Giovedì 20 luglio 2017
Presentiamo qui di seguito il Voto riassuntivo finale della Discussione del Congresso dei Teologi sull’eroicità delle virtù di p. Giuseppe Ambrosoli, tenutosi il 4 dicembre del 2014, e il Decreto della Venerabilità, fatto emanare dal Santo Padre il 17 dicembre del 2015 dalla Congregazione delle Cause dei Santi. Con la Relazione e i Voti del Congresso peculiare sulle virtù (Relatio et Vota Congressus peculiaris super virtutibus), tenuto dai teologi il 4 dicembre del 2014, si riconosce il ben fondato della prova offerta dalla Positio circa la pratica eroica delle virtù teologali e delle virtù cardinali e annesse. Affermazione poi ratificata dai Cardinali e dai Vescovi nella Sessione Ordinaria del 15 dicembre 2015. Infine, con il «Decreto di venerabilità» del 17 dicembre, sempre del 2015, la Chiesa, in concreto il Santo Padre, approva l’eroicità delle virtù e permette che si possa invocare autorevolmente il venerabile Giuseppe Ambrosoli. Un modello quindi e un esempio che può indicare una via credibile e sicura di santità missionaria.
LA CAUSA AMBROSOLI
DECRETO DELLA VENERABILITÀ
DEL SERVO DI DIO, GIUSEPPE AMBROSOLI
(17.12.2015)
Presentiamo qui di seguito il Voto riassuntivo finale della Discussione del Congresso dei Teologi sull’eroicità delle virtù di p. Giuseppe Ambrosoli, tenutosi il 4 dicembre del 2014, e il Decreto della Venerabilità, fatto emanare dal Santo Padre il 17 dicembre del 2015 dalla Congregazione delle Cause dei Santi. Con la Relazione e i Voti del Congresso peculiare sulle virtù (Relatio et Vota Congressus peculiaris super virtutibus), tenuto dai teologi il 4 dicembre del 2014, si riconosce il ben fondato della prova offerta dalla Positio circa la pratica eroica delle virtù teologali e delle virtù cardinali e annesse. Affermazione poi ratificata dai Cardinali e dai Vescovi nella Sessione Ordinaria del 15 dicembre 2015. Infine, con il «Decreto di venerabilità» del 17 dicembre, sempre del 2015, la Chiesa, in concreto il Santo Padre, approva l’eroicità delle virtù e permette che si possa invocare autorevolmente il venerabile Giuseppe Ambrosoli. Un modello quindi e un esempio che può indicare una via credibile e sicura di santità missionaria.
Chiediamo scusa per il ritardo con cui questi documenti sono pubblicati. Anzitutto perché si pensavano più brevi i tempi dell’approvazione dell’evento prodigioso attribuito a p. Giuseppe Ambrosoli che ci avrebbero portato dalla venerabilità alla beatificazione. Purtroppo sono ancora in corso gli ulteriori chiarimenti del caso, richiesti dalla Congregazione delle Cause dei Santi. Infine, ulteriore motivo, gli impegni della Causa Ramin che ha obbligato ad una assenza più prolungata del previsto in Brasile per concludere la fase diocesana. Cosa avvenuta il 4 marzo di quest’anno 2017 a Cacoal (RO).
Per meglio contestualizzare i due documenti rimandiamo a due articoli della Postulazione apparsi in Bulletin MCCJ: n° 261, ottobre 2014, p. 87 e n° 263, aprile 2015, pp. 49-50.
Congresso dei Teologi
Preliminari al Congresso
Il giorno 4 dicembre 2014, alle ore 17.100, si è riunito il Congresso Peculiare della Congregazione delle Cause dei Santi, costituito - a norma del Regolamento del medesimo Dicastero - dal Rev.mo Mons. Carmelo Pellegrino, Promotore della Fede, come Presidente, dalla Dott.ssa Annarita Ragni, che funge da Attuario, e dai previsti Consultori Teologi, per discutere sulla eroicità delle virtù del Servo di Dio Giuseppe Ambrosoli, Sacerdote professo della Congregazione dei Missionari Comboniani (1923-1987).
Con il Promotore della Fede erano presenti alla Seduta 7 dei Consultori prescritti. Il Consultore assente aveva precedentemente inviato il proprio Voto scritto.
Discussione del Congresso
Il Servo di Dio Giuseppe Ambrosoli nacque in una famiglia di noti industriali del nord Italia. Educato alla fede dalla madre, sin da piccolo dimostrò di amare la vita austera e semplice. Di carattere affabile, possedeva una particolare predisposizione per le relazioni sociali. Da ragazzo entrò nell'Azione Cattolica. Intelligente e brillante, intraprese gli studi di medicina che furono interrotti dalla Seconda Guerra Mondiale; in questo periodo fu catturato dai tedeschi e per l'interessamento di un suo fratello evitò la deportazione in Germania. Dopo la guerra, riprese gli studi fino al conseguimento della Laurea e la successiva specializzazione in malattie infettive acquisita a Londra. Nel frattempo maturò la vocazione sacerdotale e missionaria, che realizzò nella Congregazione dei Padri Missionari Comboniani.
La Positio fornisce adeguatamente il materiale probatorio. I numerosi testi escussi, sia in Uganda che in Italia, fra cui molti laici, fanno emergere una figura interessante. I Consultori hanno individuato la peculiarità del Servo di Dio nella coniugazione fra la missione sacerdotale e la professione medica, che si realizzò in una vita esemplare. Seppe applicare i valori cristiani all'arte medica, mettendo in pratica un'attività caritativa fuori dall'ordinario, coadiuvata dall'alta professionalità.
Dopo l'ordinazione, P. Giuseppe lasciò gli agi e le prospettive della sua posizione sociale e si recò in Africa per porsi al servizio del Signore; qui si prodigò nell'alleviare le sofferenze dei bisognosi. In un piccolo paese dell'Uganda fondò un grande ospedale, aperto all'accoglienza dei malati di qualsiasi provenienza, credo religioso e ceto sociale. Lavorò in condizioni difficili, districandosi bene fra le estreme povertà e la ferocia della guerriglia che in quegli anni travagliava l'Uganda. Il Paese era devastato da lotte tribali che provocarono una sanguinosa guerra civile. Padre Ambrosoli si preoccupò in primo luogo di formare, anche spiritualmente, il personale infermieristico e ostetrico locale, creando una scuola per infermieri professionali. Finalità primaria doveva essere la cura, corporale e spirituale, delle persone.
Al contempo, con grande equilibrio, continuò a praticare la professione medica. Non perse mai lo zelo sacerdotale. Alla base della sua vita c'era una profonda fede che animava l'attività missionaria con l'intento di portare Cristo agli altri.
Nutrito anche dagli scritti di Charles de Foucauld, era convinto che il medico fosse colui che è chiamato a prestare la sua opera a Cristo sofferente; soleva ripetere: "Dio è Amore e io sono il suo Servo per la gente che soffre". L'amore per l'Eucaristia lo riversava sui malati che venivano da lui accuditi, con la stessa attenzione. Quando mancava il sangue per le trasfusioni non esitava a salassarsi. L'intensa attività ospedaliera non lo distoglieva dalla preghiera assidua, nella quale coinvolgeva anche altre persone. Portò avanti questo progetto di "Vangelo incarnato" con grande fiducia nella provvidenza. Si distinse per la carità attuata in prima linea, ma nel nascondimento e senza vanagloria. Obbediente e docile alla volontà dei Superiori, fu loro grato per avergli permesso di realizzare ciò che aveva desiderato. È stato osservato che una Suora, nella sua deposizione, ha parlato di "personalità invasiva" di Padre Ambrosoli. Si tratta di una voce isolata che i Consultori
hanno letto alla luce delle responsabilità che il Servo di Dio si assumeva ogni giorno, sia come sacerdote che come medico. Quando le forze cominciarono a diminuire, non esitò a rinunciare ad alcuni ruoli da lui fino a quel momento ricoperti.
Negli ultimi anni della sua vita, l'instabilità politica dell'Uganda portò al potere il dittatore Milton Obote. Fu proprio costui ad occupare l'ospedale fondato da Ambrosoli con l'intento di nazionalizzarlo. Ciò cagionò al Servo di Dio grandi sofferenze, ma egli non si perse d'animo. Affrontò con coraggio i militari, evitando l'uccisione di donne e bambini. Allo stesso tempo, prestò assistenza medica anche ai guerriglieri feriti. In questo difficile contesto, seppe districarsi con equilibrio, evitando qualsiasi coinvolgimento politico. Padre Ambrosoli fu un uomo prudente, giusto, casto, umile fino a dimenticare se stesso per gli altri. Al suo funerale vi fu grande concorso di popolo, nonostante l'imperversare della guerra civile. In tale occasione venne suonato uno strumento tipico locale, utilizzato per le esequie di Re e di "Antenati", segno del grande amore che la gente nutriva per lui e la sua Opera.
La fama di santità, sufficientemente provata, è diffusa soprattutto in Africa, dove Padre Ambrosoli è considerato un efficace intercessore.
Conclusione
Al termine del dibattito, tutti i Consultori Teologi hanno ritenuto di poter dare voto pienamente affermativo (9 su 9).
I Rev.mi Teologi del Congresso, al momento del congedo, hanno auspicato che il Servo di Dio Giuseppe Ambrosoli possa giungere presto, se così piacerà al Santo Padre, alla desiderata Beatificazione.
Città del Vaticano, 4 dicembre 2014.
Mons. Carmelo Pellegrino
Promotore della Fede
Dott.ssa Annarita Ragni
Attuario
Decreto della Venerabilità
GULUENSIS
Beatificationis et Canonizationis
Servi Dei IOSEPHI AMBROSOLI
Sacerdotis professi
Missionariorum Combonianorum Cordis Iesu
(1923-1987)
Super Virtutibus
«Le persone devono sentire l’influsso del Gesù che porto con me; devono sentire che in me c'è una vita soprannaturale espansiva ed irradiantesi per sua natura».
Queste parole, vergate dal Servo di Dio Giuseppe Ambrosoli, esprimono l’obbiettivo di tutta la sua vita e l’orizzonte della sua testimonianza missionaria esercitata attraverso il sacerdozio, i consigli evangelici e il servizio medico: «Irradiare l’amore di Cristo ed essere strumento della sua carità verso il prossimo».
Il Servo di Dio nacque a Ronago, presso Como il 25 luglio 1923. Settimo figlio di Giovanni Battista Ambrosoli, l’iniziatore della famosa omonima azienda del “Miele Ambrosoli” e di Palmira Valli, il cui padre era conosciuto in Como come “il medico dei poveri”. Nel suo ambiente familiare non c’erano distanze di ceto o di classe, ma una serena fusione di cuori e di intenti, una operosa apertura e solidarietà verso tutti, una fede luminosa e discreta: questo fu il clima nel quale si svolse la sua infanzia e adolescenza.
Dopo la scuola superiore Giuseppe si iscrisse alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano, ma dovette interrompere gli studi a causa della guerra. Durante questi anni giovanili fece parte del gruppo diocesano di Azione Cattolica, nominato il “Cenacolo”, vera fucina di vocazioni sacerdotali e laicali.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, rischiando la vita, si impegnò per aiutare a rifugiarsi in Svizzera un gran numero di ebrei, di ex militari e di renitenti alla leva della Repubblica Sociale Italiana, destinati ai campi di concentramento nazisti. Anch’egli dovette riparare in Svizzera, ma rientrò in Italia per evitare il minacciato rischio di una rappresaglia nei confronti dei familiari. Le autorità della Repubblica di Salò lo arruolarono e lo inviarono con altri studenti medici in Germania nel campo di addestramento di Heuberg (Stoccarda). Anche qui si prodigò per aiutare e sostenere moralmente i compagni, spesso fiaccati dal duro addestramento e disprezzati dai tedeschi. In questo periodo maturò la vocazione missionaria, come poi riferì un suo commilitone.
Finita la guerra riprese gli studi di medicina per laurearsi nel 1949. Dopo, per prepararsi meglio alla vita missionaria, studiò medicina tropicale a Londra e scelse di entrare nella congregazione dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù, fondata da San Daniele Comboni. Dopo due anni di noviziato emise i primi voti e, pur non avendo ancora completato l’iter formativo teologico, il 17 dicembre 1955 fu ordinato sacerdote.
L’anno seguente partì per l’Uganda e fu assegnato a Kalongo dove contribuì con la sua opera instancabile a portare a piena fioritura le primitive opere sanitarie della missione ideate dai comboniani P. Alfredo Malandra e Suor Eletta Mantiero. Il Servo di Dio si dedicò alla trasformazione di quello che allora era un semplice dispensario e alla realizzazione della scuola per ostetriche “St. Mary’s Midwifery Training Centre”. Contemporaneamente, si impegnò nello studio della lingua Acioli, parlata localmente. In breve tempo l’ospedale si ingrandì e si arricchì di reparti, fino ad avere circa 350 posti letto e diventando ben presto un punto di riferimento per l’intera Africa centro-orientale. Alla luce del principio ispiratore di Mons. Comboni Salvare l’Africa con l’Africa, coadiuvato dalle suore comboniane, poté far sorgere la scuola per ostetriche e infermiere che contribuì al miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria ugandese. In seguito associò al suo ospedale anche l’assistenza a due lebbrosari. Per la sua opera umanitaria ebbe anche dei significativi riconoscimenti da parte di istituzioni mediche italiane.
Il suo servizio, realizzato con indomita tenacia e fortezza cristiana, si ispirò costantemente ad una sua frase che lo ha definito e fatto entrare nel cuore dei confratelli, delle suore che hanno operato con lui, dei medici che lo hanno coadiuvato nell’ospedale di Kalongo in Uganda, delle puerpere e degli ugandesi in generale curati con totale dedizione e infinita tenerezza e competenza: «Dio è amore e io sono il suo servo per la gente che soffre». Il Servo di Dio davvero collocò il Cristo sofferente al centro focale di tutta la sua vita e per questo l’ammalato, icona vivente del Signore crocifisso, divenne la priorità di ogni suo pensiero, di ogni sua preoccupazione e di ogni sua azione. Profondamente partecipe al mistero della croce, alimentò costantemente la sua fede con la liturgia, la preghiera, la ricerca della volontà del Signore e la fedeltà alla sua consacrazione. Dare gloria a Dio, percorrere la strada della santificazione attraverso un profondo amore a Gesù e ai fratelli, attingere dalla sorgente eucaristica la forza per aiutare le persone più fragili: questo fu il programma del Servo di Dio. Uomo dell’accoglienza e della generosità, «da ricco che era si fece povero» e, operando con mentalità profondamente cristiana, fu per tutti la “buona notizia” del Dio misericordioso.
Ma la guerra civile, che investì il nord dell’Uganda, causò non pochi problemi all’attività del Servo di Dio, che, nonostante fosse vittima di un’assurda guerra fratricida tra ugandesi, riuscì a mettere in salvo i pazienti dell’ospedale e a garantire altrove la continuità dei corsi della scuola ostetriche. La sua salute, già minata da una grave insufficienza renale, ne risentì per questi enormi sforzi e sacrifici. Le sue condizioni peggiorarono e il 27 marzo 1987 a Lira (Uganda) il Servo di Dio, ricco di meriti e di virtù, chiuse gli occhi alla luce di questo mondo, totalmente abbandonato alla volontà di Dio.
In virtù della fama di santità, dal 22 agosto 1999 al 4 febbraio 2001 presso la Curia ecclesiastica di Gulu fu celebrata l’Inchiesta Diocesana, mentre a Como dal 7 novembre 1999 al 30 giugno 2001 si svolgeva una Inchiesta Rogatoriale: la loro validità giuridica è stata riconosciuta da questa Congregazione con decreto del 7 maggio 2004. Preparata la Positio, si è discusso, secondo la consueta procedura, se il Servo di Dio abbia esercitato in grado eroico le virtù. Con esito positivo, il 4 dicembre 2014 si è tenuto il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi. I Padri Cardinali e Vescovi nella Sessione Ordinaria del 15 dicembre 2015, presieduta da me, Card. Angelo Amato, hanno riconosciuto che il Servo di Dio ha esercitato in grado eroico le virtù teologali, cardinali ed annesse.
Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Francisco per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, necnon de cardinalibus Prudentia, Iustitia, Temperantia et Fortitudine, iisque adnexis, in gradu heroico, Servi Dei Iosephi Ambrosoli, Sacerdotis professi Missionariorum Combonianorum Cordis Iesu, in casu et ad effectum de quo agitur.
Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit.
Datum Romae, die 17 mensis Decembris a. D. 2015.
Angelus Card. Amato, S. D. B.
Praefectus
+ Marcellus Bartolucci
Archiep. tit. Mevaniensis
a Secretis