Verso le elezioni provinciali 2004
“Che brutto mestiere fare il Superiore! Ma per servire il Signore bisogna portar la catena. In paradiso saremo più liberi”. Nel suo contesto, questa frase di Daniele Comboni (S 5815) si riferisce all’impossibilità pratica di passare qualche giorno di vacanza in famiglia, al suo paese, come egli avrebbe desiderato, per attendere invece ai molti impegni derivanti dalla sua responsabilità come capo degli Istituti e della missione per l’Africa Centrale.

“Che brutto mestiere fare il Superiore! Ma per servire il Signore bisogna portar la catena. In paradiso saremo più liberi”. Nel suo contesto, questa frase di Daniele Comboni (S 5815) si riferisce all’impossibilità pratica di passare qualche giorno di vacanza in famiglia, al suo paese, come egli avrebbe desiderato, per attendere invece ai molti impegni derivanti dalla sua responsabilità come capo degli Istituti e della missione per l’Africa Centrale. Ma, lo sfogo bonario e pieno di saggezza del Fondatore può introdurci ed accompagnarci nella riflessione che nei prossimi mesi noi, suoi figli, saremo chiamati a fare nel processo di consultazione per la scelta dei nuovi superiori provinciali/di delegazione e dei loro consigli. Un appuntamento triennale, che non manca mai di suscitare tutta una serie di sentimenti e di reazioni.

Discernimento

Riflettendo su “La missione dei comboniani all’inizio del terzo millennio”, il XVI Capitolo Generale ha individuato alcune piste che – accanto alle indicazioni e norme generali della Regola di Vita 102-108 e 117-131 che restano il punto di riferimento essenziale – attualizzano il ruolo del superiore oggi e possono aiutarci di conseguenza nelle nostre scelte. Le ricordiamo: “…il ministero del superiore appare particolarmente prezioso come animatore della fraternità, del discernimento e della corresponsabilità che rendono possibile e significativa la vita comunitaria” (AC ’03, 81).
“Per una corresponsabilità effettiva, tutti i membri della comunità siano coinvolti nell’elaborazione di un progetto comune e nella programmazione e revisione di impegni” (AC ’03, 93) “Per una maggiore qualità ed efficacia della vita missionaria, è essenziale che il servizio dell’autorità sia caratterizzato da questi elementi: un discernimento comunitario, un’attenzione alla ricchezza interculturale della comunità, la promozione della collaborazione che garantisce la sussidiarietà e la corresponsabilità” (AC ’03, 99.5).
È importante ricordare anche quanto il Capitolo Generale ci insegna sul coordinamento continentale: “Nell’esercizio dell’autorità si continui a incoraggiare la corresponsabilità e sussidiarietà a tutti i livelli. Ogni continente determinerà le modalità concrete per attuare i principi generali” (AC ’03, 137).

La parola chiave del Capitolo, dunque, è “discernimento”. Bisogna avere gli “occhi penetranti” e soprattutto il “cuore grande” di cui parla Giovanni Paolo II (NMI, 58, citato da AC ’03, 1) per capire e scegliere chi è più adatto a guidare le nostre province nel prossimo triennio.

Discernimento comunitario
È ovvio che la scelta deve scaturire da un’attenta analisi e valutazione della situazione reale della provincia e delle sue necessità. Siamo coscienti, allo stesso tempo, che tutti subiamo l’influsso di condizionamenti e pressioni diverse: da una legittima varietà di opinioni, alle simpatie/antipatie personali, ad alleanze e logiche di interessi di gruppo, di provincia, di nazionalità, ecc. Che ci sia bisogno di cercare il bene comune stando attenti anche a criteri di età, rappresentatività geografica o nazionale, è normale e prudente. L’importante è che non siano queste le ragioni e le dinamiche portanti e principali della nostra decisione. Dovremo aiutarci per far sì che lo scambio di pareri personali, come pure le consultazioni e le preferenze espresse nei gruppi e in eventuali assemblee durante il processo di discernimento, partano e siano frutto dello Spirito, superando la tentazione di pre-giudizi o progetti interessati, nella ricerca sincera della “volontà divina”.

Discernimento nello Spirito

Un vero discernimento si può fare solo nello Spirito. È un dono da chiedere umilmente e con insistenza nella preghiera. Ma è anche frutto di un faticoso processo personale e comunitario di riflessione e ricerca in atteggiamento di fede. L’esercizio a cui tutti nei prossimi mesi siamo chiamati a partecipare, infatti, non è una mera formalità giuridica, una scadenza amministrativa che lascerà comunque un certo numero di persone più o meno contente o scontente a seconda dei risultati. L’esercizio delle elezioni è un serio atto di responsabilità personale che segnerà nel bene o nel male il futuro delle nostre comunità e province/delegazioni e quindi della missione a cui abbiamo dedicato la vita, sulle orme di Comboni.
Sia lui a guidarci, ottenendo per tutti noi il dono dello Spirito per un vero discernimento personale, comunitario e provinciale.

Scegliere… servitori

Oggi, anche per le grandi imprese commerciali, il manager ideale ed efficace, il leader nuovo è una persona che si mette a servizio, un animatore che ascolta, unisce e motiva gli altri a raggiungere insieme lo scopo prefisso. Non basta, quindi, “saper comandare”. In sostanza, nella persona del Provinciale si tratta di scegliere il “servitore” della provincia, e con lui altri confratelli in grado di consigliarlo ed aiutarlo perché possa realizzare al meglio questo ministero per il bene di tutti. Per il Capitolo, il superiore è il “servitore” chiamato ad essere l’animatore della fraternità, del discernimento e della corresponsabilità di tutti. Promotore della missionarietà dei singoli, delle comunità e della provincia, perché ciascuno e tutti possano essere fedeli alla loro identità e vocazione missionaria e comboniana. Il suo ruolo non può quindi essere appiattito sul management più o meno abile ed indolore dello status quo e neppure fagocitato dal lancio di nuovi progetti e iniziative o dal coraggio di ridimensionarne altre. Il suo compito primario è quello di far crescere tutti i missionari e le comunità nella fedeltà al carisma della nostra vocazione missionaria comboniana per incarnarlo nel mondo d’oggi.

Una “conditio sine qua non”

Ci sono alberi che producono frutti solo in determinate condizioni ambientali. Il servizio dell’autorità è molto delicato e complesso, specialmente oggi. Funziona solo in un ambiente ed atmosfera appropriata, in un contesto di fede e comunione. Da parte di chi è chiamato ad esercitarlo, ovviamente, ma non meno necessariamente da parte di chi nella comunità, provincia/delegazione ed Istituto, è chiamato a seguirne responsabilmente le indicazioni. Eleggere i superiori, chiedendo loro di accettare un servizio difficile per il bene di tutti, e poi lasciarli da soli a portare la croce, o peggio ancora renderne più pesante il compito per mancanza di collaborazione o con il rifiuto di una responsabile ma dovuta obbedienza, non è serio e responsabile. È il mezzo sicuro e collaudato per bloccare e minare il bene della provincia/delegazione. È bene ricordarlo, per impegnarci a far sì che succeda esattamente il contrario.



P. Teresino Serra
Superiore Generale
Autorità come servizio