“Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a predicare l’anno di grazia del Signore” (Lc 4,18-19).

A. Introduzione

1.  Il nostro Fondatore mise in pratica, nella sua vita, queste parole di Gesù che divennero il denominatore comune di tutto il suo essere e il suo agire. Noi Comboniani, seguendo le orme di S. Daniele Comboni, ci riconosciamo mandati a proclamare il Vangelo a tutti i popoli, ponendo al centro della nostra attenzione i più poveri e abbandonati, “specialmente riguardo alla fede” (cfr. RV 5) e guardando con speranza e coraggio alle nuove sfide che oggi la missione ci pone. La comprensione e l’accoglienza della missione nel suo nuovo volto richiede la conversione del cuore e delle mente.

B. Analisi della situazione

Globalizzazione

2.  La globalizzazione è una realtà complessa in cui si intrecciano sfide, provocazioni e speranze. Le tecnologie avanzate fa­voriscono l’interculturalità e facilitano una comunicazione efficiente che accre­sce la solidarietà universale e altri valori importanti del Regno. Questi rapidi cambiamenti stanno portando be­nefici anche nei luoghi più remoti in cui lavoriamo. Nondimeno, essa porta con sé alcuni aspetti negativi che si ripercuotono sulle nostre attività e nei luoghi di missione dove operiamo.

3.  La globalizzazione è concausa della rottura di valori tradizionali e culturali, dell’esodo verso la città, delle migrazioni dal Sud al Nord, provocando talora insicurezza e reazioni razziste nei Paesi di approdo. Ha creato inoltre una spaccatura sempre più ampia tra il Nord e il Sud del mondo per quanto riguarda le condizioni di vita, l’accesso alla giustizia e il rispetto dei diritti umani. I giovani sono attratti da identità culturali molteplici, mentre i modelli tradizionali scompaiono, lasciandoli sen­za punti di riferimento.

4.  Un altro fenomeno che non possiamo ignorare è l’ideologia neo-liberista che permette alle multinazionali, in complicità con i lea­der locali, non solo di sfruttare le risorse naturali dei Paesi meno avanza­ti, ma di creare anche instabilità politiche che sfociano spesso in conflitti armati, movimenti migratori, urbanizzazione incontrollata e im­poverimento della gente e della nazione.

Contesto socio-politico

5.  Nel contesto socio-politico notiamo alcuni segni incoraggianti nei processi di democratizzazione, in virtù dei quali la società civile diventa sempre più interlocutrice e protagonista delle politiche quotidiane; anche le donne sono maggiormente presenti ad alto livello nel­la leadership politica e nei processi decisionali. Tuttavia, dobbiamo anche notare il peggioramento degl’in­dici di sviluppo umano e l’accresciuta povertà, la carenza di una leadership carismatica, l’esclusio­ne e la marginalizzazione delle minoranze.

6.  Alcuni regimi politici, vere e proprie dittature che violano i più basilari diritti umani, opprimono gli aderenti a Chiese, a movimenti d’ispirazione cristiana e a gruppi attivi nella difesa dei diritti fino a far loro pa­gare con la vita il coraggio di denunciare abusi e ingiustizie del sistema.

7.  A livello internazionale, la presenza dell’Islam è spesso percepi­ta soltanto come aggressiva e proselitista. Nel Nord glo­balizzato essa è diventata una questione cruciale che dà vita a diverse rea­zioni: ri­scontriamo accettazioni ingenue, paure, reazioni xenofo­be, ma anche riflessioni costruttive. In alcune regioni del mon­do l’I­slam sta guada­gnando rapidamente terreno e questo ci invita a una sua cono­scenza più approfondita e obiettiva, che porti a risposte ispirate a saggezza.

Contesto ecclesiale

8.  La Chiesa per sua natura è aperta alla missione ad gentes. Siamo testimoni del fatto che molte Chie­se loca­li, sempre più fiduciose nei propri mezzi, si sono coinvol­te nell’evan­gelizzazione, nel dialogo in­terreligioso e nella de­nuncia coraggiosa contro la violenza, anche in condizioni di per­secuzione. Notiamo, tuttavia, un crescente atteggia­mento di chiusura, cle­ricalismo, relativismo e fondamentalismo. La secolarizzazione, d’altro lato, è sempre più evidente su scala mondiale.

9.  La Chiesa ha difficoltà a rispondere ai bisogni dei giovani, alle aspirazioni profonde delle donne e a trovare metodi pastora­li adegua­ti nei riguardi degli immigrati.

10.  Anche nel campo della GPIC - nonostante ci sia una certa consa­pevolezza a livello di azione locale - incontriamo difficoltà nell’assu­mere una visione globale e nell’operare scelte profetiche. La bramo­sia per le risorse e per l’energia conduce alla di­struzione della natura e mette in pericolo la vita futura del piane­ta, provocando morte e mi­seria, specialmente per i poveri.

11.  Le grandi religioni esprimono ricche spiritualità che ci sfi­dano in molti modi. L’invito ad un incontro e ad un dialogo interreli­gioso co­struttivo, tuttavia, non è ancora stato pienamente as­sunto.

Missionari Comboniani

12.  L’Istituto, che sta crescendo rapidamente nella sua internazio­nalità e interculturalità, sperimenta cambiamenti radicali generazionali, sociali e culturali. Questo fenomeno provoca inevitab­ilmente ten­sioni e senso di disagio, che chiedono conversione del cuore da parte di tutti.

13.  L’Istituto è arricchito dalla presenza di molti confratelli an­ziani che rappresentano un legame vivo con il passato e conti­nuano ad of­frire una forte testimonianza di vita con il loro esem­pio e la vita di preghiera. Gli stessi valori culturali dei popoli tra cui lavoriamo ci sfidano ad onorare gli anziani come figure di unità, continuità e saggezza.

14.  Nel contesto di una società pluralistica, è necessario che, come Comboniani, promuoviamo uno spirito di collaborazio­ne, lavoro in rete e partnership con la gente con cui viviamo e operiamo, supe­rando atteggiamenti di superiorità, pregiudizio ed esclusività.

C. Elementi ispiratori

Elementi ispiratori della missione comboniana

15.  Il nostro Istituto è nato dalla e per la missione e il comboniano “fa dell’evangelizzazione la ragione della propria vita” (RV 56).

15.1  Quando guardiamo alla nostra storia apprezziamo la va­rietà di espressioni e realizzazioni assunte dall’attività di missione in risposta ai nuovi segni dei tempi e alle sfide ed esigenze sempre nuove del mondo (cfr. RV 16).

15.2  La Redemptoris Missio nel n. 33 descrive in modo ben defini­to una triplice divisione dell’attività missionaria: missione ad gen­tes, nuova evangelizzazione, cura pastorale. Nonostante questo pa­radigma abbia finora accompagnato la nostra vi­sione di missione e la conseguente scelta dei campi di impegno, deve ora misurarsi con il più complesso scenario della realtà odierna.

15.3  Gli ultimi Capitoli Generali hanno ampliato il significa­to che la missione ha assunto per noi e il nostro coinvolgi­mento in essa. La missione è raccontata e vissuta innanzitutto come compassione di Dio verso un mondo diviso, e in termi­ni concreti come prima evangelizzazione, AM, formazione di nuovi missionari e di leader, promozione umana, dialogo e in­contro interreligioso, impegno per la riconciliazione e la GPIC, inculturazione, presenza e solidarietà in difficili situa­zioni umane...

15.4  Siamo coscienti che la nostra visione di missione si è ulteriormente arricchita e viene sfidata dalle più recenti rifless­ioni. In vari documenti ecclesiali come in studi missiolo­gici si parla di mis­sione in termini di globalità (worldwide mission): una missione che tocca tutti i continenti e tutte le Chiese. Il nostro servizio missionario vuole rispondere alle aspettative e alle speranze del nostro tempo.

15.5  La nostra presenza nei quattro continenti ci mostra come il Vangelo, nei diversi contesti, faccia emergere una va­rietà di rispo­ste quali: l’opzione per i poveri, il dialogo, l’in­culturazione, le rela­zioni interpersonali. La missione di­venta così un dare e un ricevere che arricchisce, approfondi­sce e provoca la comprensione e la pra­tica della fede.

15.6  Per poter rimanere fedele allo spirito profetico della sua chia­mata, il nostro Istituto deve rinnovare e attualizzare il suo carisma. È necessario operare scelte radicali per raggiun­gere popoli margi­nalizzati e non ancora evangelizzati, aven­do come priorità l’annun­cio della Parola di Dio, che implica l’impegno per la GPIC. Sarà nostro compito anche ricordare alle Chiese locali di guardare agli orizzonti più vasti della missione.

15.7  Gesù Cristo, missionario del Padre. La missione scatu­risce dal Dio trinitario che condivide la sua vita con l’umani­tà. Essa è at­tuata da Gesù Cristo, fonte e ispirazione della no­stra azione missio­naria, pietra angolare del nostro essere e del nostro agire. L’Istituto con tutta la Chiesa, guidata dal­lo Spirito, partecipa a questa missione universale.

15.8  San Daniele Comboni. Il Fondatore, con la sua opera, continua ad ispirare la nostra attività di missione, in particolare con la sua passione, la donazione della propria vita ai più poveri, la fiducia in Dio, la lealtà alla Chiesa, la capacità di sopporta­zione nella prova e il senso di speran­za che pervade il suo essere e il suo agire.

15.9  I poveri e i non-evangelizzati. La compassione di Gesù nei ri­guardi delle pecore senza pastore e la sua preoccupazio­ne per gli ultimi sono paradigmi della missione comboniana. I segni dei tem­pi che “parlano” al comboniano e sfidano la sua azione spesso pro­vengono dal grido dei poveri, dalla loro condizione di vita e dalle situazioni di frontiera dei non-cri­stiani, spesso oltre i confini visibili della Chie­sa.

15.10  L’eredità dell’Istituto. La storia dell’Istituto con­tinua ad es­sere punto di riferimento e di ispirazione per­ché mantiene viva la memoria della vita e delle esperienze mis­sionarie di coloro che ci hanno preceduto e che hanno avuto un profondo impatto su di noi. Al contempo, ci sostiene l’e­sempio di confratelli che vivono oggi in pienezza la pro­pria missione.

15.11  Testimonianze. La storia recente della missione ci pre­senta un grande numero di persone la cui testimonianza arricchisce e sti­mola la nostra vocazione missionaria. L’impe­gno manifestato nei riguardi dei valori del Regno da molte perso­ne di buona volontà, provenienti da popoli, stati di vita e reli­gioni diverse, ci incoraggia e ci sfida a vivere con genero­sità e dedizione il nostro servizio alla missione.

Dimensioni della nostra missione

16.  Missione, per noi, significa una vita consacrata che testimo­nia e manifesta Gesù Cristo e il suo messaggio.

16.1  Testimonianza di vita. Nel mondo di oggi le persone attribui­scono più credibilità ai testimoni che non ai maestri, all’amore concreto che non alle teorie. La testimonianza coin­volge ogni sin­golo missionario e la comunità che, a sua vol­ta, diventa segno vivo dei valori del Regno. “La solidarie­tà con i poveri divie­ne più credi­bile se gli stessi cristiani vi­vono con semplicità, se­guendo l’esem­pio di Gesù” (Ecclesia in Asia, 34).

16.2  La comunità missionaria. La comunione, nella tolleran­za e apertura all’altro, di persone, popoli e religioni è una del­le aspira­zioni del nostro tempo. Le nostre comunità internaz­ionali e inter­culturali, che cercano di vivere sinceramente in fraternità, sono se­gni visibili della presenza del Regno, di­ventando promotrici di co­munione e partecipazione. La fra­ternità si esprime al meglio attra­verso una condivisione di vita, di spiritualità, di programmazione e di risorse.

16.3  Proclamazione della Buona Novella. È l’annuncio del Regno di Dio manifestato in Gesù Cristo. Richiede un pro­cesso di incul­turazione, intesa come riconoscimento dei valo­ri culturali non in contraddizione con il Vangelo, l’impiego di un linguaggio appro­priato e uno stile di vita coerente e solidal­e con la gente.

16.4  Impegno sociale e promozione umana. La promozione uma­na, dimensione costitutiva dell’evangelizzazione, si traduce in una prassi che rigenera la società e ci porta ad un impegno oltre i confini ecclesiali.

16.5  AM e Chiesa locale. L’AM, aspetto integrante del carisma com­boniano, mira a risvegliare la vocazione e la responsabilit­à per la missione delle Chiese locali e pro­muove la comunio­ne tra loro e la cooperazione a livello spiri­tuale e materiale. L’AM si rivolge an­che alla pastorale giova­nile e presenta con chiarezza la proposta vocazionale missio­naria.

Verso una rinnovata metodologia missionaria

17.  La nostra metodologia si ispira all’esperienza carismatica del Fondatore e a quella di molti confratelli. Nonostante siano vissuti e abbiano lavorato in contesti molto diversi dai nostri, i principi che ci hanno lasciato in eredità rimangono di attualità e rilevanza anche oggi e sono in grado di influenzare positivamen­te la nostra missione.

17.1  La missione insegna. È la missione che ci mostra il modo e i mezzi necessari di un rinnovamento reale. Essa stes­sa ci dice come essere missionari e ci invita ad un atteggiam­ento umile e costante di ascolto dei bisogni dei popoli. Allo stesso tempo, attraverso un appropriato discernimento, ci fa scoprire la presenza di Dio tra la gente, presenza che sem­pre precede l’azione missionaria.

17.2  Continuità e provvisorietà. È necessario che operiamo in modo da permettere alla Chiesa locale di continuare la sua missio­ne anche dopo il nostro ritiro. Questo ci impone di col­laborare alla costruzione di una Chiesa capace di autosuffi­cienza e autonomia ministeriale e materiale (self-ministering, self-supporting and self-propagating), investendo in strutture e progetti pastorali che possa­no sostenersi anche dopo la no­stra partenza (cfr. RV 71).

17.3  “Fare causa comune con la gente”. La missione impli­ca l’essere vicino alla gente, facendoci coinvolgere affettiva­mente ed effettivamente nella loro vita. La metodologia com­boniana ci im­pone un’attenzione nei riguardi della lin­gua locale, cultura, tradi­zioni, spiritualità ed espressioni di fede.

17.4  Una comunità evangelizzatrice. Il processo del discernim­ento comunitario è assunto come metodo di lavoro e stile di vita, e ci spinge ad evangelizzare come “cenacolo di apo­stoli”.

17.5  Collaborazione. La missione è un servizio al Vangelo da at­tuare in comunione e in collaborazione e non in modo individuali­stico. Come Comboniani cooperiamo con la Famiglia Combonian­a, la Chiesa locale, i suoi agenti pasto­rali e la società civile: è questa la strada per costruire un vera Chiesa apostolica.

17.6  “Salvare l’Africa con l’Africa”. Seguendo il Piano di Com­boni riconfermiamo il nostro impegno nella formazione dei leader, in modo tale che possano rendere i propri popoli artefici del loro avvenire a livello socio-politico e religioso.

17.7  Chiamati ad una rinnovata profezia. Pensiamo che in questo tempo, più che in ogni altro, i Missionari Comboniani siano chia­mati ad essere più coraggiosi, a osare, a oltrepassa­re ogni frontiera per creare nuovi spazi di missione. È tempo di mettere da parte progetti individualistici per assumere quelli contrassegnati dalla fe­deltà al Vangelo, alla Chiesa e all’Isti­tuto. È doveroso ripetere che questi progetti devono sempre essere frutto di un discernimento co­mune.

17.8  Dialogo interreligioso ed ecumenico. La capacità di dia­logo è una delle grandi urgenze nel nostro mondo sempre più complesso e pluralistico. È la strada per arrivare ad un au­tentico discernimento ed è una componente essenziale dell’evangel­izzazione. Essa com­porta la volontà di accogliere l’al­tro ed lo sforzo per giungere ad una co­noscenza e un incontro caratterizzati da un atteggiamento di reci­proco rispetto.

D. Orientamenti programmatici e scelte operative

Verso una missione vissuta come comunità

18.  Rafforzare le nostre comunità

18.1  I SP e loro Consigli assicurino che, en­tro i prossimi tre anni, tutte le comunità siano composte di al­meno tre membri.

18.2  Eventuali iniziative o progetti individuali già esistenti siano sottoposti alla verifica del discernimento della comuni­tà e della Circoscrizione per un periodo di tempo consistente (per esempio un anno) per poter valutare se sia conveniente, o meno, assumere tali iniziative come progetti comunitari o di Circoscrizione.

18.3  Nel contesto del programma di riqualificazione degli impe­gni, alle comunità venga richiesta, nella programmazione annuale delle loro carte, di determinare le priori­tà pastorali e di adeguare gli impegni al numero e alle forze effettive dei confratelli.

19.  FP e specializzazioni

19.1  Nei programmi di FP sia data particolare attenzione alle sfide poste dalla vita comune e dalle relazioni interculturali.

19.2  Ogni circoscrizione elabori un piano sessennale per la forma­zione di confratelli provenienti dal Sud del mondo in vista dell’as­sunzione di responsabilità nelle aree di forma­zione, economia e leadership.

20.  Costruire comunità più fraterne

20.1  Nello spirito di condivisione, incoraggiato dal FCT, si chieda alla comunità locale di dare resoconto, a li­vello di Circoscrizione, della propria amministrazione, dei piani pa­storali e dei progetti di promozione umana.

20.2  La comunità locale faciliti l’inserimento dei confratelli nella missione. Inoltre, ogni confratello si senta partecipe del cammino vocazionale e dell’attività degli altri membri della comunità.

20.3  Nell’assegnare personale, il CG tenga presente il princip­io di una progressiva internazionalizzazione di tutte le Circoscrizioni.

Riqualificazione e scelte profetiche

21.  Verifica e riqualificazione delle nostre presenze secondo le con­venzioni stipulate.

21.1  Africa: presenza tra i popoli non evangelizzati, nomadi, pig­mei, dialogo interreligioso, ecumenismo, GPIC, immigra­ti, agglo­merati urbani, formazione di leader, giovani marginal­izzati e AM.

21.2  America: afro-discendenti, indigeni, agglomerati urba­ni, GPIC e AM.

21.3  Asia: prima evangelizzazione, dialogo interreligioso e AM.

21.4  Europa: situazioni di frontiera nella Chiesa e nella so­cietà, AM, GPIC, immigrati, collaborazione con i LMC e re­visione delle strutture materiali.

22.  Comunità aperte ai cambiamenti della missione

22.1 Le Opere Comboniane di Promozione Umana (OCPU - AC ’03, 50) sono espressione dei diversi ministeri dei mem­bri dell’Isti­tuto. Esse, nel contesto ecclesiale e sociale in cui si trovano, svi­luppano una missione contraddistinta dalla pro­mozione umana, in ambienti non sempre raggiunti dalla Chie­sa. L’assegnazione e rota­zione dei fratelli tenga presente le esigenze di tali opere sia nuove che già esi­stenti.

22.2 Al fine di garantire gli impegni delle OCPU nel continente africano, si realizzi una rete di collaborazione tra le opere stesse, con gli obiettivi di condividerne le esperien­ze, migliorarne la quali­tà, facilitare la rotazione del personale e identificare le aree di spe­cializzazione. Per questo si crei almeno una comunità nell’Afri­ca francofona secondo lo stile delle OCPU.

22.3 La realtà odierna e le esigenze della missione fanno emergere sfide a cui l’attuale struttura della vita religiosa non sempre riesce a rispondere in modo adeguato. Si pro­muovano pertanto, dove pos­sibile o necessario, nuove forme di vita in comune che includano religiosi/e e agenti pastorali.

23.  Rafforzare la presenza in Asia

23.1 Si assegni personale sufficiente alla Delegazio­ne dell’Asia per mantenere gli impegni già presi e per la­vorare in particolare nel mondo cinese.

Dialogo interreligioso

24.  Promuovere la riflessione teologica e l’apertura alle altre reli­gioni

24.1 Il CG si assuma la responsabilità di identificare e prepar­are confratelli nei campi della missiologia e del dialogo interreligioso.

24.2  Confermiamo l’importanza di continuare ad assegnare perso­nale per lo studio dell’arabo e dell’islamologia. Allo stesso tempo è necessario anche studiare possibili vie per dare la possibilità ad alcuni scolastici di accostare il mondo arabo sin dal tempo della formazione.

24.3  Considerando il dialogo interreligioso, anche con le religioni tradizion­ali, un aspetto essenziale della nostra metodologia mis­sionaria, si incoraggino tutti i giovani in formazione a seguir­e corsi di teolo­gia su questa tematica.

24.4  Il SGEV, in collaborazione con il SP incaricato a livel­lo continentale e in dialo­go con Dar-Comboni e PISAI, prenda in considerazione altri or­ganismi acca­demici di Studi Islamici per or­ganizzare pro­grammi di FP sull’I­slam. Questo a beneficio dei vari gruppi continent­ali, in cooperazione partico­larmente con la Chiesa loca­le, chiamata ad essere la pri­ma attrice del dialogo con l’Islam.

24.5  Il gruppo di riflessione continentale sull’Islam continui ad aiutare le Circoscrizioni a meglio comprendere le loro situa­zioni e ad offrire orientamenti pastorali adatti al loro contesto. Per render più fruttuoso il lavoro del gruppo di riflessio­ne:

a. le Circoscrizioni organizzino meglio al proprio interno il coordinamento di queste attività;

b. si approfondisca l’Islam nell’Africa sub-sahariana;

c. si preparino sussidi per animatori di comunità cri­stiane in contesti islamici.

24.6  Si promuovano tra la gente iniziative che incoraggino una reci­proca conoscenza, il rispetto e la convivenza pacifica. In questo spirito, si aiuti la comunità cristiana ad affermare la propria identi­tà senza complessi e a promuovere assieme la giustizia, la pace e la riconciliazione.

Giustizia, Pace e Integrità del Creato (GPIC)

25.  Diventare più sensibili ai temi di GPIC

25.1  Siamo coscienti della necessità di stabilire chiare direttiv­e circa il trattamento dei nostri lavoratori, ottemperando alla legisla­zione civile ed ecclesiastica dei vari Paesi (cfr. Codi­ce Deontologi­co, 122.2.5).

25.2  Riconfermiamo la scelta fatta dal precedente Capitolo Gene­rale circa il nostro coinvolgimento nella direzione del Social Mini­stry Institute presso il Tangaza College di Nairo­bi, per il suo ruolo significativo nella forma­zione di leader nel conti­nente africano (AC ’03, 123).

25.3  Il CG, in consultazione con le Circoscrizioni a livello conti­nentale, organizzi specializzazioni per confratelli, in par­ticolare per fratelli, in aree rilevanti di GPIC.

26.  Lobbying e advocacy

26.1  Le Circoscrizioni promuovano a livello continentale, insie­me ad altri organismi, attività di lobbying e advo­cacy, con at­tenzione particolare verso gli immigrati e i rifu­giati.

Animazione missionaria

27.  Rinnovare la nostra AM

27.1  L’AM ponga tra i propri obiettivi la creazione di reti di soli­darietà tra le Chiese a favore degli ultimi, collaborando con le for­ze apostoliche esistenti e particolarmente con i lai­ci.

27.2  Attraverso l’uso dei moderni mezzi di comunicazione, l’AM continui le proprie iniziative già consolidate nella tradiz­ione com­boniana e cerchi vie nuove per comunicare il messaggio della mis­sione.

Inserzione come missione con e tra la gente

28.  Favorire una prima esperienza missionaria positiva

28.1  Il CG e le Circoscrizioni rispettino il principio che i nuovi confratelli assegnati possano fare una prima esperienza di missione della durata di almeno nove anni consecutivi, dando loro il tempo necessario per imparare le lingue e co­noscere la storia e le culture lo­cali.

29.  Consolidare l’inserzione in situazioni di frontiera

29.1  Entro il prossimo sessennio, le Circoscrizioni che ancora non hanno realizzato tale priorità, assicurino almeno una presenza in si­tuazioni di frontiera (slums, nomadi, immigrati…) tenendo presen­te i criteri del vivere vicino alla gente, nel loro ambiente, in struttu­re semplici.

Gli stessi criter­i vengano seguiti nelle aperture di nuove comunità.