Pisma

Wyszukiwanie
Wyszukiwanie zaawansowane - kliknij tutaj, aby zawęzić wyszukiwanie
Nr pisma
Odbiorca
Znak (*)
Miejsce napisania
Data
651
Dichiaraz. ricevuta
1
Verona
13. 5.1876
DICHIARAZIONE DI RICEVUTA

ACR, A, c. 22/7 n. 4



Verona, 13 maggio 1876



652
M.me A. H. De Villeneuve
0
Verona
24. 6.1876
A M.me A. H. DE VILLENUEVE

ACR, A, c. 15/180 n. 2



J.M.J.

Roma, 24 giugno 1876

Piazza del Gesù 47, 3º. P.o

Mia carissima Signora,
[4154]
Come sono stato sfortunato di non essere stato a Verona quando lei era a Milano! Un telegramma che mi arrivò in Austria, a Vienna (da dove andai a Froshdorf a passare una giornata con il più santo dei re, Mons. il Conte di Chambord) mi chiamò a Roma dove mi trovo in pieno lavoro per arrivare al punto che la Propaganda possa trattare in piena Congregazione al Vaticano gli affari dell'Africa Centrale.

Per conseguenza mi è impossibile venire, per il momento, in Svizzera. Ma o in Svizzera o a Parigi o a Prat-en-Raz io verrò a passare qualche giorno con lei e con le spose, i figli e i miei cari amici.


[4155]
Le invio delle lettere che la Superiora di Roma mi ha dato, ma sono un po' imbarazzato per spedirle, poiché comprendo ben poco il suo indirizzo. Ma tenterò. Assicurerò le lettere per reclamarle ufficialmente nel caso che esse non arrivino. Abbia la bontà di farmi sapere subito se questa lettera le è pervenuta.

Le invio anche la petizione esaudita per Carlo Igghiens di Parigi.

Mille complimenti al sig. Augusto e alla signora e a lei tutta la testa e il cuore del



suo sempre devoto

Daniele Comboni

Provicario Ap.lico dell'Africa C.le



Traduzione dal francese.






653
Card. Alessandro Franchi (Suppl. Rapporto)
0
Roma
29. 6.1876
AL CARD. ALESSANDRO FRANCHI

ACR, A, c. 13/23



Roma, 29 giugno 1876



COMPLEMENTO AL RAPPORTO GENERALE

sul Vicariato Apostolico dell'Africa Centrale presentato all'E.mo Sig. Card. Alessandro Franchi Prefetto generale della S. C. di Propaganda Fide nel giugno del 1876.



E.mo e R.mo Principe,
[4156]
Dopo d'avere esposta, benché in succinto, nel Rapporto presentato nel p.p. aprile, la Storia ed i progressi e d'avervi provata la stabile sicurezza delle Missioni dell'Africa Centrale, a provar viemmeglio il carattere di stabilità dalle medesime assunto, credo necessario di dover aggiungere nel Rapporto presente, colla esposizione della disciplina tenuta in Africa dai miei Missionari provenienti dall'Istituto di Verona, la prova eziandio della sufficienza dei medesimi, per sostenere le attuali e le future Missioni del Vicariato; e colla esposizione dell'amministrazione temporale, la prova pure della stabilità di sufficienti risorse. Dopo di che, dichiarerò i rapporti che passarono fra il Vicariato e le due Congregazioni Religiose dipendenti, e la condotta tenuta dai PP. Carcereri e Franceschini Camilliani in ordine al Vicariato. E dapprima:


[4157]
1. I Missionari, laici e Sacerdoti, che unificati i proprii principii negl'Istituti di Verona, ed ivi, sotto il governo d'un medesimo Rettore, temprato lo spirito secondo le condizioni della Nigrizia, passano poi ad aggiungersi alle Missioni del Vicariato dell'Africa Centrale, nelle mansioni loro affidate dal Superiore devono adoperarsi al vantaggio non pur materiale, ma eziandio specialmente spirituale di quelle povere anime, che gemono da tanti secoli abbandonati agli scherni del demonio. Ma vana, o per lo meno di minori frutti coronata tornerebbe l'opera del Missionario, qualora una legge non governi e diriga lui, e le azioni sue. Quindi è che, oltre al Superiore supremo, il quale tiene di tutta la Missione il governo generale, alle singole Stazioni viene preposto un Superiore locale responsabile della particolare Missione alle sue cure affidata.


[4158]
Questi, fungendo ordinariamente l'uffizio pure di Parroco, deve, come tale, aggirarsi in mezzo alle popolazioni, penetrare nelle famiglie, affine di conoscerne i bisogni, pacificar discordie, torre certe male pratiche, indurre all'osservanza dei Precetti ecclesiastici e divini i cattolici, affine insomma d'impedire ovunque può, e sempre con prudenza, il male, e promuovere il bene, procurando in pari tempo di muovere e conservare colla propria condotta la stima alla Religione, l'amore e il rispetto alla Missione. Deve tenere i Registri della Parrocchia e delle Messe celebrate; deve ordinare e dirigere le solite funzioni della Chiesa, e le stabilite Solennità col decoro maggiore consentito dalle finanze, persuaso che ciò, che attrae la mente e il cuore dell'africano* più che la parola, è, massime nel principio, la pompa esterna. Che se per lui, come Parroco (il fine dell'opera essendo il bene della popolazione), legge principale, temperata solo da prudenza, altra non dev'essere che il bisogno della popolazione, come Superiore, secondo le varie e diverse esigenze di questa legge, può e deve valersi dell'assistenza pur degli altri Missionari dipendenti sempre immediatamente da lui. Del resto deve pur sorvegliare al buon andamento interno della casa; deve, cioè, procurare che tutti adempiano nel miglior modo possibile i propri particolari e comuni doveri.


[4159]
E' dovere particolare dei laici, dopo di aver recitate in comune coi moretti le preghiere del mattino e ascoltata la Messa, impiegarsi nella giornata ai servigi manuali della casa, a lavorare il terreno, e ad ammaestrare in qualche arte i moretti; e alla fine della giornata raccogliersi nella chiesa per la recita del Rosario in comune coi Padri e coi moretti, e per l'esame di coscienza; e immediatamente prima di andare a dormire unirsi pure in Chiesa coi moretti per la recita delle orazioni della sera. Son questi i doveri particolari dei laici, in quella guisa che particolar dovere del Sacerdote amministratore, è di sorvegliare i lavori, provvedere prima alle necessità, e poi a ciò pure che fosse utile alla casa ecc., del Sacerdote maestro il fare col debito interesse la scuola ai moretti nelle ore stabilite.


[4160]
Del Direttore e Confessore straordinario delle Suore, sempre distinto dal Parroco, il quale n'è l'ordinario Confessore, è particolar dovere di contenersi secondo le Costituzioni della Cong.ne delle Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione: e della partita sua deve non di raro informare il Superiore supremo, come della propria il Parroco, in quella guisa che pur l'amministratore particolare deve spedire ordinariamente alla fine di ogni trimestre un esatto Rapporto all'Amministratore generale.


[4161]
A ciascun Sacerdote poi, oltre la recita quotidiana della Messa e dell'Ufficio divino, è prescritta la quotidiana Meditazione di 3/4 d'ora, da farsi possibilmente prima della Messa. Da simili pratiche solo per qualche caso straordinario d'impossibilità vengono dispensati; come tutti e Sacerdoti e laici e Suore e moretti e morette sono obbligati d'intervenire all'ora di orazione che si fa la mattina del mercoledì di ogni settimana, e alla Benedizione, che, preceduta da stabilite preghiere e da un sermone sul S. Cuore di Gesù, si dà col Venerabile nella sera del primo venerdì di ogni mese, e alle altre Benedizioni e Novene di uso. Che se la Confessione pei laici, moretti e morette è stabilita almeno per ogni quindici giorni, i Sacerdoti devono accostarsi al Sacramento della Penitenza ogni settimana: e ogni anno, separatamente dalle Suore, ritirati per otto giorni nella solitudine dei SS. Esercizi, devono ristorare il loro spirito, e vieppiù accenderlo allo zelo per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime.


[4162]
Son queste le disposizioni generali e comuni; e quando avessi ancora aggiunto che è proibito, specialmente ai laici, di entrare nelle famiglie senza averne prima ricevuto dal Superiore il permesso, e ai moretti è proibito di pur uscire senza la debita licenza, e a tutti, non esclusi i Sacerdoti, è vietato di comunicare, senza necessità e senza una ragione d'uffizio, colle Suore, avrei finita l'esposizione della disciplina tenuta fino ad oggi in Africa Centrale dai Missionari del mio Istituto di Verona. E' dessa, sì, leggera; ma bastante per conservare i soggetti alla virtù, ed opportuna all'azione, che, nella subordinazione al capo, viva devesi spiegare a vantaggio di popoli estremamente bisognosi e derelitti: e per verità, colla pratica di essa il sufficiente drappello de' miei Missionari mi recò fino ad oggi consolazione e conforto.


[4163]
I. Per quanto poi riguarda al numero dei Missionari, benché di ciò abbia io parlato nel Rapporto generale del p.p. aprile, tuttavia un nuovo cenno credo dover aggiungere nel presente a provare specialmente come l'Istituto di Verona somministri di Missionari un numero sufficiente per sostenere le Missioni pur future dell'Africa Centrale.


[4164]
E primieramente: che le Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione colle more istitutrici costituiscano un numero bastevole per le Missioni attuali, si può facilmente conoscere dalla dichiarazione fatta a questo proposito nel Rapporto dell'aprile p.p. Né v'ha dubbio che per quanto rapidi progressi sia per fare la Missione, non accorra a sufficienza l'elemento femminile; giacché non solo avrebbersi sempre le Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione, cui la M. Generale deve somministrare in forza della Convenzione stipulata nel 1874; ma eziandio l'Istituto, da me aperto in Verona, delle Pie Madri della Nigrizia, il quale già quindici ne tiene accolte, non mancherà mai di fornire costantemente soggetti per le Missioni dell'Africa Centrale.


[4165]
Che se circa la sufficienza dell'elemento femminile per le attuali e per le future Missioni del mio Vicariato non v'ha dubbio, egli è certo altresì che pur l'Istituto maschile di Verona, come somministrò per le attuali, somministrerà pur per le Missioni successive il numero sufficiente di Missionari per mantenerle. E qui: stante la singolare efficacia della donna in Sudan, e la grande assistenza in causa di ciò prestata dalle Suore ai Missionari, il personale maschile di ogni Stazione interna è bastevole quand'esso risulti di tre Sacerdoti, e due laici. Orbene, se, prescindendo dalla Stazione di Berber e dai miei Istituti di Cairo, che tengono il personale necessario secondo le proprie condizioni, il personale delle tre Missioni di Khartum, Obeid, e Nuba sia sufficiente secondo la suindicata proporzione, lo dichiarai nel Generale Rapporto del p.p. aprile. Senonché tre Chierici, aventi presto compiuti gli studi di Teologia, trovansi in Vicariato; più cinque laici offre oggidì l'Istituto di Verona con sei studenti, compresi due chierici; e cinque Sacerdoti, Missionari per le attuali stazioni.


[4166]
Da ciò si può facilmente comprendere che gl'Istituti di Verona fornirono la diletta nostra Missione fino ad oggi di Missionari più che a sufficienza; non v'ha quindi ragione di dubitare che bastevole personale non offrano pure in appresso. Grande egli è per verità l'amore che per le missioni dell'Africa Centrale si destò nella provincia veronese; grande l'entusiasmo che in Germania e altrove si svegliò, numerose le istanze fatte da Sacerdoti per essere accettati nell'Istituto per le missioni della Nigrizia in Verona. Giova per ciò credere che la sempre crescente propagazione dei nostri Annali del Buon Pastore col diffondere sempre più estesamente la cognizione dell'Opera, moltiplichi e determini pur sempre più numerose vocazioni, e in mezzo al sesso femminile, e in mezzo al Clero, e in mezzo agli artisti.


[4167]
III. Provata così la sufficienza dei missionari, cui somministrò e somministrerà l'Istituto di Verona, per le attuali e per le future missioni del Vicariato dell'Africa Centrale, dovrei parlare dell'amministrazione generale negli ultimi anni da me tenuta. A questo riguardo dovrei: a) provare l'esatta soddisfazione delle pensioni convenute colla Congregazione delle Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione, e coll'Ordine Camilliano; ma di ciò avrò occasione di parlare in quella parte, nella quale esporrò i rapporti passati fra il Vicariato e le Cong.ni Religiose dipendenti: b) provare l'opportunità, anzi la necessità delle spese fatte: ma le principali di queste essendo avvenute per le fabbriche di Cairo, Khartum e Obeid, avrò occasione di parlare di queste al Nº. 2. del rapporto sulla condotta dei PP. Carcereri e Franceschini. Del resto, credo di potermi dispensare dal provare la necessità delle spese fatte per l'aprimento della Missione in Gebel Nuba, e per dotare di sufficienti risorse stabili gl'Istituti di Verona eseguite, dietro il mio ordine, dall'accorto Rettore e bravo Economo dei medesimi, D. Antonio Squaranti.


[4168]
Grave disturbo, e spesa grave importano pure le quotidiane provvigioni; e siccome queste non si ponno fare che in Egitto, come le fece fino ad ora, dietro domanda mia, annualmente il Superiore degl'Istituti di Cairo, così alle spese delle copiose provvigioni per vitto e vestito, tele, ferramenti, legname ecc. devonsi unire quelle pei trasporti fino a Khartum, e da Khartum alle singole stazioni su barche o cammelli. Tutte queste non debbonsi poi separare dalle particolari spese che ogni stazione, in aggiunta alle dette provviste generali, deve fare quotidianamente alle botteghe sudanesi, e dalle spese pei viaggi di missionari e Suore dall'Europa a Cairo, da Cairo a Khartum, da Khartum alle singole stazioni.


[4169]
Che se a tutte queste diverse spese aggiungesi il riguardo della lunghezza dei viaggi fino a cinque e più mesi, dei missionari che debbono vivere sulle provvigioni generali, della difficoltà di aver presto le provviste da Cairo, e quindi della necessità di comperare agli elevati prezzi del Sudan alle botteghe sudanesi, della diversità dei bisogni delle singole stazioni, e del valore diverso delle monete minori nei diversi paesi e nei tempi diversi dell'anno: si comprenderà facilmente non inconsiderevoli essere le spese del Vicariato dell'Africa Centrale, né così facile l'amministrazione. Ad ogni modo, da nessun debito è gravato il Vicariato; e ogni Stazione, e ogni stabilimento fu provveduto sempre fino a qui del necessario, senza tuttavia spendere con eccesso o senza necessità, né in costruzioni, né in viaggi, né in provvigioni ecc.


[4170]
Senonché un missionario, che, distinto dal Superiore supremo, all'amministrazione generale venga propriamente addetto, potrebbe più facilmente dirigere e governare le molteplici spese; ed è per ciò che un opportuno Sacerdote a tale uffizio ho già eletto e nominato, essendo io d'altronde assai aggravato da tutte le altre capitali mansioni annesse all'ufficio di capo supremo di sì laboriosa missione. Il Vicariato poi dell'Africa Centrale, grazie alla poderosa assistenza dell'inclito Patriarca S. Giuseppe, che dell'Africa Centrale divenne il vero Economo, dopo che il S. Padre lo proclamò Protettore della Chiesa Cattolica, non mancherà mai di sufficienti risorse. Al momento in cui scrivo, non solamente io non ho nessun debito né in Africa né altrove; ma tutte le Missioni del Vicariato sono abbastanza munite per tutto quest'anno 1876 di denaro e provvigioni; e di più, ho 20,000 franchi in oro fruttanti il sei per cento presso il Banchiere inglese Brown qui in Roma, oltre al denaro necessario per la prossima spedizione di Missionari e di Suore in Egitto.


[4171]
Come mai si potrà dubitare della Provvidenza divina, e di quel solerte economo S. Giuseppe, che in soli otto anni e mezzo, ed in tempi sì calamitosi e difficili, mi mandò più di un milione di franchi per fondare ed avviare l'opera della Redenzione della Nigrizia in Verona, in Egitto, e nell'Africa Interna? I mezzi pecuniari e materiali per sostenere la Missione sono l'ultimo dei miei pensieri. Basta pregare.


[4172]
IV. Difatti oggi il Vicariato possiede le seguenti annue risorse stabili:

a) il giardino di Khartum, che produce netti annui fr. 3,000

b) il prodotto di due magazzini in Cordofan... " 500

c) l'annua elemosina stabile di un piissimo

Canonico siciliano per mantenere 30 moretti " 4.000

d) rendita di 2000 fiorini della nobile famiglia

del Principe regnante di Liechtenstein di Vienna,

fondo secolare pel riscatto degli schiavi, e da

quattro anni, dietro le pie pratiche con quella

serenissima famiglia,

devoluto all'Africa Centrale: pari a " 4,500

e) elemosine di Messe dei Missionari,

calcolate in minimum... " 3.000

f) frutto del Legato di 50.000 fr. lasciatomi

dal Ducadi Modena, che riscuoterò certo

in Ottobre, secondo che mi assicurò, due settimane

fa, il Conte diChambord, esecutore testamentario,

e che certo fonderò col prodotto annuo di " 3.000

-------

"18.000


[4173]
Oltre alla piccolissima rendita delle parrocchie, vi è la prospettiva di prossimi vistosissimi legati, cui convertirò in rendita fissa.

Vi sono inoltre particolari miei Benefattori, ricchissimi Principi, che si mostrano sempre più generosi. Ma prescindendo pur da tutto questo, vi sono le Società benefattrici di Europa, che nei quattro scorsi anni, dacché io sono Pro-Vicario Apostolico, mi hanno dato in via media ogni anno:

La Propagazione della Fede di Lione e Parigi... fr. 50.000

In Colonia la Società dei neri... " 20.000

In Vienna la Società di Maria, dell'Immacolata

Concezione, della S. Infanzia;

di S. Lodovico in Monaco

ecc. ad minimum contribuirono... " 20.000

--------

" 90.000


[4174]
Ora per sostenere la Missione, senza calcolare le spese straordinarie delle fabbriche ecc. bastano soli 50,000 fr. compresi i viaggi, il mantenimento delle stazioni ecc. Quindi finché continuano le offerte delle Società di Europa come in passato (e v'è anzi la prospettiva che aumentino), io posso erogare l'avanzo in fondare capitali stabili, e in provvedere ai progressi della Missione. Che se avvenisse un cataclisma in Francia, che annichilisse le offerte della Propagazione della Fede, a me resterebbero le risorse di Colonia e di Vienna, ossia della Prussia, e dell'Austria. Se succedesse un cataclisma in Prussia, mi resterebbero le risorse di Lione e di Vienna. Se nell'Austria succedesse un cataclisma, mi rimarrebbero le risorse di Francia, e di Prussia.


[4175]
Che se succedesse un cataclisma in Francia, in Prussia, e in Austria, allora coll'Africa Centrale subirebbero la medesima sorte tutte quasi le Missioni del mondo. Allora rimarrà sempre S. Giuseppe trionfatore di tutti i cataclismi dell'universo; e per mio conto la speranza rimarrà sempre inconcussa. Ciò tutto per le Missioni interne dell'Africa Centrale, non compresi gl'Istituti di Verona, i quali hanno possedimenti al loro mantenimento.

Quanto si espose fin qui, posto in aggiunta al Rapporto presentato nel p.p. aprile, credo che basti per provare a sufficienza il carattere di stabilità assunto dalla Missione dell'Africa Centrale: quindi è che tosto passo ai



Rapporti che passano fra il Vicariato e

le Congregazioni Religiose dipendenti




[4176]
Nel Vicariato lavorano in aiuto dei Missionari del mio Istituto di Verona:

1. Le Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione.

2. I Religiosi dell'Ordine di S. Camillo de Lellis.

Quanto alle Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione, la convenzione fra me e la M. Generale stipulata nell'agosto 1874 fu eseguita dalle due parti con reciproca soddisfazione. Sul principio fuvvi qualche difficoltà riconosciuta da me e dalle rispettive Superiore degli stabilimenti femminili, attese le circostanze particolari dei luoghi. Ma poi si è tutto fatto da ambe le parti secondo lo spirito della convenzione con piena soddisfazione della M. Provinciale residente a Khartum. Del resto, per ciò che riguarda allo zelo, abnegazione, ed attività, cui dispiegano in generale queste Suore nelle Missioni dell'Africa Centrale, io non me ne posso che lodare, in quella guisa che esse sono in generale soddisfatte del modo conveniente, con cui io rispondo alle operose lor cure.


[4177]
Quanto ai Religiosi di S. Camillo, dico: a) che la convenzione stipulata fra me e il R.mo P. Guardi ai 24 agosto 1874 fu da me esuberantemente eseguita. b) che dal P. Carcereri, Prefetto della casa Camilliana in Berber, non fu adempiuta in alcune parti sostanziali; anzi l'avere il Carcereri mancato ai proprii doveri, mi cagionò spese abbastanza rilevanti.

a) Quoad primum: Il P. Carcereri così mi scriveva da Roma ai 17 di luglio 1874: "E' certo il mio primo dovere di ringraziarla con tutto il cuore della convenzione da Lei redatta e sottoscritta per la nostra canonica esistenza come Missionari Camilliani nell'Africa Centrale... adesso sta a Lei preparare la casa e cappella in Berber... almeno dieci stanze ci vorrebbero, e luoghi annessi, cucina, refettorio, ricevimento... e poi Cappella, e se é possibile locali per la scuola, infermeria ed educandato."



Allegato A


[4178]
Se si consideri che in Berber il numero di cattolici non sorpassava allora, come non sorpassa adesso, il numero di sei, vedesi ben tosto come troppo larghe erano le pretensioni. Ma meno male avesse conceduto un po' di tempo; annunziò, e volle che subito si comperasse, o si fabbricasse una tal casa. Così difatti scriveva da Verona al Superiore degl'Istituti di Cairo in data 18 agosto 1875. "Colla posta ventura le manderò copia della convenzione Camilliana già ultimata e sottoscritta dal Vescovo di Verona, dal P. Guardi e dal Cardinale. (La convenzione invece è datata il 24 agosto 1874): avrà la bontà di trasmetterla a Mgr. Pro-Vicario subito, con preghiera che faccia subito apprestare la casa di Berber, essendo desiderio di Propaganda e del Generale, che al nostro arrivo si effettui la installazione canonica.



Allegato B.


[4179]
Che V. E. abbia dato quest'ordine, io non credo; certo è ch'io a queste notizie mi stetti fermo a Khartum, perché non giudicai prudente avventurarmi in nuove spese (in aggiunta alle tante in mezzo alle quali mi trovava, e sprovvisto di sufficiente danaro, colpa il P. Carcereri, come si vedrà più sotto), prima di aver ricevuto ufficialmente dalla Propaganda la convenzione. Già da alcuni mesi io avea scritto al Carcereri che conducesse intanto i suoi correligiosi a Khartum, ove sarebbero rimasti solo fino a tanto, ch'io avessi provveduta ed allestita la casa loro in Berber.


[4180]
Egli invece ai 27 settembre così mi scriveva da Cairo: "Mi tengo sicuro che al mio arrivo in Berber, tutto sarà ivi apparecchiato per la nostra installazione: su ciò non posso transigere, e molto meno condurre i miei Correligiosi in via provvisoria a Khartum, come pare Lei bramasse; stanteché il contratto deve avere la sua esecuzione per lo meno al 1. gennaio, come vedrà nell'approvazione di Propaganda..... abbia la bontà di far subito approntare la casa per noi in Berber, in modo che per la fine di novembre sia pronta e in ordine."



Allegato C


[4181]
E ai 4 di ottobre il P. Carcereri scriveami così reciso da Cairo: "Le dico chiaro che io non trasporto per nulla i miei Correligiosi a Khartum, e che, se non trovo apprestata la casa di Berber, ritorno con essi indietro a darne conto a chi ne ha diritto".



Allegato D


[4182]
Questo linguaggio tiene con me il P. Carcereri in altre lettere, e in una al P. Franceschini, che me la lesse, in cui dichiarava che voleva pel novembre una gran casa con 13 stanze, sale, scuole, infermeria, chiesa, farmacia, giardino ecc.

Ora mi si permetta una osservazione. Ai primi di novembre, in cui ricevetti ufficialmente la Convenzione Camilliana, coll'incarico di mantenere le altre Stazioni, e coll'obbligo di provvedere la casa di Berber. Io stava senza danaro a tutto ciò sufficiente, perché il P. Carcereri avea sforzato il Superiore di Cairo con lettere minacciose dall'Europa, e a voce poi in Cairo a consegnare a lui tutto il danaro mio, che voleva portarmelo egli stesso, proibendogli di spedirmelo col solito tramite più sicuro e più pronto del Governo Egiziano; per la qual cosa non già un mese, ma quattro mesi ritardò ad essermi consegnato. La notizia ufficiale della Convenzione non mi giunse che ai primi di novembre; e il P. Carcereri che sapeva esser debole la mia cassa, pretendeva che alla fine di novembre io avessi già comperata ed allestita una casa quale egli minacciosamente reclamava. Un tal fatto spiega il carattere del P. Carcereri.


[4183]
Mi sembra che quando Propaganda approva una Convenzione per la fondazione di una casa Religiosa in terre sì remote, ove mancano affatto le arti e le comodità dell'Europa, s'intende che concede al capo della Missione il tempo necessario, fosse pure di un anno, per tradurre in pratica il concepito progetto. Tuttavia il P. Carcereri non volle investirsi della mia posizione, e con indecorosa pretensione, così subito mi obbligava ad intraprendere una compera o una fabbrica, pel momento, difficile. Negli affari ci vuol tempo, e calma. Io poteva prendermi tempo; tuttavia pro amore pacis, conoscendo a fondo il carattere del P. Carcereri, feci ogni sforzo per accontentarlo.


[4184]
Volai a Berber, lontana 15 giorni da Khartum. Il Signore mi fece trovare in questa città una delle più vaste e solide case; mi risolsi a comperarla subito, benché se avessi avuto un paio di mesi di tempo, l'avrei potuta pagare a miglior prezzo; la pagai 25.200 Piastre Berberine; v'installai il P. Franceschini con un mio laico; e nel medesimo mese di novembre tornai in Khartum. La casa bene allestita e provveduta fu di piena soddisfazione del P. Franceschini, che ne fece la descrizione in una lettera al suo Generale, e della quale, col permesso del Franceschini, io mandai copia a V. E. R.ma. Fin qui io ho adempiuto più che esuberantemente la Convenzione.


[4185]
Inoltre l'articolo X. di questa stabilisce che il Vicariato deve contribuire annualmente alla casa Camilliana di Berber Fr. 5000 in una o due rate semestralmente anticipate. Anche questo io eseguii.

Difatti, per ciò che spetta al primo anno dal 1 marzo 1875 al 1 marzo 1876, io nel primo mese ho anticipato subito, calcolando le spese fatte dal Carcereri in Europa pei suoi Correligiosi e da lui riconosciute, l'intero anno. E siccome il P. Carcereri non volle riconoscere certe somme spese a mio carico, dicendomi che quelle non da lui, ma dal suo Generale devono venir pagate, nel giugno, cioè, nel quarto mese incaricò l'Amministratore della Casa Camilliana di Berber, il P. Franceschini, a rivedere e chiudere i conti.


[4186]
Difatti il P. Franceschini, esaminato tutto, mi rilasciò regolare ricevuta da pieno saldo dei conti fino al 1 marzo 1876 come ho annunziato a V. E. da Khartum, obbligandomi io ad anticipargli 2000 Fr. (come gli ho anticipati) sugli assegni futuri. Ma siccome il Carcereri non riconobbe il fatto dal Franceschini, ad onta delle lettere di questo e dell'altro Camilliano, P. Alfonso Chiarelli, che assicurava al P. Carcereri avergli io donato molto danaro di più su quel conto per amore di pace; per togliermi da simile molestia, gli rilasciai, con altro danaro, i 2.000 Fr.; e lo pagai a modo suo, e al 1 gennaio di quest'anno mi lasciò regolare ricevuta, e si dichiarò soddisfatto. Io, a dir la verità, perdetti in ciò non poco danaro; ma tutto feci nella speranza di miglior avvenire.


[4187]
Riguardo poi al 1. semestre di quest'anno 1876 dal 1 marzo al 1 settembre, dichiaro di averlo pagato; ed ecco come. Il Vicariato in Khartum ricevette sempre il danaro da Cairo per mezzo del Governo. Dovendo il Pascià Governatore a Khartum passare al Kedive le rendite di tutti i possedimenti egiziani in Sudan, accetta volentieri le cambiali del Ministero delle Finanze di Cairo, per pagarle a colui pel quale ne riceve l'ordine. Siccome poi v'era la guerra col Darfur e l'Equatore che richiedeva molte spese, così il Kedive ordinò al Governatore generale del Sudan, Ismail Aiub Pascià, di erogare per le guerre le rendite del Sudan. Per questa ragione il Ministero delle Finanze di Cairo non accettò l'incarico, pel momento di far pagare le mie somme a Khartum, come consta dalla lettera scrittami dal Console Austriaco di Cairo, di cui ecco un piccolo brano: "Mi rincresce di non poterle inviare il gruppo di 100 Napoleoni d'oro, perché il Ministero delle Finanze egiziane dichiara di non poter disporre momentaneamente di tale somma in Khartum".



Allegato E


[4188]
Dinanzi a tale difficoltà per far giungere il danaro della Missione nel Vicariato, io ho provveduto pel momento nel modo seguente: una generosa signora di Berber, ch'ebbe sempre ottimi rapporti con me e coi Pro-Vicarii miei predecessori, avendo da fare alcune spese in Cairo per Franchi circa 14.000, al mio passaggio da Berber nel 1 gennaio di quest'anno, la pregai d'incaricar me per questo, e di lasciare che io spenda della mia cassa di Cairo la surriferita somma, e di ritenere in cassa sua a Berber i Franchi 14.000, affine di trasmetterli poscia nelle nostre case del Vicariato dietro mio ordine. Si noti che le chiavi delle casse del denaro di questa Signora cattolica le tiene e conserva il P. Carcereri, perché i servi e gli agenti, che ha questa signora in casa, son tutti ladri. Perciò ogni volta che vuole estrarre dalla cassa una somma, deve dipendere dal P. Carcereri, il quale porta le chiavi, ed assiste mentre gli agenti estraggono il danaro, essendo essa inferma.


[4189]
Ora fino dal 7 febbraio io diedi ordine a questa signora di pagare a Carcereri l'anticipato semestre di 2500 Fr. sul mio credito, e nello stesso tempo avvisai il Carcereri di ritirare dalla signora predetta il suo semestre. Io so che le mie lettere giunsero in Berber ai 2 di marzo. Questa signora fu sempre pronta ad esaudirmi; d'altro lato il P. Carcereri ha le chiavi della sua cassa; e non ha che da aprir bocca per avere da questa signora qualunque somma. Fu dunque con mia somma meraviglia, che udii dal R.mo P. Guardi nello scorso maggio che il P. Carcereri fino al 5 aprile non avea potuto ritirare il semestre. Io lo rimisi al P. Franceschini, che era con lui alla Maddalena, per informarsi bene, se fosse possibile che il Carcereri non abbia ricevuto il danaro. Ad ogni modo per parte mia sembrami d'aver fatto il meglio per soddisfare al mio dovere. Fare di più è impossibile, poiché non v'ha altro mezzo.


[4190]
b) Quoad secundum. - Il I. articolo della Convenzione stabilisce che i Camilliani da destinarsi all'Africa Centrale devono avere già fatta la professione dei quattro voti proprii dell'Ordine. Ora il P. Carcereri, coll'autorizzazione del suo R.mo P. Generale, condusse in Vicariato i seguenti individui vestiti da Religiosi Camilliani, i quali non solo non aveano fatto i quattro voti proprii dell'Ordine, ma neanche il Noviziato, come consta dallo scritto autografo del P. Carcereri, speditomi a Khartum ai 30 aprile 1875.



Allegato F


[4191]
1. Fr. Giuseppe Righetti d'anni 36: munito della lettera d'obbedienza dal Generale, col permesso di fare a Berber il noviziato.

2. Fr. Giuseppe Bergamaschi d'anni 40, che, membro del mio Istituto di Verona, giurò di servire per 10 anni sotto di me la missione dell'Africa Centrale. Fu vestito dal P. Carcereri in Cairo coll'abito Camilliano, e ciò senza aver fatto motto né a' miei rappresentanti, né a me, ma però col permesso del R.mo P. Guardi.


[4192]
La ragione per cui nella Convenzione io ho voluto che non sia destinato nessun Camilliano per l'Africa senza che abbia fatto i quattro voti dell'Ordine, fu per essere sicuro della vocazione dei Religiosi, affine di non spendere il danaro inutilmente conducendoli in Africa senza vocazione. Così avvenne del suddetto Bergamaschi, che dopo d'aver viaggiato a mie spese da Verona a Cairo, da Cairo a Khartum e Berber, in questi ultimi mesi, gettato l'abito Camilliano, fuggì da Berber e si rifugiò nella Missione di Khartum. Il P. Carcereri voleva che io riconoscessi il Noviziato di Berber. Io mi vi rifiutai decisamente quanto ai postulanti che sarebbero venuti dall'Europa, perché, dissi, "le enormi spese di viaggio dall'Europa all'Africa di questi sono certe; la loro buona riuscita è incerta" come difatti si verificò nel Bergamaschi, pel quale spesi io già più di 1000 franchi inutilmente, ed a causa della testa gloriosa di Carcereri.


[4193]
Il III. articolo della Convenzione prescrive che i Camilliani sieno a piena disposizione del Pro-Vicario, che può destinarli in qualunque ufficio e stazione del Vicariato.

Il P. Carcereri sarebbe mancato a questo, sotto pretesto che la Propaganda (???) ordinò che tutti devono restare per un anno a Berber. Mancò: a) col negarmi nell'aprile il P. Franceschini. Mel concesse dopo varie istanze; b) col negarmi in gennaio il P. Alfonso Chiarelli per Khartum, sotto pretesto che dovea stare a Berber per confessare suo fratello, il P. Battista, perché non voleva questi confessarsi dal P. Camillo Bresciani, perché troppo giovane.


[4194]
Il VII. articolo affida ai Camilliani la cura ordinaria parrocchiale di visitare i cattolici delle province di Suakin, di Taka, e del regno di Dongolah. In 16 mesi dacché ebbe effetto il Contratto, nessuno di questi luoghi fu visitato. Io nel tornare in Europa ho visitato la città di Suakin, e aggiustati gli affari religiosi, vi celebrai la prima Messa che sia mai stata celebrata in quella città del Mar Rosso.


[4195]
Nel XVI. ed ultimo articolo è prescritto che ogni anno il Superiore dei Camilliani presenti al Pro-Vicario Apostolico un Rapporto su Berber, e sull'andamento dell'Opera Camilliana, che dal medesimo deve poi essere trasmesso in Propaganda con osservazioni proprie. In 16 mesi da che è eretta la casa Camilliana, il P. Carcereri non mi ha presentato nessun Rapporto, e per conseguenza non posso trasmetterlo a V. E. R.ma.


[4196]
E qui, senza più allungarmi, credo di poter conchiudere:

a) che da ambe le parti con reciproca soddisfazione si adempì la Convenzione riguardante il Vicariato e le Suore.

b) che da me eseguita la Convenzione coi Camilliani per quanto mi riguarda, non interamente fu eseguita dal P. Stanislao Carcereri.



Condotta dei PP. Stanislao Carcereri e Giuseppe Franceschini

in ordine al Vicariato.


[4197]
Quando nel 1874 io ho consentito di stipulare una Convenzione coll'Ordine di S. Camillo de Lellis, il mio unico scopo fu puramente di aumentare nell'immenso mio Vicariato il numero de' buoni operai evangelici, che mi aiutassero a salvare un maggior numero di anime, e di secondare nello stesso tempo il desiderio della Propaganda (com'è notato in qualche lettera, che il P. Carcereri mi scrisse da Roma, e che qui riporterò), secondo il quale io dovea fondare nel Vicariato una Casa Camilliana, perché coadiuvasse i miei Missionari in quelle opere, che sono proprie dello spirito del loro Istituto, che è l'assistenza degl'infermi.


[4198]
E' vero che io m'accorsi fino da principio che il Carcereri aspirava a scuotere un giorno la dipendenza dal Pro-Vicario Apostolico, ed a fare sua la Missione affidata all'Istituto di Verona. Ma io non credetti mai che egli vi potesse riuscire:

1. perché la natura delle opere dell'Istituto Camilliano porta seco necessariamente la dipendenza, nella cura di anime, dagli Ordinari; 2. perché non credetti mai che la S. Sede consentisse ad affidare una Missione indipendente a quest'Ordine, che mai ebbe Missioni, né governo di Diocesi, da S. Camillo fino ad oggi; ma sempre lavorò sotto la dipendenza quoad curam animarum dei rispettivi Ordinari; 3. perché nelle condizioni in cui si trova il Vicariato dell'Africa Centrale, è necessario che uno solo sia il capo di quelle Missioni, fossero pure cento; e ciò credo che sarà necessario per molti lustri, e forse per un secolo; perché se vi fossero più capi, e non camminassero secondo un solo e medesimo principio, correrebbero tutte pericolo di essere distrutte, per diversità di rapporti coi Governatori militari del Sudan; 4. perché dalla esperienza, che ho fatta in questi otto anni, condivido la ferma opinione del sapientissimo Vescovo di Verona, Monsig. Canossa, e di molti altri personaggi, che l'Ordine di S. Camillo, attesa la sua natura e scopo speciale, non è atto a sostenere tutta a sé un'intera Missione, e molto meno quella dell'Africa Centrale, che è la più ardua e laboriosa dell'universo.


[4199]
Tuttavia per fare sperimento di ciò che può fare l'Ordine Camilliano nell'Africa Centrale, ho consentito di fondare la Casa di Berber pei Camilliani, e di stipulare col R.mo P. Generale Guardi una Convenzione ad quinquennium, per esperimentare in questi cinque anni quale vantaggio possano recare i Camilliani alla Nigrizia; affinché nel caso di una vera utilità, io devenissi ad un nuovo Contratto stabile; e nel caso che fossero d'insignificante vantaggio o di danno, si rimandassero in Europa.


[4200]
Ora i PP. Carcereri e Franceschini, non solo hanno tentato di rendersi indipendenti dal Pro-Vicario Apostolico prematuramente, ma hanno fatto ogni sforzo per abbattere l'opera mia, e per erigere sulle rovine della medesima l'opera Camilliana; e ciò colla calunnia, coi mezzi illeciti, e nella maniera più riprovevole. A provare la verità del mio assunto potrei estendermi assai lungamente; ma al penetrantissimo accorgimento, e alla profonda sagacità di V. E. R.ma basterà che io sottometta alcuni documenti autografi, che conservo ancora, con qualche breve osservazione solamente.


[4201]
Dapprima egli tentò di distruggere gl'Istituti preparatorii e di acclimatizzazione di Cairo; e ciò contro la mia volontà, e ingannando me e la Propaganda. E qui è d'uopo premettere, che nel 1872 dopo nominato Pro-Vicario Apostolico, non accettai il consiglio di Monsig. Ciurcia Vicario Apostolico d'Egitto, che mi suggeriva di annullare l'Istituto femminile di Cairo, e di mettere a dozzina nel Convento delle Suore del Buon Pastore le mie Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione destinate per l'Africa Centrale. Quindi partii per l'Africa Centrale ed egli mi mandò a dire per mezzo del Superiore de' miei Istituti di Egitto, che io dovea venire ad una Convenzione con lui sul modus vivendi de' miei Istituti di Cairo. Io spedii a Cairo la Convenzione; ma non se ne fece nulla.


[4202]
Quando il P. Carcereri nel 1874 partì per l'Europa, lo incaricai, ed egli accettò, di stipulare la voluta Convenzione, come apparisce dalle lettere scrittemi da lui medesimo da Cairo in data 8 e 13 marzo 1874. "Lunedì scorso fui da Monsig. Ciurcia.... introdotto il discorso della Convenzione, mi rispose che già D. Comboni dovea averne avuto la risposta da Propaganda.... Io risposi solo che quand'era così che S. E. voleva stare al ius comune, non si capiva facilmente come fu chiesta la Convenzione, non era bisogno scrivere ciò ch'era stampato." Egli allora sentendo la forza dell'osservazione, rispose: "ma volete voi ch'io mi faccia dar dell'asino dal mio Successore?" io tacqui ed egli anche.



Allegato G


[4203]
"Lunedì scorso, come Le avea promesso nell'ultima mia, fui da Monsig. Delegato e gli diedi un altro colpo. Egli si diffuse a spiegarmi che la Convenzione sarebbe inutile anche quando la si volesse fare.... Dunque è egli che rifiuta ora la Convenzione, e indirettamente loda Lei perché non l'ha fatta, e condanna se stesso che la voleva con tanta insistenza. Non mancai, si sa, di fargli conoscere la sua contraddizione con bella maniera, sì, ma inutilmente. Io posseggo due documenti suoi per mostrarlo in contraddizione in Propaganda nel caso....."



Allegato H


[4204]
Di qui apparisce che il P. Carcereri non fu incaricato da me a togliere gl'Istituti di Cairo, ma di stipulare col Delegato Apostolico la Convenzione, la quale suppone l'esistenza dei medesimi. Quando invece da Roma mi scrive la prima volta in data 7 aprile 1874 così: "Vengo da Propaganda.... ho risposto comme il faut per la Convenzione coll'Arcivescovo, e mostrai una lettera autografa in cui si confessava di non sapere da chi dipendessero in spiritualibus le Suore; ciò che provava aver egli provocata la Convenzione. Crollarono la testa; ma dissermi aver io fatto bene a togliere gl'Istituti di Cairo, e ne vogliono atto in Propaganda."

Allegato I


[4205]
Colpito io da questa prima inaspettata notizia di questo fatto accalorato pur da Propaganda, ricevetti, pochissimi giorni dopo, da D. Rolleri, Superiore degl'Istituti di Cairo, la lettera che da Roma in data 18 aprile 1874 a lui scriveva il P. Stanislao, nella quale leggesi: "Il nuovo Contratto colle Suore è già convenuto in massima; manca la sottoscrizione formale, che faremo, spero, lunedì prossimo... Per le Suore è convenuto che in Cairo, nessuna: le aspiranti all'Africa Centrale saranno accolte all'ospedale, pagando noi il loro vitto. Gli ordini all'uopo saranno impartiti dopo la sottoscrizione del Contratto... Non dica nulla per ora alle Suore di ciò, ma faccia con prudenza e segretezza, almeno finché la Generale scriverà loro; il che farà dopo la sottoscrizione, cioè nella ventura settimana..."



Allegato J


[4206]
La distruzione adunque degl'Istituti di Cairo stava per effettuarsi, e ne annunzia in proposito la definitiva decisione tradotta già in pratica dalla Generale. Così gli scrive difatti da Verona in data 11 maggio: "..Per la casa se v'è speranza del terreno, di cui mi parla, lo accetti; trattasi ora di una semplice casa pei Missionari, ché le Suore staranno all'ospedale colle altre mediante una pensione. Parlo delle Suore che devono acclimatarsi, e hanno l'obbedienza per l'interno: le altre sono state già messe a disposizione della Generale..."



Allegato L


[4207]
Se la distruzione degl'Istituti di Cairo sia stata veramente consigliata da Propaganda, e sia stata veramente convenuta colla Generale, e n'abbia questa cominciato ad effettuare la presa decisione, come rivelasi dalle citate lettere del P. Carcereri, io non l'ho creduto; certo è che il P. Carcereri così scrisse. Come pure scrisse a D. Rolleri che la Propaganda voleva a tutti i costi affidare a lui una Prefettura Apostolica nel Vicariato indipendente dalla mia giurisdizione; ma che egli essendo galantuomo decisamente rifiutò, anzi dovette spedire in Propaganda il suo R.mo P. Generale Guardi per pregare Sua Eminenza a dispensarlo da detta Prefettura (???).



Allegato K


[4208]
Dalle tre surriferite lettere chiaramente apparisce altresì che il P. Stanislao avesse convenuto di togliere gl'Istituti di Cairo, non già provvisoriamente per quell'anno, ma stabilmente per sempre. Che poi il P. Stanislao contro la mia volontà a ciò intendesse, evidentemente deducesi dalla lettera ch'egli scriveva a D. Rolleri da Verona in data 18 agosto 1874: "Io ho pensato con Lei che sia veramente una spesa inutile così quattro come due Suore in Cairo permanenti senza aver nulla a fare, mentre si può supplire ottimamente come fu fatto nella Convenzione già firmata e sottoscritta.... In Propaganda mi hanno dato tutti ragione di non tenere una passività permanente in Cairo."



Allegato M


[4209]
Ciò posto, non può esser vero ciò che rispose alla Generale, come mi scrive da Roma in data 3 luglio 1874: "La M. Generale mi ha accusato.... di aver messo in libertà da un momento all'altro le Suore.... Dissi che in aprile pregai la Madre Generale di ritirare le Suore che non voleano venire nell'interno; e restandone una sola con disposizione di venirci se glielo ordinavano, la pregai di darle l'obbedienza definitiva, e di permetterle di unirsi alle altre Suore fino al settembre, in cui l'avrei meco condotta.... essendo sola, poteva unirsi colle altre provvisoriamente a spese della Missione. Adesso dice che io le ho messe sulla strada?"



Allegato N


[4210]
Né può essere vero ciò che con giuramento mi attesta nella sua da Verona 26 giugno 1874, ch'egli cioè convenne con la Generale il trasporto delle Suore all'ospedale per quella sola volta fino alla sua partenza per l'interno. Riporto poi gran parte della citata lettera, come quella che colla inflessibilità del carattere del P. Carcereri, rivela altresì l'odio suo contro la Generale di quelle Suore, contro le quali protesta in varie altre lettere che, facciano bene o male, per lui possono andare ad impiccarsi, che gli sono diventate esose ed antipatiche così, da non considerarle più che una cosa; inutili, oziose, ecc. ecc. "La M. Generale giuoca, o vuol giuocare Lei, me, e tutta l'Africa Centrale. Giuro che ho convenuto pienissimamente con Lei: 1. il trasporto delle Suore hac vice all'ospedale, fino alla partenza per l'interno mediante dozzina; 2. il nuovo contratto. Essa me ne fece ora un'accusa alla Propaganda; ma, poverina essa!... crede che il P. Stanislao sia come Monsig. Comboni, e ignora invece che io sono un Cimbro.


[4211]
L'ho acconciata per benino coi documenti, e adesso mi affretto di andare a trovarla in casa sua, tanta è la paura che ne presi. Questa volta si è impiantata molto male; il Card. Franchi non è Barnabò: è più mio che suo. Se ne accorgerà col fatto. Non so se a Lei abbia scritto nulla. Ma per sua regola non giudichi senza sentire anche la mia campana, non tema, ché io son Cimbro: Indrio ti e anca muro. (1) Giudicherà poi. Ho fatto calare il muso a più di uno; quando ho ragione sono una bestia, non la vince nessuno. Poverina! se non ne ha mai fatto, questo è il primo fiasco solenne che fa. Ha comandato a bacchetta abbastanza sotto Barnabò; adesso è un'altra epoca, ch'essa non conosce ancora, ed io ho ustata come un can da tartufole..."



Allegato O


[4212]
Apparisce da questa lettera che il P. Stanislao fu dalla Generale accusato in Propaganda. Se ciò avvenne, non potè avvenire che dietro a una lettera da me scritta alla Superiora delle mie Suore in Cairo, nella quale io dichiarava non esser mia volontà che le Suore passino all'ospedale, ma che restino nell'Istituto, e quindi a quella Superiora io ingiungeva di non muoversi, se non dietro un avviso di Propaganda. A scriver questa lettera fui mosso io dalla notizia del prossimo trasloco delle Suore all'ospedale pei primi di luglio, come apparisce dalla citata lettera del P. Stanislao in data 11 maggio 1874. A scrivere la predetta mia alla Superiora degl'Istituti di Cairo, e non al P. Stanislao, fui costretto dalla necessità, giacché per aver avuto io tardi la notizia del trasloco, non era altrimenti più in tempo per impedirlo scrivendo in proposito al P. Stanislao.


[4213]
La Superiora suddetta dovette spedire la mia lettera alla Generale, e questa dovette usar forse di quella mia, per distruggere in Propaganda ciò che contro la mia volontà era stato convenuto. Ciò premesso, non so con quanta ragione il P. Carcereri se ne lamenti meco tanto, da rinunziare la dignità di Vicario Generale, da dichiararsi indifferente a tutti i futuri avvenimenti del Vicariato ecc., e ciò con amarezza e irriverenza. Vorrebbe giustificarsi; ma per ragioni non adduce che contraddizioni, come là nella citata sua a D. Rolleri in data 18 agosto 1874, dove dice: "La imprudenza di compromettermi davanti alla Generale, davanti alla Superiora di Cairo, senza udirmi, e fidandosi delle relazioni di queste su un punto che non era ancora conchiuso, mi dà molto a pensare."



Allegato M


[4214]
Non adduce che vane pretensioni, come nella medesima a D. Rolleri "ad affari finiti, e quando si sono intese ambe le campane, si giudica e non prima" come se 1º non fosse stato egli che scrisse che tutto era convenuto, e 2º per impedire un fatto, si debba aspettare dopo il compimento del medesimo.


[4215]
Dal fin qui detto chiaramente apparisce aver tentato il P. Carcereri di distruggere contro la mia volontà, gl'Istituti di Cairo, e di aver egli usato, per poi giustificarsi, della menzogna, e della contraddizione. Dalla lettera poi che mi scrive a riguardo della Generale, apparisce evidentemente l'inflessibilità del suo carattere, l'astio concepito contro la medesima. Ciò viemmeglio si riconoscerebbe, se l'amore di brevità non m'imponesse di omettere la citazione di varie altre lettere del P. Carcereri a riguardo della Generale e delle Suore. Molte lettere poi scritte a me, e ad altri contro di me, mettono in chiaro la superbia, lo spirito di dispotismo del P. Stanislao e la sua irriverenza concepita contro di me.


[4216]
A questo riguardo una sola sua lettera riporterò scrittami da Torino in data 18 maggio 1874 per un affare, cui brevemente esporrò, di una certa mora di nome Marietta Maragase, intrinseca di certa Suor Caterina Valerio ex-francescana, che, pregato da piissima persona benefattrice, io condussi da Marsiglia in Cairo, perché entrasse nel Convento delle buone terziarie francescane, ove dicevasi accettata; e presso le quali per ragioni a me ignote non essendo entrata, ricevette ospitalità presso le mie Suore di S. Giuseppe: donde uscì dopo tre mesi, per dirigere la scuola femminile di Cairo Vecchio in una Casa annessa alla Parrocchia latina francescana, aiutata da alcune mie Istitutrici negre e da mia cugina Faustina.


[4217]
Queste due donne, cioè, Marietta e la ex Suor Caterina furono, io credo, la cagione prima del pervertimento e della demoralizzazione dei due Padri Carcereri e Franceschini: la qual cosa è avvenuta mentre io stava lontano, cioè, mentre io sono rimasto per due anni e mezzo in Europa, dal 15 marzo 1870 al 15 settembre 1872, pegli affari di sopra enunciati pella Missione; durante il qual tempo il P. Stanislao Carcereri dirigeva in mia assenza i miei Stabilimenti di Cairo. Questa Suor Caterina Valerio era stata per dieci anni Maestra delle Novizie delle terziarie di S. Bernardino, e sempre mi ripeteva che dovette uscire dal suo Convento in seguito alla soppressione degli Ordini Religiosi in Italia. Ma quando in Europa fui assicurato che essa stessa chiese ed ottenne il rescritto di secolarizzazione, e che dall'Egitto non ebbi troppo buone relazioni sul suo conto, ne ordinai l'espulsione dal mio Istituto, che feci eseguire per mezzo di Monsig. Ciurcia.


[4218]
[p. 47] Di qualche cosa fu avvertito P. Stanislao, e castigò P. Giuseppe con 10 giorni di spirituali Esercizi. Ma che!!! gli faceva in casa del P. Pietro (P. Pietro da Taggia piissimo Francescano Parroco di Cairo Vecchio) e la stanza destinata, era quella che guarda sopra questa Casa; quindi gli Esercizi che fa-..........


[4219]
[In questa pagina, p. 47 vi sono le due seguenti note:] Vi fu e vi è sempre la Regola nei miei Istituti maschili che nessun Missionario può andare nell'Istituto femminile senza chiederne licenza al Superiore. Il P. Carcereri, che nel 1871 mi denunciò dal Cairo in Verona un pio missionario, perché una volta andò senza licenza dalla Superiora delle mie Suore di S. Giuseppe, ma pel P. Franceschini fu sempre indulgentissimo, e non vi fu per lui mai regola.


[4220]
In sedici mesi il P. Stanislao mi spese nel 1870-71 più di trentamila franchi, facendo patire grande inopia alle povere Suore di S. Giuseppe e trattandole duramente, mentre per Marietta e Sr. Caterina abbondava il denaro, vestito, carrozze, e dispendiose passeggiate. Tutte le mie Suore di S. Giuseppe ne son testimoni.


[4221]
[p. 48] ......... col P. Franceschini vestita da uomo, come apparisce dal seguente brano della sua lettera scrittami a Verona ai 27 di agosto del 1871, brano che io cancellai per non lasciar simile documento in caso di mia morte, ma che, o a occhio nudo, o con un piccolo microscopio, è intelligibilissimo.

"Io non crederei un peccato mortale trasvestire la Marietta, o la Caterina, od entrambe..... e far questo dopo che siamo fuori di Cairo ad insaputa di tutti, ed anche dei nostri medesimi, ed avanti.... Ci pensi, e mi risponda riservatamente."



Allegato R


[4222]
E' naturale che a questa domanda (che però allora non presi sul serio, ma come una volata della testa precipitosissima ed irriflessiva del Carcereri, che però mostrava tanto zelo per la conversione della Nigrizia, e fino allora non mi aveva dato sì gravi motivi di dubitare sul suo spirito religioso) io risposi negativamente; tuttavia questa domanda mi diede molto a pensare su Marietta e Sr. Caterina, e fu la causa che partito dal Cairo il Carcereri e Franceschini, richiesi ed ebbi dai miei missionari sufficienti informazioni sul conto di Sr. Caterina e di Marietta, che mi decisero a farle allontanare dagli Istituti, mettendo al posto della ex-Francescana, la piissima Suora Giuseppina Tabraui di S. Giuseppe dell'Apparizione.


[4223]
Giunto poi nel 1872 in Cairo, io stesso mi rifiutai di condurre colle Suore la suddetta Marietta, malgrado le istanze che a tale uopo andò ripetendo in molte lettere il P. Carcereri, ed un tale rifiuto mi tirò addosso le ire del medesimo.

Ciò premesso, quando il P. Carcereri nel 1874 venne in Europa, giunto in Cairo, ad insaputa di me che stava a Khartum, combinò di condurre, al suo ritorno dall'Europa, la Marietta con sé nell'Africa Centrale, per metterla alla testa della classe femminile a Berber. Seppi io ciò da D. Rolleri, Superiore dei miei Istituti in Cairo, e da altri; e per non esarcerbare l'animo del Carcereri, che conosceva a quale eccesso d'ira si sarebbe lasciato trasportare, scrissi al Rolleri di fare in modo, che Marietta, già da tre anni uscita dall'Istituto, non potesse unirsi al Carcereri per salire alle Missioni dell'Africa interna.


[4224]
D. Rolleri, ben poco prudente, avvertì il Carcereri, che era già partito da Roma per Verona, del mio contrario volere sul proposito di Marietta; e fu perciò che il Carcereri da Torino mi scrisse la seguente lettera in data 18 maggio 1874, la quale mentre, esagera affatto lo stato di Marietta (che se ne stava in buona posizione in Cairo), prova la insubordinazione e la irriverenza del medesimo verso di me, che nella maniera più mite e conveniente, per la terza volta riguardo a Marietta, e la prima dopo tanto tempo, dimostrava contraria alla sua la volontà mia.


[4225]
"Vengo a un argomento riservato tra me e lei. Riguarda questo le misure indegne ingiunte a D. Bartolo per Marietta. Le parlo schietto... credeva accomodar tutto io; ma ora veggo che vuol mettervi il naso chi non dovrebbe. Lei ha mutato mille volte giudizio (sic) sulla stessa, e non l'avrà dimenticato. Dunque le dico reciso che è ora di finire di martoriare una povera creatura come Marietta. Essa fu ed è la vittima di una grande gelosia e vendetta. Lo dico e lo affermo e lo giuro e a lei, e a D. Pasquale, e a tutte le Suore, e a tutte le more. Marietta è fuori dell'Istituto perché costretta ad uscirne: adesso è in uno stato, in cui farebbe compassione a tutti, meno che ai suoi traditori. Non le manca che la disperazione, a cui forse non è lontana. La lascino in pace adunque almeno che muoia tradita sopra una strada, per tutte le promesse fattele da lei; volerla spingere a gettarsi in un fiume è da belve. Già abbastanza fu ed è lei criticato anche a Roma pei trattamenti fatti ad essa (sic)... ma lei fu spinto a trattarla da carnefice. Per Marietta penserò io. Lei, e nessuno, sarà molestato da essa. Le basti questo."



Allegato S


[4226]
Orbene, se a tanto risentimento e indisposizione, per questa mia semplice e prima deliberazione contraria ai suoi divisamenti, si levò lo spirito insubordinato del P. Stanislao, può facilmente l'E. V. R.ma comprendere quali sentimenti si svegliarono contro di me nel P. Stanislao quand'io, pur costretto dalle necessità, contro la deliberazione del P. Stanislao, scrissi alla Superiora degl'Istituti di Cairo di non muoversi dai medesimi, fino a un avviso di Propaganda; ciò che indipendentemente dalla mia volontà procurò al medesimo pur qualche dispiacere e qualche umiliazione. Veramente fu dopo questo fatto ch'egli irritato, protestò di essere indifferente a tutti i successivi avvenimenti del Vicariato, che rinunciò di restar mio Vicario generale, che nella falsa supposizione ch'abbia io per la mia carovana, pur più numerosa che la sua (di 32 persone), spesi non più di 5000 franchi dichiarò, come si vedrà poi aver egli fatto di voler spendere di più, asserendo bugiardamente che le Suore siansi altra volta lagnate colla Generale, del trattamento avuto da D. Losi.


[4227]
"Lei fa i calcoli sui 20.000 fr. avuti da Colonia, e crede che con 5.000 io possa arrivare a Khartum. Se ne levi il pensiero dalla testa; riceverà quello che avanzerà: io per me non ne uso un centesimo; già lo sa; 5.000 fr. gli ho già dati a D. Squaranti; (2) e col resto intendo di non far patire la mia carovana" (di 18 persone). "Lei mi fa ridere a dirmi che con 5.000 franchi ha trasportato la sua, e la manteneva a carne fresca ogni dì, e a tutto il necessario. Se D. Losi ha speso 2.000 fr. per sette od otto persone, padrone; io so bene (sic) quanto se ne sono lamentate le Suore alla Generale.


[4228]
Io sarò galantuomo e spenderò quanto sarà necessario e niente più. Ma far patire la mia carovana, no. Piuttosto lascio tutti in Cairo, e ci resto anch'io. Le dico il vero qui, che quasi sono dolente di certi passi fatti a costo di mille sacrifici miei personali..... sono disgustato non poco, e penso già mettermi in quiete nella mia Berber.... senza più interessarmi degli affari del Vicariato. Farà quindi bene a pensare di supplirmi.... Ciò che ha fatto Lei ultimamente, disapprovandomi nel fatto delle Suore senza sentirmi, mi ha reso indifferente a tutti gli avvenimenti successivi e apatiche tutte le Suore."

Verona, 3 settembre 1874.



Allegato F


[4229]
Fu dopo questo fatto, ch'egli ai 4 di ottobre 1874 così scriveami da Cairo: "Io voleva collocare per questa volta e in via provvisoria le Suore all'ospedale...... ma aliter visum est; padronissimo Lei di risparmiare e di spendere come crede; padronissimo di voler costantemente in Cairo una casa di Suore oziose; padronissimo di far popolare l'Africa a Suore inutili per 500 fr. l'una, ma padronissimo anch'io di non voler dividere la responsabilità.... Prevedo l'avvenire più serio di quello ch'Ella crede, e mi offusca talvolta il fantasma del fallimento di Mgr Brunoni a Costantinopoli...... Ad ogni modo Lei solo sa su che deve e può contare...... Le dico chiaro che in Khartum non trasporto per nulla i miei Correligiosi e che se non trovo apprestata la casa in Berber, ritorno con essi indietro a darne conto a chi ne ha diritto. Intendiamoci bene.... Trovo conveniente e ormai una necessità di ritirarmi come Vicario Generale...."



Allegato D


[4230]
Eppure l'espressioni da me usate per impedire la distruzione degl'Istituti di Cairo non furono né tante, né tanto gravi, come ho dichiarato; e il P. Stanislao Carcereri medesimo non potè ciò non confessare innanzi a V. E. R.ma; lo attesta egli medesimo nella seguente lettera scrittami da Cairo in data 11 ottobre 1874, nella quale prova un'altra volta lo sdegno della risentita superbia:


[4231]
"..... Acconcerò io come si deve la M. Generale.... davanti al Cardinale dissi chiaro che com'essa avea creduto giusto di riferire le più indifferenti espressioni di Mgr. Comboni per battere me.... Le insegnerò io come si vive al mondo. Stia pur certa che quando avrò motivo, non mancherò di farla conoscere per quel che è, e mostrare qual carità esercitammo noi finora tacendo di Lei e delle sue Suore. Ed esse hanno già cominciato a conoscere che poche più gentilezze e simpatie possono aspettarsi da me; esse mi son diventate così indifferenti, che non le considero più di una cosa. Facciano bene, facciano male, per me POSSONO ANDARE ANCHE AD IMPICCARSI.... A Roma ho conosciuto chi sono, e so che in coscienza allo stolto dobbiamo rispondere secondo la sua stoltezza, perché non insolentisca: così comanda lo Spirito Santo."


[4232]
Dopo ciò lascio all'E. V. R.ma il giudicare se sia spirito di insubordinazione e di superbia quello che domina il P. Stanislao Carcereri, d'altronde altre volte attivo Missionario. Ma in prima bisogna calcolare sullo spirito, e sull'umiltà.



Allegato V


[4233]
Se tutta volessi riportare l'amministrazione tenuta dal P. Stanislao Carcereri, vedrebbesi chiaramente com'egli la maltrattò nei primi tempi in Cairo, dove, per accontentamenti prestati alla ex Francescana Caterina e Marietta, permise che soffrisser talvolta le Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione col restante dell'elemento femminile; chiaramente vedrebbesi come la maltrattò poi in Khartum, dove, senza aver registrato né gli introiti, né le spese di più di un anno, quando partì per l'Europa nel 1874, lasciò scritto sul Registro la dichiarazione, che fino allora l'amministrazione era stata irregolare, ma che in avvenire sarebbe stata esatta. Chiaramente vedrebbesi come la maltrattò pure in Obeid, dove caddero vane le istanze mie di sei mesi continui fattegli perché mi presentasse l'amministrazione tenuta da lui e dal P. Franceschini di due anni; e come rottosi il Franceschini poi col Procuratore nostro di quella Stazione, questi mi presentò la sua, dalla quale tante spese eccessive ed inutili compariscono fatte dai predetti Padri, p.e. di fr. 687 per un asino, e col debito, ch'io dovetti poi soddisfare di fr. 10.505.


[4234]
Ma per amore di brevità lascio tutto ciò; mi basta l'aver ciò solamente accennato, per comprendere quanto falsamente la fiducia in me venga addotta dal P. Stanislao a giustificazione della mala amministrazione, cui pure in appresso tenne del suo viaggio in Europa, dimora, spese e ritorno in Africa nel 1874, malgrado pure le lagnanze ch'io avea fatto con lui per l'amministrazione antecedente, e malgrado le lettere colle quali gli tenni spesso raccomandato di portare di tutto un Resoconto esatto.


[4235]
Il P. Stanislao contrario alle Suore per non aver potuto distruggere gl'Istituti di Cairo, essendosi accorta la Generale che in ciò agiva contro il mio volere, disapprovava in Europa ch'io, al prezzo convenuto di 500 franchi l'una, volessi trasportare un numero sufficiente di Suore nella Nigrizia, mentre sapeva: a) che tal pensione era stata da lui medesimo trattata prima e convenuta colla Generale; b) che veramente, tutto considerato, tal pensione non è punto eccessiva, che, stante la eccezionale efficacia della donna in Sudan, le Missioni dell'Africa Centrale senza Suore non si possono fare.


[4236]
Condannava il P. Stanislao, come apparisce dalle pur poche lettere fin qui citate, l'amministrazione mia per le spese nelle fabbriche di Khartum, Obeid, e Cairo, senza badare: a) che tali fabbriche erano di assoluta necessità, giacché le Suore non aveano casa sufficiente giusta la Convenzione né in Khartum, né in Obeid; e che le case in Cairo, oltre di porgermi il vantaggio del terreno che a tale scopo donavami il Kedive di Egitto, dopo varii anni di inutili istanze, mi avrebbero esonerato della spesa di annui napoleoni d'oro 100 per l'affitto, e mi porgevano altri rilevantissimi vantaggi; c) che tali costruzioni giovavano alla stabilità della Missione; d) che doveansi quindi imprendere, stanteché, fatti i miei bilanci, trovai di poterle fare senza tema di una crisi finanziaria, che difatti non avvenne. A questo proposito gioverà riportare alcuni brani della lettera del P. Franceschini al P. Stanislao in data 3 febbraio 1875, di cui mi tramandò copia il P. Franceschini: ".....Tu hai recisamente.... risoluto di rinunziare alla carica di Vicario Generale... per gl'imbrogli in cui si pose Monsignore contro i tuoi consigli.


[4237]
Quali sono questi imbrogli....? Ch'egli abbia voluto mantenere gl'Istituti di Cairo, per cui tu lavoravi alla distruzione, pei quali mantenere è ora egli obbligato a sostenere una fabbrica di una spesa immensa. Ma poteva egli fare altrimenti? Dove acclimatizzare i suoi Missionari, e le sue Suore...? Col mettere a dozzina all'ospedale le Suore, era lo stesso che voler perdere i migliori soggetti... per la Missione è di assoluta necessità una Casa in Cairo per le corrispondenze coll'Europa, spedizioni, provviste ecc. E poi dopo tanti ostacoli che ci furono fatti in Cairo, che si è dovuto lottare fino ad oggi, darla vinta così ad un tratto.... non era né del decoro, né dell'onore di Monsignore.... Nella fondazione di detti Istituti tu stesso hai scritto sulla necessità ed importanza; e le tue dissertazioni hanno fatto per la stampa il giro del mondo; che direbbero ora le Società Benefattrici e i particolari Benefattori, se sapessero che colla facilità di fondare, colla medesima anche distruggiamo? A che pro allora tante elemosine avute pei detti Istituti?..... Se quindi Monsignore si pose in questo imbroglio (imbroglio secondo te), fu stretto dalla necessità e dalla imperiose circostanze, dai trattati colle Società, dal suo onore, e dalla convenienza....


[4238]
Colla fabbrica di Khartum tu intendi che Monsignore siasi imbrogliato, facendo una spesa superiore alle sue risorse, che quindi non abbia più di che far fronte alle spese per le altre case, o per le nuove Stazioni da fondare. Ma io ti posso assicurare che finora egli non ha fatto un centesimo di debito per la fabbrica, quantunque dal mese di luglio dell'anno testè passato, di 73 mila franchi, che sono arrivati dalle Società nelle tue mani e in quelle di D. Bartolomeo, non ne abbia ricevuto che soli 10.000. Le case e Stazioni sono state sempre ben provvedute del loro necessario; anzi mai ho veduto tanta abbondanza, ad onta di diversi viaggi per cambiamenti di personale da Khartum a Cordofan. Sarà egli imbrogliato per l'avvenire?


[4239]
Ma i 73.000 franchi sono essi spariti? Tu hai ricevuto una bella somma dalle Società Benefattrici; le provviste della carovana furono fatte da D. Bartolo, come apparisce dai conti mensili del medesimo; non ti rimarrà dunque nulla da portare a Monsignore? Non lo credo possibile. Più, in gennaio avrà Monsignore da Lione un acconto consueto a darsi; più tiene almeno 20.000 fr. a Colonia a sua disposizione, da quanto tu stesso scrivesti; più il Comitato di Vienna manda sempre anche a lui qualche cosa... e poi a Monsignore non mancano altri canali per avere danari... Dopo tutto questo la fabbrica di Khartum era una necessità: la Casa Latif (ove stavano prima le Suore) non si voleva vendere a nessun prezzo, oltre a che era incomodissima, e ad altre case vicine abitabili non c'erano.... Ora non saprei in quali altri imbrogli siasi messo Monsignore contro i tuoi consigli. Se mai vi fossero, avrò il piacere di sentirli, e poi verificarli, e son certo che ci troverei il mio perché, mentre anche in tua assenza, si é sempre operato colla testa, e dietro maturo consiglio, e non mai spensieratamente, come facilmente si crede."



Allegato W


[4240]
A torto quindi il P. Stanislao in varie lettere mi rimproverò indecorosamente la mia amministrazione, e la condannò pur presso taluni in Europa: "tu intendi la fabbrica di Khartum (è il P. Franceschini, che nella citata sua, così si esprime col P. Stanislao), ed ho motivo di crederlo da quanto tu stesso hai scritto allo stesso Monsignore, e da quanto dicesti in Cairo ed in Europa, come abbiamo saputo da lettere di D. Bartolo e D. Squaranti.... Il linguaggio che tu usasti in questi ultimi mesi con Monsig. Pro-Vicario, non è certamente un linguaggio di amore. Ho avuto più di una volta occasione di sentire alcune tue espressioni che tu gli scrivesti.... e se non avessi veduto il tuo carattere, non mi sarei persuaso che tu avessi potuto scrivere quello che hai scritto. Quel tuo stile così secco, amaro, pungente, ed imperioso, toccherebbe i nervi più insensibili, per non dir morti."


[4241]
Dopo ciò, esentandomi dal produrre a questo proposito le lettere irriverenti del P. Stanislao, passo tosto ad esporre il progetto, che, nella disapprovazione del mio, proponevami da Vienna il 15 giugno 1874, che era il seguente: moltiplicar stazioncelle: Scellal, Berber, Khartum, Gebel Nuba, Cordofan, Sennar, Fascioda; costruirvi tuguri, e collocarvi un solo Missionario con un laico in ciascuna. Questo piano non fu da me accettato per varie ragioni: 1. perché tal piano non rendeva stabile la Missione né nel materiale, perché capanne da rifarsi ogni anno dopo le piogge; né nel morale, perché un solo Sacerdote in capanna non basta a guadagnare influenza in mezzo a genti primitive* e materiali; 2. le citate stazioni essendo lontane l'una dall'altra da tre a venti e più giorni di cammino, sarebbero troppo discoste nell'ipotesi che un solo Sacerdote si collocasse in ciascuna, e non si presterebbero quindi; 3. a riparare i tanti inconvenienti fisici e morali possibili in quelle terre.


[4242]
Questo progetto tuttavia nella inferiorità dei vantaggi, non avrebbe recato spesa pur minore: ed il P. Stanislao medesimo che pel piano mio disapprovava l'enorme spesa e la mia confidenza in S. Giuseppe, con una contraddizione in sentimenti confessava che il piano di lui non avrebbe importata una spesa minore, e mi esortava a confidare nella Provvidenza. E' certo che questo progetto costa molto più che stando uniti; ma Dio manderà più...."


[4243]
Se poi in Europa, e specialmente in Roma si credesse utilissimo di moltiplicare nel modo suddetto stazioni e missioni, come dice il P. Stanislao "così credono e sperano si faccia in Europa, e a Roma specialmente" io non lo so; certo è, che, se io non adottai il proposto sistema, fu perché parvemi allora, come pure adesso, dannoso per ogni riguardo.


[4244]
Tuttavia irritato il P. Stanislao per non aver io seguito il suo consigliato piano che spesa maggiore, per confessione di lui stesso, avrebbemi recato, mi annunzia quasi prossimo un fallimento per la mala amministrazione mia. Tal crisi non seguì; ma il P. Stanislao avrebb'egli stesso fatto quant'era a lui possibile perché seguisse. Prevedeva egli difatti un fallimento; e tuttavia protestò, come videsi, di voler trattare, come poi oltre alla necessità trattò, agiatamente la carovana. Il dì 4 ottobre 1874 scrissemi, come si vide, da Cairo, che per la fine di novembre pretendeva pei suoi Camilliani in Berber una casa pronta e allestita, di cui non aveami parlato prima del 18 agosto 1874, con minaccia di tornarsene altrimenti indietro con tutti i suoi Religiosi; e quantunque la casa non sia richiesta dalla Convenzione con tanto precipizio, mi cagionò per la compera immediata della stessa la spesa subitanea di Piastre 25,200.


[4245]
Gliene fa rimprovero il P. Franceschini da Berber nella citata lettera, ove era andato meco per apprestare la casa "... Tu non domandi, no, né supplichi Monsignore di una casa: quasi che fosse un tuo suddito, tu gliela comandi ed imperi, anzi lo minacci, come allora quando si tratta di comperare la casa Camilliana; tu scrivi recisamente voglio e non voglio, come allora quando rifiuti e monache e more in Berber, aggiungendo che non le vorrai mai nella Missione di Berber... Se tu hai previsto nella tua mente che Monsignore si sarebbe trovato imbrogliato per tante spese, perché allora pretendere con tanta energia la compera della casa Camilliana, minacciando.... Potevi avere più pietà della sua posizione, contentarti di una casetta in affitto...."



Allegato W a


[4246]
Ma lo scopo del P. Stanislao pare sia stato di procurare, quasi per vendetta, l'annunziato fallimento. Prevedeva egli difatti la crisi; e tuttavia, potendo ottenere sul Lloyd austriaco l'intero gratis pel viaggio da Trieste ad Alessandria, a condizione che i Missionari si spedissero due a due, non ne approfittò spedendo in una sol volta quattro Missionari Camilliani, assoggettandosi quindi alla intera spesa per due. Prevedeva un fallimento; e tuttavia non lasciò di causare lo sborso di una enorme somma per rifornire gl'Istituti di Cairo, che, non potuti da lui distruggersi, furono da lui contro la volontà di quel Superiore interamente spogliati. Me lo annunziava quel Superiore stesso colla sua in data 14 dicembre 1874: "hanno spogliato tutte e due queste case, com'Ella poi vedrà dal mio ultimo Rendiconto trimestrale, dalle provviste che fui subito costretto a fare; hanno portato via perfino la piccola cucina di ferro; tutti i ferramenti, istrumenti, senza lasciare neppure un chiodo; hanno preso perfino delle zanzariere vecchie da letto ecc. ecc. tutte cose che qui servivano molto bene, e risparmiavano molte spese; mentre per costì non servono che ad aggravare le spese del viaggio..."



Allegato X


[4247]
Prevedeva il Carcereri un fallimento; eppure contro le insistenze del Superiore di Cairo, che volea spedirmi il danaro per mezzo del governo, come fino allora aveasi sempre fatto, il P. Stanislao assolutamente volle portarlo egli, pur prevedendo ch'egli non avrebbe potuto farmelo avere prima del Governo. Così avvenne difatti: il P. Stanislao avendo voluto contro l'uso generale far passare sulle cateratte di Assuan le barche cariche della roba, una di queste urtò in uno dei tanti scogli, e si sprofondò, e cagionò con perdita grave gravissimo danno alla roba. (3) Per aver tenuto poi, contro l'uso di quanti vanno a Khartum la via di Wady-Halfa, allungò il viaggio di 103 giornate pel personale, e a sette mesi e mezzo per le provvigioni; e quindi mi costrinse a mantenere intanto le Missioni giorno per giorno, provvedendole cogli eccessivi prezzi del Sudan nelle botteghe sudanesi.


[4248]
Prevedeva un fallimento; eppure vuol sostenere giusto quel Totale registrato nel suo Resoconto, il quale eseguendo bene le somme porta l'eccesso in mio danno di Fr. 120. Registra sul medesimo resoconto a carico mio come spesa da lui la somma di Fr. 100, sconto su una cambiale di Lione, mentre era stata pagata dal Superiore degl'Istituti di Cairo, come apparisce dai trimestrali Resoconti del medesimo. Registra a carico mio come da lui pagato il viaggio da Colonia a Bamberga, mentre gli fu pagato graziosamente dalla Società benefattrice di Colonia, come mi disse quel Presidente, mostrandomene i registri. Nota a mio carico la spesa del viaggio da Verona a Roma di Franchi 115 in oro, e un'altra volta di Franchi 80 in oro, mentre la tassa dei secondi posti col direttissimo è di sole 47 lire in carta. Nota a mio carico 420 Franchi in oro pel viaggio da Brindisi ad Alessandria, per lui ed il Sacerdote D. Domenico Noya, mentre egli aveva ottenuto dal Ministro degli Esteri Visconti-Venosta il gratis per mezzo del suo confratello, il P. Baccichetti, che sta qui in Roma, e mentre la spesa del suddetto tragitto è di soli Franchi 225, come si può vedere all'Ufficio di quel Postale Via Condotti Nº. 48, 2º piano. Acquista senza mio mandato qui in Roma a Piazza della Minerva un cronometro d'argento (che secondo gl'intelligenti da me consultati in Roma non avrebbe potuto pagarlo nuovo più di 250 lire) pel valore di 500 lire in carta; ed egli mi addebita sul rendiconto di 500 Franchi in oro.



Allegato R


[4249]
Prevedeva il Carcereri un fallimento. Eppure spende in Italia 7650 lire in carta (senza aver portato una sola spilla nel Vicariato fuorché il Cronometro, ed altra piccola cosa capricciosamente comprata); e nota a mio carico sul Rendiconto tali spese fatte in oro, colla gravissima perdita mia di 765 lire, come si può vedere dal Rendiconto Carcereri.



Allegato Y


[4250]
Per la pensione annua di 5000 franchi, che io devo pagare alla casa di Berber, volle assolutamente ricevere il napoleone d'oro a piastre tariffa 77, e 6 parà, mentre in tutto il Sudan si spende per piastre da 86 a 90, cagionandomi con incredibile ingiustizia la perdita di più dell'otto per cento. Né valse l'autorità del Console Austro-Ungarico a Khartum e dei più probi negozianti del Sudan. Per amore di pace dovetti pagare come egli ha voluto al modo suo.


[4251]
Molte altre rubriche del suo Resoconto presentano cifre esagerate e inventate. Per tacere dell'altre, ché sarei troppo lungo, termino questo articolo col sottomettere all'E. V. la rubrica di 1943 franchi in oro, che il Carcereri mi ha addebitato come spesi da lui pel viaggio dei Missionari da Verona a Cairo, mentre questo viaggio l'avea pagato D. Squaranti sulla mia cassa di Verona.


[4252]
Esaminata a Khartum sul Resoconto di Carcereri la spesa di 1943 franchi in oro addebitata a me, siccome sapea che pei missionari si era ottenuta la Pagella di Propaganda sottoscritta dall'Ambasciata Austro-Ungarica a Roma, in forza della quale vi è il gratis da Trieste ad Alessandria, e siccome aveva inteso dai missionari, che alcuni di essi erano stati accompagnati a Trieste dallo stesso Rettore di Verona, avendo io abbastanza cognizione di viaggi, dubitai della veracità di tali spese; e scrissi al Carcereri a Berber domandandogli spiegazione sulla menzionata spesa di 1943 franchi in oro; e nello stesso tempo chiesi per lettera la medesima spiegazione a D. Squaranti Rettore di Verona. I missionari andarono in Egitto per la via di Trieste; il Carcereri per la via di Brindisi.


[4253]
Ora ecco, che a posta corrente il Carcereri con viso franco, inventando di colpo le cifre, e fingendo la più delicata esattezza fino a notare i centesimi, mi spediva a Khartum la seguente:



Dichiarazione delle Spese fatte dal P. Stanislao Carcereri

per l'invio in Cairo dei Missionari, e Laici.



"7 agosto 1874 - D. Paolo Rossi e Ch. Loreto Carmine:

per passaporto, baule, orologio, Crocifisso, ed altre piccole provviste, come da Nota di D. Antonio Squaranti . . . . . . . . . Fr. 73:75

Viaggio fino a Trieste, vitto, e spese minute . . " 140:50

Consegnato a D. Paolo Rossi per spese occorrenti . " 103:00

Per magazzinaggio, e imbarcazione bauli provenienti

dalla Germania, consegnato a Monsig. Schneider

da D. Squaranti . . . . . . . . " 50:00

--------

Totale Fr. 367:25

Fr. 367:25


[4254]
13 agosto 1874 - D. Martini Gennaro, e Ch. Marzano Vincenzo, e Fr. Avesani Giuseppe.

Per viaggio e provvisioni . . . . . . . . . . . . Fr. 386:61

Per spese occorrenti . . . . . . . . . . . . . . . " 90:00

--------

Totale Fr. 476:61

Fr. 476:61

16 agosto I874 - P. Chiarelli Alfonso, e P. Camillo Bresciani

fino a Trieste per Udine affine di visitare i parenti Fr. 71:30

20 Mio Fratello, e Fra Righetti Giuseppe a Trieste

per Venezia e di là cogli altri due fino al Cairo . . Fr. 546:79

Speso in più in questo viaggio, secondo nota

di mio Fratello . . . . . . . . . . . . . . " 151:51

--------

Totale Fr. 769:60

Fr. 769:60


[4255]
7 settembre 1874 - D. Luigi Bonomi e Fr. Giuseppe Bergamaschi.

Consegnato a D.Squaranti per le loro spese di viaggio,

minute provigioni ecc. . . . . . . . Fr. 300:00

24 settembre 1874 - Ricompensa a Germano

Carcereri in Alessandria per disturbi baxis (regali)

da lui fatti nell'accogliere e servire i drappelli del Vapore,

dogane, Consolato, e Strada Ferrata . . . " 30:00

Avendone posti altri 10; o senza porli in

conto della Missione, come può egli giustificare - --------

Totale Fr. in oro 1943:46



P. Stanislao Carcereri."

Allegato Z a


[4256]
Ricevuto in aprile dal Carcereri un tale rendiconto di pianta inventato, come se avesse egli stesso fatta una tale spesa addebitatami, ecco che dopo due mesi D. Squaranti Rettore di Verona rispondendo alle mie dimande, dichiara che il viaggio dei missionari da Verona a Cairo fu pagato da lui stesso, e non dal Carcereri. I missionari poi da me consultati, mi dichiararono che il Carcereri non avea speso nulla pel loro viaggio, e che è falso assolutamente che il Carcereri avesse loro dato le somme sovraccitate nel suo Resoconto, ma che tutto aveano ricevuto da D. Squaranti, il quale, tra le altre cose, mi scriveva da Verona ai 29 maggio 1875, il brano di lettera seguente:


[4257]
"Secondo Articolo. Per provviste e viaggio dei Missionari fino al Cairo tutto compreso Franchi 1943:00.

Questo articolo è falso. Tutte le provviste e le spese di viaggio dei Missionari da qui al Cairo, le ho fatte io, e sommano a Lire in carta 1426:30

Così ripartite:

Per D. Rossi e Loreto . . . It. Lire 355:25

Per Martini, Marzano, Avesani . . . " 479:86

Per i quattro Camilliani . . . . . " 332:69

Per Bonomi e Bergamaschi . . . . . " 203:50

Consegnato a Monsig. Schneider a

Trieste per spese fatte . . . . " 55:00

Totale Lire in carta 1426:30

Questa somma adunque fu indebitamente annotata nella parte Passiva del Resoconto di Carcereri.

D. Antonio Squaranti."



Allegato Z


[4258]
Il denaro poi, che i Missionari ricevettero da D. Squaranti, e che sommava più di cento franchi in oro, fu da loro consegnato in Cairo a Carcereri, che non lo mise punto sul rendiconto a mio credito.

Ora, di questa spesa di 1943 franchi in oro, come di tutte le sovraesposte, e di moltissime altre non notate in questo Rapporto, e indebitamente aggiudicatemi (che ascendono a molte migliaia di franchi), mai il Carcereri volle farmi la restituzione, come avrebbe dovuto per dovere di giustizia; e mai volle rilasciarmi una ricevuta per dichiararsene debitore; ma solo scrisse ad altri, e mi mandò a dire pel P. Franceschini, che se voglio essere pagato, mi rivolga al suo Ordine, e che, se vuole, mi paghi, il suo Generale Guardi. Però, mentre che egli mi addebitò in oro la surriferita somma di Franchi 765, che egli, come dicemmo, se l'ha spesa, lo ha fatto in carta italiana, quando si è trattato di riscontrare a lui la spesa fatta (per conto della Casa Camilliana di Berber) da lui in Verona in carta di Franchi 706, e a me addebitata in oro, come apparisce dal suo Resoconto Allegato Y, egli se la calcolò in carta, e però a me la ridusse in oro, mettendomi in credito (sull'assegnamento annuo di 5000 franchi ai Camilliani) di soli franchi in oro 623:30, invece di 706 franchi in oro, come mi aveva addebitato.


[4259]
Ciò posto, lascio all'E. V. giudicare quale sia stata l'amministrazione tenuta dal P. Carcereri, e se io abbia rettamente giudicato, che egli ha tentato ogni mezzo per farmi far bancarotta, e di produrre nelle finanze del Vicariato quella crisi, ch'egli avevami annunziato futura per la mia amministrazione, riprovevole solo perché non era secondo i suoi torti consigli.


[4260]
Egli è con dolore che io espongo all'E. V. il mio subordinato giudizio sul conto del P. Carcereri; e sarei felice di potermi ritrattare, e chiederne perdono all'E. V. e al Carcereri stesso, ove io mi fossi sbagliato. Mi sembra che il Carcereri sia un uomo cocciutissimo, tenacissimo delle sue opinioni, e precipitoso nell'operare, un uomo senza coscienza, senza testa, senza cuore, e senza spirito, né ecclesiastico, né religioso, né apostolico. Può farsi un'idea l'E. V. R.ma quanta pazienza io abbia dovuto avere con costui, e quanto egli m'abbia fatto soffrire. Ma Gesù ha sofferto più di me: sia sempre benedetto il Cuore trafitto di Gesù!


[4261]
3. Lo spirito di superbia del P. Stanislao non si limitò già agli atti suesposti, ma ad altri ancora passò.

a) Giunto in Cairo il P. Carcereri di ritorno dall'Europa, invitò a farsi Camilliano un certo Giuseppe Bergamaschi, un certo laico che, membro del mio Istituto di Verona, avea fatto giuramento di servire la Missione e me per dieci anni: e una bella mattina senza punto far motto né col Superiore de' miei Istituti di Verona, né col Superiore degl'Istituti di Cairo, né con me, lo veste da Camilliano col permesso, egli dice, del P. Guardi; e scrivendo poi all'E. V. R.ma, scrisse che il Bergamaschi era membro del mio Istituto di Verona; e al Direttore delle Missions Catholiques scrisse, e fu stampato, che era Camilliano. Giunto a Khartum il Bergamaschi si presentò a me per deporre l'abito Camilliano e tornare ad essere membro del mio Istituto in Africa.


[4262]
Io lo rifiutai. Andato e rimasto a Berber un anno come Religioso Camilliano, per divergenze col P. Carcereri, abbandonò l'Ordine in questi ultimi mesi, e si rifugiò a Khartum, ove si attende la mia autorizzazione. Il medesimo tentativo ripetè egli al Sacerdote D. Domenico Noja, come apparisce dalla citata lettera del Superiore degl'Istituti di Cairo in data 14 dicembre 1874 scritta a me: "In proposito del P. Stanislao, Ella gli potrebbe anche domandare con quale diritto fece vestire e passare da Camilliano quel certo Giuseppe Bergamaschi.... Gli può anche domandare perché disse ad un nostro Missionario secolare che in appresso si potrebbe fare anche Camilliano; ché anzi sarebbe meglio ecc. Il P. Stanislao descrivendo al Cardinale di Propaganda la partenza della carovana (le lettere me le diede aperte perché le spedissi) ed i nomi degl'individui che la componevano, metteva il predetto Fr. Bergamaschi tra gli allievi dell'Istituto nostro di Verona. Scrivendo invece a Lione metteva il detto soggetto come appartenente all'Ordine di S. Camillo. Perché questo?"



Allegato X


[4263]
I medesimi tre Chierici, che sono in Obeid mi dichiararono d'essere stati invitati dal P. Stanislao a farsi Camilliani. Sono poi perfettamente informato aver il P. Carcereri sparso qua e là la voce anche in Europa, che per essere Missionari dell'Africa Centrale, é meglio, e bisogna essere Camilliani. Glielo rimproverava il P. Franceschini nella citata sua da Berber 3 febbraio 1875: "tu hai vestito in Cairo un certo Bergamaschi... senza almeno per convenienza domandare il consenso di Monsignore.... hai fatto il tiro per averne altri, dicendo che è meglio, con altre cose simili che tu dicesti in Europa a vantaggio dei soli Camilliani, e scapito del Clero Secolare.... i torti son troppo delicati e sensibili."



Allegato W


[4264]
Né di ciò si tenne pago il P. Stanislao, che passò anzi a rendere più difficile la mia posizione, intorbidando mediatamente e immediatamente il Vicariato, cercando ovunque favore per sé, me screditando, e provocando dai miei soggetti contro di me documenti ecc. ecc. al quale scopo cooperò energicamente pure il P. Franceschini, mutatosi, dopo alcun tempo che passò col P. Stanislao in Berber, al favore di lui contro di me. A tal proposito taccio delle lettere che il P. Carcereri scrisse alle more di Khartum assistenti alle Suore, movendole al favore di sé mediante la compassione; taccio la frequente corrispondenza segreta che tenne colla Missione di Obeid, di che, senza saperne dire la natura, fece avviso al mio Segretario il Superiore di quella Stazione.


[4265]
Dirò solamente che fu il P. Stanislao, il quale ripetutamente cercò, benché sempre invano, presso ai Sacerdoti secolari documenti contro di me come violatore di lettere colla minaccia di ricorrere al Console Italiano di Cairo; né cessò da questa ricerca, né da questa minaccia, pur dopo che benignamente con lui, in vista solo di un bene migliore, conchiusi a Berber ai 2 gennaio una pace generale. Difatti il dì 4 febbraio 1876, a riguardo della immaginata violazione di lettera scriveva: "porterò le mie ragioni al Consolato Italiano per fare subire al reo tutti i rigori della legge."


[4266]
b) Se D. Bartolo Rolleri, Superiore degl'Istituti di Cairo, si volse a favorire il P. Carcereri contro di me, fu dopo la interessantissima corrispondenza che il P. Stanislao tenne con lui. Prima di questa D. Rolleri condannava il procedere del P. Stanislao in Europa e in Cairo, ed era tutto per me, come apparisce da tutta le corrispondenza che conservo. A questo riguardo potrei citare tutta la sua corrispondenza del 1874; ma basterà che alla sua lettera succitata, aggiunga quella che scrisse al P. Stanislao medesimo in data 20 febbraio 1875, e che dal P. Stanislao gli fu rispinta con unite quattro righe secche in data 26 marzo 1875 da Berber: "Il dirmi che prendeva la via di Dongola, perché il Governo avea requisito tutti i cammelli, non mi parve un ragionar da filosofo; poiché i cammelli occorrono più per la via intrapresa (come si è veduto in effetto), che per la via lasciata.


[4267]
Ultimamente poi insieme alle molte lettere inviatemi da Dongola in data 17 gennaio p.p., mi scriveva su di un biglietto le seguenti testuali parole: mi dicono (chi?... se lo immaginò la sua calda fantasia) che il Pro-Vicario sia indebitato agli occhi; ed io già da sei mesi mantengo, e spendo per la mia carovana. Che cosa potrò portargli? Domando io: quando la carovana era in Verona, non la manteneva D. Squaranti? e quand'era qui in Cairo non la manteneva D. Bartolo Rolleri? E non si può dire che era lo stesso D. Bartolo che la manteneva anche in viaggio, in quanto che avea fatte tante provvigioni (più di 14.000 franchi) per la medesima, da bastare non solo pel suo lungo viaggio, ma anche per qualche tempo nella missione?


[4268]
P. Stanislao carissimo! mi manca il tempo. Quindi per ora non faccio altro che raccomandarle caldissimamente di usare tutte le belle maniere rispettose ad un Superiore, onde non più contristare l'amatissimo nostro Pro-Vicario, ma consolarlo per le tante sofferenze sostenute finora, e pei tanti benefizi usati verso di Lei, e del suo Ordine".



Allegato D


[4269]
Fu dopo la corrispondenza, che interessantissima tenne il P. Stanislao con D. Rolleri, che D. Rolleri cominciò a schierarsi pel P. Carcereri, e continuò poi, da giungere al tuttavia vano tentativo d'intorbidare con lettere il Vicariato e da provocare, benché inutilmente dai Sacerdoti secolari contro di me un Rapporto, e da propormi di rieleggere il P. Stanislao a mio Vicario Generale. Intanto che da Berber agiva per lettere in tal maniera il P. Stanislao, il P. Franceschini, che viaggiava meco alla visita delle stazioni, non operò né meno né meglio. Fingendo questi meco il più grande attaccamento a me, secondò gl'ingiusti lamenti, da lui prima occasionati, di due Suore; con loro agì allo scredito mio e in pubblico e in privato, e presso gli esterni della Missione di Obeid.


[4270]
Accompagnatomi a Gebel-Nuba, neppure presso i Missionari di quella stazione con scandalo dei medesimi cessò, con una delle due predette Suore, dallo spargere a' miei danni menzogne e calunnie. Lo scriveva D. Martini Parroco di Gebel-Nuba al mio segretario in data 2 dicembre 1875. In questa lettera dopo d'aver condannate come ingiuste alcune accuse che, scrivendo a lui, avea fatte D. Rolleri, così continua: "a dirla tra noi son molto scandalizzato della condotta di certa gente, che spaccia bugie e cerca per tutto screditar Tizio e Sempronio. Era tanta la bile che mi serpeggiava in corpo, che più volte venni per ciò a diverbio con P. Giuseppe e Suor Germana, che vorrei non aver veduti mai. Ma basta; la verità è una e santa, e trionfa sempre."



Allegato E


[4271]
Tornato poi in Obeid, continuò d'accordo colle medesime Suore, anzi vieppiù accalorò l'opera sua contro di me. Consigliò le Suore medesime a scrivere contro di me alla loro Generale; e una di queste (Suor Germana) lo attestò a proprio vanto più volte, consigliò egli la seconda (Suor Maddalena), e con minacce, a disobbedire alla Provinciale e a me, che a nome della Provinciale le annunziava ch'ella dovea fermarsi in Obeid, e non scendere a Khartum; anzi a questo riguardo si lanciò contro di me pubblicamente con una scandalosissima rissa annunziata da D. Martini e da D. Bonomi al mio segretario il dì 19 dicembre 75: "come testimonio riferirò che in Obeid... uscì (il P. Franceschini) pubblicamente in insolenze contro del suo e nostro Superiore in pubblico, alla presenza di tutti noi e del procuratore nostro, ed anche di un signore musulmano che se ne meravigliò molto, e me lo ricordò alcuni giorni dopo..." D. Bonomi.


[4272]
"Già Suor Germana come si diporti per non perdermi in schifosi pettegolezzi, avrete avuto occasione vederlo in Khartum. P. Giuseppe poi, per citare un fatto innegabile, l'ultima sera che fu qui riescì veramente scandaloso: tanta fu l'insolenza, la rabbia e il niun rispetto con cui assalì Monsignore per cosa a lui d'altronde affatto estranea; cioè perché Monsignore non credette permettere a Sr. Maddalena di portarsi a Khartum!!! Lo scandalo fu grave, grave assai perché v'assistevano tutti i Padri, i chierici, i ragazzi, il Procuratore, e persin un ricco musulmano che ne fu grandemente meravigliato.... D. Martini."



Allegato H


[4273]
c) Lo scopo di queste detrazioni pubbliche e private, di queste provoche di documenti contro di me e dai Missionari e dalle Suore, di questi tentativi per scemare il numero de' miei fedeli: era di abbattere me; e il P. Franceschini lo proclamò in Obeid, dicemdoni che, o Lei rimetta il P. Stanislao al suo posto, o Lei a terra. Lo spirito di despotismo del P. Stanislao che avrebbe tentato al medesimo scopo di distruggere gl'Istituti di Cairo, e procurare la crisi delle finanze,e lo spirito d'insubordinazione del P. Franceschini nulla lasciarono d'intentato per riuscire all'intento di vedere me esulare dalla Missione, e passare al possesso della medesima l'Ordine Camilliano.


[4274]
Solo l'attaccamento all'opera e a me del Rettore de' miei Istituti di Verona non era stato ancora spiegatamente tentato; ma tuttavia, benché invano, tentò il P. Franceschini d'indisporlo, calunniando il mio Segretario e me in una fierissima lettera del febbraio pross. pass. da Cairo, dove pure fingeasi a me tutto amico. Asserì egli in quella sua essere da non credere al mio Segretario perché bugiardo, mentre nessuno può fare al medesimo tale opposizione; asserì bugiardamente che il mio Segretario, che ben conosce l'E. V., si rese esoso a tutti i Missionari per le sue arti indegne; mentre invece doveva egli dire, come confessò altra volta, gli sforzi amichevoli, malgrado le offese e i sospetti del P. Stanislao, operati dal mio Segretario, per comporre in pace le pendenze del P. Stanislao. Disse in quella sua ch'io sono incapace di governare, perché a) nessuno sotto di me è sicuro di perseverare al suo posto.


[4275]
Non per altro può egli aver ciò detto, se non perché fu tolta al P. Stanislao la dignità di Vic. Gen.le, e perché fu egli medesimo nel 1874 levato da Obeid. Ora non fui già io che deposi il P. Stanislao; egli stesso rifiutò più volte per lettera, e anche a voce, e sempre indecorosamente di restar Vicario Gen.le, sperando forse ch'io lo scongiurassi; io invece nol pregai, ma accettai la sua rinunzia, e non sotto l'aspetto di risentimento in me, ma sotto l'aspetto della incompatibilità dell'ufficio di Prefetto Camilliano e di Vic. Gen. Il P. Franceschini medesimo nella citata sua 3 febbraio 1875 consigliava al P. Stanislao tale rinunzia sotto detto riguardo: "è ora una necessità che tu rinunzi in vero. Se io fossi il Pro-Vicario accetterei senz'altro la tua rinunzia per non aver il dispiacere di darti la dimissione... è ora più del tuo onore il ritirarti bellamente, e l'addurre per motivo che tu sei incaricato della casa di Berber."



Allegato N


[4276]
Che se poi tolsi da Obeid il P. Franceschini fu perché, colpa certe sue imprudenze praticate con una schiava abissinese, insieme all'abuso di liquori, dicevasi in mezzo alla colonia ch'egli avesse la concubina. Fu per togliere il disonore di queste dicerie, la verità delle quali fu poi da lui medesimo quasi provata, ch'io lo levai di là sotto pretesto che così esigeva la sua salute, allora veramente malferma. Disse in quella sua al Rettore degl'Istituti di Verona ch'io sono incapace di governare, perché b) sono incapace di amministrare; mentre sì eloquentemente nella sua citata del 3 febbraio 1875 mi difendeva sotto questo riguardo contro il P. Stanislao. Per le qui esposte ragioni conchiudeva la sua lettera al Rettore suddetto, dicendo che la Missione non può andare, se il Signore non vi premette una testa più positiva, intendendo con ciò procurare un voto pel P. Stanislao, la cui positività, benché non reale, predicò egli cotanto.


[4277]
E' la suberbia che consigliò al P. Stanislao di promuovere ovunque il favore per sé e pei proprii Camilliani sullo scredito mio, e dei Sacerdoti secolari, e in Africa e in Europa: in Roma, ove colla persuasione della propria positività lasciò la persuasione della mia inettezza: in Colonia presso quella società benefattrice, e in Salisburgo, e in Verona ecc. ove lasciò detto ch'io sono incapace di amministrare ecc. ecc.: la superbia persuase al P. Stanislao la necessità di se stesso in Missione, e confessò egli medesimo a taluno della sua carovana, che la Missione senza di lui non può andare; mentre senza di lui è camminata, come camminerà, meglio per ogni riguardo.


[4278]
d) Preparato il terreno in Europa, il P. Stanislao col P. Franceschini mediatamente e immediatamente coi mezzi compendiati al principio di quest'ultimo punto, sarebbe proceduto per abbattere me, e passare egli al possesso della Missione. Che questo fosse lo scopo, a cui mirava il P. Stanislao, mi persuadono coi fatti i sentimenti espressi in Cairo dal P. Franceschini, descritti nel seguente documento:


[4279]
"Io Sacerdote Domenico Noja... condotto negli Istituti dei neri dal P. Carcereri nel settembre 1874, certifico con giuramento, qualmente il P. Giuseppe Franceschini, Ministro degl'infermi, in una conferenza giorni sono con lui avuta, spiatellatamente mi disse: "se la Propaganda giudicherà, come è più che certo, vere e giuste le accuse fatte conto il Pro-Vicario, io tornerò subito nell'Africa Centrale con altri otto o dieci Camilliani, che sono già pronti:" e così mi spiegò, che lo scopo delle accuse macchinate contro Mgr. Comboni, si è non tanto di smontarlo da Pro-Vicario della Missione dell'Africa Centrale, quanto di fare che questa Missione rimanesse totalmente ed esclusivamente affidata ai Camilliani, e non più agli allievi del Seminario di Verona; e che se dei Sacerdoti che attualmente si trovano in Missione sarà alcuno mantenuto, oppure in appresso saranno altri ricevuti, questo sarà un fatto che dipenderà sempre dalla libera volontà dei Camilliani: ciò che perfettamente combina con quello, che poco tempo innanzi mi era stato detto da un M. R. P. dell'Ordine di S. Francesco, che la Missione dell'Africa Centrale, come gli si era dato ad intendere, sarebbe rimasta interamente affidata ai Camilliani. Tanto certifico con giuramento." Dall'Istituto dei neri in Cairo Vecchio 20 feb. 1876.

Sacerdote Domenico Noja.



Allegato L


[4280]
Dolentissimo, all'E. V. R.ma presento io oggi questo Rapporto. Motivo di esso non fu tanto la persuasione che il P. Stanislao col Franceschini abbia tentato di sbalzar me; perché so che i loro sforzi caddero vani, giacché a) i Missionari miei d'Africa, eccettuato D. Rolleri, restarono a me fedeli, con tutti gl'Istituti e cogl'Istituti pur di Verona governati da un eccellente Rettore, e presieduti dal Vescovo; b) fedeli rimasero le Suore cogl'Istituti femminili, eccettuate le due suindicate, disapprovate pur dalla loro Generale; c) il favore a me non venne punto sminuito né presso quelle Società benefattrici, né presso quelle persone, presso le quali avrebbesi tentato di screditarmi; anzi accortesi del boglio de' Camilliani, più e più aderirono a me; d) le finanze del Vicariato non subirono la pretesa crisi, anzi senza dubbio, migliorarono, quantunque il Carcereri mi abbia fatto perdere molto denaro. Non è quindi la persuasione del suddetto attentato che mi consigliò a produrre questo Rapporto, ma solamente la persuasione ch'io sia stato accusato alla S. Congregazione di Propaganda Fide, come affermò il P. Franceschini.


[4281]
Tuttavia per la misura, dannosa al P. Stanislao, che mi consiglierà forse l'E. V. R.ma, confesso che mi sentii straziar l'anima di dolore nel distendere questo scritto contro colui, cui sempre ho tanto amato, malgrado i demeriti suoi. Lo scriveva al P. Stanislao il P. Franceschini, il 3 febbraio 1875: "Io so certamente che pel passato egli (il Pro-Vicario) aveva tutta la fiducia in te; in te egli aveva fondato tutte le sue speranze. Egli si è più volte chiamato beato di aver trovato in te un infaticabile collaboratore per l'opera sua; ti ha portato ai sette cieli per tutta l'Europa; a te ha consegnati gl'Istituti di Cairo; a te la spedizione del Cordofan (1871); a te consegnò la prima carica del Vicariato facendoti suo Vicario generale; a te la spedizione di Gebel Nuba (1873); a te finalmente i suoi più delicati affari in Europa (1874) rilasciandoti una dimissoria, che io ho copiata e ben conosco, non mai la più lusinghiera, la più magnifica. Sono questi tutti argomenti che pel passato egli aveva tutta la fiducia in te; arrivo a dire, e non m'inganno, che nessun altro abbia tanto goduta la sua fiducia e confidenza, quanto l'hai tu avuta."



Allegato W


[4282]
Ad ogni modo alla decisione di V. E. R.ma io interamente mi sottometto, giacché il bene della Nigrizia fu che posi sempre in capo alle azioni mie, e alle mie aspirazioni. Fu appunto per questo, ch'io tenni sempre a me d'accanto il P. Stanislao Carcereri, perché non credetti mai che lo zelo indiscreto pel bene di sé e del suo Ordine, giungesse a tanto, da distruggere effettivamente lo zelo, onde pareva egli animato, pel bene della Nigrizia; anzi da operare in senso contrario a quello, fino a tentare di procurare alla Missione e al Capo lo scredito e colle parole e coi fatti, di procurare alla medesima un fallimento colle sue irragionevoli pretensioni, e colle sue spese, altre inutili altre mentite, da tentare di paralizzare le forze, da impiegarsi a vantaggio della Nigrizia, e ciò tentando di separare gli operai dal Capo, e di mettere fra i medesimi il disaccordo. Fu pel bene della Nigrizia ch'io speciali cure spiegai a riguardo del P. Carcereri; ma io non credetti mai ch'egli fosse di sì ordinario sentimento, da dimenticare sì presto i benefizi da me ricevuti, i tratti di amore ch'io ho sempre usato verso di lui.


[4283]
Eppure non ebbe di me la minima compassione; né a ciò lo mossero le difficili circostanze nelle quali d'altronde io versava. Sapeva egli che su di me solo nel 1874-75 incombevano tutte le cure, e le responsabilità pel governo generale, e per la generale amministrazione del Vicariato; su di me le cure e la responsabilità del mantenimento delle case esistenti in Vicariato e fuori; su di me le fabbriche imprese e la direzione e la sorveglianza di quella di Khartum; su di me tutta la corrispondenza colle Stazioni e coll'Europa, e specialmente coi benefattori; su di me le cure per conservar nell'armonia i rapporti col Governo, la cui necessità da chiunque dev'essere ammessa, che rifletta alla lontananza delle Missioni dai paesi civili, e all'indole propria del musulmano, e a' suoi ordinarii sentimenti relativi al cattolicesimo. Egli medesimo sa quanta fatica ciò importi, e quanta prudenza ed arte faccia mestieri di adoperare per non incorrere in quell'avversione, sempre dolorosa, nella quale era egli caduto nel 1873, poiché egli fu sempre malviso al governo turco.


[4284]
Al qual proposito, ecco ciò che mi scriveva Sua Eccellenza Ismaïl Ayoub Pascià, Governatore Generale dei possedimenti egiziani nel Sudan, e conquistatore dell'impero del Darfur, uomo turco come tutti gli altri, ma che a me ed alla Missione ha fatto gran bene. Ecco quanto questo alto personaggio mi scriveva ad El-Obeid da Khartum, ove il Carcereri si trovava come mio Vicario, in data del 17 agosto. Questa lettera è autografa:


[4285]
"Dalla sua partenza da Khartum non è successo niente di particolarmente importante, eccetto il ritorno in Egitto di Sir Samuel Baker, di cui vi informeranno i giornali e soprattutto avendo voi visto gran parte delle sue esplorazioni, potrete meglio di ogni altro giudicare il risultato della sua esplorazione e vedere se veramente merita tutto il clamore che ha sollevato.

La ringrazio molto, Monsignore, per le buone cose contenute nella sua lettera nei miei riguardi. Le accetto da lei a titolo di incoraggiamento per poter sempre fare il mio dovere.


[4286]
Mi dispiace molto, Monsignore, d'essere obbligato a lamentarmi del suo Vicario di Khartum (il P. Carcereri). Ecco di che cosa si tratta. Qualche giorno fa a Khartum quattro nere hanno commesse un furto rubando parecchi oggetti e mentre la polizia le stava cercando esse erano andate a nascondersi in Missione, senza che nessuno sapesse dove erano. L'altro giorno il sig. Hansal (console austriaco) me le ha mandate con una lettera ufficiale in cui affermava che esse erano andate in Missione a lamentarsi dei loro padroni e che volevano la loro lettera di libertà. Ma siccome sono subito state riconosciute per ladre scomparse da qualche giorno, io le ho innanzitutto rinviate a chi di diritto per verificare ciò di cui erano accusate. Ancor prima che fosse finito il loro processo, ecco che il suo Vicario mi manda una lettera attraverso lo stesso consolato in data di oggi, che mi impone di lasciar andare le quattro nere entro 24 ore e allo stesso tempo accusa tutti gli impiegati governativi di non obbedire agli ordini di S. Altezza e che sarà obbligato a ricorrere a S. M. l'Imperatore d'Austria ecc. ecc.


[4287]
Io credo, Monsignore, che la Chiesa non è responsabile se gli impiegati facciano o no il loro dovere; e pertanto il sig. Vicario non ha alcun diritto di interferire con i sudditi del governo. Sono molto spiacente che egli non segua affatto il suo buon esempio... con il solo scopo di suscitare malumori tra il Governo locale e la Missione Cattolica. Lei ci ha spesso onorato della sua presenza a Khartum per poter giudicare come si comporta la nostra amministrazione nei riguardi di chicchessia. Perciò le scrivo, Monsignore, affinchè dia qualche consiglio al sig. suo Vicario di non impicciarsi di cose che non hanno nulla a che fare con la sua missione..., perché non posso tollerare che la Chiesa si impicci negli affari dell'amministrazione e di cui in fondo io sono responsabile ecc.

Mi scusi, Monsignore, per averle parlato così a lungo di questo spiacevole incidente che il sig. suo Vicario ci ha combinato e stia certo che nonostante ciò, io sono sempre il suo obbedientissimo e rispettosissimo servo, ecc.

Ismaïl Ayoub Pascià"



Allegato P


[4288]
Sapeva dunque il P. Carcereri tutte le gravi cure, alle quali era io soggetto, e sapeva altresì ch'io non poteva essere sufficientemente assistito dai Missionari, né dalle Suore, colpa le frequenti malattie di quell'anno; poteva quindi egli immaginarsi com'io doveva pure occuparmi per assistere gli ammalati, aver cure della parrocchia ecc. ecc.; poteva egli immaginarsi le lunghe notti insonni e tribolate, cui dovetti passare in mezzo a tante cure, e a tante croci.(4) Eppure non punto tocco a compassione di me, moltiplica le mie pene, ordina che a nuove spese io intenda per la casa di Berber, ordina che mi privi del P. Franceschini e lo spedisca a Berber per allestirvi la casa, continua a tenere con me una corrispondenza immeritamente amara, secca e irriverente. Sapeva egli che, giunta la carovana e rimessisi in salute i Missionari e le Suore, io uscito di fresco da gravi tribolazioni, ad altre mi vidi soggetto, colpa il ritardato arrivo delle provvigioni da lui dovute lasciare in Wady-Halfa, e pei preparativi alla Missione di Gebel Nuba ecc. ecc.: eppure egli non cessa dalle molestie e dalle offese: anzi più energica spiega mediatamente e immediatamente l'azione sua a mio danno, coll'intento, che in tutta la sua profondità addimostra l'enorme sconoscenza del P. Carcereri, di sobbalzar me dal Vicariato.


[4289]
Tutto cadde vano, è vero; il Vicariato è tuttavia in pace; i Missionari perseverano oggi, come sempre nella fedeltà a me; lo stato suo morale e finanziario, lungi dall'aver peggiorato, migliorò. Tutto cadde vano, sì; ma il P. Carcereri, che più tardi col P. Franceschini, (5) dimentico anch'esso dei miei benefici a riguardo suo e della sua povera famiglia, mi die' più a soffrir egli solo che tutte le molteplici cure. mi fece, con mio dolore, persuaso che poco o nulla di bene posso io più sperare da lui, e dai suoi correligiosi, da cui parve secondato.


[4290]
Ad ogni modo, io dopo tanti patimenti, mi sento più e più forte di prima colla grazia di Dio: la convinzione, che le croci sono il suggello delle Opere di Dio, mi conforta; e fidandomi in quel Cuore Sacratissimo, che palpitò pure per la Nigrizia, e che solo può convertire le anime, sentomi vieppiù disposto a patire e sudare fino all'ultimo respiro, e a morire per Gesù Cristo e per la salute dei popoli infelici dell'Africa Centrale; fermo nella persuasione che il Sacratissimo Cuore di Gesù da tutta questa procella saprà trarre gran bene, a pro della sant'Opera per la redenzione della Nigrizia, e che il mio dilettissimo Vicariato, dopo tali durissime prove, che mi costarono quasi la vita, piglierà nuovo vigore, e prenderà più stabile fondamento, ad immagine della Chiesa, che dalla persecuzione risorge sempre più forte, e feconda di conversioni e di eroiche virtù.


[4291]
E' appiè del Calvario, ove sta tutta la forza della Chiesa, e delle opere di Dio: dall'alto della Croce di Gesù Cristo esce quella forza prodigiosa e quella virtù divina, che dee schiantare nella Nigrizia il regno di Satanasso, per sostituirvi l'impero della verità, e della legge di amore, che alla Chiesa conquisteranno le sterminate genti dell'Africa Centrale.

Le bacio la sacra Porpora, e mi glorio di rassegnarmi



Roma, 29 giugno 1876



Di V. E. R.ma u.mo, d.mo, ubb.mo figlio

D. Daniele Comboni

Pro-Vicario Apostolico dell'Africa Centrale.



(1) Espressione di un soldato Austriaco a Verona, per esprimere inflessibilità e fermezza.

(2) I quali 5000 franchi il Carcereri si fece poi restituire in Cairo da D. Rolleri.

(3) Alle cateratte presso Scellal si annegò pure uno dei Fratelli laici del mio Istituto, Giuseppe Avesani.

(4) Quando in seguito alla mia caduta dal cammello spaventato dalla iena nel deserto, mi ruppi il braccio, io stetti 104 giorni senza mai coricarmi e dormire. Poi, in 7 mesi continui lo scorso anno mai ho dormito una sola ora su 24 ore, ma sempre meno ecc. ecc. ecc., e soffersi più pel Carcereri, che pel resto.

(5) Benché non obbligato passai alla poverissima famiglia del Franceschini 400 franchi ecc. ecc.



N.B. Manca la p. 46 e le pp. 47 e 48 sono incomplete.

Comboni stesso non ha rispettato l'ordine alfabetico degli Allegati.






654
Nota
1
6.1876
NOTA

AP SC Afr. C., v. 1005, f. 1434



Giugno 1876



Alcune parole del Comboni.



655
Nota
1
6.1876
NOTA

AP SC Afr. C., v. 1005, f. 1442



Giugno 1876



Breve scritto del Comboni.



656
Conti opera camilliana
1
6.1876
CONTI

CON L'OPERA CAMILLIANA DELL'AFRICA CENTRALE - 1874

AP SC Afr. C., v. 1005, ff. 1531-1534; 1541-1543; 1545.



Giugno 1876



Alcune parole del Comboni sul documento.



657
Note al resoconto
1
6.1876
RESOCONTO DELLE SPESE DI VIAGGIO IN EUROPA 1873-74

DI P. STANISLAO CARCERERI

AP SC Afr. C., v. 1005, ff. 1496-1506v



Giugno 1876



Alcune note del Comboni sul resoconto del P. Carcereri.



658
Jean François des Garets
0
Roma
2. 7.1876
. 658 (N. 624)

A M. JEAN FRANÇOIS DES GARETS

APFL, 1876, Afrique Centrale, 6



J.M.J.

Roma, 2 luglio 1876

Piazza del Gesù 47 3º p..

Signor Presidente,
[4292]
Nella speranza di aver l'onore di visitarla, dopo aver finito i miei affari in Propaganda, dopo la Congregazione generale dei Cardinali che avrà luogo, spero, in agosto o nel prossimo settembre, la prego, Signor Presidente, di farmi inviare qui a Roma l'assegno che i due Consigli della Propagazione della Fede avranno assegnato al mio Vicariato per l'esercizio dell'anno 1875, avendo qui il mezzo di trasmettere il denaro al Vicariato, senza alcuna perdita sulle cambiali.

La prego nello stesso tempo, di ritirare da questo assegno la somma di 800 franchi e di trasmetterla alla Madre Emilie Julien Sup. Generale delle Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione a Marsiglia, via Capellette, che deve servire per il viaggio delle nuove Suore, destinate all'Africa Centrale, fino al Cairo.


[4293]
Le sono infinitamente riconoscente, Signor Presidente, per la bontà che lei ha avuto di inviare 10.000 franchi al Cairo per la costruzione dei miei due Istituti al Cairo. Grazie alla sua carità, sono sul punto di annunciarle che i Missionari e le Suore possono installarsi nelle nuove case in questi primi giorni di luglio, cioè all'ora in cui ho l'onore di scriverle.


[4294]
Al momento sono ancora molto occupato per lavorare al terzo Rapporto per la S. C. di Propaganda. Poi sarò felice di lavorare col mio Segretario per redigere un Rapporto generale per questa Opera ammirevole della Propagazione della Fede che ha dato la vita alla Missione più difficile e più laboriosa dell'universo intero, per la quale spero di donare tutto il mio sangue e la mia vita.


[4295]
Il diavolo che passeggia oggi su tutta la faccia della terra per abbattere le opere di Dio, ha tentato inutilmente di rovesciare la mia Opera e di far perire me ed essa. Il Cuore di Gesù, che è stato sempre la mia forza, non l'ha permesso e lei ne avrà in più un segno che la S. Sede è ben convinta della perpetuità e della stabilità della Missione dell'Africa Centrale.

Si degni gradire, Signor Presidente, l'assicurazione dei miei sentimenti di venerazione e di riconoscenza eterni, con i quali ho l'onore di dirmi nei Sacri Cuori di Gesù e di Maria



Suo dev.mo servitore

Daniele Comboni

Provicario Ap.lico dell'Africa centrale



Traduzione dal francese.






659
Don Francesco Bricolo
0
Roma
9. 7.1876
A DON FRANCESCO BRICOLO

ACR, A, c. 14/28



J.M.J.

Roma, Piazza del Gesù 47, 3º. p.

9 luglio 1876

Mio dolcissimo D. Francesco,
[4296]
Non mi può rimproverare di silenzio, perché siamo pari. Nemmeno di mancanza di affetto, perché l'ho, e quando penso a D. Bricolo, vado in giuggiole. Lo sa il nostro incomparabile Sciaui, ed anche a S. Carlo. Anzi fino dal Cairo diretto per Trieste, avea deciso di scendere a Vicenza, prima che a Verona. Ma un impiccio me lo impedì. Venuto a Roma, mi ammalai, e andai a ristorarmi a Colonia, Magonza, Sesslitz presso Monsig.r Kirchner, Monaco, Salisburgo, Vienna, Froshdorf presso l'unico re che sia degno di regnare (il C.te di Chambord) e Bressanone. Volea da Verona fare una gita in giugno; ma il telegrafo mi chiamò a Roma.


[4297]
La morale è che un povero diavolo che deve spendere al giorno ad minus dalle 500 alle 600 lire, per mantenere gli stabilimenti fondati, e la missione, e che tutto deve cavare dalla barba di S. Giuseppe, e quindi scrivere, parlare, e viaggiare, un povero diavolo che deve dirigere la più ardua e laboriosa missione dell'universo, che deve lottare coi preti, coi frati, colle monache di ogni razza e nazione, coi turchi, coi framassoni, e soprattutto coi santi.... matti, è compatito se non iscrive, mentre voi, mio caro, che sedete comodo al tavolino, e che avete le vostre sante vacanze (mentre per me non esistono vacanze), per voi non c'è scusa, ed io, parliamoci chiaro, vi supero in.... gentilezza.


[4298]
Fatta questa umile confessione, degna di uno, che forse fra poco sarà Vescovo, vi invito a scrivermi, a darmi notizie esatte sul vostro conto, ed a moltiplicare d'ora innanzi le preghiere ai Cuori di Gesù e Maria, ed a Bebbo mio Economo per me e la mia Opera. Non vi do notizie del mio Vicariato, che fu benedetto da Dio. Solo vi dico, che mentre tutti o quasi tutti prima morivano, in cinque anni dacché la S. Sede mi ha affidato il Vicariato, grazie all'efficacia del mio piano, nemmeno uno morì dei 19 ecclesiastici europei che penetrarono nell'Africa Centrale sotto la mia bandiera. Nulla vi dico dello stabilimento delle Suore che ho costruito a Khartum con rifugio di schiavi, scuole etc., colossale, lungo 112 metri, cioè, più del Seminario di Vicenza.


[4299]
Ma v'invito a venirmi a trovare in Cairo, ove si sono installati al 1º. di luglio nei due nuovi Istituti da me costruiti dalle fondamenta, i missionari e le Suore, sopra il terreno regalatomi dal Kedive; e v'invito a Verona nel mio Istituto Africano presso il Seminario, e nella mia villa di campagna presso Parona comprata quest'anno e che dà un ottimo vino (40 botti l'anno scorso), e staremo in compagnia. Che se poi veniste a Roma, io vi porterò dal S. Padre Pio IX, e sarete contento.


[4300]
Tanti ossequi a Mgr. Vescovo, al Prof.r Sartori, e a tutti i miei conoscenti di Vicenza; ma io voglio (scusate della gentilezza) che mi diate vostre notizie almeno in un foglio intero di carta. Debbo scrivere a D. Luciano; ma ho da fare; e per giunta ho l'incomparabile mio segretario D. Paolo Rossi qui in letto col vaiolo.


[4301]
Domani a sera chiederò per voi la benedizione del S. Padre, che sta benissimo, ha una memoria di ferro, e consola il mondo colla sua virtù e longevità pontificale.

Intanto credetemi sempre



Tuissimus in Xsto

Daniele Comboni

Provic. Ap.co dell'Africa C.le






660
Card. Alessandro Franchi
0
Roma
20. 7.1876
AL CARD. ALESSANDRO FRANCHI

AP SC Afr. C., v. 8, ff. 423-427



Roma, 20 luglio 1876



BREVI CENNI

a mia giustificazione circa certe accuse fattemi

dal R. P. Giuseppe Franceschini
[4302]
Affranto dalle malattie, dai dispiaceri e dalle fatiche, scesi nel dicembre 1875 in Berber, per poi continuare il viaggio in Europa, ove mi chiamavano importanti affari del Vicariato. Giunto in Berber, vi ultimai le pendenze finanziarie col P. Stanislao, che per colpa sua non erano allora ancor terminate; e non perché convinto di giustizia, ma solamente per non lasciar questioni nel Vicariato, da cui io m'allontanava, conchiusi in una pace generale ogni particolar divergenza, e ne diedi le chieste garanzie. Mi si espose il desiderio di avere assi e mattoni; e io volontieri tosto corrisposi, e ordinai al Superiore di Khartum di farne la spedizione, la quale fu poi eseguita. Lieto dell'accordo conchiuso, ne scrissi al R.mo P. Guardi, il quale lo riconobbe e l'approvò.


[4303]
Da parte mia adunque, benché contro ragione, la pace fu fatta veramente ed effettivamente; di modo che, giunto nel febbraio 1876 il mio Segretario in Roma, quantunque vi avesse udito, riguardo ai rapporti coi PP. Camilliani, a mio carico qualche diceria, e sapesse che da parte dei PP. Carcereri e Franceschini continuava invece in parole e in fatti la inimicizia con me, si rifiutò di presentare in Propaganda un Rapporto sulle divergenze Camilliane, giacché in Propaganda si riconobbe valida la pace conchiusa tra me e il P. Carcereri. Dopo ciò credo di poter assolutamente dire che da mio canto la pace conchiusa fu non solamente sincera, ma pur verace ed effettiva.


[4304]
Sennonché, m'hanno i PP. Camilliani anteriormente alla pace accusato direttamente o indirettamente in Propaganda? E queste accuse non ritirate dai PP. Camilliani dopo la pace, non sono dalla Propaganda riconosciute per la pace estinte? In tal caso, siccome di questo atto non si trattò quando si conchiusero in armonia le pendenze, resterebbemi il diritto di difendermi e di procedere contro di loro; sempre intesi ch'io non emetterei nessun giudizio assoluto, ma solamente quei giudizi, a cui la verità provata dei fatti mi costringerebbe.


[4305]
I PP. Camilliani, non contenti di aver continuato in segreto la inimicizia con me in fatti e in parole pur dopo la pace, che effettivamente da parte mia continuava, mi ànno pur dopo la pace accusato in Propaganda? E m'hanno accusato pur di ciò che loro non riguarda? Avrebbero con ciò provato di voler assolutamente e ad ogni costo lo scredito mio: ed io sentirei maggiormente il diritto e di difendermi e di procedere contro di loro. Ora appunto così pare abbia agito il P. Franceschini nell'atto medesimo ch'io, non obbligato, gli usava un benefizio donandogli quella somma ch'egli stesso per suoi bisogni mi chiedeva.


[4306]
Ciò premesso, soggiungerò qui quanto basta a mia giustificazione: e dico dapprima essere falsa l'accusa che intenderebbesi di fare a mio carico asserendo che tutti i miei Missionari sono a me contrari. Intanto, posta vera la contrarietà di tutti i Missionari a me, perché questa rifletta a mio torto e colpa bisognerebbe almeno provare che in ciò la ragione e la giustizia sta da parte dei Missionari. Ma questo non si potrà mai provare a) perché pei fatti, che nell'ipotesi suddetta avrebbero indisposti i Missionari, avrei io potuto aver ragioni giuste, ma occulte da non rivelare a sudditi; b) perché è falso il supposto medesimo.


[4307]
I miei Missionari non mi sono contrarii, anzi, eccettuato il solo D. Rolleri, mi favoriscono tutti contro coloro che mi vorrebbero perseguitare. A questo proposito non parlo del mio segretario, del mio Rappresentante, del Vescovo e degl'Istituti miei di Verona e del loro Rettore: dirò solo dei miei Missionari e Istituti di Khartum, Obeid e Gebel Nuba. Eccettuata qualche differenza d'opinione tra me e i miei Missionari di Obeid circa il modo di esercitare la Missione, i quali finirono coll'adagiarsi alla mia che è quella, cui esposi nella IIIª. parte del generale Rapporto presentato nel p.p. aprile, nessun'altra rilevante differenza passò fra me e i miei Missionari di Khartum, Obeid e Gebel Nuba.


[4308]
Avrebbe bensì cercato il P. Franceschini di screditarmi, ma presso i miei Missionari non riuscì; ché anzi tutti i Sacerdoti secolari, intendendo di consolarmi nei dispiaceri e nelle fatiche, sottoscrissero uno spontaneo indirizzo a me, redatto da D. Luigi Bonomi, protestandomi la loro fedeltà, riconoscenza ed amore, approvando il mio governo e la mia amministrazione.


[4309]
Il P. Franceschini andò poi spargendo che quell'indirizzo non era stato spontaneo, e che io l'avea provocato. Udì queste dicerie il mio segretario, e interrogò in proposito i Missionari riservatamente, e n'ebbe in risposta che l'indirizzo fu spontaneissimo, e che i giudizii di favore a me furono il frutto di coscienzioso esame. E' tanto falso che io provocai quell'indirizzo che, avutolo, nol curai di guisa che ora nol trovo. Tuttavia a questo proposito, per non allungarmi troppo, citerò la risposta di D. Luigi Bonomi Superiore di Gebel-Nuba, che à redatto quell'indirizzo, e la risposta di D. Gennaro Martini, che manifesta la natura dell'indirizzo, ambedue scritti al mio segretario in data 19 dicembre 1874.


[4310]
"Mi meraviglio altamente che altri abbia potuto anche dubitare ed insinuare ch'io abbia sottoscritto e redatto un indirizzo a chiunque contro la mia volontà e mosso da altri motivi che non fossero consentanei ai miei sentimenti. Perciò protesto contro questa falsa e calunniosa insinuazione. Né Monsignore, né alcuno al mondo, fosse pure il Papa, mi avrebbero strappato un documento od una testificazione, di cui non fossi stato persuaso. Questo credo che valga anche per tutti i miei Confratelli che sottoscrissero, se considero l'impegno, col quale discussero, studiarono e pesarono ogni parola di quell'indirizzo prima di sottoscriverlo". (D. Luigi Bonomi)


[4311]
Dalla seguente di D. Gennaro Martini, oltre la spontaneità apparisce la sostanza di quell'indirizzo riguardare il mio governo, e le mia amministrazione.

In quanto all'attestato da me sottoscritto a Monsignore, di' pure a P. Giuseppe che lo soscrissi con mia piena, perfetta e deliberata volontà, perché non poteva altrimenti secondo le mie convinzioni: che se avessi creduto dover in altro modo diportarmi l'avrei pur fatto senza tema di nulla e di nessuno. Purtroppo il diavolo lavora assai assai in questa nostra povera Missione!.. Dissi esser io contentissimo dell'amministrazione e del governo di Monsignore perciò soscrissi quell'attestato perché convinto non aver mai, dacché faccio parte della Missione, ricevuto da Monsignore che benefizi e incoraggiamenti a lavorare per la salvezza delle anime". (D. G. M.)


[4312]
Che dunque i miei Missionari sieno a me contrarii é una mera menzogna; com'è una mera menzogna quella che asserisce a me contrarie le Suore; giacché ad eccezione di due, (Sr. Germana e Sr. Maddalena), tutte le altre e disapprovano la condotta delle due suddette e aderiscono a me, riconoscenti e fedeli. I motivi della indisposizione delle sue predette Suore contro di me furono i seguenti a) l'aver io per le Suore di Khartum iniziata la solida fabbrica nel 1874, e per loro, che stavano in Obeid, averla differita alla fine di quella di Khartum; b) l'aver io levato da Obeid il P. Franceschini, col quale erano in strettissima relazione, e l'avervi io collocato un altro Superiore.


[4313]
Quanto ingiusti sieno i predetti motivi d'indisposizione ben tosto si vede se si consideri che non tutte le fabbriche si ponno fare contemporaneamente, e che se tolsi da Obeid il P. Franceschini, ciò feci perché sul conto di lui correano certe dicerie che non faceano onore alla Missione. Tuttavia pel primo motivo s'indisposero le due Suore con me solo, e pel secondo s'indisposero con me, e di riflesso col nuovo Superiore: ad ogni modo io né a loro né ad altri scrissi sul conto loro parola mai di offesa o di lamento, ma sempre d'incoraggiamento al bene. La indisposizione di quelle due Suore, che protestavano di voler vivere coi Camilliani, crebbe quando il P. Franceschini riferì a Sr. Germana la garrita ch'egli ricevette da me per la non troppo lodevole corrispondenza segreta, cui teneva egli colle dette due Suore.


[4314]
Furono poi solamente queste due, fra le Suore, che secondarono il P. Franceschini nel 1876, e a lui si unirono per cingermi di difficoltà e moltiplicarmi dispiaceri. Fu in queste circostanze che nella indisposizione del P. Franceschini e delle due predette Suore con me fu involta pure una certa Sr. Anna, la quale venne fatta segno a mille torti e ingiurie. I motivi della ingiusta persecuzione mossa a quest'ultima furono i seguenti: a) perché lungi dal secondare il P. Franceschini, favoriva me come le altre; e specialmente; b) perché non potendomi io servire in quei momenti delle due Suore e me contrarie, mi serviva di questa per certi affari.


[4315]
L'ingiustizia di questi motivi per perseguitare Sr. Anna apparisce chiaramente se si consideri che io per maltrattare Sr. Anna non aveva alcuna ragione, essendo essa attiva e fedele, e che se per fare certe spese e trattare qualche affare di Missione proprio pur della donna, fu perché essa era, com'è, non solo fedele, ma eziandio opportuna, giacché essendo araba possiede perfettamente la lingua del paese, conosce le maniere ecc. ecc.


[4316]
Tuttavia si accese perciò la gelosia specialmente in Sr. Germana, e crebbe la indisposizione del P. Franceschini a riguardo di Sr. Anna; (1) e a mio carico si disse e si cercò di persuadere, invano, ad altri ch'io uso preferenza con Sr. Anna e che nel Governo del Vicariato mi lascio condurre da essa. (2) Divise poi le due Suore, tutto finì e pur ora ogni cosa è ricomposta in calma, per cui spero che ambedue in avvenire mi aiuteranno bene come mi aiutarono fino al 1874. Del resto quanto di falso e di passione sia contenuto nella testè citata accusa, è facile vedere dalla considerazione dei suesposti motivi che originarono e alimentarono la indisposizione delle due Suore e del P. Franceschini a riguardo di me e di Sr. Anna.


[4317]
A conclusione: se è falso che i miei Missionari mi sieno contrarii, se è falso che mi sieno contrarie le Suore, se fu ingiusta la momentanea contrarietà a me di due Suore, se è falso ciò che si disse sui miei rapporti con Sr. Anna ingiustamente avversata; le accuse che mi saranno state fatte circa la Messa, l'Ufficio divino e la Confessione, sono vere se sono espresse nei sensi seguenti.


[4318]
Il Pro-Vicario che, potendo, celebrò sempre quotidianamente la Messa, nei mesi di agosto e 7bre 1875 che fu in Obeid, e nei mesi di 8bre e 9bre 1875 che fu in Gebel Nuba, non celebrò Messa che nei dì festivi e in qualche feria solamente. Il Pro-Vicario nei mesi suddetti non sempre recitò il Divino Uffizio. Il Pro-Vicario che sempre si confessò, almeno ogni otto giorni, nei due mesi di 8bre e 9bre passati in Gebel Nuba non si confessò che una volta sola. Se in questi sensi sono espresse le accuse, sono vere, altrimenti sono false.


[4319]
Tuttavia, benché vere, credo non mi si possano ascrivere a colpa; giacché se per la recita dell'Uffizio Divino tengo la facoltà di dispensar me e anche i miei Missionari dietro una ragione sufficiente, le circostanze, nelle quali mi trovava in Obeid, mi fornirono ragione bastante dell'omissione della Messa in varie ferie e dell'Uffizio divino. Difatti in mezzo a un'azione vivissima, quale me la imponeva l'organizzazione della Missione di Obeid ne' suoi rapporti interni ed esterni, in mezzo alle cure dell'amministrazione che, per la difficoltà di spedir danaro da Cairo in Sudan, erasi fatta più che mai penosa e difficile nella prospettiva di gravi spese che pur doveansi fare, sotto il peso di corrispondere col segretario e di tener vive le utili relazioni coll'Europa, avea l'animo pure amareggiato da mille dispiaceri soprattutto procuratimi dal Carcereri, e per la morte di alcuni grandi Benefattori, e pel procedere del P. Franceschini e delle due Suore, e per la settimanale irriverente corrispondenza di D. Rolleri ecc.


[4320]
Sennonché alla fatica materiale e alla morale indisposizione, s'aggiunse ben tosto la indisposizione pur fisica, un costante dolore di capo, una inappetenza ed una sete continua mi afflissero costantemente in Obeid, effetti dello stato febbrile ostinato, nel quale era io caduto, di più in due mesi in Obeid non ho quasi mai dormito (in generale stetti più di sette mesi senza dormire); sicché la mattina era sempre prostratissimo, da non poter reggermi sull'altare. Quando si è gravemente ammalati con enormi dispiaceri, è impossibile dir l'Offizio e la Messa. Però non passano mai tre ore senza che io preghi, ovunque mi trovi.


[4321]
Queste sole circostanze bastano, io credo, a giustificare l'omissione talvolta della Messa in varie ferie e dell'Uffizio divino nei mesi di agosto e 7bre passati in Obeid, dove tuttavia mi confessai regolarmente, e più volte dallo stesso Franceschini, mancando altri. In Gebel Nuba poi, dove dall'aprile due miei Sacerdoti con un laico stavano lavorando allo scopo di prepararvi le abitazioni, circostanze simili, anzi più gravi mi accompagnarono.


[4322]
Colà solamente del peso della corrispondenza mi potei alleggerire per la momentanea mancanza del mezzo di comunicazione: ma del resto, sapeva io che continuava il malcontento del P. Stanislao in Berber, e di D. Rolleri in Cairo, e che questo dovea riflettere nelle altre Stazioni, il dispiacere della condotta del P. Franceschini e delle due Suore a mio riguardo non cessò, giacché non avendo potuto lasciarli in Obeid li avea condotti meco in Gebel Nuba.


[4323]
In Gebel Nuba poi la fatica materiale per dovervi ultimare i lavori, stabilirvi i rapporti col Cogiur capo e colla popolazione, iniziarvi la Missione fu maggiore che in Obeid, coll'incomodo di continue malattie. Giacché se fin dal maggio il laico, cui aveano condotto seco i due miei Sacerdoti, era malato di febbri; se in 7bre giunse agli estremi il P. Alfonso Chiarelli coltovi, appena giunto, da fiera migliara, si ammalò seriamente ben tosto pure il Superiore e non guarì che in Obeid ove tornammo più tardi; i guariti furono assaliti dalle febbri, le quali non tardarono a cogliere e il laico, che meco era venuto e le Suore e il P. Franceschini e D. Gennaro Martini e me stesso, tutti.


[4324]
In mezzo a tanta azione sostenuta attraverso tanti incomodi fisici e morali, credetti di poter approfittare della facoltà che avea di dispensarmi dalla recita dell'Uffizio divino: in quella guisa che le circostanze medesime aggravanti la mia fisica indisposizione, credo che bastino a giustificarmi se in varie ferie omisi pur la celebrazione della Messa.


[4325]
Malato poi cogli altri Sacerdoti tutti e con me il Superiore medesimo di quella Stazione e questi pur gravemente, e non avendo io confidenza d'altri, differii la Confessione, (nella speranza di pur confessarmi presto), della quale d'altronde non ebbi bisogno assoluto. Questi brevi cenni credo che bastino alla mia giustificazione sulle fattemi accuse circa l'omissione della Messa in varie ferie e dell'Uffizio Divino, e circa la dilazione della Confessione a quasi due mesi in Gebel Nuba.


[4326]
Del resto fu dopo che attraverso a mille difficoltà si poterono ultimare le cose della nuova Stazione Nubana, che, colpa i disagi, ci vedemmo tutti malati e nella mancanza di medicine e di provvigioni e nella impossibilità di essere riforniti per la momentanea mancanza di mezzo di comunicazione con Obeid stanti le condizioni d'inimicizia ch'erano sorte tra il Governo di Obeid e i Nubani, che rifiutarono di pagare l'annuo tributo. In simili condizioni che dovea far io, responsabile della salute dei Missionari e delle Suore? Le abitazioni erano preparate, i buoni rapporti erano introdotti, la Missione era iniziata. Non rimaneva che provvedere alla salute di tutti: ma a questo non poteasi provvedere fermandoci a Gebel Nuba, e ciò per le circostanze suesposte; d'altra parte la presenza dei Missionari in Gebel Nuba, colpa le malattie, tornava inutile, e nella inutilità correano pericolo, e colpa la malattia nelle predette condizioni e colpa la guerra che in quei paesi liberi e remoti parea movesse il governo Cordofanese.


[4327]
Stante tutto ciò chiesi consiglio a tutti i Missionari e tutti, non escluso il P. Franceschini, convennero subito di lasciar ogni cosa in mano al capo della tribù, nostro amico e di fare ritorno per qualche tempo in Obeid. (3) Intanto il Governatore di Obeid, che marciava armato su Gebel Nuba, mi mandò un numero sufficiente di cammelli, dicendomi che ne approfittassi nell'ipotesi che volessi levarmi di colà. Tutti approfittammo, benché prevedessimo i disagi del viaggio colpa le malattie ma tal deliberazione per le suesposte circostanze lungi dal doversi dire imprudente, credo debbasi dire prudentissima.


[4328]
Si consegnò ogni cosa al capo della tribù, e lasciata momentaneamente quella Missione già aperta ed iniziata, scendemmo in Obeid, ove tosto mi confessai presso il Superiore di quella Stazione: e lasciando organizzato e in pace il Vicariato reso stabile e sicuro, scesi in Europa per ultimarvi, con varii altri, certi affari pure riguardanti il bene del Vicariato.


[4329]
Di tutte le accuse fattemi dal P. Franceschini, io in coscienza non mi sento reo neanche di un peccato veniale. Solo mi dispiace per lui, che perderà l'anima sua, se prima di morire, non si ritratterà davanti all'autorità, a cui produsse bugiardamente tante accuse. Io per me gli perdono di cuore.



Roma, 20 luglio 1876



D. Daniele Comboni

Prov.o Ap.co dell'Africa C.le




[4330]
(1) Perché anche Sr. Anna mi riferiva segretamente i pasticci di p. Franceschini con Sr. Anna [lapsus: Sr. Germana] e Sr. Maddalena, per rimediarvi. Del resto Sr. Anna è la Suora più capace e la più sana, e la più zelante del Vicariato. In mille circostanze mostrò vero eroismo per guadagnare anime a Dio.

(2) Io poi, come me ne ringraziò la Superiora Provinciale, ho dovuto difendere l'innocenza di Sr. Anna dalle ingiuste accuse fattele operando sempre d'accordo colla Provinciale.

(3) Io però non aveva intenzione di condur tutti a El-Obeid; ma di fermarci a Singiokàe 14 ore da Nuba. Ma qui non trovammo nulla, né latte, né carne, eravamo senza sale. Tutti gli abitanti erano fuggiti coi bestiami all'appressarsi dell'armata, perché i soldati rubano tutto. Allora decisi (io pure avea sempre la febbre) di condur tutti a Obeid.