della società di Vienna: quelle specialmente della Propagazione della Fede sempre in aumento da 45000 a 54000 franchi annui. Concorsero e concorrono pure a mantener col loro obolo l'opera della Redenzione della Nigrizia le Società di S. Lodovico in Monaco: della S. Infanzia e dell'Immacolata Concezione in Vienna: l'Opera delle Scuole d'Oriente.
[4114]
E qui debbo aggiungere la somma di L. 50000 che mi fu lasciata per testamento dal compianto Duca di Modena (e che io metterò a frutto a profitto della missione), la cui carità generosa mi consolò sovente di generose elemosine. Dal fin qui detto apparisce che, grazie alla divina Provvidenza e alla intercessione del glorioso Patriarca S. Giuseppe, nessun pericolo corre l'esistenza della Missione per la Nigrizia, avuta riguardo ai suoi stabilimenti e alle sue risorse.
[4115]
1. Sennonché altro argomento principalissimo, per provare la stabilità della Missione, è la sufficienza degli operai che da tre Congregazioni, come da tre cenacoli, partono per esercitare l'apostolato negli abbandonati paesi dell'Africa centrale: 1. Dagl'Istituti dei Missionari e delle Pie Madri della Nigrizia da me fondati sotto gli auspici del Vescovo Mons. Canossa in Verona, provennero: il Superiore degl'Istituti di Cairo; i quattro sacerdoti che conducono la Missione di Khartum; i due sacerdoti che tengono quella di Obeid; e gli altri due che assistettero all'aprimento della Missione in Gebel Nuba e che attualmente la reggono; i tre chierici che studiano nella stazione di Obeid; gli otto secolari, dei quali cinque insegnano ancora le arti, e assistono pure i Sacerdoti. Questi sono i figli dell'Istituto maschile di Verona, che pii ed operosi militano meco unanimi sui campi e a vantaggio della infelice Nigrizia, diretti adesso dal prudente e oculatissimo mio rappresentante il Canonico D. Pasquale Fiore.
[4116]
Tuttavia nell'Istituto maschile di Verona trovansi ancora adunati con due chierici quattro secolari studenti aspiranti al Sacerdozio e tre secolari artisti. Varii sacerdoti di diverse Diocesi fecero istanze per essere accettati nelle Missioni dell'Africa Centrale, fra i quali, cinque, superate alcune difficoltà che lor rimangono ancora a superare, verranno ammessi al Noviziato per le Missioni della Nigrizia nel Collegio di Verona. Come poi in mezzo agli artisti e al clero, così in mezzo al sesso femminile va maturandosi qualche altra vocazione; e già l'Istituto delle Pie Madri della Nigrizia dalla sua fondazione dodici novizie accolse, le quali guidate da una eccellente Superiora, quale è quella che attualmente le governa, presentano doti e qualità molto opportune per le Missioni dell'Africa centrale.
[4117]
Alla perfetta istituzione di entrambi gl'Istituti suddetti mancarono solamente il maestro e la maestra di lingua araba; ma a questo difetto, pel quale i missionari dovettero apprender l'arabo negl'Istituti di Cairo, verrà provveduto. Del resto il numero di operai evangelici presentato dagl'Istituti di Verona non solo è più che sufficiente; ma sempre più ne offrirà, perché colla sempre crescente diffusione degli annali del Buon Pastore più e più si propagherà la cognizione dell'opera; e il Signore, il quale ha già dimostrato in varie guise di voler finalmente riammettere all'ovile la smarrita pecorella nera, moltiplicherà in mezzo al clero e al popolo, secondo le diverse mansioni, le vocazioni all'apostolato, almeno fino a tanto che l'Africa stessa aiuti l'Europa a rigenerar l'Africa.
[4118]
2. Il Vicariato Apostolico dell'Africa Centrale trae inoltre soggetti dalla pia Congregazione delle Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione, la cui utilità nei paesi non solamente cattolici, ma infedeli ancora, è con sì bei termini attestata dagli Ordinari di quei luoghi, ove si trovava e si trova. Di questa pia Congregazione, di cui l'E. V. R.ma è Protettore, trovansi in forza di una convenzione due Suore già stanziate negl'Istituti di Cairo, quattro in quelli di Khartum, quattro in Obeid, non compresa l'abilissima Provinciale che le governa, risedente in Khartum, stata già trent'anni Superiora fra le missioni d'Oriente.
[4119]
3. Finalmente il terzo cenacolo, dal quale per una convenzione partono, in aiuto ai missionari di Verona, apostoli per la conquista della Nigrizia al S. Cuore di Gesù, è l'Ordine Camilliano, che somministrò fino ad oggi cinque sacerdoti e due laici. Che se, come dal complesso di questa parte si può raccogliere, è sufficiente il numero degli operai che lavorano nelle Missioni della Nigrizia, e sufficienti pure sono le speranze, la stabilità del Vicariato potrebbe correre pericolo, se non dal numero dei soggetti, dal clima che non si confacesse alle complessioni europee.
[4120]
Il clima africano è ritenuto pernicioso agli europei, e giustamente; perché dei primi campioni della fede cattolica, che volavano su quelle sabbie sterminate, il primo anno moriva la metà, e il secondo anno vi periva quasi tutto il rimanente. E per verità le rive del Nilo e specialmente quelle del Fiume Bianco ricoprono le salme di tanti robusti missionari, che, movendo alla volta di Khartum, e di là alla volta di S. Croce e di Gondocoro, vi soccombettero vittime del loro zelo insieme e del clima. Sennonché le prove fatte di diverse vie, la lunga esperienza dei luoghi contribuirono a far finalmente scoprire una linea, lungo la quale incontrasi costantemente un clima non solo meno pernicioso che quello del fiume Bianco, ma propriamente buono e salubre, come si constatò essere quello di Berber, Obeid, e Gebel Nuba. Vero è ben che anche su questa linea incontrasi il calore alquanto più intenso che nei paesi caldi dell'Europa; ma egli è vero altresì che oltre di essere più o meno intenso secondo le diverse stagioni, è pur temperato da un po' di vento, che quasi continuamente, massime nei deserti, vi spira: ed è in effetto proporzionatamente meno molesto che il calore di Roma.
[4121]
Ad ogni modo, a differenza dei Missionari primi, che dai loro paesi europei si lanciavano immediatamente nei luoghi centrali dell'Africa, ora nessun missionario sale il Nilo, se prima non siasi acclimatizzato, rimanendo qualche tempo negl'Istituti di Cairo, che a tale scopo furono eretti. Tempratisi in questi al clima, possono i missionari e le Suore tentar le vie dell'interno senza soffrirne certa offesa. Egli è ben vero che il rapido passaggio dalla temperatura elevata del giorno a quella bassa della notte, e qualche altra nuova condizione locale potrebbe nuocere alla salute, massime dell'europeo. A questo riguardo l'unica stazione di Khartum sarebbe poco sana. Ma meno sana che nelle altre stazioni sarebbe qui il clima solamente nell'inverno, cioè nei due o tre mesi che succedono alla stagione delle piogge; e ciò pei miasmi che si levano dalle acque, le quali durano stagnanti nelle parti basse della città; sarebbe quindi questo un effetto che si soffrirebbe nel breve giro di una stagione e che si potrebbe impedire, come s'impedirà, uguagliando la superficie della città.
[4122]
Trovasi tuttavia compenso nel clima del Fiume Azzurro, che bagna Khartum medesima, e del deserto che la cinge. Una gita sull'Azzurro una dimora, pei più deboli, di qualche giorno in apposita casa nel vicino villaggio è contro le debilitazioni cagionate in quella breve stagione un rimedio, la cui immediata efficacia è già comprovata dall'esperienza. Del resto non è già che il clima di Khartum sia pernicioso assolutamente; esso richiede solo una diligenza maggiore, che non nelle altre stagioni e negli altri paesi, nell'usare quei riguardi, cui l'esperienza di molti anni ha suggerito. L'uso di questi non tiene già sacrificato il Missionario; sono essi presso a poco i riguardi, che si praticano nei climi caldi di Europa: usar cibi leggeri; non disordinare in questi; aboliti i liquori; usar con parsimonia del vino, quando si ha; guardarsi dal sole in certe ore, e dalle piogge.
[4123]
Colla pratica di questi leggeri riguardi, il clima di Khartum, se nella breve stagione invernale non è pernicioso, nelle altre stagioni si può dir salubre, come veramente salubre in ogni stagione coll'uso dei medesimi è il clima di Berber, Obeid e Gebel Nuba anche all'europeo, qualora dalle proprie terre non sia partito da qualche grave malattia affetto; nel qual caso, se soccombe, devesi dire che soccombette in causa non già del clima, ma della malattia preesistente, come avvenne di taluno dei soggetti, che si consacrarono alla Missione dell'Africa Centrale. Del resto soggiornano e faticano in Khartum e in altri paesi del Sudan negozianti europei provenienti anche dai climi freddi di Europa, e vi vivono da alquanti anni, benché non si contengano nei paesi centrali coi debiti riguardi.
[4124]
I missionari adunque e le Suore, che acclimatizzati in Cairo possono francamente penetrare nel Sudan, colla pratica delle suddette cautele, possono nel Sudan lavorare senza certo detrimento di salute. E per verità di 16 Sacerdoti Europei, e 3 Chierici, che dal 1871 a oggi, penetrarono nelle stazioni centrali, non solo godono tutti di buona salute, ma alcuni riacquistano là quella salute, che nei loro paesi non godeano. Che se senza certo sacrifizio il Missionario europeo può vivere in Africa adesso, meglio vi potrà vivere in avvenire, quando, cioè, coll'introduzione dell'agricoltura, e cogli progressi materiali apportativi dalla Religione e colla Religione, il clima particolare di ogni paese addiverrà migliore. Or bene, se il Missionario coll'uso di certi riguardi può vivere nell'Africa la vita stessa che può vivere in Europa, devesi conchiudere che l'esistenza della Missione non soffre nell'Africa da parte del clima pericolo alcuno; come pericolo alcuno non soffre da parte delle disposizioni del Governo e delle popolazioni.
[4125]
4. Tutti riconoscono essere il favore del Governo e dei popoli un mezzo, che positivamente influisce alla sicurezza e al progresso di una Missione, in quella guisa che da tutti si riconosce essere l'avversione loro un gravissimo ostacolo all'avanzamento non pure, ma all'esistenza stessa della medesima, specialmente in mezzo a genti infedeli. Quindi è, che se da principio con sollecita premura studiai di guadagnare la grazia del popolo e del Governo, come coll'aiuto divino mi fu dato di riuscirvi, ora dev'essere cura di tutti, per quanto è possibile, almeno di non renderseli nemici; ed oggidì, grazie al Signore, né da parte del Governo, né da parte dei sudditi; né da parte delle tribù libere corre pericolo alcuno l'esistenza della Missione nell'Africa centrale.
[4126]
Sa l'Em.za V. R.ma come, favoriti dalla legge della libertà dei culti, tranquillamente i RR. PP. Francescani tengono Chiese nell'Egitto aperte al pubblico, e una nella capitale medesima, nel Gran Cairo. Ora il Governo medesimo essendo penetrato da trent'anni nel Regno del Cordofan fino agli ultimi confini di questo si riconosce la legge suddetta; e i Governatori di quei amministratori fanatici del Vicerè e delle opere sue, non osarono ancora di molestare seriamente i Missionari cattolici; e fanatici adoratori del Gran sultano, lor sovrano anche religioso, baciano rispettosi il grande Firmano che dallo stesso la Missione ricevette per mediazione dell'Imperatore d'Austria Francesco Giuseppe I; e poi timidi e rispettosi alquanto di ogni potenza europea, temono e rispettano i Missionari cattolici come protetti dall'Austria, la quale trovasi rappresentata in Africa da due Consoli risiedenti l'uno in Cairo, e l'altro in Khartum, dai quali pure oggidì la Missione è non inefficacemente favorita.
[4127]
Vero è ben che qualche Governatore nei primi tempi mosse qualche querela; ma subito cessò: la legge che impedisce l'offesa alla Missione, la grazia che mi accorda il Kedive, il Firmano del Gran Sultano, la protezione dell'Austria rappresentata anche da Consoli amici alla Missione, tutto concorre a veder più tranquilla la religione Cattolica nell'Africa, che in qualche altra regione pur civile. Colà se il Vicerè accordò alla Missione il gratis delle Poste per tutto il suo tenere, e donò alla medesima pei miei Istituti in Cairo un terreno del valore di L. 43,000, il Governatore principale del Sudan, risedente in Khartum si reputa a onore il tener meco amichevole corrispondenza, il visitarmi di spesso, il concedermi nei viaggi il vapore governativo, o il suo piroscafo proprio. Varii favori ottenni da lui, e per la Missione, e per altri, talvolta anche con detrimento dell'interesse suo.
[4128]
Il Governo p.e. benché tragga profitto dalla schiavitù, come da una merce, pure riconosce liberi, e non più soggetti ad esser fatti schiavi quanti, istruiti dalla Missione, ricevono da questa la carta di libertà; e proibisce al padrone di commetter violenze nelle case della Missione, affine di riavere quello schiavo che, fuggito da lui, si fosse in queste rifugiato. Egli è ben vero che talvolta sotto un mentito titolo di giustizia, per favorire il padrone, si chiama il fuggito schiavo al Divano governativo, e nascostamente viene ridato al padrone; ma quest'arte né si usa sempre, né universalmente. Ed è questo uno di quei casi, nei quali talvolta la Missione addolorata si tace, per conservare al miglior bene della Nigrizia l'accordo e l'amicizia del Governo. Ed è appunto per questa che di notabilissimo vantaggio fu per la Missione la conquista del regno di Darfur; giacché se nel tempo di sua libertà nessun europeo poteva accostarsi ad esso senza venirne ucciso, ora che cadde in possesso del Governo egiziano, nessuna ostilità potrebbe temervi la Missione, benché più sicuramente esista e lavori negli altri paesi già da tempo al medesimo Governo soggetti.
[4129]
Qui la popolazione, anche fanatica musulmana, non corre mai innanzi al Governo, di cui è suddita cieca e tremante; quindi non osa offendere i Missionari cattolici, nei quali riconosce persone non solo munite della protezione di una potenza europea e del suo Sultano, ma amiche eziandio al suo Governo, e dal suo Governo medesimo a se stessa preferite. Con ciò non vo' già dire che in quei paesi il Missionario sia sicuro assolutamente, e assolutamente libero di agire in modo, che non siavi bisogno di usare prudenza ed arte, e non occorra mai di esercitare la pazienza; ma intendo dir solamente che, mediante certo esteriore contegno e l'uso di certe cautele, i Missionari vi possono essere, come vi sono, temuti e rispettati in guisa, da farvi tollerare, e anche rispettare la Religione Cattolica, più che non è in qualche paese anche cristiano di Europa.
[4130]
Come nessun pericolo corre l'esistenza della Missione in mezzo ai paesi soggetti al Governo egiziano e quindi all'Islamismo, così nessun pericolo corre in mezzo alle tribù libere e pagane, le quali occupano il centro dell'Africa; perché se alcune sono inaccessibili, altre nessuna ostilità presentano, e quindi a queste può intanto rivolgersi il Missionario; e poi se alcune tribù sono all'europeo inaccessibili assolutamente, altre sono tali solamente, perché di esperienza propria o di altre seppero che l'europeo apportò in mezzo a loro dei danni, uccidendo persone, e traendone schiavi; quindi se per esperienza si persuadessero queste che il Missionario si accosterebbe loro con intenzioni amiche, darebbero a lui ricetto, come lo diede la tribù di Gebel Nuba. Confinando questa col regno di Cordofan, ebbe agio di persuadersi che lo scopo del Missionario è quello solamente di occuparsi a vantaggio di quei popoli, in mezzo ai quali si trova: quindi se non permise che le si accostasse il suddito bianco in generale, invitò me, e pregò ripetutamente i Missionari, perché volessero trapiantarsi in mezzo alle sue montagne, ove sarebbero festosamente accolti e rispettati: e così avvenne.
[4131]
Or come accadde della tribù di Gebel Nuba, può accadere anche delle altre; e la prudenza e l'arte del Missionario anche a tale scopo si adoprerà prima di tentarne l'ingresso, procurando intanto d'imparare la lingua di quella tribù, in mezzo alla quale divisa di penetrare, e di rendersi amica qualche persona nella medesima, specialmente il capo, da cui tutti gli altri ciecamente dipendono. Penetrato poi, non uscirà subito il Missionario a discorrere di Religione; ma si occuperà a costruirsi l'abitazione, e in pari tempo si adoprerà a vantaggio della tribù, curando ammalati, e insegnando qualche arte ecc. E intanto che col suo contegno si guadagna il rispetto, colle sue maniere, colla conversazione, colle guarigioni, e con altre arti si guadagna l'affetto, e apprende contemporaneamente della tribù l'indole e gli usi; dopo di che può cominciare, nella maniera più adatta e suggerita dalla prudenza, l'esercizio dell'azione apostolica.
[4132]
Del resto dal fin qui detto apparisce, che se per la indipendenza delle tribù pagane fra di loro e del Governo, la Religione Cattolica in ogni caso non universalmente correrebbe pericolo; non manca tuttavia maniera di renderla ovunque e conservarla sicura, com'è presentemente in tutti i luoghi del Vicariato Apostolico dell'Africa Centrale, nei quali si trova, benché qualche tribù assolutamente inaccessibile non vi manchi, come le tribù nomade dei Bagàra, le quali potrebbero recare qualche passeggero disturbo.
[4133]
Terminando la II. Parte del presente Rapporto, dai diversi capi della medesima (nella speranza che il Signore mi continuerà i suoi aiuti per ben governare e condurre sempre a miglior prosperità l'opera sua), parmi di poter fondatamente conchiudere che l'esistenza della Missione nell'Africa Centrale è stabile insieme e sicura, come dalla Parte seguente apparirà sufficientemente libero ed efficace in essa l'esercizio della apostolica azione.
III.
Azione Apostolica
[4134]
Il Missionario, che sperimentato negl'Istituti di Verona e completamente abilitato e acclimatizzato in quelli di Cairo, muove alla volta dell'interno per adoperarsi a vantaggio della Nigrizia nelle Stazioni e negli uffizi, che gli verranno assegnati dal Superiore, troverà certo, come ovunque, ostacoli e difficoltà all'esercizio dell'apostolico ministero. E qui dovendo accennare le diverse Religioni, contro le quali deve combattere il Missionario, dovrei descrivere gli orrori dello scisma cofto, il quale nel mio Vicariato giunge sino agli ultimi confini del Cordofan, del dominante islamismo, che è professato nella Nubia, Cordofan, Darfur, Waday, Baghermi, Bornù, e dalle tribù arabe nomadi, e le superstizioni del paganesimo, che regna in mezzo alle tribù centrali.
[4135]
Dovrei ripetere le scene lagrimevoli della schiavitù, che accadono ogni giorno; e il trattamento degli schiavi barbaro in mezzo all'islamismo, più mite nel paganesimo. Ma per non riuscire noioso in ridire ciò che tante volte si lesse in relazioni, benché sempre insufficienti a rappresentare in tutta la loro orribile verità quelle misere condizioni, mi contenterò di averle con ciò all'Em.za V. R.ma solamente accennate.
[4136]
Ostacolo universale, ostacolo, cioè, cui la Religione Cattolica incontra in ogni parte dell'Africa Centrale, oltre la pratica antica di certi usi immorali, è la naturale infingardaggine e indolenza, nella quale nascono e crescono gl'indigeni dell'Africa. Tale indolenza è prodotta forse dal clima caldo, ma certo dalla inesperienza di comodi e di bisogni. Avvezzi al pochissimo, cui piccolo tratto di terreno rotto e seminato pochi dì prima delle piogge, senza ulteriore governo, loro arreca dopo tre mesi; e che aggiunto al provento dei greggi alimentati ai pascoli spontanei e verdi nella stagione piovosa, e poi ai cespugli e al seccume del deserto, fornisce tutto il necessario per un anno; nulla più desiderano, e quindi non si curano di perfezionare, o meglio di apprendere l'arte dell'agricoltura. Avvezzi in certi luoghi a vivere mezzo-vestiti; in altri affatto ignudi, non sentono il bisogno dell'arte del sarto, e non si curano d'impararla.
[4137]
Abituati a vivere all'aperto, oppure in capanne di terra o di paglia, non provano la necessità d'imparare l'arte del muratore, e si contentano quindi di solo ammirare le opere del Missionario. Soliti a non vedere nelle loro capanne, oltre al vaso ove cuociono il grano intero o triturato su di una pietra, altri mobili o arnesi che un grande vaso di terra ove serbare il grano, e un altro ove conservar l'acqua, non sentono il bisogno del fabbro-ferraio, né del falegname; quindi non si studiano d'apprendere l'arte. Altre industrie non conoscono quest'infelici che quella di temprare il ferro, che in quantità trovasi nelle sabbie cordofanesi e formarne coltelli, lance, e frecce. Questi popoli nella totale ed estrema miseria sono i più ricchi del mondo, perché nulla possedendo, di nulla pure abbisognano; quindi sotto questo riguardo sono naturalmente felici: ma non sentendo il bisogno delle arti, rendono inutile in parte la gratuita scuola nelle medesime, colla quale potrebbe il Missionario affezionarseli, ed esercitar quindi con maggior facilità ed efficacia in mezzo di loro l'azione apostolica.
[4138]
Sennonché ciò avviene in principio, e specialmente in mezzo alle tribù libere, ove la inesperienza dei vantaggi delle arti rende alle medesime indifferenti quegli abitanti; come la impossibilità di esercitarle in principio per altri a profitto proprio, li rende affatto inoperosi. Tuttavia nel Missionario l'esercizio e la scuola delle arti, se non a guadagnarsi l'amore della popolazione, giova almeno a guadagnarsene il rispetto; mentre per cattivarsene l'amore non mancano altri mezzi, l'esercizio zelante e gratuito della medicina, le conversazioni, i regali, le soavi maniere, e qualche parte d'istruzione. E intanto che lavora a questo scopo, va visibilmente praticando quelle massime religiose, che poi prudentemente procurerà di diffondere pur colla parola, e di erigerle sulla cessazione delle pratiche irreligiose e pagane.
[4139]
A tale scopo giova la dipendenza che tutti i membri della tribù professano al capo, in guisa che a lui si conformano tutti: per la qual cosa le difficoltà di tutti i particolari sono concentrate in uno, e la distruzione delle medesime in questo, se non dà tosto il medesimo effetto in tutti, lo facilita almeno. Egli è perciò che al capo sono specialmente rivolte le cure del Missionario. Ciò per quanto riguarda l'azione apostolica relativamente agli adulti della tribù: del resto alla gioventù, che senza difficoltà si può ottenere che frequenti la scuola del Missionario, s'impartisce gratuitamente coll'educazione morale la materiale ancora limitandola al leggere e allo scrivere e a qualche arte più opportuna al luogo, senza moltiplicare intanto in mezzo di loro i bisogni, ma lasciandoli invece, per quanto il comporta la virtù e la religione nei loro usi.
[4140]
Alla Religione Cattolica poi, alla sua fede e alla pratica de' suoi precetti si va gradatamente educando la mente giovinetta e il loro tenero cuore, finché battezzati e maturi pel matrimonio, si uniscono cattolicamente con qualche mora educata contemporaneamente dalle Suore. In tal modo speriamo che la Croce penetrerà e trionferà anche in mezzo alle tribù libere e pagane. Intanto a' suoi trionfi pure in mezzo a quelle si schiuse la via, essendo penetrata il p.p. anno 1875 nella tribù di Gebel Nuba, che dista da Obeid sei giorni di deserto. Alla pazienza del Missionario presenta quella tribù le più belle speranze, e perché trovandosi divisa in vari gruppi sufficientemente numerosi su pei venti monticelli, che chiudono una pianura lunga un giorno di cammino, offre maggior facilità di azione potendovisi fondare frequenti stazioncelle, e perché nessun materiale interesse lega al paganesimo la popolazione, né il sommo sacerdote medesimo, che è lo stesso capo politico, e perché minor guasto morale che in mezzo ai musulmani, s'incontra in quella tribù, i figli della quale col buon carattere presentano altresì un buon criterio, e perché, quantunque pagani di credenze e di costumi, pur si vantano cristiani, e sono almeno avversi generalmente all'islamismo.
[4141]
Per tutto ciò, e per le preghiere dei morti bambini, che trovati dai Missionari in pericolo estremo di vita, furono battezzati; per le preghiere di questi, che, primaticci fiori dell'apostolato brillano in Paradiso, speriamo che la propagazione della Fede, in mezzo alla tribù dei Nuba abbia felici successi.
[4142]
Con difficoltà maggiore, e quindi più lentamente trionferà la Cattolica Religione in mezzo all'Islamismo, ove sono piantate le altre Stazioni, e perché queste si dovettero piantare alquanto lontane l'una dall'altra di dodici a quindici giorni di cammino, perché di tanto distanti l'una dall'altra si trovano riunite in numerose moltitudini o città le popolazioni: quantunque di soli alcuni giorni distante dalla città si trova qua e là paesi e villaggi, delle famiglie solitarie pure sulle ignude montagne dei deserti, e perché, quantunque vi manchino missioni cattoliche, oltre la indolenza naturale incontrasi qui, colla ignoranza prescritta e colla incoraggiata corruzione, osservato l'islamismo, ad abbattere il quale non vi ha potere che basti.
[4143]
Tuttavia aiutato dalla pratica dei mezzi per poter penetrare nelle famiglie e cattivarsene l'amore e il rispetto, neppur qui vede il Missionario sterile affatto l'esercizio dell'azione apostolica. Che se coi musulmani, la cui religione è la predominante, torna affatto infruttuosa l'opera del Missionario, il quale per ciò si occupa solo a non renderseli nemici, non così inefficace riesce l'azione sua riguardo agli europei e a cattolici orientali di Aleppo, della Siria, dell'Egitto, che nella sola Khartum oltrepassano il numero di 200 costituiti in famiglie, e stanziatisi là per negoziare.
[4144]
Ve ne sono, benché in minore quantità, in Obeid, in Berber, e nelle Province alla giurisdizione di questa soggette, e probabilmente si aumenteranno sempre più, perché sempre più vanno crescendo i lavori, e ravvivandosi il commercio. Egli è anche in mezzo di questi che si aggira il Missionario, e per promuovervi tutto il bene possibile, l'osservanza dei precetti ecclesiastici e divini, la frequenza alla Chiesa e ai Sacramenti, l'educazione cattolica dei figli, e per togliervi e impedirvi tutto il possibile male; al quale scopo nulla risparmia il Missionario di quanto gli suggerisce la carità, visite, esortazioni, minacce e, cura gratuita e gratuito alloggio nell'apposita sala della missione, se qualche bisognoso cade ammalato ecc.
[4145]
In tal maniera colla grazia del Signore si riuscì a distruggere certe male pratiche in alcune famiglie; in altre togliervi il concubinato e comporvi un matrimonio legittimo, dando col mezzo delle Suore istituzione cattolica alla concubina nera o abissinese; quasi tutti s'indussero alla Messa festiva, e molti ancora si persuasero di accostarsi, come si accostano alla Confessione almeno annuale.
[4146]
Costì gli eretici non vi mancano, e fra questi, massime in quei paesi ove si trovano i Sacerdoti copti, i quali minacciano di scomunica quanti scismatici costì frequentassero la Missione Cattolica, inutilmente si affatica il Missionario. Tuttavia a qualche cosa si riuscirà in quei paesi dove i copti non sono governati da' Sacerdoti, perché, fatta qualche eccezione, nella generalità i copti scismatici vivono in buona fede; e perciò amano e rispettano il Missionario Cattolico. Ma se nessun frutto si colse tra i copti, tre conversioni alla Religione Cattolica si operarono in questi ultimi giorni in mezzo agli scismatici greci, e queste unite a tre intere altre famiglie costituiscono tutti gli acquisti della Croce tra lo scisma greco.
[4147]
Il campo, cui trova il Missionario di più belle speranze seminato, egli è in mezzo agli schiavi. Questi infelici, addetti al servizio specialmente di famiglie musulmane, superano in numero di gran lunga tutto il restante della popolazione; e provenienti dalle tribù centrali, dal paganesimo, più facilmente che i musulmani s'inducono ad abbandonare l'islamismo, ad abbracciare il quale sono costretti dalla loro condizione.
[4148]
Vero è ben che adulti sono alquanto instabili, e che trovandosi poi al contatto di padroni musulmani, abbandonerebbero la Religione Cattolica; vero è ben quindi che il Missionario dovendosi guardare dal battezzarli se non a condizione che o permangano poi in missione, o servano una famiglia cattolica, o piuttosto si uniscano in matrimonio con una delle more già cattoliche, mantenendosi coll'esercizio di quell'arte, cui deve apprendere per non esporsi al pericolo di apostatare servendo a padroni musulmani; vero è ben insomma che per tutto questo nove soli matrimoni di mori potè fino ad oggi benedire il Missionario in Khartum, e cinque in El-Obeid; ma vi sono alquanti giovinetti e giovinette che avuti, altri per dono altrui, altri per compera della Missione, altri perché fuggiti dai loro padroni, crescono accolti nelle case della Missione, da cui, come figli adottivi, vengono mantenuti.
[4149]
Circa settanta nel p.p. anno ne battezzai: e son questi giovani specialmente, che, uniti a quelli i quali li precedettero, tra cui dodici furonmi da morte immatura rapiti, e ai futuri moltiplicheranno il gregge cattolico intorno alle case della Missione. A questi intanto dà il Missionario una sufficiente educazione materiale nel leggere, scrivere, conteggio e ad esercitare qualche arte, impartendo loro contemporaneamente una completa educazione alla Religione Cattolica e alla virtù; finché giunto a maturazione si uniscano in matrimonio colle giovani more educate nella Cattolica Religione, e nelle arti femminili dalle Suore.
[4150]
Orbene, se oltre alla cura, cui devono usare i Missionari e le Suore per mantenersi nel rispetto e nella influenza presso le popolazioni, e per rintracciare e battezzare i bambini moribondi dei musulmani, e per promuovere il bene e qualche conversione e impedire il male in mezzo agli europei cattolici e in mezzo agli scismatici, pur a questi schiavi possono rivolgere, come specialmente rivolgono, la loro operosa carità, anche in mezzo alle terre musulmane trova campi la Croce, sui quali, benché lentamente, trionfare.
[4151]
Universalmente trionferà: né vi ha ragione di dubitare; imperocché se di sufficienti frutti consolata fu l'azione apostolica del Missionario nei quattro soli scorsi anni, come rilevasi da questa Terza Parte del presente Rapporto, di frutti maggiori tornerà feconda negli anni venienti, perché nelle Stazioni presenti a tale scopo unicamente sarà ora impegnata l'azione del Missionario resa ormai sufficientemente libera, sicura e franca. Libera, perché non solo è già munita di protezioni, ma si ha colla sufficiente amicizia il rispetto eziandio e del Governo e delle popolazioni.
[4152]
Sicura, perché clima che propizio lungo la linea nuovamente presa s'incontra, pei mezzi di salute che si provvidero, e si praticano consistenti nell'acclimatizzazione in Cairo, e in certe cautele suggerite dall'esperienza. Franca, perché se fino al 1867 non possedeva, ove esercitarsi, che il morente stabilimento maschile Khartum sussidiato di tre a quattro mila franchi annui dalla languente Società di Maria di Vienna, ora muniti non solo di sufficienti private beneficenze, ma positive risorse eziandio, come l'Eminenza Vostra R.ma può rilevare dalla Seconda Parte del presente Rapporto, possiede due stabilimenti in Verona, due in Cairo, uno a Berber, due in Khartum, due in Obeid, e due in Gebel Nuba, all'erezione e sistemazione dei quali mi occupai specialmente nei due scorsi anni, come apparisce dalla Prima Parte del Rapporto presente.
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La Divina Misericordia adunque, la quale nel tempo che mi aiutava a rendere l'azione apostolica del Missionario libera, sicura e franca, la rese pure sufficientemente efficace per l'eterna salvezza delle anime in quei paesi abbandonati, vorrà di sempre più copiosi frutti consolare il Missionario, che ora al santo fine unicamente impegnerà l'operosa carità sua. Vuole Iddio la redenzione della infelice Nigrizia, la vuole: e sulle labbra del Missionario, sincera espressione del sentimento, risuoneranno costantemente le parole: O Nigrizia, o Morte!
Prostrato a' suoi piedi, le bacio la sacra Porpora, e mi dichiaro con tutto l'ossequio e venerazione,
Di V. E. R.ma u.mo, d.mo, figlio
D. DANIELE COMBONI
Pro-Vicario Apostolico dell'Africa Centrale
(1) La società di Colonia si obbligò, in una lettera al S. Padre e alla Propaganda, di dare a me tutte le sue risorse ad sexennium, come consta dalla Ponenza del maggio 1872.