Non tutti i missionari sono uomini d'azione. Qualcuno si dedica anche alla contemplazione. Uno di questi è fratel Santino: la sua figura è particolarmente significativa soprattutto per quanti si dedicano alla preghiera per le missioni.

Da qualche anno i Comboniani si erano stanziati alla periferia di Milano, in Via Giuditta Pasta. Il superiore, p. Giovanni Cotta, aveva tirato su una chiesetta in prefabbricato e un paio di stanze, sempre dello stesso materiale. Mancavano l’isolamento termico, il riscaldamento e altre elementari comodità. Insomma il tutto non aveva niente da invidiare alle cappelle e alle capanne di missione. Ma per i tre missionari era sufficiente.
La mattina del 31 gennaio 1956, p. Cotta non vide il fedelissimo fratel Santino Gaslini in chiesa, come tutte le mattine, già in preghiera davanti al tabernacolo.
“Forse non sta bene”, disse, e invitò p. Modesto Debertolis ad andare nella sua cameretta. L’umile Fratello, che aveva problemi di cuore, giaceva sul suo letto ben composto, con la veste talare indosso, la corona del rosario attorno al collo e il crocifisso stretto tra le mani. Sentendosi venir meno, si era preparato a morire senza chiamare nessuno per timore di disturbare.
Aveva 73 anni. Parlando con i confratelli di passaggio, diceva: “Io sono il più fortunato di tutti in questa casa, perché come san Giovanni posso dormire appoggiando la testa sul cuore di Gesù”. Infatti aveva la testata del letto che appoggiava contro la parete, al di là della quale c’era il tabernacolo.
Gli era bastata quella posizione per morire.

Maestro intagliatore

Nato a Palazzolo Milanese il 1° novembre 1882, era entrato a 27 anni in noviziato a Verona. Nell’ottobre del 1910, ancora novizio, era stato inviato a Roma quando venne aperta la casa comboniana in Piazza Trevi, ai Santi Vincenzo e Anastasio. Emise i primi Voti il 10 marzo 1912.
Nel 1913 era partito per il Bahr el Ghazal (Sudan meridionale) dove fu successivamente addetto alla scuola artigiana di Wau. Oltre l’arabo, aveva imparato bene la lingua Giur, ed era particolarmente zelante ed accogliente con gli indigeni.
Dalle sue mani, ma più ancora dal suo cuore, erano uscite alcune schiere di giovani ai quali aveva insegnato il mestiere del muratore, del falegname e dell’intagliatore, arte nella quale era specializzato. Anzi, fu proprio grazie a questo suo mestiere che riuscì a mutare l’atteggiamento piuttosto ostile degli inglesi in benevolenza verso le missioni cattoliche.
Nel 1921 p. Giuseppe Bernabè, allora superiore regionale, conoscendo l’arte di fr. Santino, gli fece preparare un bel tavolino di legno con intarsi che richiamavano i fiori della zona, che offrì al nuovo Governatore inglese della Provincia, quale omaggio della scuola artigiani di Wau. Il Governatore (Mr. Wheatley) gradì assai il dono, meravigliato che un lavoro simile potesse essere fatto nel centro dell’Africa, e andò a visitare la scuola. Lo stupore dell’illustre visitatore raggiunse il massimo quando l’umile Fratello gli disse che il lavoro era stato fatto dai giovani della scuola.
Da allora ha avuto inizio quella collaborazione e cordiale amicizia tra il Governatore e la missione, che è continuata per anni a vantaggio delle opere comboniane nel Bahr-el-Ghazal.

L’uomo del silenzio

Nel 1923 fr. Gaslini è rimpatriato per poca salute. In Italia ha prestato il suo servizio di uomo tuttofare nelle comunità comboniane di Riccione, Roma, e Gozzano. Nel 1952 è approdato a Milano nella chiesa di San Tommaso e poi in via Giuditta Pasta.
Era fratello esemplare, amante del silenzio e della semplicità. Quando non era impegnato nelle occupazioni della casa e della cucina, lo si trovava in preghiera davanti al tabernacolo. La gente aveva “fiutato” la sua santità e ricorreva a lui per consigli e richiesta di preghiere. Egli ascoltava tutti e per tutti aveva una parola buona.
La sua morte suscitò una grande commozione. Tutti, infatti, si resero conto che avevano vissuto accanto a un santo di nome e di fatto. I suffragi furono molti e sentiti.
I nipoti vollero portare la salma al paese natale dove venne fatto un funerale che è stato più simile a una festa di Pasqua. E ancor oggi, sia a Milano come al suo paese fr. Dantino è ricordato come un santo. In realtà è uno dei Fratelli comboniani che hanno fatto onore all’Istituto e alla Chiesa.

(P. Lorenzo Gaiga)
Un grande contemplativo (1882-1956)