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N° scritto
Destinatario
Segn. (*)
Provenienza
Data
831
Mgr. Joseph De Girardin
1
Khartum
02.1879

N. 831; (792) – A MGR. JOSEPH DE GIRARDIN

ACR, A, c. 14/137 n. 3

Khartum, febbraio 1879

Lettera sulla carestia.

832
Note di spese
1
Khartum
02.1879

N. 832; (793) - NOTA DI SPESE

ACR, A, c. 20/32 n. 3


Febbraio 1879

833
Card. Giovanni Simeoni
0
Khartum
03.03.1879

N. 833; (794) – AL CARD. GIOVANNI SIMEONI

AP SC Afr. C., v. 8, ff. 905-908

Nº. 5.

Khartum, 3 marzo 1879

E.mo e R.mo Principe,

[5668]

Mercé i replicati uffici ed insistenze di Sua Eccellenza Gordon Pascià per assicurarsi l'amicizia del re d'Abissinia e la tranquillità nelle province del Fiume Azzurro che confinano con essa, Sua Altezza il Khedive acconsentì all'elezione del nuovo Vescovo copto eretico per gli Abissini, il quale passerà dalla Nubia, e per Cadàref e Ghalabat entrerà in Adoa.
 


[5669]

Ricevetti l'ossequiato suo foglio 13 genn. p. Nº. 1, in cui mi comunica che la Superiora G.le della Suore di S. Giuseppe, dietro decisione del suo Consiglio Generale, ha risoluto di non inviare più altre Suore nel mio Vicariato, e di richiamare invece le altre che vi si trovano.
 


[5670]

Benché questa decisione mi affligga assai, tuttavia son ben lontano dallo scoraggiarmi ed avvilirmi, perché sono certo che il Cuore dolcissimo di Gesù che palpitò per l'infelice Nigrizia, mi aiuterà a provvedere altrimenti. L'Apostolato dell'Africa Centrale è difficilissimo e laboriosissimo, e richiede grandi sacrifizi: ma è possibile, e Dio ci aiuterà.
 


[5671]

Del resto dal lungo silenzio serbato nell'ultimo anno dalla Madre Generale, che ogni giorno più, giustamente si sconcertò per la morte delle due ultime ottime Suore, e dalla parata che vedeva, m'accorsi bene che si andava a finire così; perché ultimamente non si offerse più nessuna Suora per l'Africa Centrale, e fin da principio saviamente la Madre Generale mandava solo da me quelle che chiedevano la mia Missione.
 


[5672]

Egli è certo che le Suore di S. Giuseppe hanno dei grandi meriti per l'Africa Centrale, perché esse fecero dei grandi sacrifizi, e vi lavorarono con molto zelo e dévouement, ed anche con molto frutto, specialmente le Suore orientali, convertendo alla fede e ad una vita cristiana molti, e coadiuvando i missionari a togliere i concubinati e a sistemare cristianamente molte famiglie. Per questo il settennio dell'Apostolato delle Suore di S. Giuseppe nella mia Missione sarà una pagina d'oro nella storia dell'Africa Centrale, che non sarà dimenticata in eterno. Tutte poi le Suore, sia che morirono, sia che tornarono addietro, sia che sono attualmente nelle case di Khartum e del Cairo, mi dichiararono sempre, a voce, e in iscritto che furono e sono contente del modo con cui furon sempre trattate da me, e che in me trovarono un vero Padre e Superiore.
 


[5673]

E' però necessario che l'E. V. sappia ad onore della verità, che nessuna delle Suore di S. Gius. defunte, o forse solo taluna, morì pell'inclemenza del clima africano, e che se fossero state spedite a tempo dall'Europa, se tutte si fossero acclimatizzate a Cairo..., forse nessuna sarebbe morta pel clima, come avvenne nei missionari, perché dal 1871 a questo punto nessun prete europeo che si sia acclimatizzato in Cairo è ancora morto nell'Africa Centrale; e dei tre che son morti, due fu l'epidemia contagiosa che li uccise (ciò che avviene anche in Europa pel colera), il terzo fui io la causa, perché pei bisogni urgenti della missione l'ho fatto venire in Vicariato, prima che si fosse acclimatizzato in Cairo. Ma delle Suore
 


[5674]

1º. due morirono per violenta caduta da cammello, cioè, Sr. Teresa e Sr. Arsenia.

2º. Due erano già dichiarate tisiche dal medico dell'Ospedale di Cairo, cioè, Sr. Giuseppina e Sr. Maddalena, e queste in Sudan prolungarono la loro vita.

3º. Due morirono quasi sessantenni, cioè Sr. Emiliana, e Sr. Genoveffa: la prima fu per 30 anni Superiora a Cipro e a Saida, la 2ª fu 16 anni in India, ed altri 9 anni Superiora all'Ospedale di Cairo.
 


[5675]

4º. Due, cioè, Sr. Enrichetta e la sua compagna, morirono di epidemia.

5º. Mentre invece p.e. le 4 Suore della spedizione del 1873, che passarono la stagione estiva in Cairo, e fecero il viaggio in Sudan nell'inverno, son tutte vive e sane; e così le altre non sarebbero morte.
 


[5676]

Comunque siasi però la cosa, io sono attualmente imbrogliato, e bisogna assolutamente che io provveda al vuoto che lasciano le Suore di S. Giuseppe, ed è necessario che io vi ponga rimedio, col convertire, se riuscirà il tentativo, la Madre Generale a lasciarmi quelle che ho e mandarmene dell'altre; o col provvedervi per altro modo.
 


[5677]

E siccome un savio proverbio dice: "chi vuole vada, e chi non vuole mandi" così è necessario che io vada a Marsiglia ed a Roma per rimediare e provvedere a questo rilevantissimo affare. Perciò io, dopo aver molto pensato ai casi miei pel bene del mio importantissimo Vicariato, ho risoluto di pregare l'esimia bontà di V. E. a permettere che per qualche mese io venga in Europa, e segnatamente a Roma, pei bisogni del mio Vicariato. Poiché oltre all'affare importantissimo delle Suore testè accennato, son guidato ad eseguire il mio subordinato pensiero pei seguenti forti motivi:
 


[5678]

1. Ho un estremo bisogno di comunicare con V. Em.za ed aprirle il mio cuore su molti punti che concernono il vantaggio di questa importante missione.

2. In seguito alla morte del mio incomparabile Amministratore Generale D. Antonio Squaranti, ch'era il braccio destro della mia Opera, sia in Vicariato, sia a Verona, mi saltaron fuori molti affari importanti da rassodare e trattare per tutta l'Opera.

3. La mia salute affranta dalle straordinarie fatiche ed angosce, per cui il bravo medico inglese di Gordon Pascià mi seguita ad ordinare, che per ristorarmi ci vuole un sollievo e medicatura di acque termali in Europa, od almeno quelle di Eluàn in Cairo. Io da cinque mesi non dormo quasi nulla, mangio con insistente contrarietà, e mi visita di frequente la febbre.
 


[5679]

Per conseguenza, io avrei pensato di lasciar qui quale mio Rappresentante nel Vicariato il Superiore de Gebel Nuba D. Luigi Bonomi, che avea fatto venire provvisoriamente a Khartum per rimpiazzare nell'Amministrazione Generale il defunto D. Squaranti, (uomo capace e ben noto all'E.mo Card. di Canossa, che tanto apprezza), e di prendermi il necessario sollievo voluto dalla malferma mia salute, col discendere per alcuni mesi in Europa a trattare e concludere quegli affari concernenti il bene assoluto del mio Vicariato.
 


[5680]

E siccome aspettando io a Khartum il venerato beneplacito di V. E., non potrei più passare il deserto pell'imminente stagione dei calori tropicali, io profitterei ora delle facilitazioni accordatemi da Gordon Pascià, per discender per la via di Suakin e Mar Rosso nel mio stabilimento di Cairo, ove supplicherei l'Eminenza Vostra a mandarmi l'invocato permesso di venire a Roma, e baciare i piedi al nuovo Pontefice Leone XIII.
 


[5681]

Del resto i frutti e le anime salvate nell'anno teste scorso di tante calamità sono più del doppio degli altri anni, specialmente a Khartum, Cordofan e Gebel Nuba.

Nel regno di Cordofan si sono già installate le Pie Madri della Nigrizia che furono accolte con entusiasmo da tutta la città.
 


[5682]

A Khartum rimangono le 4 Suore di S. Giuseppe, e oltre alla missione v'è l'ospedale governativo che Gordon Pascià vorrebbe affidato alle Suore.

Il Signore del resto disporrà il meglio per la sua gloria e pel bene della Nigrizia, che certo vuol salvare.

Prostrato al bacio della Sacra Porpora, aspettando in Cairo (Egitto) la venerata sua licenza, con tutto l'ossequio mi segno di V. E. R.

ubb.mo, osseq. d.mo figlio

+ Daniele Vescovo e Vic. Ap.


834
Card. Luigi di Canossa
0
Khartum
03.03.1879

N. 834; (795) – AL CARD. LUIGI DI CANOSSA

ACVV, XVII, 5, B

Sia lod. G. e M.

Khartum, 3 marzo 1879


Eminenza R.ma,

[5683]

La ringrazio infinitamente della sua preziosa lettera 16 gennaio p.p. Le croci e le grandi tribolazioni sono il contrassegno delle opere di Dio. Molti lo dicono colla bocca e lo predicano dal pergamo; ma quando le croci arrivano sono avviliti, desolati, e deboli. Il missionario e la Suora dell'Africa Centrale devono essere carne da macello, e gente destinata a patire gran cose per Gesù Cristo; non deve avere altro, perché altrimenti non è essere apostoli, ma essere pulcinelli e buoni da nulla. Ciò vorrei che si inculcasse ai nostri Istituti Africani di Verona e non sarò contento finché non saran ridotti sino a questo punto, e si ridurranno colla grazia di Dio.
 


[5684]

Intanto sono lieto di osservare che circa questo [......] i nostri educati nell'Istituto di Verona sono molto migliori dell'elemento napolitano e romano. Credo che i napolitani finiran tutti per scappare, chi sotto un pretesto e chi sotto un altro, ma in fondo per mancanza di spirito e paura. Non importa. Dio sceglie i suoi eletti. I nostri invece come D. Losi D. Bonomi, D. Fraccaro, e soprattutto le nostre Suore veronesi han più coraggio di prima. Lo stesso le Suore di S. Giuseppe che son qui. Ma siccome la Madre Generale non ne ha altre da mandare (perché per l'Africa Centrale e per l'Australia non si dà obbedienza se non domandano) così finiranno per essere richiamate anche queste.
 


[5685]

Perciò per l'oggetto di provvedere al Vicariato, e per un mondo di affari da aggiustare, essendo che la mia salute è affranta ed il medico inglese mi ha ordinato assolutamente un viaggio alle acque termali etc. è probabile che discenda a Cairo, ove spero, fra le altre cose di combinare con D. Rolleri, che venga a Khartum, e ciò sarebbe un gran vantaggio per l'Opera.
 


[5686]

Di poi devo assolutamente andare in Siria a raccomandarmi al Patriarca maronita (con cui sono già in carteggio; ma il proverbio dice che chi vuole vada e chi non vuole mandi, ma in un anno non vi furono che buone parole) per provvedere maestri e maestre pel Vicariato (e anche per Verona, s'intende arabe), perché allontanandosi le Suore di S. Giuseppe ch'erano in gran parte arabe, io rimango senza scuole.
 


[5687]

Insomma sono imbrogliato: ma, lasciando chiacchierare il mondo a sua posta, io confido nel Cuor di Gesù, e nel mio dovere che debbo adempiere. In quest'anno vi è stato un numero di conversioni il doppio degli altri anni, perché così sono le opere di Dio, e a Gebel Nuba più di 30; ma quando si sarà estratta la lingua nel che lavorò assai D. Bonomi, tutta la tribù, meno alcuni vecchi, si farà cattolica. Le bacia la S. Porpora il suo figlio

+ Daniele Vescovo

Suor Grigolini colle nostre di Verona si sono bene istallate a Cordofan.
 


835
M. Eufrasia Maraval
0
Khartum
03.03.l879

N. 835; (796) –  A MADRE EUFRASIA MARAVAL

ASSGM, Afrique Centrale Dossier

Khartum, 3 marzo 1879
 

Mia molto reverenda Madre,

[5688]

Mentre aspettavo alcune Suore non solamente per questa casa, ma anche per l'ospedale del governo qui a Khartum, che Gordon pascià mi ha offerto per le nostre Suore, come le si è scritto dopo la mia preghiera, poiché io sono sempre malato, ecco che una lettera di S. E. il card. Prefetto, nostro Padre, mi comunica che, dopo le decisioni del suo consiglio generale, lei è venuta alla determinazione di non più inviare altre Suore, ma anche di ritirare quelle che sono attualmente unite alla mia Opera.

E' ciò che ho ben previsto e temuto molto, dopo che Dio, nei Suoi imperscrutabili decreti, ha voluto chiamare alla gloria del cielo le tre ultime Suore che avevano una salute perfetta e possedevano il vero spirito religioso e una dedizione ammirabile.
 


[5689]

Infine, mi rincresce infinitamente, poiché la Congregazione di S. Giuseppe ha dei grandi meriti verso di me e l'Africa Centrale e le nuove vittime di carità che la terra del centro dell'Africa copre, saranno una gloriosa semente di cristiani e di convertiti e io non dimenticherò eternamente la sua Congregazione con lei che è stata sempre generosa con me e molto aperta e quella Madre incomparabile che Dio ha chiamato a Sé che è stata una gloria della donna cattolica, una forza della Chiesa e una grande benefattrice dell'Africa centrale: la nostra Madre Generale defunta.
 


[5690]

S. Eminenza mi dice di mettermi d'accordo con lei per il richiamo delle Suore. Sr. Severina mi ha ripetuto che lei non si muoverà da Khartum che dopo il kharif, perché al presente sta approssimandosi il caldo e non vuole attraversare il deserto per essere bruciata dal sole. D'altronde mi occorre un po' di tempo per provvedere a Khartum e io non posso tutto di colpo lasciare un grande Istituto di ragazze senza Suore. Bisogna dunque provvedere.
 


[5691]

Ma siccome la speranza è la vita dell'uomo e non la si perde mai, per quanto molto indebolito dalle febbri e le sofferenze passate (poiché l'anno che sta per tramontare è stato il più terribile di tutte le epoche della storia dell'Africa centrale) affronterò io stesso il deserto e, col permesso di S. Eminenza, farò un corto viaggio in Europa, o per combinare con lei, se è possibile (quantunque abbia poca speranza perché la prima Assistente generale e soprattutto la Superiora dell'ospedale del Cairo, che avrà certamente parlato, non giudicano conveniente fare altri sacrifici per l'Africa centrale) o provvedere diversamente ai bisogni della Missione di Khartum.
 


[5692]

Per questo verrò personalmente a trattare cn lei ciò che il buon Dio disporrà. Per me io sono sicuro che la Croce è la via regale del trionfo per tutte le Opere di Dio. La Chiesa cattolica è fondata sul sangue dei Martiri ed è per il martirio che le Missioni prosperano. Quasi tutte le sue Suore hanno convertito e hanno salvato un certo numero di anime. Difficilmente in altre Missioni avranno la consolazione che esse hanno avuto nel loro apostolato dell'Africa centrale.
 


[5693]

Da parte mia le ho sempre trattate come delle vere figlie e loro me ne hanno reso testimonianza. Spero che non dimenticheranno mai né me, né l'Africa centrale.

Nella speranza di rivederla presto, la prego di scrivermi al Cairo, dove attenderò il permesso di S. Eminenza per entrare nella città eterna.

Preghi per il
Suo dev.mo + Daniele Comboni

Vescovo e Vicario Ap.lico

Tutte le quattro Suore stanno perfettamente bene.

Traduzione dal francese.


836
Mgr. Joseph De Girardin
0
Khartum
03.03.1879

N. 836; (797) - A MGR. DE GIRARDIN

AOSIP, Afrique Centrale

Khartum, 3 marzo 1879
 

Monsignore,

[5694]

Ecco il resto del mio piccolo rapporto sulla carestia e la mortalità dell'Africa centrale. Le darei ben volentieri altri dettagli ben seri e interessanti, ma la mia salute è spezzata e le mie forze sono troppo deboli
 


[5695]

Spero che abbia ricevuto la mia lettera n. 4 del 17 febbraio con il quadro statistico e l'inizio del piccolo rapporto.

Anche per l'avvenire, da questo momento, la prego di rimettere sempre tutti gli anni il montante degli assegni al Sig. Brown e Fils a Roma, che è la via più sicura per riceverli nell'Africa centrale
 


[5696]

Del resto è massima fondamentale del mio Piano per la rigenerazione dell'Africa centrale e che abbiamo seguito fino al presente e che sempre troviamo più giusto, ragionevole e necessario (agendo diversamente si nuocerebbe e agli indigeni e alla Missione stessa) al soggetto del vitto, degli alloggi, dei vestiti etc.

1º allevare i bambini dell'orfanatrofio nelle condizioni che non cambiano in niente la loro maniera di vivere e di essere per tutto ciò che riguarda la vita materiale.
 


[5697]

2º di dirigere la loro istruzione regolando i gradi di essa sullo stato al quale sono chiamati. Così l'educazione, che viene loro impartita, li portino a una condizione di esercitare più tardi, a ben poche spese per il Vicariato, la più grande influenza tra i loro compatrioti. Perché creare per questi popoli dei nuovi bisogni e farli uscire dalle loro abitudini e da quelle di questi paesi? Ho fatto su ciò una bella esperienza.

I bambini che ho trovato a Khartum quando sono stato incaricato nel 1872 del Vicariato dell'Africa centrale, erano abituati all'europea e mi è occorsa molta pazienza per cambiare la condizione dei vecchi allievi.
 


[5698]

Ma gli orfanatrofi nuovi che ho fondato qui al Cordofan funzionano diversamente: ho lasciato tutto ciò che c'era di buono nelle loro abitudini migliorandole, ma sempre nello stato naturale del paese. Questo è molto meglio per questi bambini che crescono senza pretese, umili, sottomessi e molto contenti nel loro stato ordinario, mentre i neri e le nere educate al Cairo e in Europa, che ho condotto nell'Africa centrale, anche se educati nei monasteri più perfetti e più osservanti d'Europa, qui hanno più esigenze e pretese che i Missionari e le Suore europei.
 


[5699]

Per questo non ricevo più da diversi anni dei neri e delle nere educati in Europa e nei conventi d'Oriente, ma noi li educhiamo qui nella loro condizione umile e nella semplicità dello spirito di Gesù Cristo e della nostra santa religione, senza far loro conoscere gli inquinamenti delle comodità e della civilizzazione europea e abbiamo già avuto dei risultati ben consolanti.

Infine, lei comprende bene le mie vedute e ciò che voglio dire, spero che sia bene ciò che lei pensa e che troverà molto opportuno e necessario per l'istruzione e l'educazione che bisogna dare nelle Missioni ai bambini indigeni.

Si degni, Monsignore, gradire i sentimenti di devozione e di riconoscenza con i quali sono sempre

Suo dev.mo servo

+ Daniele Comboni

Vescovo di Claudiopoli i.p.i.

Vicario Ap.lico dell'Africa Centrale

Traduzione dal francese.


837
Marchesa D'Erceville
0
Khartum
03.03.1879

N. 837; (798) – ALLA MARCHESA D'ERCEVILLE

"Annales de l'Oeuvre apostolique" (1879), pp. 484-87

Khartum, 3 marzo 1879.

Signora Presidente,

[5700]

Le domando perdono del mio lungo silenzio e del mio ritardo a darle notizie del Vicariato dell'Africa centrale che lei ha tanto aiutato con le zelo ammirabile delle signore generose e caritatevoli dell'Opera Apostolica. Quante giovani ragazze lei ha vestito e rialzato, quanti bambini schiavi lei ha riscattato e introdotto nell'ovile di Gesù Cristo! Quanti meriti lei ha guadagnato decorando ammirabilmente la casa di Dio e attirando gli sguardi degli infedeli a contemplare lo spettacolo delle cerimonie magnifiche della Chiesa cattolica, essi che non avevano mai visto meraviglie simili e che erano seduti all'ombra della morte!
 


[5701]

Ma, come se tutto ciò che ha fatto per i neri fosse stato niente, la sua immensa carità si è estesa ancora al bene degli operai evangelici che lei ha vestito con gli abiti ecclesiastici e fortificati con l'invio del vino, in questi paesi in cui non si trova, per dissetarsi, perché la merissa e l'acqua sporca e salmastra la paghiamo più cara che il vino in Europa.
 


[5702]

Che Dio le renda il centuplo, Signora, in questa vita e nell'altra, per tutto il bene che fa per la sua gloria e adornando i suoi templi e facilitando i suoi Missionari nelle loro missioni evangeliche.
 


[5703]

Le ho detto, Signora Presidente, domandandole perdono del mio silenzio, che dopo l'orribile carestia e sete che hanno desolato l'Africa centrale, è successa una mortalità senza uguale:

1º in una parte del mio Vicariato, tre volte più esteso di tutta la Francia, è morta la metà della popolazione con più della metà del bestiame; in altre vaste località sono morti i tre quarti della popolazione e tutti gli animali.

2º In grossi villaggi e paesi, a poca distanza da Khartum, è morta non solamente tutta la popolazione, ma ancora tutto il bestiame, gli animali e anche tutti i cani che sono la guardia provvidenziale unica della sicurezza pubblica in questi paesi.
 


[5704]

I miei Missionari, le mie Suore e tutti i membri della Missione sono stati più o meno pericolosamente malati e vicini alla morte. Tre Missionari, tra i quali il mio grande Vicario e amministratore generale, Don Antonio Squaranti, (braccio destro della mia Opera) sono morti di epidemia e anche due Suore di S. Giuseppe, quattro Fratelli coadiutori europei di prima classe e tredici istitutori e maestre nere. C'è stato un periodo, in settembre, in cui io ero il solo prete in piedi per amministrare notte e giorno i Sacramenti ai morenti. Ho dovuto fare non solamente il vescovo, ma anche da superiore, curato, vicario, amministratore, medico, chirurgo, infermiere etc. etc.

Infine, io stesso mi sono ammalato per le fatiche inaudite, le angosce, i dispiaceri, le febbri. Mi trovo così da due mesi e non ho più forza.
 


[5705]

Vorrei farle un piccolo rapporto sulla carestia, la sete, la mortalità nell'Africa centrale, che sono più orribili che quelle della Cina e delle Indie e di tutte le altre Missioni del mondo e un piccola relazione sui 25 neri e nere che abbiamo raccolto con i fondi dell'Opera Apostolica e ai quali abbiamo dato i nomi che mi ha ordinato Mons. Gaume, ma mi occorrerebbe un po' più di forza, la mia salute è minata per la mancanza completa di sonno e di appetito; ho la speranza di ristabilirmi col mezzo bicchiere di vino di Bordeaux che prendo ogni giorno, grazie al caritatevole invio delle cento bottiglie di vino che l'Opera Apostolica ci ha spedito.
 


[5706]

I nomi che abbiamo dato ai bambini raccolti da noi sono stati fino a oggi i seguenti: Giuseppe, Giovanni Battista, Alessandro, Pietro, Andrea, Carlo, Agostino, Stefano, Alessio etc. etc.; Vittorina, Maria, Agnese, Clemenza, Cecilia, Rosa, Antonietta, Carolina, Eleonora, Marta etc. Su questi bambini ho dei particolari interessanti, soprattutto sul modo con cui sono stati violentemente strappati dalla loro patria e dai loro genitori.
 


[5707]

Mi invii, per l'amor di Dio, del vino ogni anno; ne manchiamo talmente che l'anno scorso, durante qualche mese, si è celebrata la Messa solamente la domenica al Cordofan; inviavo da Khartum per posta dei piccoli flaconi di vino. Qui i Missionari che sono sopravvissuti alla carestia, sono deboli e sfiniti; del Liebig e della tapioca per brodo faranno loro gran bene.
 


[5708]

Fra i paramenti per la chiesa, nel Vicariato, non abbiamo una pianeta, né un paramento molto bello per pontificare. Ho un pastorale magnifico che mi ha inviato, ma mancano il calice, la pianeta e il piviale corrispondenti. Sarei soprattutto ben felice se l'Opera Apostolica potesse anche inviare delle stoffe robuste per vestire i Missionari, poi delle stoffe per vestire le donne schiave che noi comperiamo, vestite con la pelle della nostra nonna Eva, prima del peccato dei nostri progenitori.

Così camminano a Gebel Nuba tutte le donne, maritate e non maritate; occorrerebbe loro un vestito o una camicia molto grande. Così ugualmente per vestire i neri: i camiciotti francesi che portano gli operai andrebbero molto bene per loro, soprattutto facendoli lunghi e tutti uniti, in cotone.

Sono obbligato a terminare questa lettera, essendo ancora molto debole. Preghi per il suo riconoscente servo.

+ Daniele Comboni

Vicario Ap.lico dell'Africa Centrale

Traduzione dal francese.


838
Pellegrino Matteucci
0
Khartum
10.03.1879

N. 838; (799) – A PELLEGRINO MATTEUCCI

G. GIBELLI, "Epistolario Africano" Roma 1887, pp. 58-60

Khartum, 10 marzo 1879.

Mio caro amico,

[5709]

Il vostro dispaccio telegrafico da Massaua che mi chiedeva conto di Gessi, mi trovò gravemente ammalato colla febbre; e siccome non si avevano che vaghe notizie e affatto incerte, non ho risposto, essendo pazzia spendere denaro inutilmente per dar forse non vere notizie.
 


[5710]

Ora vi posso dar certe notizie, perché ben costatate da Gordon Pascià, e da chi venne da me mandato da Gessi e proveniente da luoghi ove egli si trova. Egli intanto fu nominato Bey, e il diploma Khediviale è giunto in Khartum questa mattina, e con lui fu nominato Bey il bravo Emin Effendi Governatore dell'Equatore, mio ottimo amico (Schnitzler). Queste due nomine furono lodatissime dalla pubblica opinione di qui perché ambedue lo meritano. Ma la nomina di Giegler capo dei telegrafi a Pascià ed a Wakil dell'Hoccumdar, fece il medesimo effetto che ha prodotto in Khartum la nomina di Rosset a Cavaliere della Corona d'Italia, in cui voi ci avete un po' perduto, perché a Khartum si conosceva Rosset a fondo assai meglio di voi, e certo non meritava una decorazione, perché non ha fatto nulla per questo.
 


[5711]

Ora poi la cosa è diventata più aggravante, perché morto Rosset, si liquidò tutto il suo avere; e dopo tutto non risultò nemmeno da coprire la dote della moglie che era di 500 lire sterline: e intanto oltre molti suoi creditori, rimasero sul lastrico due galantuomini, cioè Emin Bey Governatore dell'Equatore suddetto, che perdette tutto il suo avere di 360 Ghinee egiziane che depositò presso Rosset, e che Rosset ha consumato, e Giorgi Stambulieh Vice Console inglese, che per aiutarlo ed avere la sua grazia gli aveva imprestato 300 Sterline; e questi e Emin Bey restarono senza un soldo; e vi sarebbe restato anche un ottimo cattolico ingegnere al Nyanza Alberto Ibrahim Khalifa di Tripoli, il quale venuto in Khartum con animo di depositare da Rosset 350 Ghinee e 460 Napoleoni d'oro, io ne lo distolsi, e ne lo distolsi in coscienza perché io conosceva Rosset e la sua posizione (a cui però ho giovato in altro modo).
 


[5712]

Rosset, a quanto pare, fu in Darfur avvelenato.

Tornando a Gessi, egli fece 4 battaglie contro le truppe di Ziber, e rimasero morti più di 2000 e 800 prigionieri e 4 Zaribe; però Ziber non è domato. Allora chiese soccorso di truppe, e Gordon Pascià ordinò al Mudir di Dara in Darfur, certo ingegnere Messedaglia di Verona, di andare a Sciacca con 700 uomini; e l'altro ieri mi disse Gordon che Ziber è domato, e che Gessi riuscì vittorioso; però fra giorni Gordon stesso partirà per Cordofan e Sciacca, e tornerà con Gessi, il quale realmente si è fatto onore.
 


[5713]

Coraggio mio caro Dottore ed amico. Mi pare che abbiate scelta la migliore strada per riuscire al vostro scopo; io la preferisco a tutte le altre. Che se riuscite, come io spero, ad assicurarvi l'amicizia e protezione del re Giovanni, potrete anche in Abissinia stabilire affari commerciali e con più frutto che altrove: ma dovete tentare di impararne la lingua, che unita alla vostra scienza medica, vi farà riuscire coll'80% di più di probabilità che l'Antinori ed altri.
 


[5714]

Voi però conoscete la storia da Nuñes, Pietro Paes fino ad oggi: non si può giammai esser sicuri della stabilità abissinese.

Ma troverete accosto e presso i Galla eccellenti caratteri. Mille cose quando vedrete Mgr. Massaia. Piaggia partì pelle Montagne del Sennar, e forse tirerà a lungo fino a Fadassi.
 


[5715]

Forse io con D. Gennaro farò una gita a Roma e in Siria, e provvederò maestri maroniti, perché voglio mettere scuole dappertutto. Ho grandi speranze sulla Missione di Gebel Nuba.
 


[5716]

Intanto vi saluto di cuore, salutatemi Callisto, e telegrafate pure cioè, fate telegrafare Filippini da Massaua a me a Khartum, che io trasmetterò in Cairo e Europa etc. Correnti non è più Presidente della Società Geografica.

Tutto

V. aff.mo + Daniele Comboni

Vescovo e Vic. Apost.

Vi prego di riverirmi Mgr. Touvier Vesc. e Vic. Apost. dell'Abissinia.


839
Card. Giovanni Simeoni
0
Cairo
25.04.1879

N. 839; (800) – AL CARD.GIOVANNI SIMEONI

AP SC Afr. C., v. 8, ff. 919-920

N. 6.

Gran Cairo, Istituto pei neri, 25 aprile 1879

E.mo e R.mo Principe,

[5717]

In soli 40 giorni per la via del deserto di Suakin giunsi da Khartum al Cairo.

La febbre mi si allontanò dopo poco tempo entrato nel deserto; ma la generale infiammazione sussiste, che spero scacciare colle acque di Recoaro, e ancora non posso dormire una sola ora su 24; per cui sono sempre stanco. Però i pensieri e la direzione generale di tutta l'Opera mi rendono sempre più fermo nell'incrollabile fiducia in Dio, che riusciremo a distruggere il regno di satana per convertir l'Africa Centrale a Cristo.
 


[5718]

Ma mi è d'uopo per mia norma sottomettere molti affari importanti alla sapiente direzione e consiglio di Vostra Eminenza: spero che in breve tempo si tratterà tutto, e potrò compiere in qualche mese quanto mi è d'uopo eseguire in Europa pel bene della Nigrizia, perché bramerei che appena finite le piogge e il Kharif, potessi subito tornare in Vicariato per visitare soprattutto Gebel Nuba, che presenta le più esuberanti speranze.
 


[5719]

Ma siccome il tempo stringe, e non bisogna perderlo, attesa la mia estrema debolezza, ed il martirio di non poter chiudere occhio, bramo consultare il veneratissimo Monsig.r Ciurcia, che è qui in Cairo (un po' malfermo in salute), col quale spero in qualche giorno di definire qualche piccola pendenza che è d'uopo che concludiamo insieme, e della quale io ebbi cognizione solo l'altro ieri, perché mai dal 1874 me ne fu né parlato né scritto, né dall'ottimo Monsignore (a cui serberò eterna gratitudine pel bene che ha realmente fatto alla mia Opera, e cui riguardo e riguardai sempre fino al 1867 come insigne mio benefattore, ed esperto e sapientissimo Consigliere), né da nessun altro, bramo, dicea consultarlo per vedere se io possa lasciare subito l'Egitto per venire in Roma, affine di guadagnar tempo, senza aspettar qui da Vostra Eminenza il permesso ufficiale in iscritto di accedere ad limina. Sono certo che V. Em.za m'accorderà la grazia. Ed io forse lascerò Cairo prima che mi giunga la sua lettera d'obbedienza, ove mi sia propizio il venerato consiglio di questo Vic.o Ap.lico, Mgr. Ciurcia.
 


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Quanto ai mezzi pecuniari, grazie alla immanchevole protezione del mio caro economo S. Giuseppe, le finanze del Vicariato son ristorate. Molte anime si preparano ad entrare nel grembo della Fede, specialmente a Cordofan e Gebel Nuba: ma mi ci vogliono buone e pie Suore. Dio le manderà.

Le bacio la Sacra Porpora, e mi rassegno coll'ossequio più profondo

di V. E. R.ma u.mo, d.mo, obb.mo figlio

+ Daniele Comboni

Vescovo e Vic.o Ap.co


840
Mons. Luigi Ciurcia
1
Cairo
02.05.1879

N. 840; (801) – A MONS. LUIGI CIURCIA

AVAE

Cairo, 2 maggio 1879

Richiesta di facoltà.