Oggi iniziamo la lettura continua del Vangelo di San Luca, che ci accompagnerà durante quest'anno liturgico nel nostro cammino come discepoli del Signore. Inoltre, questa terza domenica del Tempo Ordinario è la “Domenica della Parola di Dio”, istituita da Papa Francesco nel 2019, per promuovere la conoscenza e l’amore per la Sacra Scrittura.
Vivere nell’Oggi della Parola di Dio
“Oggi si è compiuta questa Scrittura”.
Luca 1,1-4; 4,14-21
Oggi iniziamo la lettura continua del Vangelo di San Luca, che ci accompagnerà durante quest'anno liturgico nel nostro cammino come discepoli del Signore. Inoltre, questa terza domenica del Tempo Ordinario è la “Domenica della Parola di Dio”, istituita da Papa Francesco nel 2019, per promuovere la conoscenza e l’amore per la Sacra Scrittura.
Il brano evangelico odierno si apre con l’introduzione di San Luca al suo Vangelo (Luca 1,1-4), dedicato ad un certo Teofilo. Teofilo, il cui nome significa “Amante di Dio” o “Amato da Dio”, può essere visto come simbolo di ciascuno di noi. Accogliamo quindi queste parole come una dedica personale: “Per te, illustre Teofilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto”.
La seconda parte del brano presenta l'esordio del ministero pubblico di Gesù: “In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode” (4,14-15). In questo contesto, viene narrato il ritorno al villaggio natale e l'omelia nella sinagoga di Nazaret (4,16-21). Questo episodio ci presenta “la prima parola” pubblica del Cristo adulto, nel Vangelo di San Luca.
L'omelia programmatica nella sinagoga di Nazaret
Soffermiamoci un momento sul discorso di Gesù a Nazaret. Egli ritorna al suo villaggio dopo mesi di assenza. La fama della sua predicazione, che si era diffusa in tutta la regione della Galilea, era giunta anche a Nazaret. Come era sua consuetudine, di sabato, giorno di culto, entrò nella sinagoga. Tutti erano presenti, curiosi di rivederlo e di udire le sue parole. Anche noi, oggi, siamo là per ascoltarlo!
La celebrazione della Parola iniziava con la recitazione dello Shemà Israel ("Ascolta, Israele") e di alcune preghiere di benedizione, seguita dalla proclamazione di due letture. La prima era tratta dalla Torah, ossia il Pentateuco, i primi cinque libri di Mosè e la parte più sacra delle Scritture, equivalente, per importanza, ai Vangeli per i cristiani. La Torah era suddivisa in porzioni settimanali, così da essere letta integralmente nell'arco di tre anni. Questa lettura costituiva il cuore della liturgia ed era eseguita dal sacerdote o dal capo della sinagoga. Il testo veniva proclamato in ebraico e spesso accompagnato da una traduzione in aramaico per renderlo comprensibile al popolo.
La seconda lettura era tratta dai Profeti e Gesù fu invitato a svolgerla. Chiunque avesse più di trent’anni era autorizzato a leggerla. Gesù si alzò e “gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa”. Forse si trattava dell’unico rotolo dei Profeti che una piccola e povera sinagoga come quella di Nazaret poteva permettersi, dato che le pergamene erano molto costose. Gesù “aprì il rotolo [Lui solo è “degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli”: Apocalisse 5,9] e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore»”.
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette”.
Dopo la lettura, solitamente seguiva l’omelia o un’esortazione, pronunciata da un membro autorevole della comunità. In questa occasione, Gesù fu invitato a farla. Egli si sedette in cattedra, come un nuovo Mosè, e “nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui”. Anche noi, come suggerisce la Lettera agli Ebrei, “teniamo fisso lo sguardo su Gesù” (Ebrei 12,2). L’evangelista riassume la sua omelia in poche, ma eccezionali parole: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato!”.
La liturgia si concludeva con benedizioni e preghiere di lode.
Spunti di riflessione
L'Oggi della Parola
Il testo letto da Gesù (Isaia 61,1-2) parla di un profeta anonimo inviato da Dio per liberare il suo popolo. Con le parole: “Oggi si è compiuta questa Scrittura”, Gesù dichiara di essere lui quel profeta anonimo, di essere stato “unto” dallo Spirito (Messia) e mandato dal Padre, in particolare, a quattro categorie di persone: i poveri, i prigionieri, i ciechi e gli oppressi. Qui ci sembra di intravedere un’anticipazione delle beatitudini. La sua missione è di “proclamare l’anno di grazia del Signore!”, ovvero un Giubileo!
In questo anno di grazia, ciascuno è chiamato a rientrare in possesso della propria “terra”, ossia di se stesso; a essere liberato dalle catene causate da scelte sbagliate; a passare dalle tenebre della cecità dell’egoismo alla luce di una ritrovata fraternità; a essere sollevato dall’oppressione di tanti fardelli superflui per camminare nella libertà.
Tutto questo avviene OGGI, non domani, in un futuro lontano o in un “aldilà” etereo. Il Vangelo di San Luca è costellato da numerosi “oggi”, a partire dal primo a Betlemme rivolto ai pastori: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore” (Lc 2,11); fino all’ultimo, pronunciato a Gerusalemme sulla croce, rivolto a uno dei malfattori crocifissi con Gesù: “Oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). La vita del cristiano si colloca tra questi due “oggi”.
La Parola di Dio, quindi, va accolta oggi, come pane fresco donato dal Padre: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano!”. Accogliendo la Parola nell’oggi, entriamo nell’eterno presente di Dio, capace di guarire il nostro passato e di aprirci al futuro. L’autore della Lettera agli Ebrei dedica due interi capitoli (3 e 4) a esortarci a vivere nell’oggi della Parola di Dio: “Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori […] Esortatevi a vicenda ogni giorno, finché dura questo oggi”.
Un nuovo Oggi
Nella lettura del testo di Isaia, Gesù omette una frase particolarmente importante e significativa: “[Il Signore mi ha mandato a promulgare] il giorno di vendetta del nostro Dio”. Come mai?
“Nell’Antico Testamento, “il giorno del Signore” ha sempre una duplice conseguenza: rappresenta salvezza per i poveri e condanna per coloro che si pongono al di fuori del progetto di Dio. Tuttavia, Gesù esercita la sua autorità sospendendo il giudizio e temporeggiando, quasi volesse concedere un ulteriore tempo di grazia, un kairòs, per offrire a tutti l’opportunità di scegliere il senso della propria vita” (Paolo Farinella). Questo tempo supplementare richiama la parabola del fico sterile (Luca 13,6-9), in cui viene data una nuova possibilità prima del taglio definitivo.
La Lettera agli Ebrei descrive questo tempo in modo emblematico: “Dio fissa di nuovo un giorno, oggi” (Ebrei 4,7). Sta a ciascuno decidere se entrare o meno in questo nuovo oggi.
P. Manuel João Pereira Correia, mccj
La parola che aumenta l’intelligenza e il cuore
Ne 8,2-4.5-6.8-10; Salmo 18; 1Cor 12,12-31; Lc 1,1-4; 4,14-21
Il tempo ordinario, che abbiamo iniziato con le festa del Battesimo di Gesù, non è vuoto di contenuti e non è di seconda importanza. Anzi, ogni sua domenica è la sintetica celebrazione di tutto il mistero di Cristo e il “tempo ordinario” – nella serie delle sue domeniche – approfondisce questo mistero colto nella sua globalità. E’ nel suo scorrere discreto che “accade” la salvezza. Quindi, ogni domenica, se l’uomo si lascia aperto all’irrompere dell’appello di Dio, si fa instante (kairos) messianico, si fa chiamata a corrispondere a Lui che raggiunge ciascuno nella sua storia. Ed è nella nostra storia che la risposta/sequela deve essere espressa, o meglio è il luogo favorevole ove Dio si disvela e si offre come vero senso della nostra esistenza personale e comunitaria. Infatti, le letture di questa domenica sono un’illustrazione di queste riflessioni che procedono.
La scena di Gesù che legge nella sinagoga di Nazaret dal rotolo del profeta Isaia (61, 1-2) è preparata da quella narrata nella prima lettura. Lo scriba e sacerdote Esdra, davanti all’assemblea, apre il rotolo della legge, il popolo si alza in piedi e risponde alla benedizione con un duplice “Amen”, levando le mani in cielo. Poi tutti si prostrano con la faccia a terra riconoscendo cosi la presenza del Signore, poiché scoprono e lodano Dio che parla e che fa alleanza. E il popolo si mette in un atteggiamento di ascolto/risposta.
Il passo letto e commentato da Gesù, nel Vangelo, annuncia la liberazione. La salvezza viene presentata come rovesciamento della situazione presente, e Gesù afferma chiaramente che questa salvezza/liberazione promessa da Dio è presente e operante qui, ora, nella sua persona. Si tratta di una liberazione totale, che riguarda l’uomo in tutte le sue dimensioni. La salvezza/liberazione dell’uomo non è totale se si limita a risolvere il solo problema della fame fisica, del pane, ma trascura la fame spirituale, degli ideali, tali la giustizia e la pace, le vere ragioni per vivere e la possibilità di “essere veramente uomini”. Cioè è una liberazione che si colloca nella linea dell’essere.
La prima sovrastruttura da abbattere è l’io con le sue malattie spesso inguaribili. E’ quindi qualcosa che va conquistato e ricercato giorno per giorno. E’ un dono regalato da Cristo, a patto di riconoscerci anche noi poveri, prigionieri, ciechi, oppressi dalle catene sovente costruite con le nostre mani e a cui finiamo per abituarci.
La Parola di Dio che ci viene proposta in modo particolare nella santa messa ci dispone in modo particolare a questa liberazione. Dobbiamo considerare la messa e la Parola di Dio nostra più preziosa eredità.
Don Joseph Ndoum
Occhi fissi su Gesù e la sua missione
Neemia 8,2-4a.5-6.8-10; Salmo 18; 1Corinzi 12,12-30; Luca 1,1-4; 4,14-21
Riflessioni
L’evangelista Luca afferma chiaramente che non intende scrivere un romanzo, ma un libro di storia, sulla base di fatti veri e verificabili. Vuole dare ai suoi lettori una sicurezza totale circa il personaggio centrale del libro che si accinge a scrivere. Non intende inventare fatti, scene o messaggi; vuole raccontare (Vangelo) solo “avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi” (v. 1), trasmessi da persone “che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola” (v. 2). Per l'evangelista sono i fatti che ispirano le parole; i ministri della Parola partono dai fatti. Con documenti alla mano, dopo “ricerche accurate su ogni circostanza”, Luca è in grado di stendere un “resoconto ordinato” sulla vicenda di Gesù. Con rigore e onestà, sulla base di testimoni oculari e credibili, Luca garantisce ai suoi lettori la “solidità degli insegnamenti” che hanno ricevuto (v. 3-4).
Luca ha un chiaro progetto catechetico e missionario: rafforzare la fede di chi già crede e dare sicurezza a quanti sono alla ricerca, a coloro che si stanno avvicinando e sono in cammino verso Gesù, come personaggio storico e fulcro della fede. Il Vangelo di Gesù è fondato su fatti sicuri, nei quali non c’è spazio per invenzioni umane, o creazioni mitologiche. “La fede biblica non è l’adesione ad una serie astratta di teoremi teologici, ma è l’accettazione dell’irruzione di Dio e della sua parola nella trama storica degli eventi umani, nella ‘casa’ di carne delle nostre genealogie, nella ‘tenda’ di carne dell’incarnazione del Cristo... Cristo è centro e spiegazione del nodo inestricabile delle nostre generazioni, delle nostre speranze, delle nostre vicende” (G. Ravasi). Questa centralità di Cristo è stata illustrata più volte da Giovanni Paolo II (*) e da Benedetto XVI: “Oggi, come ai tempi di Gesù, il Natale non è una favola per bambini, ma la risposta di Dio al dramma dell’umanità in cerca della vera pace… A noi spetta aprire, spalancare le porte per accoglierlo” (20.12.2009).
Con le spiegazioni circa il metodo di ricerca, l’intenzione dell’autore e la finalità dell’opera, Luca offre una guida di lettura del suo Vangelo e ci introduce nel programma di vita e nel messaggio del suo protagonista, Gesù di Nazaret. Proprio nella sinagoga del suo villaggio d’infanzia e di giovinezza, a trenta anni Gesù inaugura la sua missione pubblica, assumendo in prima persona il programma profetico di Isaia (61,1-2): anche Gesù, “con la potenza dello Spirito” (v. 14), si sente “mandato a portare ai poveri il lieto messaggio”, agli oppressi la liberazione e per tutti un anno di grazia (v. 18-19). Sono le linee programmatiche della missione di Gesù: in seguito, saranno i miracoli di guarigioni, le parabole della misericordia, l’accoglienza ai peccatori e agli esclusi... a definire nei fatti il volto umano di un Dio che è misericordioso oltre ogni misura.
Gesù riempie completamente la scena nella sinagoga: come annota Luca, gli occhi e gli orecchi di tutti “erano fissi su di Lui”. Gesù non si sofferma a commentare il testo di Isaia, ma ne proclama la piena realizzazione. È il momento dell’oggi di Dio per il compimento delle Scritture (v. 20-21). È legittimo pensare che, quando Gesù pronunciò la parola ‘oggi’, abbia compiuto anche un gesto che indicava il suo corpo, la sua persona, come luogo del compimento di tutte le Scritture: oggi, qui, in me, davanti a voi che mi fissate in volto... Per Gesù, è stato un momento di piena identificazione come inviato-missionario del Padre! L’anno di grazia è già iniziato. D’ora in poi i segni della misericordia e della vicinanza di Dio accanto a chiunque è nel bisogno, saranno sempre più patenti. A cominciare da Gesù, per continuare poi nella storia missionaria della Chiesa ovunque e in ogni epoca.
Anche il popolo d’Israele fece l’esperienza dell’attualità permanente della Parola di Dio, quando la riscoprì dopo l’esilio e questa venne proclamata con solennità davanti a tutta l’assemblea (I lettura) sulla piazza pubblica, provocando conversione e gioia. Oggi, l’efficacia e la visibilità della Parola sono richieste in modo urgente nel campo ecumenico (II lettura), affinché tutti i credenti in Gesù, convocati dalla Parola e “dissetati da un solo Spirito” (v. 13), formino l’unico corpo di Cristo, ricco di molteplici doni, uniti in armoniosa vitalità, animati da slancio missionario, “affinché il mondo creda” (Gv 17,21).
Parola del Papa
(*) “Il cristianesimo si differenzia dalle altre religioni, nelle quali s’è espressa sin dall’inizio la ricerca di Dio da parte dell’uomo. Nel cristianesimo l’avvio è dato dall’Incarnazione del Verbo. Qui non è soltanto l’uomo a cercare Dio, ma è Dio che viene in Persona a parlare di sé all’uomo ed a mostrargli la via sulla quale è possibile raggiungerlo... Il Verbo Incarnato è il compimento dell’anelito presente in tutte le religioni dell'umanità... In Cristo la religione non è più un ‘cercare Dio come a tentoni’ (cfr. At 17,27), ma risposta di fede a Dio che si rivela... Cristo è il compimento dell'anelito di tutte le religioni del mondo e, per ciò stesso, ne è l’unico e definitivo approdo”.
Giovanni Paolo II
Lettera Apostolica Tertio Millennio Adveniente, (1994), n. 6
P. Romeo Ballan, mccj