N. 811; (772) – A MGR. STANISLAO LAVERRIERE
"Les Missions Catholiques", 508 (1879), pp. 97-98
Khartum, 2 gennaio 1879
Lettera sulla carestia.
N. 812; (773) – AL CARD. GIOVANNI SIMEONI
AP SC Afr. C., v. 8, ff. 841-84
N. 1
Khartum, 2 gennaio 1879
E.mo e R.mo Principe,
Le scrivo poche linee, perché affranto dalle febbri, dalle tribolazioni, dalle fatiche, e dallo strazio del cuore. Le Opere di Dio, per legge adorabile della Provvidenza, devono fondarsi e prosperare appiè del Calvario. La Croce ed il martirio sono la vita dell'apostolato delle nazioni infedeli; e l'Africa Centrale certo si convertirà alla vera fede pella Croce e pel martirio.
Benché affranto nel corpo, pella grazia del Cuor di Gesù, il mio spirito è saldo e vigoroso; e son risoluto, come lo fui da 30 anni in poi (dal 1849), di tutto soffrire e dar mille volte la vita pella Redenzione dell'Africa Centrale, e Nigrizia.
Come nell'ultima mia del passato ottobre Nº. 8 le ho in parte accennato, una tremenda epidemia micidialissima, conseguenza della spaventosa carestia e delle piogge copiosissime che successero alla gran siccità di pressoché 20 mesi, desolò l'Africa Centrale, e in un territorio del Vicariato (da Khartum all'est-ovest, e Sud) vasto come due o tre volte tutta la Francia morì più della metà della popolazione, nella città di Khartum ove son medici e medicine, morì più di un terzo di popolazione; ed in alcune località e paesi da me visitati, morì non solo tutta la popolazione, ma ancora tutti i bestiami, e perfino i cani, che sono l'unica provvidenziale difesa e sicurezza di questi paesi.
Da Berber a Khartum visitai colle Suore veronesi più villaggi colle città di Scendi, Mothamma etc. Vi trovai morta più della metà della popolazione, ed il restante come scheletri ambulanti, e donne nude come cadaveri, che si nutrivano di erba, e di semenza di fieno, e vi distribuii grano e denaro, non senza aver battezzato molti fanciulli e bambini d'ambo i sessi in articulo mortis. Fino dall'agosto, facendo enormi sacrifizi, avea comperato a Khartum ad un prezzo esorbitante 20 sacchi di farina di frumento per mandarli alle missioni di Cordofan e di Gebel Nuba, che da sei mesi e più non si alimentano che di dokhon (specie di miglio) e carne magrissima etc. quando ne possono avere. Ho messo in azione tutti i negozianti rimasti vivi in Khartum, molti Scheikh, e lo stesso Governo per avere 15 cammelli per Cordofan. Fu impossibile fino ad oggi, che siamo in gennaio del 1879, perché i cammelli sono in gran parte morti, e non si trovano cammellieri, perché o morti o ammalati dalla fame.
Che più? Essendo morta la Superiora del Cordofan, nell'agosto passato, e rimanendo colà solo tre Suore, due delle quali per salute ed invocata licenza dalla Madre G.le hanno l'obbedienza di tornare a Marsiglia, da oltre tre mesi, dietro il mio ordine di venire a Khartum, aspettano i cammelli per fare il viaggio; e per mancanza di cammelli e di cammellieri, ancora oggi si trovano in Cordofan. Colla partenza dall'Africa delle due predette Suore, ne rimango solo quattro di S. Giuseppe in Vicariato; per cui io per provvedere agli urgenti bisogni delle due importanti Missioni di Khartum e del Regno di Cordofan, dietro anche l'avviso della Superiora di Khartum, ho destinato qui a Khartum le quattro Suore di S. Giuseppe (invano supplicai sinora la Madre G.le a mandarmene dell'altre, specialmente arabe) che ancor vi sono; ed al Cordofan destinai le 5 Suore dell'Istituto delle Pie Madri della Nigrizia da me fondato in Verona, ch'erano a Berber, e che io trasportai da 20 giorni qui in Khartum col vapore largitomi da Gordon Pascià, e che spedirò in Cordofan appena potrò avere cammelli.
La tremenda epidemia suddetta desolò pure le nostre missioni in un modo spaventoso. Da sei anni dacché io fui incaricato del Vicariato, non era morto nessun Sacerdote missionario nell'Africa Centrale, grazie al sistema opportuno del mio Piano. In seguito alla tremenda siccità, piogge ed epidemia suddetta, mi morirono tre Sacerdoti, tra i quali il mio braccio destro dell'Opera santa dell'Africa Centrale, il pio e bravo D. Antonio Squaranti, già Superiore de' miei Istituti di Verona, che l'anno scorso condussi in Vicariato come Amministratore Generale dei beni del Vicariato, con animo poi di farlo mio Vicario Generale, ove la salute lo avesse permesso.
Lo avea mandato a Berber in visita, soprattutto per sottrarlo alla minacciante epidemia, appena m'accorsi che si appressava dopo le piogge, essendo il primo anno che si trovava in Africa Centrale; ma quando seppe, dopo 40 giorni dacché si trovava in Berber, che a Khartum tutti i sacerdoti erano ammalati di febbre, e che molti soggetti della missione erano morti, e che io di preti mi trovava solo in piedi, sicché mi convenne per oltre un mese, di fare da Vescovo, Parroco, Amministratore, Superiore, infermiere etc. etc., per venire in mio aiuto, partì da Berber sopra una barca, e dopo 15 giorni giunse in Khartum più morto che vivo, perché la febbre e l'epidemia l'avea colpito negli ultimi 4 giorni di viaggio. Furono vane le nostre cure di ben 12 giorni: tutto fuoco di carità, e pienamente rassegnato, volò agli eterni riposi, lasciandomi in una grande desolazione. Oltre ai tre Sacerdoti e due Suore, che morirono, ho perduto altresì più della metà dei fratelli laici, piissimi, e di eminente virtù, che pieni di meriti, colpiti dall'epidemia volarono in paradiso.
In seguito a queste morti un timor panico occupò alcuni fra sacerdoti e laici della missione delle province meridionali di Italia; ed oltre ad un sacerdote napoletano ed un laico di Roma, che lasciarono improvvisamente la missione, senza che né preghiere né comandi valessero a distornali (non furono questi educati nel mio Istituto di Verona: tutti quelli che uscirono da quell'Istituto mio si mantengono fedeli e costanti, e son disposti a morir tutti per Cristo sul campo), due altri sacerdoti napoletani, ed un laico napoletano mi chiesero di rimpatriare temporaneamente. Invece gli altri dell'Istituto di Verona, e specialmente i Superiori di Cordofan e di Gebel Nuba, i superstiti fratelli laici veronesi, e le cinque Suore Pie Madri della Nigrizia veronesi, lungi dallo sgomentarsi, danno coraggio a me stesso.
Le Suore poi di S. Giuseppe dell'Apparizione, e soprattutto la Suora araba Germana Assuad di Aleppo, fecero miracoli di carità nella fiera tempesta, non perdonando alla propria vita, e tutte sacrificandosi per Cristo.
Affranto da tante fatiche e tribulazioni, finalmente anch'io caddi ammalato, e da un mese e più son tribulato dalle febbri, ed a mala pena mi reggo in piedi.
Non si spaventi l'E. V. a queste sinistre notizie dell'Africa Centrale. L'apostolato cattolico non fu mai scompagnato dai sacrifizi e dal martirio. Alla passione e morte di G. C. successe la risurrezione. Lo stesso avverrà dell'Africa Centrale. Capita la febbre. Una benedizione del S. Padre e di V. Em.za
all'ubb.mo suo figlio
+ Daniele Comboni
Vescovo e Vic. Ap.lico
La carestia continua.
Pei mezzi temporali è l'ultimo pensier mio. Penserà a tutto, come vi pensa, S. Giuseppe, e basta.
N. 813; (774) – A JEAN FRANÇOIS DES GARETS
APFL (1879) Afrique Central
Khartum, 2 gennaio 1879
Lettera sulla carestia.
N. 814; (775) – AL CHIERICO LUIGI GRIGOLINI
APMR, VI/G/3/1879
Khartum, 3 gennaio 1879
Breve biglietto.
N. 815; (1221) – A MONS. GIUSEPPE MARINONI
"Le Missioni Cattoliche" VIII (1879), p. 124
Khartum, 3 gennaio 1879
Lettera sulla carestia.
N. 816; (777) – AL CARD. GIOVANNI SIMEONI
AP SC Afr. C., v. 8. ff. 860-863
Nº. 2.
Khartum, 16 gennaio 1879
E.mo e R.mo Principe,
Desiderando ardentemente una fervorosa Benedizione del Santo Padre conforto delle mie tribolazioni, mi sono permesso di profittare del primo Anniversario della sua Esaltazione alla Cattedra di S. Pietro, per presentargli i miei omaggi, accennargli le mie croci, ed implorare l'Ap.lica sua benedizione per me e pel Vicariato. Quindi supplico la bontà di V. Em.za R.ma a volersi degnare di umiliare l'inclusa lettera ai piedi di S. S. e ad ottenermi la desiderata Benedizione.
Ho ricevuto con vero piacere il venerato suo foglio 29 novembre p.p., come pure quelle inviatemi per mezzo dei due Sacerdoti del Collegio di S. Pietro e Paolo, in cui raccomanda a me, come a tutti i Vicari Apostolici, di estendere una concisa ma compiuta Relazione della storia, progresso e situazione di tutti i Vicariati apostolici, che dovrà essere stampata a comodo degli E.mi Padri componenti la S. C. per meglio formulare le loro future sapientissime deliberazioni sui diversi affari che riguardano ciascuna Missione.
Se questo savissimo ordinamento dello zelo e sagacità di V. E. tornerà utile per tutte le missioni più antiche e conosciute del mondo, per quelle dell'Africa e soprattutte quelle dell'Africa Centrale ed Equatoriale è utilissimo ed importantissimo, perché men conosciute ed assai più difficili e scabrose di tutte le altre quindi appena potrò riprendere un po' di forza (poiché la febbre ogni due o tre giorni non manca di visitarmi), ed avrò un po' di tempo libero dalle mie gravi e scabrosissime occupazioni; porrò ogni studio e tutta la premura per fare questo importante lavoro, al quale seguirà quello assai rilevante sui Laghi Nyanza, sui quali sembrami, almeno in questo momento, non si abbiano in Europa troppo giuste e veridiche informazioni.
Sarà ancora la Propaganda, che aspettando il tempo debito, in seguito alle ben digerite e maturate informazioni dei zelantissimi Missionari d'Algeri avrà una chiara e giusta nozione delle Regioni del Victoria Nyanza, ove, spero, potranno solidamente stabilirsi, e in seguito alla mia relazione sull'importanti regioni dell'Alberto Nyanza, che dista dall'antica Stazione di Gondokoro, ov'io fui nel 1859, solo 28 ore di viaggio a piedi, o sui bovi, e un tratto di fiume ora percorso dal vapore di Gordon Pascià in una mezza giornata, mentre il Victoria Nyanza dall'Alberto Nyanza dista un viaggio assai scabroso di 20 giorni ed anche un mese, reso ancor più pericoloso dalla inimicizia secolare dei due potentissimi re di Uganda (a cui appartiene il Lago Vittoria), e di Unyoro (a cui appartiene il Lago Vittoria), coi quali però il mio ottimo amico S. E. Emin Bey, a cui ho caldamente raccomandato questi buoni Missionari d'Algeri, almeno al presente è in buona relazione ed amistà.
Sui predetti Laghi e sul vastissimo territorio del mio Vicariato, di cui una gran parte darò assai volentieri a codesto corpo poderosissimo e assai numeroso della magnifica e provvidenziale Istituzione del benemerentissimo e venerabilissmo Mgr. Lavigerie, io darò tutte quelle informazioni che potrò in base ai lunghi studi ed esperienza sull'Africa.
Quanto ai due soggetti romani del Collegio di S. Pietro e S. Paolo, ho ordinato che restino almeno un anno ad acclimatizzarsi ed imparar l'arabo nel mio stabilimento di Cairo; e le informazioni che ho da quel Superiore sono buone, meno che sono un po' avanti coll'età. In generale io sospiro che quel Collegio mi mandi molti soggetti per l'Africa Centrale, ma avrei piacere che fossero giovani al di sotto dei 35 anni almeno, e che non avessero paura né del caldo, né della morte, e fossero desiderosi di patire assai per Gesù Cristo; in una parola che l'amore per Gesù e per le povere anime negre fosse superiore a tutti gli affetti della terra e dell'universo. Questo ho anche raccomandato all'ottimo e pio Rettore di quel provvindenziale stabilimento.
L'altro ieri 5 Suore dell'Istituto delle Pie Madri della Nigrizia che stavano a Berber, sono partite da Khartum sopra una magnifica barca datami gratuitamente dalla esimia bontà di S. E. Gordon Pascià Governatore Generale del Sudan: esse navigheranno il Fiume Bianco fino a Duèn, ove sopra i cammelli procuratimi dal suddetto Gordon Pascià continueranno fino alla capitale del Cordofan.
Le tre Suore di S. Giuseppe che erano colà, giungeranno in questi giorni a Khartum, due delle quali han l'obbedienza per Marsiglia; e così non rimangono in Khartum che sole quattro; spero che la nuova Madre Generale si affretterà a mandarmene dell'altre.
Non avendo ora tempo, le descriverò in breve con altra lettera le conversioni nuove avvenute in Cordofan e Gebel Nuba: piccol profitto per chi non conosce cosa sia una difficile ed incipiente missione; ma grande a chi conosca che cosa sia missione nell'Africa Centrale o Equatoriale.
Intanto baciandole la Sacra Porpora, mi dichiaro di
V. E. R.ma u.mo, obb. d.mo figlio
+ Daniele Comboni
Vesc.e Vic. Ap.lico
N. 817; (778) – AL CARD. GIOVANNI SIMEONI
AP SC Afr. C., v. 8, ff. 864-868
Nº. 3.
Khartum, 23 gennaio 1879
E.mo e R.mo Principe,
Benché molto affievolito nella sanità, poiché la febbre mi visita spesso, e non sono insensibile al peso di tante croci, tuttocché la fiducia in Dio sia sempre più ferma e solida (poiché la croce è il sigillo delle Opere di Dio), tuttavia non voglio tralasciare di informarla di ciò che è bene che sappia la Sacra Cong.ne.
Khartum è una delle tredici Sedi vescovili della Chiesa Patriarcale dei copti eretici; ed io quando 22 anni fa venni la prima volta in Khartum, vi trovai il Vescovo copto-eretico, che in fatto di scienza e di condotta ecclesiastica era un somaro matricolato; e per quanto noi lo invitassimo a entrare nella vera Chiesa, rispondeva sempre che la sua era la Chiesa nostra, e che se il suo Patriarca si riconciliasse col Papa, egli sarebbe il primo a seguirlo, purché lo conservasse nella sua dignità, o gliene desse una più grande.
Morto costui in castigo in uno dei Conventi scismatici d'Egitto, la Sede di Khartum fu lasciata vacante per ben 18 anni. Ma quando il Patriarca copto-eretico seppe che la Chiesa Cattolica ha mandato un Vescovo Vicario Ap.lico a Khartum, si affrettò di nominar subito un Vescovo nella persona di un monaco del convento di S. Macario, il quale è arrivato l'altro giorno in Khartum, e mi venne a trovare, e stringemmo una specie di amicizia insieme.
E' un uomo di circa 58 anni, pio e buono, che prega sempre, abbastanza istruito nella Sacra Scrittura, ma che del resto è molto ignorante. Agli interessi cattolici poi non può fare né caldo né freddo, perché la nostra Missione è l'unica vera potenza nell'Africa Centrale, che sia riconosciuta come tale e dal governo locale, e dai musulmani e dai pagani e dagli eretici di qualunque risma.
Parimenti, come l'E. V. saprà, è morto in Abissinia il Vescovo copto scismatico, che è l'unico pastore del milione e più di eretici abissini che son colà. Siccome la elezione di quel Vescovo dipende dal Patriarca di Alessandria residente in Cairo e dal Khedive di Egitto, che è solito pagare mille Sterline per viatico, e siccome il Khedive ebbe ultimamente una guerra accanita col re dell'Abissinia Giovanni, e che perdette, e fu costretto a pagare al re grossa somma, così il Khedive dichiarò al Patriarca copto che non vuole assolutamente mandare agli abissini il Vescovo reclamato perché sono suoi nemici; e così rimase la cosa fino ai primi di gennaio corrente.
Ma cosa ha fatto Sua Eccellenza Gordon Pascià? Siccome fra l'Abissinia e l'Egitto pendono certe trattative, e siccome fu stabilito fra i due sovrani che i rappresentanti il re Giovanni vengano a trattare qui a Gadaref (8 giorni da Khartum, ove pianterò presto una missione, essendo già tornati a Khartum i miei inviati) con Gordon Pascià rappresentante l'Egitto, così ebbe luogo questa ambasceria dei rappresentanti delle due parti or son due settimane; e Gordon Pascià per facilitare il buon esito degli affari si assunse di far nominare dal Khedive il Vescovo dell'Abissinia e di farlo accompagnare a sue spese fino alla sua Sede per la via di Ghalabat.
Il Khedive comunicò qui per telegrafo che sarà nominato ed inviato il Vescovo.
Il valoroso re Giovanni sottomise ancora al suo scettro il re di Sciòa Menelik, ove sta Mgr. Massaia, il quale tempo fa inviò doni al Santo Padre, e che protegge assai i buoni Padri Cappuccini e Mgr. Massaia. Però il re di Scioa Menelik, rimane re, ma tributario, e paga annualmente un buon tributo al re Giovanni, che è valorosissimo. Ora fra re Giovanni e re Menelik passa la più grande amicizia. Malgrado tutto ciò Gordon Pascià mi ha detto che il nostro Vicario Ap.lico Monsig.r Touvier è assai stimato dal Governo del re Giovanni, e che nulla perderà.
Gordon Pascià non conoscendo troppo gli affari di Chiesa, alla domanda degli ambasciatori Abissini di un Vescovo, avea soggiunto: "Ma non l'avete il Vescovo nella persona di Monsig.r Touvier uomo stimabile etc.?". Allora essi risposero (v'era fra loro un parente del re, e due preti abissini) che il Vescovo deve esser mandato non dal Papa, ma deve essere consacrato e mandato dal Patriarca Copto di Alessandria.
La carestia e mortalità avendo tolte molte braccia al lavoro, la carestia durerà per lungo tempo in alcune località del mio Vicariato. Ma questo è l'ultimo pensiero che mi passa pel capo, perché vi è il mio Amministratore Generale S. Giuseppe. Avendo avuto un tristo Amministratore durante la mia assenza, che ho già infilato a casa sua, ed essendomi morto il mio santo e bravo Amministratore D. Ant.o Squaranti, conduco io stesso l'Amministrazione generale fino ai 12 maggio dell'anno corrente, in cui secondo i patti con S. Giuseppe fatti l'anno scorso nella terza domenica dopo Pasqua festa del Patrocinio del mio caro Economo S. Giuseppe, deve succedere il perfetto pareggio delle finanze non solo del Vicariato, ma della sua Procura Generale dell'Egitto tenuta dal Superiore pro tempore dei miei Istituti d'Egitto (si tratta che v'erano più di 70.000 franchi di debiti). Ma nel mentre che io tengo l'amministrazione generale sto addestrando nell'amministrazione generale un mio bravo ed ottimo sacerdote missionario che ho qui meco a Khartum, al quale, ristorate completamente le finanze del Vicariato e di tutta l'Opera in modo da lasciarlo senza nemmeno un centesimo di debito, consegnerò al medesimo l'amministrazione generale, che condurrà sotto la mia sorveglianza. S. Giuseppe è il re dei galantuomini; ed io ho in lui la piena assoluta fiducia.
S. Ecc. R.ma Mgr. Bianchi Arcivescovo di Trani, che mi fu sempre vero amico, mi avvisò confidenzialmente per mio bene, che essendo poco fa andato in Roma ad ossequiare il S. Padre, visitando al tempo stesso molti Cardinali e distinti personaggi, intese colá che non si approva punto che si spendano grandi somme da me ora in fabbriche inutili.
A scanso di equivoci, io dichiaro ora all'Em.za Vostra che dalla mia venuta in Africa come Vescovo e Vic.o Ap.lico né io né il def.to mio Amministratore D. Squaranti fino ad oggi 23 genn. corr.te che scrivo non abbiamo mai speso un sol baiocco in fabbriche, e che colui che spese in fabbriche non necessarie più di sedicimilla franchi qui in Khartum contro il mio assoluto divieto comunicatogli da Roma l'anno 1877 in molte lettere scritte da me e dal mio segretario D. Paolo Rossi attualmente Superiore degli Istituti Africani in Verona, che ha più volte veduto Vostra Eminenza, fu colui che tenne prima per oltre due anni l'amministrazione generale in mia vece, e che io ho inviato a casa sua.
Di ciò credo opportuno di avvisarne l'E. V., affinché se in Roma per caso udisse una tale notizia che io spendo in fabbriche, possa far dar luogo alla pura e schietta verità.
Io farò certo delle fabbriche, ed anche importanti; ma solo quando saranno necessarie pel bene dell'Opera, e che vi sarà il necessario fondo secondo la regola insegnata dal Vangelo nell'occasione del racconto su colui, che volens turrim edificare etc. E di più S. Giuseppe sempre vi presiederà.
Intanto le bacio la Sacra porpora, e mi rassegno coll'ossequio più profondo
di V. Em.za R.ma u.mo, d.mo, obb.mo figlio
+ Daniele Comboni
Vescovo di Claudiopoli
Vicario Ap.lico dell'Africa Centrale
N. 818; (779) – A MONS. GIUSEPPE MARINONI
APIME, v. 28, pp. 15-30
Khartum, 23 gennaio 1879 Fest. Spos. di S. Gius.
Ill.mo e R.mo Monsignore,
Lessi con grande interesse la prefazione al Piccolo Ambrosiano, calendario milanese pel 1879, e mi andò a sangue in tutto il rigor del termine. La storia dell'Osservatore Cattolico, le idee svolte in quei magnifici cenni, lo scopo schietto e puro delle Opere dell'Osservatore Cattolico, tutto mi piacque oltremodo. Sono le mie idee e il mio sentire netto e tondo, ma che io non avrei saputo sì bene esprimere e svolgere. E' l'espressione di ciò che il sincero cattolico deve credere e pensare in mezzo al torbido orizzonte ed alla confusione dello spirito moderno: è l'espressione del retto pensare del re fra tutti i periodici, la Civiltà Cattolica, Opera stupenda e sublime che da sé sola basta a rendere glorioso quell'Ordine ammirabile che con tanta sapienza lo dirige.
E benché io sia associato a moltissimi altri periodici (volendo che gli Istituti e i molti stabilimenti che io dirigo la pensino come si deve oggi giorno, del che ne ringrazio Dio che tutti la pensino bene) tra i quali la Civiltà Cattolica, la Voce della Verità, l'Unità Cattolica, la Libertà Cattolica, etc. etc. etc. senza calcolare i giornali cattolici tedeschi, francesi, e inglesi, essendo io anche lombardo per nascita, ed interessandomi le cose della Religione di Lombardia, e ciò che succede nella mia cara patria, io mi rivolgo alla sua esimia bontà perché mi associ all'Osservatore Cattolico, ed alle sue Opere, cioè, al Leonardo da Vinci sono associato, e al Popolo Cattolico che prego di spedire a mio padre Sig.r Luigi Comboni a Limone di S. Giovanni sul Lago di Garda, il quale letto dai miei me lo spedirà regolarmente in Africa.
Dunque a me in Sudan prego di spedire direttamente l'Osservatore Cattolico, le Missioni Cattoliche, il Leonardo da Vinci; il Popolo Cattolico poi a Limone sul Garda Prov. Brescia. Siccome poi veggo annunziato che alla Libreria Ambrosiana si ricevono le associazioni a tutti i giornali cattolici, così la pregherei a volermi associare al giornale cattolico inglese il Tablet, credo a Londra, e farmelo spedire al mio indirizzo qui in Khartum.
Quando scrive ai Vescovi di S. Calocero, Iderabat, Hong-Kong e Honan e a Marietti, mi raccomandi alle loro fervide preghiere, perché la mia missione è la più spinosa e difficile di tutte.
Affranto dalle enormi fatiche, angosce, e febbri infuocate, che han rovinata la mia sanità, non ho ancora potuto dare alle Missions Catholiques un quadro reale della strage e desolazione della carestia, fame, sete, epidemia, e mortalità che desolarono il mio Vicariato. Ma a Dio piacendo lo farò quanto prima.
La carestia, fame e sete che portaron seco una fiera epidemia e mortalità, furono assai più tremende e spaventose della fame e carestia dell'Indie e della Cina.
In una parte del mio Vicariato partendo da Khartum, più vasta che tre volte tutta l'Italia, perì più della metà della popolazione nei soli tre mesi di settembre, ottobre e novembre dopo le piogge. In molte città e villaggi di un vasto territorio perirono tutti o quasi tutti, rimanendo i cadaveri per tanto tempo insepolti; ed in molte località e grosse borgate poco distante da Khartum morirono non solo tutti gli abitanti, ma ancora i cammelli, gli animali, e persino i cani provvidenziale sicurezza di questi paesi.
Nel regno di Cordofan i tre stabilimenti che ho fondato da ben otto mesi non conoscono pane di frumento, e vivono di Dokhon (Penicillaria). La mia Superiora di El-Obeid negli ultimi giorni di sua vita chiese a calde istanze un po' di pane con l'acqua, come estremo ristoro; e non si potè trovare a prezzo d'oro, e morì. L'acqua sporca salmastra per bere e cucinare la pagammo più cara del vino in Italia. Insomma i miei imbarrazzi sono grandi, e solo S. Giuseppe, mio economo, vi può rimediare.
Ma ciò che mi straziò l'anima è che tutti, e missionari e Suore, e fratelli coadiutori ci ammalammo, e molti morirono di epidemia, specialmente qui a Khartum, tra i quali il braccio destro della mia opera, che era Superiore de' miei Istituti di Verona, e poi mio amministratore generale qui, cioè D. Antonio Squaranti, che ella certo conosce perché venne più volte a Milano. Vi fu un'epoca in cui io solo di preti era in piedi, e mi toccò a fare non solo da Vescovo, ma da tutto..... e infermiere di tutti. Ma basta perché mi sento debole.
Preghi per me. La croce è il vero unico conforto, perché è l'impronta dell'Opera di Dio. Dopo la passione e la morte di G. C. successe la risurrezione. Lo stesso avverrà dell'Africa Centrale.
Circa il pagamento delle suddette Associazioni, le accludo un Bono pel mio Banchiere di Roma Brown et Fls, banchiere pontificio, da cui potrà sempre farsi pagare, ed è a via Condotti vicino a S. Carlo, ov'è il Seminario Milanese. Quando nelle Missioni Cattoliche vien su qualche cosa per l'Africa Centrale, la prego di mandarlo al suddetto mio Banchiere, come fa sempre Propaganda e lo fece anche adesso, come mi scrive il Card. Simeoni. Sig. Brown amico di Mgr. Agnozzi.
Mi riverisca il bravo e pio Scurati con tutti di S. Calocero, che amo come fratelli, e ora nei Cuori di G. e M. mi dichiaro
Suo aff.mo nel Signore
+ Daniele Comboni
Vescovo e Vic. Ap.
N. 819; (780) – AL CAN. G. CRISOSTOMO MITTERRUTZNER
ANB
Khartum, 23 gennaio 1879
Autorizzazione a ricevere offerte per il Vicariato.
N. 820; (781) – A MADRE EUFRASIA MARAVAL
ASSGM, Afrique Centrale Dossier
Khartum, 30 gennaio, 1879
Mia molto reverenda Madre,
Da lungo tempo sono molto ammalato, sebbene abbia la più grande confidenza in Dio per il quale unicamente sacrifico la mia vita nella più difficile, ma più gloriosa Missione del mondo, perché si tratta dell'ultimo popolo che è chiamato alla fede e che è il più sfortunato e per il quale la Congregazione di S. Giuseppe ha così ben meritato per i sacrifici generosi che ha fatto.
Io non ho la forza di scrivere. Sono troppo scosso nella salute e nell'afflizione per le perdite che ho avute. Ma Dio mi ha dato la croce, mi darà la consolazione. La carestia e l'epidemia in quattro mesi ha fatto dei disastri inauditi. Mai l'Africa centrale è passata fra tante disgrazie e mortalità. In molte località è morta non soltanto tutta la popolazione, ma anche il bestiame, i cammelli, fino ai cani che sono i custodi provvidenziali della sicurezza pubblica in questi paesi. Ma Dio benedirà i nostri sacrifici.
Sr. Germana è stata l'angelo di consolazione per tutti. Ah, vorrei avere 50 Sr. Germana: ella ha molti difetti che lei conosce, ma con tutto ciò ella ha la carità in grado eroico e una grande abilità e una bella maniera di guadagnare le anime.
Le Sr. Maria e Sr. Anna partiranno di giorno in giorno: io credo domani. Restano quattro Suore qui. Attendo la sua decisione da lungo tempo. Le mie le conosce da molte lettere che le ho scritto. Il clima non ha fatto tanto male come si voleva credere. Sr. Arsenia è morta perché è caduta dal mulo, Sr. Teresa dal cammello, Sr. Giuseppina e Sr. Maddalena erano da lungo tempo tisiche e hanno prolungato la loro vita in Africa. Le altre Suore tutte (eccettuata Sr. Genoveffa) non si erano acclimatizzate al Cairo. La carovana di Sr. Severina, Maria, Anna e Ignazia è intatta perché ha passato l'estate al Cairo e ha fatto il viaggio in buona stagione.
In più occorrono delle buone e brave Superiore e una Provinciale a Khartum.
Infine lei conosce le mie intenzioni, ma io ignoro le sue e temo che lei sia scoraggiata, ma il Cuore di Gesù la sosterrà completamente.
La febbre arriva, la prego di salutare da parte mia tutte le Suore di Roma e la Segretaria e preghi per il
Suo dev.mo + Daniele Comboni
Vescovo e Vicario Ap.lico dell'A. C.
Traduzione dal francese.