Comboni, dziś

Al cugino Eustachio scrive da S. Croce (1858) dopo la morte della madre:
Quantunque io abbia volto le spalle al mondo consacrandomi ad uno stato di vita simile a quella di Cristo e degli Apostoli, tuttavia sento vivamente i latrati della fragile natura, e piansi amaramente la gran perdita.

Pisma

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Nr pisma
Odbiorca
Znak (*)
Miejsce napisania
Data
51
Firme messe
1
Verona
1860
52
Don Francesco Bricolo
0
Alessandria Egitto
2. 1.1861
A DON FRANCESCO BRICOLO

ACR, A, c.14/4



Molto Rev.do e amat.mo Sig.r Rettore!

Alessandria d'Egitto, 2 gennaio 1861
[496]
Io mi lusingava che, giunto in Alessandria, avrei trovato lettere di Verona, che mi porgessero qualche ragguaglio dell'Ist.o e del nostro venerando buon vecchio Padre, che ha gran cuore e pensa molto, ma scrive assai poco. Ma vane furono le mie speranze. Per la qual cosa digiuno come io sono di notizie di Verona, voglio uscire un po' del mio stile laconico, da me serbato finora verso di lei, nelle tre lettere che gli scrissi da Napoli, Palermo, e Roma, e voglio abbozzarle in qualche modo le circostanze che accompagnarono il mio viaggio da Verona all'Egitto, assicurandola che se per lo passato non le ho scritto a lungo ogni cosa, fu perché fui sempre occupatissimo per regolare alla meglio e condurre a buon fine il negozio rilevantissimo che la Provvidenza m'ebbe affidato.


[497]
Ella è a piena cognizione dell'esito incerto e non troppo avventurato della spedizione che noi facemmo nell'Africa Centrale, allorché in numero di cinque Missionari ed un laico siam partiti da Verona nel 1857; e sa ancora i sinistri successi delle varie spedizioni fatte dalla Propaganda e dalla Società di Maria in Vienna, per fondare nelle Regioni Incognite dell'Africa una Missione Cattolica per far risplendere in quei vasti regni sepolti ancora nelle tenebre e nelle ombre di morte la luce della Fede di Cristo.


[498]
Perciò da tutti questi risultati si vide chiaro quanto sublime e sapiente riesca sempre più il gran disegno escogitato dall'amatissimo e venerando nostro Superiore, il quale fino dal febbraio del 1849 decretò la creazione di un clero indigeno, e l'educazione di giovani e giovanette africane da istituirsi nei nostri Collegi in Europa, affinché questi indigeni informati nel grembo del Cattolicesimo nello spirito della nostra Santa Fede, ed istruiti nella religione e civiltà, avessero poi a ritornare ai loro paesi natali, e là, ciascuno, secondo la sua vocazione e professione avessero a comunicare ed insegnare ai loro connazionali quei beni e quelle dottrine sì religiose che civili, che essi appresero in Europa, e così si avesse a poco a poco a formare delle tribù degli africani* altrettante nazioni incivilite e cristiane.


[499]
Operando secondo questo piano sublime e sapientissimo, il più opportuno ed adatto che siasi finora riconosciuto per la conversione dell'Africa, piano, che fu ideato secondo lo spirito della Chiesa, la quale non peraltro scopo fondò nella capitale del Cristianesimo il Collegio Urbano di Propaganda Fide, nel quale vengono introdotti scelti giovani di tutte le parti del mondo, per essere poscia, dopo ricevuta l'ecclesiastica loro educazione, restituiti alle loro terre natali, per piantarvi e promuovervi la civiltà e la religione, operando, dicea, secondo questo gran piano il nostro amatissimo Superiore, dietro le informazioni di un Missionario del Malabar reduce dalle Indie, venne a sapere circa la metà dello scorso novembre, che sulle coste dell'Abissinia venne fatta prigione un nave di giovani e giovanette schiave africane che voleansi traghettare pel Mar Rosso nelle coste dell'Arabia deserta; ed impossessatone gli inglesi, trasportarono questa truppa di negri nei loro possedimenti indiani, e consegnandone parte di loro a' Missionari Cattolici di Aden, si occuparono nei lavori del caffè e delle droghe orientali.


[500]
Gli inglesi hanno agito a norma del trattato del 1856 stipulato a Parigi, in cui dal Congresso delle grandi potenze d'Europa, radunatosi allo scopo di sistemare gli affari d'Oriente, si proclamò l'abolizione della schiavitù e della tratta dei neri, determinazione saggia, caritatevole, e cristiana, che interdice l'infame traffico di umana carne, opera indegna che avvilisce e degrada l'umanità, e che riduce umane creature fornite come noi del lume dell'intelligenza, che è un raggio medesimo della divinità, ed una forma emula dell'Augustissima Trinità, alla vil condizione dei bruti.


[501]
Sarebbe cosa che farebbe raccapricciare se io avessi ad accennare il modo indegno e spietato con cui si rapiscono i poveri neri dal grembo delle loro famiglie, e vengono trattati sui mercati del Cordofan e della Nubia: ma nulla di tutto questo. Solo dirò come la circostanza accidentale che un vascello inglese s'impadronì sul Mar Rosso di una barca di questi poveri negri, che furono poi condotti nei possedimenti inglesi, parve al gran Servo di Dio, il venerando nostro Superiore, una propizia disposizione della Provvidenza, con cui Dio gli offeriva un mezzo e gli apriva una via per introdurre nei nostri Istituti di Verona giovani e giovanette more, cosa resasi sommamente difficile dopo l'abolizione della schiavitù: ond'egli, come colui che è sempre abbandonato nelle braccia amorose della Provvidenza divina, senza punto sgomentarsi per le gravi difficoltà che in oggi s'incontrano per aver generose e larghe elemosine, determinò d'inviarmi in Aden allo scopo di fare una buona scelta di queste creature africane, qua e là sparpagliate nei vari possedimenti inglesi.


[502]
Essendosi poi, dietro le provvide cure di chi veglia sollecito con pietosa industria e regola il nostro Ist.o maschile, maturato il momento di condurre a Napoli quattro giovani africani che non poteano sopportare il rigido clima di Verona, giunse il tempo in cui doveasi metter mano all'opera stabilita.


[503]
Per la qual cosa, riuscita prosperamente la mia gita a Venezia, ove da S. Eccellenza il luogotenente delle province Venete, il B.e Togenburg, ottenni un passaporto pei quattro Mori, la mattina del 26 nov.e p.p. io lasciava il Collegio e Verona, e varcato il confine degli Stati Austriaci, e la parte che segna il confine del lago di Garda, mandando un fervido sospiro alle patrie sponde Limonesi, ove respirai le prime aure di vita, m'arrestai a Brescia nella lusinga di abbracciare e dare un saluto al mio buon vecchio padre, cui bramava di vedere e confortare, trattandosi che intraprendeva un viaggetto un po' più lungo di quello che v'è fra Verona ed Avesa.

Ma ahi, che le mie speranze rimaser fallite: stanteché, suscitatasi nel giorno avanti furibonda burrasca sul Lago di Garda, non si potè in verun modo effettuare il tragitto da Limone e Gargnano. Il Signore sia sempre benedetto.


[504]
Colla prima corsa delle cinque pomeridiane, offerta la mia servitù al Vescovo di Brescia, a Mons.r Tiboni, ed all'amico mio cariss.mo il D.r Pelizzari, partii per Milano, ove la sera stessa io fui accolto cordialmente coi quattro giovani e D. Luciano nel Seminario delle Missioni estere a S. Calocero. Colà il mio cuore s'inebriò della più soave letizia nel favellare insieme colla santa anima del Rettore di quel Seminario, e nel trovarmi in mezzo a' fratelli carissimi, alunni sacerdoti di quel fiorente giardino di carità evangelica, ove s'informano allo zelo ed alle virtù degli apostoli e dei martiri tante anime generose, che rotti i vincoli di natura e del sangue, con piè generoso calcando il fasto dell'umana prosperità e grandezza, che una agiata condizione e un felice ingegno avrebbe potuto loro offerire, abbandonando le gioie delle patrie contrade, si spargeranno poi per la faccia della terra per innalzare il vessillo della Croce in tanti regni incurvati sotto l'impero di Satana, a scuotere dal profondo letargo in cui gemono addormentate tante misere genti sulla quale non ancora sfolgorò l'astro luminosissimo della Fede, e ridurle all'ossequio della Croce.


[505]
Gran consolazione mi recò poi, fra questi giovani Missionari, uno, cui toccò, come a me, di abbandonare il campo aperto alle sue apostoliche fatiche nell'Oceania; ed ora tutto rassegnato alle adorabili disposizioni del cielo, s'occupa con zelo instancabile nella predicazione in forma di Missioni, e nell'esercizio del Ministero Sacerdotale. All'alba della mattina seguente io mi trovava già in Monza nel Collegio dei P. Barnabiti, ove diedi un saluto ad alcuni P.dri Barnabiti, che mi lasciarono un piccolo segnale della loro amicizia e del loro attaccamento all'Opera a cui son consacrato.


[506]
Alle 10 mi trovava in amichevole trattenimento col diletto amico nostro, il P. Calcagni Barnabita Vicerettore del R. Collegio Longoni, il quale mi fece uno scherzo a me non troppo gradito; poichè domandatomi di copiare la lettera che M.eur Ratisbonne, che dal Giudaismo si convertì miracolosamente alla Fede, mi scriveva nel passato agosto da Gerusalemme, io gliela rilasciai, a patto che alle 1 pom.e me la spedisse al Seminario della Missioni Estere: ma, con mio gran dolore, al tempo fissato mi mandò la copia della lettera, e non l'originale, contenente un pezzo da 20 franchi ed un felice augurio pel mio viaggio.


[507]
Io gli ho già perdonato colla promessa di rimbeccargliene una di più grosse. Alle tre pom.e, salutati i Missionari, era già sulla strada ferrata; e gettato un rapido sguardo sui campi di Magenta, e sul ponte del Ticino, trapassata Novara ed Alessandria, alle 10 era già a cena coi miei africani all'albergo di Cristoforo Colombo in Genova.


[508]
Alla mattina del 28, celebrato il Divin Sacrificio nella chiesa dell'Annunziata, la più bella e magnifica della capitale della Liguria, lasciati i giovani sotto la custodia di D. Luciano giro e rigiro per le varie agenzie di vapori diretti per le due Sicilie per subodorare se nulla v'era di propizio a mio favore. Avea già iniziato un lucroso contratto colla Società Marsigliese Fraissenet et Frères, dalla quale otteneva un ribasso di quasi la metà della spesa di tragitto; ma vivendo nell'incertezza del quando il vapore, che dovea tradurci a Napoli dovesse arrivare in Genova, strinsi un contratto colla Società Zuccòli, che ancor la sera spediva a Napoli un vapore postale, ed ottenni per tutti sei il ribasso di un terzo di spesa per ciascheduno; sì che alle 9 della sera montammo sulla Stella d'Italia, ottimo vapore italiano, a bordo del quale al chiaro fulgor della luna vagheggiammo l'incantevole spettacolo che offre la vista della capitale della Liguria osservata dal mare.


[509]
Difesa per terra e per mare da ampie fortificazioni della natura e dell'arte, vaghissima per la mirabile sua situazione e per gli splendidi suoi edifizi, è abbellita da un porto in forma di semicircolo assai vasto munito di due grandi moli, oltre a' quali s'innalza un faro gigantesco, che nelle tenebre serve di stella a' nocchieri: questo porto franco frequentatissimo forma un deposito generale assai considerevole di ogni genere di mercanzie, ed è uno dei più gran punti di commercio dell'Europa. Salutate queste amenissime sponde della Liguria, lasciando a sinistra dopo tre ore le spiagge ridenti del magnifico golfo della Spezia, alla mattina del giorno seguente gettate l'ancore nel porto di Livorno, scesi a terra; e celebrata la Messa nella sucida cattedrale, cercai alla Madonna del classico P. Giravia (come mi dissero i Padri suoi compagni); ma non lo trovai, essendo stato alcuni mesi fa relegato in Pisa dal Governo d'Italia.


[510]
Al mezzogiorno la Stella d'Italia salpava dal porto di Livorno; e non appena entrati in alto mare si scatenò contro di noi un vento per oltre 25 ore, che i quattro moretti non poterono gustar cibo, e dovettero rendere al mare l'ordinario tributo. Non così io, che avvezzo ai viaggi d'oriente ed a passare i mesi interi sulle acque, cominciò a crescermi l'appetito, sì che feci a tavola le parti de' miei sofferenti compagni di viaggio. Vedemmo sorgere dal livello del mare le amene isole della Capraia e Gorgona; passammo assai vicino a Porto Ferraio, all'arida e tetra Isola di Elba che offerì uno squallido e triste soggiorno al grande Napoleone.


[511]
Due miglia appresso al tetro domicilio dell'illustre prigioniero incontrammo lo Zuavo di Palestro vapore sardo che portava seco 1200 volontari di Garibaldi che andavano a ristorarsi nel seno delle loro famiglie in Piemonte e Lombardia dalle loro fatiche sofferte a Calatafimi a Palermo e Milazzo ed a Capua. Da un ufficiale di Garibaldi, il Duca Salvatore Mungo, che trovavasi a bordo con noi, e che era uno degli avanzi dei mille che sbarcarono a Marsala domandai informazioni di Prina, già alunno del nostro Ist.o, e mi fece grandi elogi, come di un valoroso ufficiale: mi disse che non era colonnello, ma che si è distinto a Milazzo. Costui tornava (!!??) dall'Isola di Caprera, ov'era stato col suo Duca, e m'assicurava che era intenzione di Garibaldi di recarsi prima in Ungheria che nella Venezia, la quale non iscuoterebbe il suo giogo che dopo qualche anno.


[512]
In questi e molti altri discorsi che mi faceva il garibaldino, eccoci allo stretto che divide la celebre Isola di Procida dall'Isola d'Ischia, oltre alle quali s'apre in forma di stupendo anfiteatro, il golfo ridente di Napoli; e noi alle cinque pom.e avevamo già fatte le pratiche colla direzione marittima della capitale Partenopea, e rassegnati i passaporti, fummo assai cordialmente ricevuti nell'Ist.o della Palma dal P. Lodovico da Casoria, Istitutore del Collegio africano. Benché io già conoscessi fino dall'anno scorso, allorché sbarcai a Napoli, quest'uomo di Dio, nulladimeno nei vari giorni che mi trattenni ora a Napoli, potei ammirare più davvicino ed apprezzare questo buon padre e persuadermi che egli è uno di quegli uomini straordinari, che di quando in quando suscita la Provvidenza per beneficio dell'umanità e per la diffusione ed incremento della gloria di Dio.


[513]
Secondo quel che mi narrò qualche Padre della Palma, il Padre Lodovico, quantunque vivesse all'ombra del vessillo di S. Francesco, tuttavia non era perfetto osservatore delle Regole del suo Ist.o, perché sapea procacciarsi molti dei comodi della agiata sua casa paterna, era piuttosto alieno da quella subordinazione che deve avere un religioso, e manteneva secolaresche amicizie con parecchi di elevata condizione, che vedeano di malocchio un loro pari umiliato alla abiezione di oscuro francescano. Era poi affatto contrario alla fatica ed all'applicazione a tutte le pratiche francescane, e sol dilettavasi negli studi filosofici e nelle matematiche, in cui avea fatto dei grandi progressi, ed avea passato molt'anni in qualità di professore.

Colpito da una grave infermità, il suo guardiano colse quest'occasione per mettergli sott'occhio la passata sua condotta non troppo conforme allo spirito del Serafico Istituto, gli suggerì di detestare il suo modo di vivere in Religione tenuto in addietro, e che promettesse a Maria di riformare i suoi costumi e la sua condotta secondo lo spirito dell'Istituto a cui s'era per vocazione arruolato, qualora a Dio fosse piaciuto di restituirgli la sanità. Entrò il padre Lodovico allora in se stesso; e nell'umiltà del suo cuore si offerse a Dio pronto a qualunque ardua impresa a cui lo chiamasse il Signore. La grazia divina allora si diffuse in larga copia nell'anima del buon Servo di Dio; e gettato da sé, ed allontanatosi da ogni cosa che sapesse di secolare e non conforme alla sua religione passò qualche anno in perfetto ritiro. Poi, per tacere di molte altre opere che ei fece,


[514]
1º. Istituì una Riforma della Provincia di Napoli, alquanto deteriorata, presso a poco come fece il B. Leonardo da Porto Maurizio quando creò il Ritiro di S. Bonaventura in Roma.

2º. Fondò l'Ist.o dei Missionari indigeni, ove vengono raccolti Sacerdoti da tutte le parti d'Italia, e s'informano alla scuola delle Missioni e Spirituali Esercizi, e poi si spargono per l'Italia a dare le Missioni gratuitamente, dipendenti in tutto dall'Ist.o, al cenno del quale essi solo possono esercitare l'ap.lico ministero. Nelle due Sicilie ha fatto già quest'Ist.o gran bene.

3º. Fondò un gran Ricovero pei poveri in Napoli; poi un altro per istruire gli ignoranti.

4º. Fondò una grande Infermeria per tutti Francescani di Napoli.

5º. Finalmente gettò le fondamenta ed iniziò già due altri Istituti Africani, uno maschile sotto la condotta dei Francescani, l'altro femminile sotto la guida delle Suore Stimmatine unicamente consacrate all'educazione delle More.


[515]
Tutte queste cinque grandi opere a spese del P. Lodovico, il quale è sempre nitido, come il nostro Superiore, e mantiene elemosinando quotidianamente, come il Superiore. Una parola sui Collegi africani.


[516]
Sotto la protezione del Re def.to Ferdinando IIº, dietro speciale autorizzazione della Direzione generale dell'Ordine Serafico, il Collegio dei neri, istituito alla Palma, ove risiede il Prefetto della Riforma, ha per iscopo di riscattare dalla schiavitù e miseria in cui giacciono, e quindi educare ed istruire nella Fede, nella scienza cattolica e nelle arti civili di ogni sorta i giovani mori che si raccoglieranno da paesi d'Africa, affinché bene educati, istruiti, ed informati dello spirito cattolico, fatti adulti, ritornino a' loro paesi per propagarvi, ciascuno secondo la sua professione la Fede di G. C. e la Xna Civiltà.


[517]
I giovani moretti istruiti che saranno nella Fede Cristiana, e battezzati a mano a mano che vengono dall'Africa, vestiranno tutti l'abito Francescano, come giovani alunni, e in quanto a tali serberanno contegno e disciplina di giovanetti religiosi, e attenderanno con discreta direzione agli usi della religione Serafica, agli studi e alle arti. Sarà cura del P. Prefetto della Palma, previo esame e conoscenza dell'indole e capacità de' giovanetti mori, classificarli negli studi elementari, che sino agli anni 18 dovranno tutti compiere sotto la istruzione di maestri idonei che il Prefetto assegnerà loro, o siano Religiosi dell'Ordine, o sieno anche secolari di provata scienza e bontà, sempre però questi ultimi patentati dalla Provincia, o dal Ministro Generale.


[518]
Compiuta l'istruzione elementare a' 18 anni, i giovani moretti si distribuiranno in tre classi secondo che porti la loro capacità e vocazione; cioè: in Chierici pel Sacerdozio, in laici professi, ma artisti, e in secolari del 3º Ordine (come Tacuso) di S. Francesco, egualmente artisti, e liberi di abbracciare lo stato coniugale. Le due prime classi professeranno servatis servandis la Regola dell'Ordine dei Minori. Pel Noviziato regolare di questi, previa facoltà della S. Sede apostolica, in luogo appartato del medesimo Collegio, sotto la direzione e giudizio della Comunità Religiosa della Palma, saranno appartamenti adattati, come luogo di Noviziato, ove riceveranno l'educazione opportuna religiosa secondo le leggi dell'Ordine.

Venendo poi quelli della prima classe all'età di ordinarsi, verranno presentati al rispettivo Ordinario colle dimissorie del Provinciale. E ciò s'intende in quanto i moretti nascono figli dell'ordine dei Minori con ispeciale intendimento addetti alle Missioni d'Africa, per le quali disporrà l'occorrevole il Generale dell'Ordine. Quelli finalmente della terza classe infino che dimoreranno in Europa vestiti e professati da Terziarii di S. Francesco, assisteranno alle opere del Collegio, e si perfezioneranno nella Arti.


[519]
Ricevute poi le necessarie istruzioni ed istituzioni, Sacerdoti mori Minori, Laici mori minori, e Terziari di S. Francesco mori, d'intelligenza e con informazione sì del Provinciale, che del Prefetto, a misura che vi sarà il bisogno, con Obbedienza del Ministro Generale dell'Ordine, partiranno per le Missioni di Africa. I Sacerdoti da veri Missionari di Cristo, propagatori della Fede Xna; i Laici professi al servizio dei Sacerdoti, ed anch'essi catechisti ed istruttori delle genti infedeli che si convertiranno a Gesù Cristo; ed i Terziari più liberamente spargendosi fra quei popoli, sotto la guida dei Missionari loro fratelli in esercizio delle arti e mestieri che avranno imparato nel Collegio, facendoli servire al lume della Fede.


[520]
Partiranno sempre, e dappertutto dimoreranno a due, ed anche a tre, non mai soli; e l'ordine sarà in tal modo, cioè un Sacerdote ed un Laico, od un Sacerdote, un Laico, ed un Terziario. Nella professione religiosa faranno tutti promessa giurata di andare nell'Africa, ma per l'andare in Africa si eccettueranno quelli eletti ed abili per maestri del Collegio della Palma, ed officiali a servire nel detto Collegio, o di altri motivi ragionevoli e gravi da riconoscersi dai Superiori. Il P. Prefetto avrà cura, e porrà tutta sua sollecitudine a far sì che a mano a mano che i giovani mori di qualsivoglia classe si avanzino bene nelle scienze o cognizione delle arti, e riescano abili a fare da Maestri essi stessi nel medesimo Collegio, egli ve li ponga assegnando loro la scuola che si conviene alla loro abilità.


[521]
E lo stesso deve intendersi degli Officiali, come prefetto, cuochi, assistenti, portinai, canovari, sguatteri etc. etc. sicché a poco a poco il Collegio Serafico dei moretti della Palma divenga un Coro uniforme di moretti. Andati i mori alle Missioni d'Africa, e quivi dopo lunghi anni di fatiche sostenute per G. C., siano Sacerdoti, siano Laici, siano Terziari o per vecchiaia o malattia, o per altra gravissima cagione non possano più prestare la loro opera al servizio di quelle Missioni, avvisatine i Superiori della Provincia e del Collegio, abbiano asilo e riposo nello stesso Collegio della Palma.


[522]
Ecco in abbozzo il piano dell'Ist.o dei moretti alla Palma. Ora sono già Nº 52, compresi i quattro da me condotti. Io rimasi soddisfattissimo al vedere dieci o dodici botteghe da falegname, sarto, calzolaio, tessitore, fabbro ferraio, agricoltore etc. etc. ed una bella spezieria con due maestri di medicina e di farmacia. Accanto poi alla Palma v'è un ampio giardino, in cui son distribuite parecchie porzioni di terreno, destinate a molteplici derrate e coloniali da coltivarsi; e qui convengono ogni giorno i moretti, divisi in tante classi, per apprendere, sotto apposito colono a coltivare, e ad imparare ogni ramo di agricoltura.

Con regole adattate vengono per le Missioni dell'Africa educate le morette che ora ascendono a 22. Restai meravigliato dei loro progressi negli studi e ne' lavori femminei. L'anno scorso parecchi lavori delle morette furono accettati nell'Esposizione Urbana di Napoli, e premiati. Ma di questo Ist.o scriverò un'altra volta


[523]
Io rimasi soddisfattissimo dell'istruzione dei moretti della Palma. Ve ne sono sedici che studiano Umanità e Rettorica (meno il greco) quattro filosofia, il resto il Ginnasio inferiore. Quello poi che più mi fece impressione fu l'ordine, il silenzio ai tempi dovuti, la esatta disciplina, e l'amore agli esercizi di pietà e al desiderio di farsi santi e di consumarsi in sacrificio dei loro fratelli infedeli per quelle vie che aprirà loro l'obbedienza e la vocazione. Possibile, diceva un giorno al P. Lodovico, possibile che i moretti della Palma sieno buoni tutti? Non lo credo, perché da quanto potei conoscere in quella poca di esperienza che feci tra i mori, molti sono buoni, ma alcuni non sembrano suscettibili alla pietà e alla perfetta osservanza della nostra SS.ma Religione.


[524]
Oh! ascoltate, mio caro fratello, mi rispose il Padre, il mio collegio io l'ho fondato per fare dell'Inferno un Paradiso, perché i giovani da cattivi diventino buoni. Quando gli africani sono entrati nella Palma, erano diavoli, e quasi disperava di ridurli al bene; ma colla pazienza, colla continua diurna e notturna vigilanza, e coll'instancabile opera dei miei educatori, sono tutti buoni, e debbo ringraziare Iddio che non ve n'ha neppure uno, uno di cattivo.


[525]
Noi non dobbiamo spaventarci se dapprima li vediamo cattivi, colla grazia di Dio, e con un'istancabile e paterna sollecitudine tutto si vince. E difatti in ciascuna camerata vi sono due prefetti, uno dei quali veglia tutta la notte: quando v'è un giovane che mostra una cattiva inclinazione, contro questa si dirigono tutte le armi della prudenza cristiana, e nol si abbandona finché non sia pienamente sradicato quel difetto, in modo che per fas o nefas, colle buone o colle cattive per amore o per forza bisogna lasciare quel vizio. Ma basta su questo argomento; molte cose furono da me osservate sulla direzione di quell'Ist.o; ma sarà stanco Ella di leggere, come lo sono io di scrivere, dunque khalàs.


[526]
Ragioniamo ora un poco di cose profane. E per dirle qualche cosa di Napoli, io credo che sia impossibile immaginarsi la sua singolare e bella situazione, ed il superbo colpo d'occhio che offre da qualunque lato si osservi. La città è posta al sud-est sul declivio d'una lunga fila di colline, e all'intorno di un golfo della larghezza di oltre cinque leghe, e di altrettanta lunghezza terminando a' lati con due promontori vestiti d'una fresca verzura. L'Isola di Capri da una parte, e quella di Procida dall'altra sembrano chiudere il golfo, scoprendosi tuttavia fra quest'isole e i due promontori un'immensa veduta del mare.


[527]
La città sembra coronare questo amenissimo golfo; una parte verso occidente s'innalza a guisa d'anfiteatro sulle colline di Polisippo e d'Antignano; l'altra si distende ad oriente sopra un terreno più piano, spalleggiato da bellissime ville e casini fino al monte Vesuvio, che alla notte è come un sole vivissimo, la cui luce è concentrata in sette bocche che mandano fuori incessantemente lava e bitume. A mezzo di questa magnifica scogliera tutta vestita di aranci e limoni e d'ogni sorte di verzura, s'innalza, vicino alla Palma, Capodimonte, ove sorge il palazzo di villeggiatura del re: questa, a giudizio dei grandi viaggiatori, è il più bel colpo d'occhio del mondo, e nulla v'è da paragonare alla bellezza di una tale situazione.


[528]
Se a tutto questo poi si aggiunge la dolcezza del clima, la fertilità delle campagne, la bellezza delle vicinanze e la grandezza degli edifizi, la magnificenza delle sue strade tutte coperte di grandi lastre di pietra, come sarebbe la nostra Piazza dei Signori, si persuaderà che Napoli è uno dei più magnifici e graditi soggiorni del nostro globo. La strada di Toledo lunga un miglio e mezzo in perfetta linea retta, quella della Chiaia, che fiancheggia per lungo tratto la Villa Reale che si stende sulla spiaggia del mare, ove presenta una magnifica veduta, ed è fiancheggiata verso terra da ben disposti cancelli qua e là intersecati da variopinti eccelsi pilastri che formando al nord-ovest una grande semi-elisse racchiudono centinaia di statue di marmo imitate da' migliori antichi modelli, sono fra le più superbe d'Europa.


[529]
Le Chiese in generale sono bellissime e sorprendenti, e mostrano a chi lo considera la fervente pietà del popolo Napoletano che le frequenta, e di coloro che le hanno edificate. S. Francesco di Paola, di architettura moderna, ricca di opere dei più celebri artisti moderni, alla parte esteriore, che fa fronte al gran palazzo reale è fiancheggiata da due portici sostenuti da 44 grandi colonne, ed abbellita dalle statue colossali della Religione, di S. Francesco, e S. Luigi collocate sul vestibolo formato da 10 grandi colonne ed altrettanti pilastri: l'interno perfettamente rotondo è un'imitazione del Panteon di Roma.


[530]
S. Martino sul Colle di S. Elmo appiè del castello, che domina la città, in istupenda posizione, il Gesù Nuovo tutto incrostato di marmi, che racchiude il sepolcro di S. Francesco de Jeronimo, sul corpo del quale io celebrai messa ed è chiuso da un urna d'argento e trapuntato di perle e pietre preziose, S. Gaetano, nel cui sotterraneo si conserva il Corpo, su cui celebrai pur la Messa, sono magnifici templi.


[531]
Ma S. Gennaro, ossia la cattedrale è la più bella chiesa di Napoli. L'interno è a tre navate divise, e sostenute da (parmi) 18 pilastri con colonne che appartennero ad idoli del Gentilesimo. Lasciando a parte le opere innumerabili di arte, non farò cenno che della cappella del Santo Patrono della città, detta il tesoro, che ha esteriormente due grandi statue di S. Pietro e S. Paolo, ed un bellissimo cancello di bronzo. L'interno è a forma greca, le pareti incrostate di marmi finissimi con 42 colonne di broccatello e 19 di bronzo; tutti gli affreschi sono del Domenichino. L'altar maggiore è di porfido, dietro si conserva in due cellette foderate di lamina d'argento con porticine dello stesso metallo, la Testa di S. Gennaro e due ampolle che contengono una parte del suo sangue, il quale suole liquefarsi almeno 2, quattro volte all'anno, quando vien posto avanti alla testa del santo, cioè nelle tre feste di maggio, settembre e dicembre che celebransi in onore del Santo colle rispettive ottave.


[532]
Questo miracolo, che venne osservato da innumerabili protestanti ed infedeli partorì e produce al giorno d'oggi gran numero di credenti alla fede di Cristo. (Siccome l'ultima volta che fece il miracolo or son quindici giorni, come udii al mio passaggio da Napoli, pare che l'abbia anticipato di un qualche mezz'ora prima del solito, si udirono parecchie grida nel tempio: "guarda guarda, che S. Gennaro si piace della Repubblica e ti bole (vuole) Vittorio Emanuele." Qui a proposito di S. Gennaro voglio accennargli la scena stravagante che succede il giorno in cui fa il miracolo. Primieramente appoggiati ad una vaga e malferma tradizione i Napoletani pretendono sapere che le tali e tali famiglie povere sono discendenti dalla stirpe del Santo Protettore; per ciò fra la plebe è opinione che non si faccia il miracolo senza la presenza di uno o più individui di questi nipoti consanguinei di S. Gennaro.


[533]
I lazzaroni sono i primi a presentarsi alla cappella taumaturga: sono innumerabili gli improperi e le villanie che premettonsi al miracolo. Escono fra le altre in queste espressioni: "S. Gennaro, e chi se tu che non vuoi fare il miracolo? E che hai rubato il titolo di Santo che non meritavi. E perché hai gabbato quelli che t'àn fatto tanto onore? E che non sei buono da nulla. E che ti hai le mamme da marruzzo (lumaca); non vali una grana. E che fai la ad imbrogliare la povera gente? sei un impostoraccio che ti burli di noi.... Guardalo, guardalo che smorfie che fa.... e' ci corbella, e ci canzona... E che sarebbe stato meglio di corbellar te, che lasciarci da te corbellare.... vedi che ci corbella e ci canzona... A che non se' capace di fare il miracolo, non vali una grana, vien giù da quel pizzo (rivolgendosi alla statua). E che fai là, imbroglione impostore? Ah che non sei santo, e non istai nel cielo, non se buono da nulla. Scendi scendi, e non mangiar a uffa...". E così via.


[534]
Altre cose più strane si proferiscono da que' lazzaroni, le quali troppo lungo sarebbe l'annoverare e che io dimenticai. In vero, se a me scrivessero tali cose, non le crederei, ma chi ha visitato Napoli, ed ha conosciuto quanto quella nazione è ancora indietro, ed è inclinata alla pietà bensì, ma superstiziosa un po', non dura fatica a prestarvi fede. Tali cose e simili mi furono raccontate da persone degne di fede.


[535]
In Napoli con D. Luciano visitammo le cose più rimarchevoli, fra le quali le Catacombe, più ampie e meno lunghe di quelle di Roma, il Museo Nazionale, il secondo del mondo, dopo il Vaticano, a giudizio degli eruditi, e sotto l'aspetto che offre perfettamente in materiale i costumi degli antichi, il primo del mondo. Ma un quinterno ci vorrebbe. Visitammo la grotta di Polisippo, uno stupendo sotterraneo, ove sta la tomba di Virgilio a lumi accesi etc. Pompei Ercolano etc. Ma scriverò, se avrò tempo in altra mia; come pure mi tratterrò sul viaggio di Palermo e di Roma; ma ora non ho tempo, perché adesso mi è annunziato che è giunto in Suez da Calcutta il vapore della Compagnia delle Indie, e ripartirà entro la settimana. Io domani parto pel Cairo e per Suez. Da Aden scriverò, ma cum pactu che non vorrei rimaner digiuno delle sue lettere.


[536]
Io mando un affettuoso saluto a tutti i giovani, prefetti, e chierici del nostro caro Ist.o e mi raccomando alle loro orazioni; perché aspra sarà la lotta che dovrò fare cogli inglesi; perché per tacere del resto, sta affisso dinanzi alla dogana turca, ai divani, ed a consolati europei un editto con cui si interdice ai Consoli ed al Governatore d'Alessandria di far passare schiavi o Barberini, senza indagare e riconoscere la loro provenienza, senza che sia legalizzata. Voglio trascriverlo stasera pria di partire da Alessandria. Dunque ho bisogno dell'aiuto dall'alto. Ma non si dee temere. Le corna di Xto sono più dure di quelle di Satana: e se Iddio vuole l'opera, non vi sono nè inglesi, nè turchi, nè diavolo che si possano opporre.


[537]
Mi riverisca D. Tomba, D. Fochesato, D. Fukesneker, D. Donato, D. Clerici, D. Urbani, D. Lonardoni, Toffaloni e figlio, e tutti i Preti dell'Ist.o, le canteraniste, i Marchesi Carlotti, i C.ti Cavvazzocca, Parisi, Morelli; mi riverisca M.r Vescovo etc. etc. e m'abbia sempre nei SS.mi Cuori di G. e di M.a pel



Suo affz.mo amico

D. Daniele


[538]
Offra speciali saluti al mio fig.cio Vittorio, sul quale desidero informazioni. I mei saluti alla fam.a Patuzzi e Biadego, Fontana etc. riceva i saluti di G. Scaùi che sta bene, ed a quanto mi dicono i P.dri Missionari si diporta assai bene. Tre furibonde burrasche m'hanno scosso un po' la salute: ma ora sto benissimo.






53
Don Nicola Mazza
0
Alessandria Egitto
2. 1.1861
A DON NICOLA MAZZA

AMV, Cart. "Missione Africana"



Molto Reverendo ed Amat.mo Sig.r Superiore!

Alessandria d'Egitto, 2 gennaio 1861
[539]
Sono arrivato felicemente in Egitto. Innanzi tutto a Roma mi dimenticai di scriverle che S. Em.za il Cardinal Barnabò mi disse, che nello scorso mese ricevette una lettera dal Provicario dell'Africa Centrale, nella quale, non direttamente, ma in sostanza Kirchner gli scriveva in modo, che parea che fosse disposto, ad un cenno del Cardinale, a ritornare in Europa e ad abbandonare la Missione: quindi mi disse Barnabò che il Provicario è estremamente avvilito. Qui in Egitto poi seppi che uno dei due Francescani addetti alla Missione si stancò, e retrocesse fino a Negade in Alto Egitto associandosi alla Missione dei Riformati, dicendo che non ne vuol più sapere dell'Africa Centrale. Il P. Giovanni (non so se sia il nostro, o il Francescano superstite) è partito pel Fiume Bianco.


[540]
IL P. Lodovico mi disse a Napoli che ha stabilito di fare il giro di tutta l'Europa per raccogliere tutti i neri, e condurli nel suo convento alla Palma; e quietati un po' gli affari politici, vuole andare a Parigi, presentarsi a Napoleone, ed implorare da lui la grazia che non solo favoreggi il riscatto dei mori, ma che si rivolga a tutte le potenze d'Europa, affinché stabiliscano ed ordinino ai rispettivi Consolati d'Egitto di tutelare, favorire ed aiutare tutti quelli che vanno in Africa ed in Oriente a prender mori per condurli in Europa allo scopo di educarli per la Missione africana. Questa idea era approvata a favorita dal Re Francesco II, il quale si protestò di mettere in campo tutta la sua autorità reale per raccomandare il disegno all'Imperatore dei Francesi e alle Potenze d'Europa.


[541]
In Egitto vi sono agenti appositi incaricati dal Governo del Pascià e dai Consolati per sorvegliare se v'ha qualche moro che si trasporti in Europa. Io lessi un editto affisso al Divano d'Alessandria e sulle Cancellerie di tutti i Consolati europei, che assolutamente proibisce e all'autorità turche e consolari di favorire il passaggio dei neri. Tre more del P. Olivieri mentre andavano dal Convento delle Figlie della Carità alla Stazione di strada ferrata pel Cairo, furono arrestate e messe in prigione. Nemmeno da Alessandria al Cairo, e viceversa ponno andare.


[542]
Il Provicario Apostolico d'Egitto, che risiede in Alessandria, mi dice che è assolutamente impossibile il trasferire mori in Europa. Noi però non dobbiamo sgomentarci. Confidato in Dio, e nella protezione di Russel ottenuta in Roma da Lord Pope Hennesy, io spero, dopo grandi difficoltà, di poter riuscire alla meta desiderata. Nessuno sa in Alessandria lo scopo del mio viaggio. Tutti credono ch'io vada nella nuova stazione di Assuan. Ho creduto opportuno di confidare la cosa solo al P. Provicario d'Egitto, uomo prudentissimo, e che è a cognizione di tutti i raggiri e segreti del P. Olivieri, ed è uomo che serba il segreto (cosa rara tra i frati, di cui non mi fido, di nessuno). Questi che mi accoglie nel suo convento, che mi vede andare e venire per Alessandria, e che mi vuol bene, è bene che lo sappia, e non può che darmi dei lumi, e favorirmi, e additarmi vie opportune per eludere i nemici dell'Opera.


[543]
La persona che io scelsi a nostro corrispondente per la spedizione del denaro in Alessandria è il signor Angelo Albengo, uomo di molto proposito, prudente, buon cristiano, e di piena fiducia anche di D. Beltrame. Ella, Sig.r Superiore, dirigerà il denaro al Cav.r Napoli in Trieste; e questi per mezzo del Lloyd Austriaco, senza dipendere dal Consolato Austriaco, lo spedirà direttamente al Sig.r Angelo Albengo, il quale a mezzo dei vapori della Compagnia delle Indie me li spedirà in Aden.


[544]
Credo opportuno di non immischiarci punto in questo affare col Console Austriaco di Alessandria, il quale è avverso alla nostra impresa, a quanto mi disse il P. Provicario d'Egitto. Costui è associato nelle idee a tutti gli altri Consoli d'Egitto: basta dire che trattandosi di quattro mori del P. Olivieri, si scusò di non poter favorire nessuno, attese le vigenti leggi d'Egitto, a fronte di una lettera di raccomandazione dell'Imperatore d'Austria. Così mi disse il P. Provicario. Perciò mi raccomando alle orazioni di Lei e dell'Istituto.


[545]
Domani parto pel Cairo, e dopo tre giorni parto da Suez per Aden. Qui inclusa troverà una lettera pel Cavalier Napoli; la legga, e la spedisca, se le piace. Troverà il modo di dirigere lettere e denaro.

Frattanto offerisca la mia servitù a M.r Vescovo, a M.r Canossa, a D. Albertini, a D. Cesare, alle maestre Cavattoni, e a tutti dell'Ist.o maschile, e femminile. Accolga i sensi di venerazione e d'affetto del



Suo indeg.mo figlio

D. Daniele Comboni

La prego a salutarmi il farmacista Gaetano Sommacampagna



Direzione delle lettere a me

To most Reverend Sir Daniel Comboni

Apostolic Missionary in Aden

Raccomandata al Console Generale Austriaco

in Alessandria d'Egitto



Direzione del denaro


[546]
Spedirà il denaro all'Illustrissimo Sig.r Luigi Cavalier Napoli; il quale a mezzo del Lloyd Austriaco lo mandi direttamente al Sig.r Angelo Albengo in Alessandria d'Egitto, affinché questi poi lo spedisca, secondo le istruzioni avute, a D. Daniele Comboni Missionario Apostolico in Aden.




[547]
N.B. Quando spedisce il denaro al Cavalier Napoli a Trieste, sarà bene che scriva immediatamente una lettera al Sig.r Angelo Albengo in Alessandria, ed una a me in Aden, facendo e questi e me partecipi della spedizione.

Credo ben fatto che si astenga dal far cambiali girabili per Alessandria, perché vi sono molti imbroglioni, e non poche ditte sballate. Il denaro è più sicuro. In Alessandria poi si tramuterà in Ghinee Inglesi.



D. Daniele Comboni






54
Don Nicola Mazza
0
Candy
6. 1.1861
A DON NICOLA MAZZA

AMV, Cart. "Missione Africana"



Molto Rev.do Sig.r Superiore!

A bordo del Candy sul Mar Rosso, 6 gennaio 1861
[548]
Mi lusingo che avrà ricevuto le mie lettere d'Alessandria, e quelle dei nostri cari Missionari dell'Africa Centrale. Giunto al Cairo la sera del 4 corr.te, ebbi la consolazione di trovare il Provicario Apostolico D. Matteo Kirchner, col quale mi trattenni la notte fino all'ora di partire per Suez. Egli è di buona salute; e m'annunziò che D. Dalbosco sta benissimo, e D. Beltrame discretamente, benché siasi considerabilmente dimagrito e sia diventato vecchio, in guisa, che gli si darebbero 45 anni. Noi ragionammo sempre sulla Missione dell'Africa Centrale; ecco le notizie, che Ella, Sig.r Superiore avrà letto già sulle relazioni dei nostri Missionari.


[549]
D. Alessandro e D. Giovanni sono grandemente angustiati per non avere da oltre un anno ricevuto lettera da Verona: essi sono partiti da Khartum sulla nostra barca, la Stella Mattutina e traversando tutte le cateratte sono giunti nello scorso settembre a Scellal nella nuova stazione. Qui è già terminata ed abitata la casa per quei Missionari che vi sono attualmente, e pei ragazzi della Missione, che vengono esercitati indefessamente nel lavoro e nell'agricoltura.


[550]
Fino dal mese passato sono partiti pel Fiume Bianco tre Missionari sotto la guida del P. Morlan, già presidente della lontana stazione dei Bari, al di là di S. Croce; ma, dissemi il Provicario, questi certo non arriveranno al termine del loro viaggio, attesa la guerra dei mercanti coi negri, guerra atroce che indusse il governo turco a difendere quelli che hanno il torto, cioè i negozianti europei e musulmani, in cui si fecero già Nº. 3000 prigionieri schiavi, che sono venduti sui mercati del Cordofan, del Sennar e di Dongola, ed occupati nei lavori più vili. D. Beltrame ha già terminato il lavoro del dizionario, grammatica, e catechismo dinkese; ma non l'ha spedito per timore che andasse perduto assieme alle lettere. Gli scrissi da Cairo, e ne avvisai il Provicario, che lo mandi al Cairo, ed io lo prenderò meco al mio passaggio.


[551]
Il Provicario vede poca speranza per la conversione dell'Africa. Se io guardo all'Europa, dice, tutto è bello; ma se considero le cose in Africa sulla faccia del luogo, tutto mi è oscuro, e non vedo speranze.


[552]
Egli poi, con grande mia sorpresa, non troppo favorisce il disegno di educare giovani e giovanette africane in Europa, perché costà si avvezzano troppo delicatamente, e studiano troppo le scienze, e poco l'agricoltura e le arti. Egli invece pensa d'introdurne buon numero nella nuova Stazione e farli colà lavorare nel giorno, comunicando loro alla notte l'istruzione religiosa. A Napoli, diceami, ne mando meno che sia possibile. Egli ha pagato tutti i debiti della Missione col denaro ricevuto dalla sua famiglia, la quale resta creditrice verso il Sig.r Provicario. Egli ora si trattiene in Egitto aspettando il Consiglio della Propaganda circa due punti; cioè:

1º. Se deesi continuare la fabbrica della Stazione per contenere altri Missionari:

2º. Stabilire e rassodare l'unione della Missione coll'ordine Francescano.


[553]
Detto Ordine ha mandato tre frati; uno dei quali morì in Cairo; l'altro abbandonò la Missione e si ritirò coi suoi nella Prefettura Apostolica dell'Alto Egitto; il terzo dura fermo al suo punto in Scellàl; ma è però quasi stanco. Il Generale dei Francescani sembra alieno dall'unirsi alla Missione dell'Africa Centrale. Perciò temo che l'unione della Missione coll'Ordine Francescano non porterà nessun vantaggio. Il Provicario poi è disposto ad andare a Roma per regolare ogni cosa: ma per ora aspetta lettera dal Cardinale. Tuttavia mi sembra assai di buon animo, e non tale come Barnabò mel descrisse.


[554]
Sì ad Alessandria come a Cairo ho rilevato che v'ha gran numero di mori sparsi per le Indie. La schiavitù è nel suo pieno vigore nel scerriffato dell'Arabia, ove si fanno numerosi incanti di questi miseri negri; mel disse uno che all'incanto levò tre morette a 60 talleri l'una. In Alessandria seppi che da Massaua, Suakin città dell'Abissinia sulle coste del Mar Rosso, vengono di notte trasportate delle barche di schiavi sulle coste dell'Arabia, ove non è abolita la tratta dei neri; e fu in tale circostanza, che il vapore inglese da Suez ad Aden sequestrò una barca di mori. Quindi spero che a Aden potrò fare una scelta conforme alle sue intenzioni. Basta che Ella faccia pregare per questa impresa.


[555]
E' già un giorno ed una notte che mi trovo a bordo del Candy qui nel Mar Rosso. Siamo circa 680 passeggeri. Da Suez a Aden ho potuto avere per grazia una cartella de' secondi posti, per la quale dagli inglesi non ottenni nessun ribasso: sì che dovetti pagare il prezzo di tariffa cioè Nº. 19 lire sterline, pari a quasi 25 Napoleoni d'oro.


[556]
Ho dato ordine al nostro corrispondente d'Alessandria di mutare tutti i Napoleoni d'oro in Lire Inglesi; cosa che sarebbe forse opportuna da farsi in Trieste. Ma su questo m'informerò; perché si tratta che alle Indie la Lira Sterlina ha il 4 per cento di vantaggio sul pezzo da 20 franchi; sì che ogni mille talleri ad Aden co' Napoleoni d'oro si perdono circa 40 talleri. Dunque è cosa da riflettersi. Ella spedisca al Cav.r Napoli a Trieste Napoleoni d'oro: ed egli farà quello che gli scriverò a norma delle informazioni. - Io sto bene. In 8 giorni sarò in Aden. Le domando la benedizione, mentre ho il bene di segnarmi



Ubb.mo figlio D. Daniele






55
Don Francesco Bricolo
0
Aden
13. 1.1861
A DON FRANCESCO BRICOLO

ACR, A, c. 14/5



Mio caro D. Francesco!

Aden, 13 gennaio 1861
[557]
Per ora non le mando che un semplice saluto. Nelle 6 ore che mi fermai a Cairo trovai il Provicario che mi diede ottime notizie dei due Missionari che sono a Scellal. La madre di Carré mi consegnò Nº. 2 Ghinee turche ed 1 inglese pe' suoi figli in Verona. Si combini col Superiore, oppure egli stesso le dia a Carré, che alla mia venuta a Verona si aggiusterà tutto. Ai 5 partii da Suez sopra il Candy vapore della Compagnia delle Indie con Nº. 680 passeggeri, la maggior parte Inglesi e Indiani, senza l'equipaggio. Alla sera del 10 passato le Stretto di Bab-el-Mandel, entrammo nell'Oceano Indiano, e giunsi ad Aden alla sera del 12. Saluti a tutti, che supplico di pregare pel



Suo aff.mo D. Daniele






56
Don Nicola Mazza
0
Aden
13. 1.1861
A DON NICOLA MAZZA

AMV, Cart. "Missione Africana"



Amatiss.mo Sig.r Superiore!

Aden, 13 gennaio 1861
[558]
Partito da Alessandria d'Egitto la mattina del 4 corrente, arrivai a Suez alla sera del 5 per la strada ferrata. Colà montato sopra un vapore della Compagnia delle Indie, il Candy, in compagnia di 680 fra Inglesi ed Indiani, in 7 giorni di navigazione pel Mar Rosso, giunsi, dopo sofferta una buona burrasca gli ultimi tre, specialmente nell'entrare nell'Oceano Indiano, ad Aden, ove ora mi trovo in ottima salute.


[559]
Che al Cairo trovai il Provicario, lo annunzia l'inclusa mia 6 corr.te scritta a bordo del Candy sul Mar Rosso. A quel che esposi in essa debbo aggiungere che il Provicario condusse ora in Cairo sulla Stella Mattutina alcune morette portate da S. Croce da D. Beltrame, fra le quali v'è una certa Zenab della tribù dei Denka, che io conosco benissimo, la quale sa bene l'Arabo e il Denka, e fu quella che più di tutti, dopo un nero per nome Caciual, ci assistè a S. Croce, ed aiutò specialmente D. Beltrame, nel comporre il dizionario e la grammatica dinkese. Questa moretta è di gran talento e di ottimo cuore. Ora pensando al Piano da Lei escogitato per la Missione dell'Africa, la giovanetta Zenab potrebbe giovare assai per introdurre nel nostro Ist.o Africano di Verona la cognizione e la vera pronuncia della lingua dei Denka; perciò, quantunque il Provicario sia un po' alieno dal mandar mori a Verona, tuttavia sono certo che ad una lettera di Lei, farebbe spontaneamente tutto ciò che Ella avrebbe a bramare. Quindi io sarei d'avviso che Ella, Sig.r Superiore, scrivesse al Provicario in Cairo, e lo pregasse di cederle la buona fanciulla Zenab pel bene del Suo Ist.o di Verona, promettendo che a termine dell'educazione sarebbe a disposizione della Missione. Essa trovasi ora presso le Monache del Buon Pastore in Cairo. La lettera diriga così.

Al M.to R.do Sig.r D. Matteo Kirchner Pr.

Presso il Cavalier Fathalla Mardrus

Raccom.ta all'I.R. Console Aus.co in

Cairo (Egitto)


[560]
Nel caso di una risposta affermativa (non ne dubito punto) mi scriva, dirigendo la lettera in Cairo presso il Cav.re Fathalla Mardrus.


[561]
Ecco quello che finora posso dirle del mio incarico di Aden. Il P. Giovenale spagnolo Prefetto Apostolico di Aden, al passaggio del P. Luigi Carmelitano aveva Nº. 16 fra mori e more. Veggendo che nessuno d'Europa se ne occupava ad onta delle replicate sue preghiere, li dispensò qua e là presso diverse famiglie; e già gliene rimaneano tre (i più docili e di maggior capacità) che egli avea stabilito di dare nelle mani di un negoziante; quando, giunta nelle sue mani la mia lettera scrittagli da Venezia, li ritenne in sua casa, e s'occupò di farsi restituire qualche altro, che egli avea consegnato: ma finora non fece nulla.


[562]
Oggi ne visitai 7 di quelli sparsi qua e là: e benché mi riserbo ad esaminarli entro due mesi, durante i quali studierò la loro indole ed intelligenza, tuttavia posso ora calcolare, che sono moralmente certo di prenderne almeno sei. Però stia certo, Sig.r Superiore, che porrò ogni sollecitudine per sceglierli secondo le sue mire, esigendo in peculiar modo la docilità. Nulla finora posso dirle né delle morette, né di un maschio o femmina grandicelli, che possono servire da guida agli altri. I sei, sopra i quali ho posto l'occhio, sono tutti maschi.


[563]
Ma un altro rilevante negozio pare che prepari la Provvidenza per aver mori e morette per educare in Europa. Io Le esporrò l'affare, e i miei pensieri su questo; rimettendomi pienamente alla sua volontà ed a' suoi ordini nell'agire a seconda di quello che io son per esporre. In Egitto venni a sapere che a Madagascar v'è un gran numero di mori e more che si darebbero al prezzo di 100 franchi, e meno. Su questo potrà leggere il fascicolo del settembre 1860 degli Annali della Propagazione della Fede, in cui (mi si dice) il P. Finnaz Prefetto Apostolico delle Missioni di Madagascar, in una lettera scritta a Maiotta Arcipelago Comore, si rivolge alla carità Europea per riscattare queste anime.


[564]
Ora fra i molti viaggiatori che erano a bordo del Candy, dietro le mie indagini, trovai parecchi indigeni dell'Isola Bourbon, o della Riunione, soggetta alla Francia, di cui è una ricca Colonia, e fra questi un eccellente cattolico, il Sig.r Emuabal Robert nativo di S. Bennoit, la più ricca provincia di Bourbon, negoziante ricchissimo, il quale avendo case di commercio alle rive di Madagascar, all'isola di S. Maurice, e a Bourbon, ha un'esatta cognizione di tutti i paesi dell'Africa Meridionale. Dopo alcuni giorni che mi familiarizzai con questo eccellente personaggio indigeno della Reunione allo scopo di studiarne il fondo, parvemi che egli fosse la persona più adatta per darmi lumi sulla condizione dei mori di Madagascar.


[565]
Per la qual cosa io lo incaricai di ricercare le più esatte e recenti informazioni su quello che io domandavo, e di portare in persona al Vescovo di Bourbon che risiede alla capitale S. Denis, una mia lettera, nella quale, esposto in francese il piano della creazione di Istituti di educazione maschili e femminili di africani mori da stabilirsi a Verona, mi rivolgeva a Lui per avere esatte informazioni sui negri di Madagascar, versanti sui punti seguenti:

1º. Qual numero di mori e morette dell'età da 6 a 10 anni sarebbero a mia disposizione, a qual prezzo io li potrei riscattare qualora li trovassi forniti di buona docilità, e di tutte le qualità che esige il mio Ist.o (le quali esposi nella lettera).

2º. Se si potessero così comprati ritirarli da Madagascar all'Isola della Riunione.

3º. Se alla Riunione si potrebbe farli dichiarare sudditi della Francia per mezzo del governo dell'Isola, affine di evitare le difficoltà che s'incontrano a farli passare in Europa dopo l'abolizione della schiavitù stabilita nel Congresso di Parigi.

4º. Additarmi i mezzi per apprendere la lingua di Madagascar, nel caso che i negri tratti da Madagascar riuscissero opportuni per la Missione dell'Africa Centrale.

5º. Che si metta in comunicazione col corpo de' Missionari a lui soggetto e da lui dipendente incaricato delle Missioni di Madagascar.


[566]
Nel caso che tutto l'esposto avesse il suo effetto giusta le mie intenzioni, invocato il consiglio, e sentito il parere del mio Superiore, io mi sarei disposto a far un viaggio alla Riunione, e dietro il consiglio del Vescovo, anche a Madagascar, per trascegliere io stesso quel numero di giovani e giovanette che mi permetterà il Superiore e la borsa. Ora, quest'affare, o Sig.r Superiore, merita ogni considerazione. Tutte le cause per le quali io venni in Aden a prendere giovani abissinesi, militano a favore di quelli di Madagascar, nel caso che si effettuino i tre primi articoli domandati al Vescovo di Bourbon. Più Madagascar ci offre un vivaio di mori, da poter provvedere i nostri Istituti di Verona a dovizia. Per conseguenza io sarei d'avviso di fare queste due cose:

1º. di fare un viaggio a Bourbon per osservare l'indole dei mori di Madagascar, conoscere le pratiche da farsi al governo dispotico della Regina di Madagascar e al governo francese della Riunione, e esaminare tutto quello che concerne il buon esito della nostra opera rispetto ai giovani di Madagascar. Il Vescovo di Bourbon, e quello de la Maurice sarebbero i miei appoggi.

2º. Fra i mori che mi si offriranno, sceglierne o sei, o 12, come ella crede, la metà maschi e la metà femmine, e condurle meco a Verona per fare esperimento se riusciranno opportuni pel Piano della Conversione dell'Africa.


[567]
Ecco, o Sig.r Superiore il mio pensiero. Io lo sottopongo a Lei, e ne aspetto subito la decisione. Per quello che io ravviso, meditando su questo mio piano, io non tarderei nemmeno un giorno a porvi opera; ma questo è un affare che appartiene alle Alte Camere; perciò attendo i suoi ordini che saran sempre la regola del mio agire: ma li attendo subito, subito, e subito.


[568]
L'Isola della Riunione dista da Aden 14 giorni di vapore. E' posta nell'Oceano Indiano un grado e mezzo prima del Capricorno.

Ogni mese un vapore parte da Suez per l'Isola, e viceversa. La spesa sarebbe di Nº. 300 talleri. In un mese e mezzo potrei far tutto. Nel caso che intraprendessi il viaggio a Bourbon e Madagascar, in allora sarebbe assai probabile che io facessi ritorno in Europa pel Capo di Buona Speranza. Mi sono già messo in comunicazione con due case Indiane per istipulare un contratto. Nel caso che potessi avere almeno 18 individui con me, avrei due vantaggi a pattuire un contratto dalla Riunione a Marsiglia; il primo è, spero, una spesa minore pel trasporto: il secondo, e più importante, eviterei gravi difficoltà che già, ad onta di elevate protezioni, m'aspetto in Egitto. Ad ogni modo, su questo rifletterò e ci penserò io. Ella faccia pregare e preghi per me, che Dio solo sia la mia guida.


[569]
Nessuna difficoltà, o disagio, o patimento, o clima io pavento, quando ho speranza di agire a favore del suo piano per la Conversione dell'Africa. Ella pensi a darmi ordini sul progetto sovraesposto, e a spedirmi subito quel denaro che può, che non oltrepassi la somma di Nº. 500 Napoleoni d'oro, e non sia minore di Nº. 100 nap.ni d'oro. Ordini ai nostri corrispondenti di Trieste ed Alessandria che facciano subito la spedizione, e a quest'ultimo di tramutar tutto in Ghinee Inglesi. L'esatta somma che costa ciascun individuo per ora non la espongo, non avendo deciso da qual parte ritornerò. Ma di questa Ella m'insegna a non ispaventarci. Solo io bramo in questo viaggio di assicurare al Piano un mezzo per aver costantemente negri e negre adattate alla Missione dell'Africa.

Spero che avrà inteso il mio concetto. Io l'ho male esposto, prima perché non son capace, e poi perché devo far presto perché oggi parte per Suez la valigia delle Indie.


[570]
In Aden, che è al medesimo grado di Latitudine Nord dei Dinka, fa assai caldo, e vi sono delle buone febbri: oggi al mezzogiorno erano 29 gr. Réaumur. V'è il Prefetto Ap.lico ed un Laico Cappuccino. Altro Padre Cap.no Miss.o in Aden, partì per l'Europa malconcio dalle febbri. Io sto bene, e sono allegro, e pieno di fiducia di far buoni affari. E' bandito per me l'italiano. Qui in Aden si parla arabo, inglese, spagnuolo, e portoghese, tutte lingue che io intendo, e nelle quali dovrò trattare i miei affari. Contemporaneamente ho fissato lo sguardo sopra la lingua abissinese, e di Madagascar: e spero che verso al fine della primavera, che giungerò a Verona, non sarò affatto digiuno di queste lingue, che possono venire opportune pel nostro Ist.o e pel Suo Piano.


[571]
Mi riverisca tutti i Sacerdoti e maestre dell'Ist.o D. Cesare, il Vescovo, D. Albertini, Mons.r Canossa, e assai assai il Sig.r zio Paiola. Accordi la sua santa benedizione



all'Indeg.mo Suo figlio

D. Daniele


[572]
Entro 40 giorni mi giungerà certo la risposta che darà alla mia lettera il Vescovo di Bourbon Mons.r Montpoint.






57
Don Nicola Mazza
0
Aden
23. 1.1861
A DON NICOLA MAZZA

AMV, Cart. "Missione Africana"



Reverend.mo Sig.r Superiore!

Aden, 23 gennaio 1861
[573]
Quella sublime Provvidenza, che nel governo di tutte le cose procede gradatamente e con ordine sapientissimo, e nulla operando inutilmente, ogni cosa dirige al compimento degli amorosi suoi disegni divini per una regolare concatenazione di vicissitudini ed eventi, eccitava il suo animo, o amatissimo Superiore, a spedirmi in Aden, per raccogliere buon numero di giovani e giovanette more adattate ai fini santissimi del suo gran Piano per la conversione dell'Africa.


[574]
Or qui, permettendo il Signore che, fra parecchi individui da me esaminati, non mi fosse dato di trascegliere che alcuni giovanetti Gallas, si compiacque invece per sua divina misericordia di benedire più esuberantemente il mio viaggio col mettermi sott'occhio e farmi conoscere chiaramente un canale efficacissimo e certo per provvedere ai nostri Istituti Africani di Verona quel numero di giovani individui d'ambo i sessi, che è necessario per l'esecuzione del suo piano, saggiamente da Lei escogitato secondo lo spirito della Chiesa, che a tale scopo fondò già da secoli in Roma il Collegio Urbano di Propaganda Fide, in cui vengono introdotti giovani scelti da tutte le parti del mondo affinché, dopo ricevuta opportuna istituzione, ritornino ai loro paesi natali, per comunicare ai loro connazionali tutti quei beni della civiltà e religione, di cui si sono arricchiti all'ombra dell'augusto vessillo della Croce nel centro del Cattolicesimo.


[575]
Io Le accennerò brevemente quello che in proposito mi additarono persone bene informate (tra le quali, l'Egregio Sig.r Bonaventura Mas, ricco negoziante spagnolo, eccellente cattolico, e praticissimo di tutti i paesi dell'Africa orientale, ove possiede molte case di commercio, del quale si serve il Vescovo di Bourbon, incaricato delle Missioni di Madagascar e dell'Isole annesse, per mantenere le necessarie corrispondenze colle medesime, e fornirle de' temporali soccorsi), e Le esporrò questo canale, proponendole quei mezzi che parmi di scorgere per servircene a beneficio della Missione dell'Africa Centrale; ed Ella, o Sig.r Superiore, intesa e considerata ogni cosa, deciderà, agirà, e ordinerà tutto quello che Le sembrerà opportuno.


[576]
Dopo il Congresso del 1856, in cui le grandi Potenze d'Europa radunate a Parigi, affine di sistemare gli affari d'Oriente, abolirono la schiavitù e la tratta dei negri, la Francia e l'Inghilterra, quantunque abbiano sempre mantenute delle squadriglie di vapori che vanno in ronda pel Mar Rosso e per l'Oceano Indiano, con cui confina l'Africa austro-orientale, affine di sorvegliare e proteggere l'esecuzione dei decreti stipulati contro l'infame traffico, allo scopo di provvedere di lavoratori quelle Colonie che abbisognan di braccia per coltivare i terreni, hanno emanata una legge, secondo la quale sono fissati certi paesi, od isole ad esse soggette, ove i rispettivi governatori europei sono autorizzati a fare dei cosìddetti Engagés, cioè, a dichiarare liberi tutti quegli schiavi negri, che vengono ad essi presentati da coloro che sono muniti di una Carta rilasciata dal Ministero degli Affari Esteri, che loro abbia accordato il permesso di procacciarsi dei negri pe' loro servigi.


[577]

Questa legge estesa dalla Francia a tutte le sue Colonie dell'Africa Orientale, in causa di enormi abusi prodotti da molti, che sotto l'apparenza di fare degli engagés, esercitavano di fatto l'infame traffico della tratta dei negri, venne ristretta alle sole tre isole francesi, situate nell'Oceano Indiano, presso Madagascar, cioè Mayotta, Nos-Beh, et S.te Marie, le quali giacciono sotto i gradi di Latitudine Australe, e Longitudine Orientale secondo il Meridiano di Parigi, come segue: Isole soggette alla Francia = Lat. Austr.le = Long. Orient. Parigi

Mayotta---------- = 12,30 ------ 43 ------

Nos-Beh -------- 13 --------- 46 ------

S.te Marie ------ 17 --------- 48 ------
 


[578]
Qualora adunque si potesse da noi ottenere dal Ministero degli Affari Esteri di Francia questa Carta che ci autorizzasse a procurarci quel numero di negri e morette, che è attualmente necessario pe' nostri Ist.ti africani di Verona, io potrei scorrere i pubblici mercati del Gruppo delle Isole Comore, dell'Isola di Madagascar, e di altri punti situati sulle Coste dell'Africa Orientale, fare la scelta di quel numero di morette e Negri che Ella brama, fossero anche mille, riscattarli mediante il prezzo stabilito nel contratto, che è di Nº. 50 a Nº. 100 franchi per ciascun individuo; indi presentarli al Governatore d'una delle tre Isole di Mayotta, o Nos-Beh, o S.te Marie, affinché venissero dichiarati liberi e sudditi della Francia; e così muniti di regolare passaporto francese, condurli in Europa pel Capo di Buona Speranza sopra le navi offertemi dall'Egregio Sig.r Bonaventura Mas, il quale ogni anno spedisce otto o dieci bastimenti a Marsiglia, dopo aver fatto i suoi carichi alle Indie Orientali, e sulle coste dell'Africa.


[579]
Esaminata e ben ponderata ogni cosa, io ravviso assai chiaro, che questo canale da me espostole, è un mezzo additatoci dalla Provvidenza per fornire nel corso di un anno i nostri Istituti Africani di Verona di quel numero di negri e morette che Ella desidera, in tal guisa che ci sarà dato di vedere una volta rimpiazzata la perdita considerabile di tempo fatta sinora di parecchi anni, durante i quali riuscì impossibile ai nostri Missionari d'introdurre nei nostri Collegi di Verona individui africani per l'esecuzione del suo Progetto. His positis:

"Le propongo, o R.mo Superiore, di fare una spedizione nell'Africa Orientale per riscattare Nº. 100, od almeno Nº. 50 individui fra maschi e femmine, pe' nostri Ist.i Africani di Verona."


[580]
A tale oggetto io penso di ritornare fra poco in Europa con quei giovani, che mi venne fatto di raccogliere in Aden, affine di occuparmi nel trattare e combinare con Lei questo rilevantissimo affare, ottenere a Parigi la facoltà summenzionata dal Ministero degli Affari Esteri di Francia, e disporre ogni cosa per la futura spedizione nell'Africa Orientale, nel caso che Ella assenta al mio pensiero.


[581]
Per ottenere la suddetta facoltà dal Governo francese, qualora Ella non avesse mezzi migliori, o più immediati e naturali, io crederei ben fatto di presentarmi io stesso ai Concili Centrali stabiliti a Lione e Parigi per la Propagazione della Fede, oppure a qualche loro membro principale, come sarebbe Mons.r Coulin, munito delle Carte di Missionario Apostolico rilasciatemi a Roma dalla Sacra Congregazione di Propaganda Fide, e d'una sua lettera; e per tal mezzo mi tornerebbe agevole di ottenere accesso presso il Ministro degli Affari Esteri di Francia, al quale esposto candidamente l'oggetto della nostra domanda, non dubito punto che non vengano pienamente soddisfatti i nostri desideri.


[582]
Al mio ritorno da Parigi, io toccherei Marsiglia per trattare colla Casa Vidal, di cui è membro principale il Sig.r Mas, sull'epoca e sui mezzi di trasportare i mori in Europa.

Ritornato a Verona, fra le molte altre cose da stabilirsi che svolgeremo a voce, si tratterebbe di darmi a compagno un Sacerdote dell'Istituto, con cui dividere le fatiche della grande spedizione, sì perché in caso di morte dell'uno o dell'altro, il superstite possa continuar l'opera secondo il medesimo spirito, e sì perché, qualora in Africa orientale gli eventi richiedessero di dover servirsi di due bastimenti fino a Marsiglia, si trovassero due sacerdoti per assumere la condotta e la guida delle spartite falangi di giovani africani.


[583]
Quel Sacerdote poi che a me sembrerebbe più opportuno fra quelli del nostro Ist.o ad essermi compagno nell'ardua spedizione, sarebbe D. Bartolomeo Clerici, sacerdote di molto proposito, d'ottimo criterio e virtù, fornito di robusta salute, che sa qualche cosa di arabo, ed ha molta pratica degli africani, dei quali conosce l'indole e le tendenze, e quindi potrebbe servirmi egregiamente a fare un'ottima scelta; e ritornando a Verona, potrebbe associarsi al degnissimo Rettore dei Collegi Maschili, D. Fran.co Bricolo, nella direzione del Collegio Africano, in qualità di Vice-Rettore.


[584]
Oltre a questo eccellente Sacerdote, si tratterrebbe che Ella, Sig.r Superiore, fra le donne dei nostri Ist.ti femminili ne scegliesse una, che potesse invigilare alla custodia, direzione, e bisogni delle morette che si riscatterebbero, ben intesi che abbia le seguenti qualità; cioè: di provati costumi, di età canonicale, amante della riserbatezza, coraggiosa, robusta, e più brutta che sia possibile (come sarebbe v.g. l'ex-economa Borgato); e ciò dovrebbe farsi anche qualora ci venisse fatto di trovarne una mora, avente i requisiti che Ella domanda, secondo quel che m'impose prima della mia partenza da Verona.


[585]
Circa i mezzi pecuniarii necessarii in questa spedizione, calcolate le spese di viaggio dei due Sacerdoti e della sinodal madama, più la compera ed il trasporto dei mori e morette fino a Verona, la spesa per provvedere Nº. 50 individui ammonterebbe a Nº. 5000 talleri; e per provvedere Nº. 100 individui la spesa ammonterebbe a Nº. 8000 talleri. In questa somma io calcolo anche un modico nolo che potrebbe impormi la Casa Mas-Vidal pel trasporto dei mori dall'Isola di Madagascar fino a Marsiglia, quantunque il P. Giovenale da Tortosa Prefetto Ap.lico della Missione di Aden mi assicura e lusinga che, attesa la stima e l'affetto che mi porta il Signor Mas (non so per quali meriti o qualità) io non avrei a pagare di tutto il viaggio sino in Francia che il vitto. Ad ogni modo per la spesa, Ella, o amat.mo Superiore, che ha veduto tanti tratti ammirabili della Provvidenza divina, credo che appena ci pensi.


[586]
Ella raccolga tutto quel denaro che può: e se a Dio non piacerà di mettere insieme quella somma che è sufficiente per questa grande spedizione, io non mi sgomento; poichè non è improbabile che un'altra via ci apra la Provvidenza, che ora io non Le comunico, non avendo ora tempo di addurne le opportune ragioni in appoggio. Dunque cominci adesso ad ammassare quel denaro che può venirle fra le mani; e quello che non potrà darci alla nostra partenza, le assegnerò in Marsiglia l'Istituto delle Monache di S. Giuseppe dell'Apparizione, ove spedirlo alcuni mesi dopo, secondo gli accordi che io farò da Verona colla Superiora Generale di quell'Ordine, residente in Roma, alla quale io sono legato coi vincoli della più santa amicizia.


[587]
Quanto alla lingua indigena degli individui che si riscatteranno nell'Africa orientale, benché ciò poco monti, durante la nostra dimora colà noi ci sforzeremo, per quei mezzi che ci offrirà la Provvidenza, di prenderne tal cognizione e possesso, da introdurla poscia, se sarà necessario, nei nostri Istituti.


[588]
Ora, siccome fra gli eventi sinistri che potrebbero succedere per mettere ostacolo a questo disegno, potrebbe sopraggiungere quello che la Francia, provocata dagli abusi continui che si fanno contro la legge emanata in favore delle sue Colonie, togliesse il privilegio di fare degli Engagés anche in Mayotta, Nos-Beh, e S.te Marie, come ha fatto due anni or sono nella più florida fra le sue Colonie, l'Isola di Bourbon, che prima fruiva dei medesimi privilegi delle tre isole summenzionate, perciò io credo opportuno d'intraprendere quanto prima l'ideata spedizione, innanziché venga a noi preclusa la via di procacciarci individui per la formazione degli Istituti africani.


[589]
Quindi io conterei d'iniziare la spedizione nell'Africa Orientale due o tre mesi dopo il mio arrivo in Europa; e giusta i miei calcoli in un anno al più deve essere compita, durante la quale, tanto in Canterane quanto a S. Carlo si preparerebbero i locali, necessari per accogliere gl'individui che verranno da noi riscattati, i quali possibilmente sieno affatto separati dagli altri Istituti, per poter comunicar loro un'istituzione tutta propria, ed adatta al disegno della Missione dell'Africa Centrale.


[590]
In tal guisa per la primavera, od al più l'estate del venturo anno 1862 ci sarebbe dato di vagheggiare in corso piantati in Verona due numerosi Collegi africani, che ci deono additare come il preludio della conversione dell'Africa; e così potremo non invano sperare che sia vicina l'epoca tanto da noi sospirata, nella quale si vedrà finalmente brillare un fulgido raggio della divina luce della Fede di Cristo in qualche tribù dei vasti paesi dei miseri negri, incurvati sotto l'impero di satana, e sedenti ancora nelle tenebre e nelle ombre di morte.


[591]
A tutto questo punto non osta, che per le Missioni dell'Africa Centrale, che si stende fra l'Equatore ed il Cancro, ci serviamo di individui cavati da paesi situati fra il Capricorno e l'Equatore; poichè il clima, le abitudini, il carattere, e la suscettibilità di educazione degli individui nati fra i due Tropici, sono i medesimi. Così pure nulla osta la diversità del linguaggio che esiste fra le varie nazioni dei due Tropici; poichè questa difficoltà si è finora giustamente disprezzata, trattandosi di provvedere giovani e giovanette di tenera età, come sapientemente Ella desidera e comanda, da cui l'esperienza c'insegna che si può ottenere ottimo risultato, mediante una saggia e formale istituzione.


[592]
Finalmente nulla ostano le severissime leggi esistenti ora in Egitto, che proibiscono l'esportazione de' mori e morette; poichè ad eludere le subdole e severe inquisizioni delle Polizie del Governo egiziano e dei Consolati d'Alessandria, ho ideato il piano di assoggettarmi ad intraprendere l'arduo e lunghissimo viaggio per la via del Capo di Buona Speranza, attraverso all'Oceano Atlantico, intendendo pure con ciò di evitare il pericolo di compromettere il bene futuro delle Missioni dell'Africa; poichè nel caso che sopraggiungessero tempi favorevoli, in cui si potessero mandare dal Fiume Bianco in Europa dei Denka, o dei Kich, o degli indigeni delle Stazioni che si fonderanno nell'Africa Centrale, passando noi ora per l'Egitto con una gran turba di negri, potrebbersi dai governi emanar leggi ancor più severe delle già esistenti, che mettessero un perpetuo ostacolo a continuare il piano sublime della creazione d'Istituti africani in Europa.


[593]
Ecco, o Padre amatis.mo, esposto in succinto il canale efficacissimo apertoci dalla Provvidenza per la formazione di due Collegi Africani in Verona: ecco in ischeletro delineati i mezzi per servirsene a beneficio delle Missioni dell'Africa. In progresso di tempo, secondo i lumi e le circostanze che il Signore ci farà conoscere in proposito, si potran fare quelle modificazioni che saranno opportune. Secondo le attuali mie vedute, sembrami che come Dio, nel quale non v'è tempo, ha permesso che si ritardi l'esecuzione del suo gran piano, perché non ha bisogno dell'opera dell'uomo, malgrado gli sforzi del medesimo; così mi pare che Dio senza il nostro concorso, abbia a noi tracciata la via per risarcire il tempo finora perduto.


[594]
Perciò quanto più medito nel progetto a Lei esposto, vi ravviso sempre più un'Opera, da cui dovrà derivarne a Dio una gran gloria, e si guadagneranno molte anime a Cristo. Quindi è che, dal canto mio, son disposto a fare qualunque sacrificio, ed a soffrire ogni più ardua fatica e disagio, anzi mi tornerebbe assai lieve e dolce il sacrifizio del mio sangue e della vita, per coadiuvare che questa santa Opera sia posta ad effetto; a condizione tuttavia, che Ella, o Sig.r Superiore la voglia. Laonde il rilevantissimo affare è tutto nelle sue mani benedette.


[595]
Ella, sia l'approvi in tutta la sua estensione, sia che ne disapprovi una parte, sia che lo rigetti interamente, sarà sempre quel perno, ove s'appuntano i miei sguardi e le mie brame, ove assumerò la regola delle mie azioni; e riguarderò come volere di Dio ogni sua disposizione. Che se mai fosse, che il piano da me proposto d'una spedizione nell'Africa Orientale, fosse una stolta idea che mi balenò alla mente o fosse un vaneggiamento, un delirio, in tal caso ho il conforto di commettere un gravissimo errore, non già alla vista del pubblico con detrimento notabile dell'Istituto e della sua riputazione, ma al cospetto di un Padre amantissimo, che nella mia caduta può stendermi la mano e rialzarmi.


[596]
La supplico ardentemente d'innalzare al cielo fervidi voti, perché Dio solo guidi i miei passi e diriga le mie azioni, in tal modo che io fedelmente corrisponda ai suoi lumi ed impulsi divini, mentre implorando la sua paterna benedizione, con tutto l'affetto e venerazione mi dichiaro nei Sacri Cuori di Gesù e di Maria



di Lei ubb.mo ed indeg.mo figlio

D. D. Comboni M.A.






58
Don Nicola Mazza
0
Aden
24. 1.1861
A DON NICOLA MAZZA

AMV, Cart. "Missione Africana"



Amatiss.mo Sig.r Superiore!

Aden, 24 gennaio 1861
[597]
Le partecipo come fra parecchi individui da me esaminati finora non ne ho trascelti che Nº. 5, dei quali ho potuto avere non fallaci argomenti che possiedono i requisiti che domanda il nostro Istituto, tra i quali parmi che il Signore abbia loro concesso tal docilità, che potremo farne quel che vorremo. A questi cinque giovani, dopo che appresero il catechismo in inglese, venne conferito il battesimo; la qual cosa è contro le leggi della Chiesa, perché di lingua inglese non sanno che meccanicamente le parole del catechismo tal quale venne loro comunicato da un soldato irlandese, senza comprenderne punto il significato.


[598]
Per la qual cosa io ho cominciato a studiare alla meglio qualche cosa della lingua dei Gallas, e mi vo sforzando di insegnar loro i misteri principali, e le verità di necessità di mezzo col sussidio di un po' di arabo, gallas, e indostano. Credo che i due giovani gallas portati dal Missionario Carmelitano saranno alla medesima condizione.


[599]
Io giunsi ad Aden in momenti assai critici, in causa dell'antagonismo e della guerra che esiste fra il Prefetto Apostolico di Aden ed il Governatore. Le cose sono ridotte a tal punto che bisogna che o parta il Governatore, o sfratti il Capo della Missione Cattolica. Io approfittai della temporaria assenza del Governatore per implorare dal suo supplente un passaporto pei cinque giovani acquistati; ho esposto in piena assemblea le ragioni per cui il governo inglese è obbligato di proteggere la libertà di questi individui; ma non trovai nel supplente e negli assessori che una pusillanime freddezza. Finalmente arrivato ieri da Bombay il Governatore, acerrimo nemico del P. Giovenale Pref. Ap.co di Aden, ed esposto l'affare sotto un aspetto più civile che religioso trovai tanta gentilezza, che si protestò di farmi il Passaporto per quel numero che io credessi.


[600]
Io, che sul principio non gliene avea proposto che due, per non dar troppo nell'occhio, oggi gli presentai tutti cinque, e mi rilasciò i rispettivi passaporti fino in Europa; anzi mi pregò di rilasciargliene uno, per ritrattarlo in fotografia, di cui è fervido dilettante, il quale poscia gentilmente me lo fece accompagnare alla Missione.


[601]
I nomi dei cinque finora acquistati sono: "Francesco Amam - Battista Ambar - Luigi Jèramo - Pietro Bullo - Giuseppe Eiànza" tutti della tribù dei Gallas, ed opportuni per le Stazioni del fiume Bianco, ove io vidi moltissimi di questa vasta tribù che si stende fra il 7º e il 13º gr. di L. N. Riguardo a giovanette more, a dirle il vero mi è ora impossibile provvederne: ne ho esaminato tre, una delle quali sarebbe opportuna: ma ella non vuol venire, ed i suoi padroni portoghesi eccitati dalla santità dell'opera farebbero il sacrifizio di rilasciarmela; ma a quel che veggo non credo opportuno di spingermi troppo, per cui sarà facile che da Aden non conduca a Verona alcuna ragazza.


[602]
Io sto qui fino a che posso assicurarmi su altri due giovanetti se debba prenderli o no: aspetto le relazioni del Vescovo di Bourbon; e quanto prima partirò, non alle volte, costretto l'unico Missionario e Pref.o Ap.co di Aden ad andarsene, non mi tocchi la sagra di rimanere provvisoriamente al disimpegno degli obblighi della Missione di Aden, fino a che la Propaganda ne manda un altro.

Ieri Le ho esposto il piano di una spedizione nell'Africa orientale. Durante la mia dimora in Aden prenderò le più esatte informazioni e farò le necessarie relazioni in proposito.


[603]
Fino ad ora penso di ritornare per la via di Egitto; ed in tal caso per la metà di marzo io conto di essere a Verona. Ma potrebbe darsi che mi si offerisse propizia occasione di un vapore francese che nel prossimo febbraio passa per Aden, e va a Marsiglia pel Capo di Buona Speranza: in tal caso, qualora mi venisse fatto di stabilire un contratto più lucroso che per l'Egitto e Trieste, io non sarei alieno dal profittarmene, trattandosi che si toccherebbero alcuni dei punti, ove potrei avere informazioni, e vedere co' miei occhi alcune isole, ove dovrebbersi procurare dei negri; in una parola toccando Bourbon, o Madagascar, o Mayotta, e potrei aver qualche moro, e quel che è più, farei qualche pratica opportuna per la futura spedizione, nel caso che Ella fosse disposta a farla.


[604]
Ora m'arresto, perché subito parte il vapore di Calcutta per Suez. Sperava di poter descrivere al deg.mo Rettore D. Bricolo la lugubre storia della presa dei mori rubati da' negozianti abissinesi; ma lo farò coll'altro vapore. Sono afflitto perché dalla mia partenza da Verona in poi, non ho avuto alcuna notizia né di Lei né dell'Istituto. Quantunque D. Bricolo non mi scriva pure dica a Lui che io sono fedele e lo sarò sempre alle mie promesse.


[605]
Offra la mia servitù a Mons.r Vescovo, a D. Pietro Albertini, a Mons.r Canossa, a D. Cesare, allo zio Paiola, a tutti i Sacerdoti e membri dell'Ist. maschile e femminile, non che ai SS.ri Bertoldi e Beppino, e SS.ri Festa, Parroco di S. Eufemia etc. etc. mentre con tutto il rispetto mi dichiaro



Suo ubb.mo figlio

D. Daniele

NB. Mi dimenticava di dirle che tanto i cinque giovani da me presi, quanto i due che sono in Verona sono Gallas, e non Abissinesi.






59
Don Nicola Mazza
0
Aden
2. 2.1861
A DON NICOLA MAZZA

AMV, Cart. "Missione Africana"



Molto Rev.do Sig.r Sup.re!

Aden, 2 febbraio 1861
[606]
Stamane alle ore 7 ant.e il Sig.re mi ha concesso la grazia di battezzare solennemente una giovanetta mora adulta della tribù dei Suakin posta sulla linea equinoziale. Era questa una schiava comperata da una famiglia spagnola nell'Isola di Zanzibar; e venuta in Aden, nessuno si occupava di essa, quantunque avesse ottime disposizioni di cuore e fosse sotto la cura d'una famiglia cattolica. Avendone io fatto parola tanto al P. Prefetto di Aden, quanto al proprietario della ragazza, fui incaricato io medesimo di istruirla; al che essendomi accinto con energia, in dieci giorni il P. Prefetto la trovò atta al battesimo, che io stesso per ordine di detto Superiore amministrai questa mattina, con somma consolazione della medesima.


[607]
Oggi alle 4 pomerid.e io parto da Aden con Nº. 7 ragazzi sopra una fregata francese reduce dalla Cina e diretta per Suez. Malgrado l'antagonismo che esiste fra il Capo della Missione Cattolica di Aden ed il Governatore inglese, io sono stato accolto gentilmente da quest'ultimo, che mi accordò una Carta di Libertà anche per gli ultimi due ragazzi. Pare che questo prefetto Ap.lico si disponga a partire da Aden per rifugiarsi a Gedda in Arabia. Non alle volte mi tocchi a rimanere in Aden fino alle calende greche, cioè fino a quando Roma spedirà altri Missionari in sostituzione dell'attual Superiore un po' ingiustamente perseguitato dal Governo inglese, io colsi l'occasione propizia del passaggio di una fregata francese da guerra per trasportare sovra di essa me e i 7 ragazzi. Già difficilmente ne avrei potuto acquistare un altro.


[608]
Ho meco sette buoni ragazzi, i quali a giudizio di questo Pref.o Apostolico sono docilissimi. Quattro di essi hanno ingegno più che ordinario; il 5º. buona capacità, gli altri due ordinario talento. Tutti io li credo atti al suo disegno. Io mi sono sforzato di sceglierli secondo la sua intenzione. Iddio farà il resto. Sopra il Duchellas adunque, che ha a bordo l'ambasciatore francese della Cina, io arriverò ai 10 a Suez. A Cairo, interpretando la sua volontà, io domanderò al Provicario D. Matteo Kirchner la giovanetta Zenab che sa bene l'arabo e il denka, della quale io già Le scrissi altra volta. Se fallirò in tal circostanza, come in tutte le altre, la prego di darmi un buon lavabo alla mia venuta, perché sarà sempre una norma per l'avvenire.


[609]
Circa il denaro, io mi sono ingegnato prendendo ad imprestito Nº. 60 Lire Sterline, pari a Nº. 1500 franchi, più la perdita sui Nº. 75 Napoleoni d'oro di 88 franchi. In tutto ho preso ad imprestito Nº. 317 talleri e mezzo, coll'obbligo di restituirli tosto che sarò arrivato in Verona. Ho creduto bene di far questo anche perché i ragazzi non rimanessero a mie spese, attesa la povertà della Missione Cattolica di Aden.


[610]
In Alessandria mi fermerò fino ai 20 corr.te per disimpegnare gli imbarazzi che incontrerò col governo turco e coi Consoli Europei, fino a che potrò far valere la potente protezione di Russel procuratami a Roma da Lord Hennesy Pope: sicché al fine del corrente mese di febbraio senza dubbio io sarò a Verona. Sollecito la mia marcia per dar subito opera a disporre ogni cosa per la spedizione nell'Africa Orientale, nel caso che Ella comandi ed approvi il disegno.


[611]
Spero che avrà ricevuto le mie lettere, nelle quali io Le esponeva il mezzo efficacissimo per la formazione di due numerosi Ist.ti Africani in Verona. Avendo esternato il mio pensiero (quel, cioè, che giudicai opportuno per tasteggiare ed indagare le sue intenzioni) a S. Ecc.a il Visconte Henriot de Langle Ammiraglio della flotta Francese di Bourbon e dell'Africa Orientale, il quale non solamente lo approvò, ma, nel caso che si effettuasse, mi offerse la sua protezione ed assistenza. Da Aden a Suez fo viaggio coll'Ambasciatore francese reduce dalla Cina.


[612]
Secondo le circostanze, e secondo il grado di confidenza che mi darà, e le intenzioni che scoprirò in Lui, potrò indagare sul permesso che dovremo ottenere dal ministro degli affari esteri di Francia, di fare degli Engagés nell'Isole dell'Africa Orientale soggette a quel grande Impero. Ben intesi che, non conoscendo io ora la di Lei volontà, non posso avanzarmi di più, se non per avere maggiori delucidazioni. Ella faccia gran raccolta di denaro per l'Opera che produce una gran gloria a Dio; ed il resto ci penserà la Provvidenza.

Nella speranza di rivederla entro un mese, la prego di riverirmi D. Bricolo, tutti i Sacerdoti, Gaetano speziale a S. Sebastiano; mentre chiedendole la sua santa benedizione, mi segno con tutto l'affetto e la venerazione



Suo indeg.mo figlio

D. Daniele






60
Don Nicola Mazza
0
Cairo
18. 2.1861
A DON NICOLA MAZZA

AMV, Cart. "Missione Africana"



Reverend.mo Sig.r Superiore!

Cairo, 18 febbraio 1861
[613]
In causa di una forte burrasca, che toccò al vapore, il Du Chayla, per lo spazio di nove giorni continui, quali impiegammo da Aden a Suez, io non arrivai in tempo per combinare tutti i miei affari in Egitto, e partire coll'attuale vapore austriaco per Trieste; quindi è che, consigliato anche dal Sig.r Provicario D. Matteo, aspetterò l'altra corsa del Lloyd. Questi quindici giorni d'intervallo mi sono necessari per sciogliere tutte le difficoltà che mi si presenteranno in Alessandria. Il Provicario, a quanto gli pare, dice, che sarà difficile che io possa riuscire a far passare i mori d'Alessandria; e ciò, fra le altre, per la gran ragione che l'agenzia del Lloyd ricevette ordine dal ministero di Vienna di non ricevere a bordo nessun moro. La medesima cosa dicesi del vapore inglese e francese. Ecco la grande utilità della mia raccomandazione presso il Console Generale Inglese d'Alessandria.


[614]
I giovani io li ho fatti dichiarare sudditi inglesi: quindi il Consolato Inglese deve proteggere la libertà de' suoi sudditi. La carta però di sudditanza inglese, io non la produco alla Rappresentanza Inglese, che in caso di gravi ostacoli, intendendo dapprima di correre la via ordinaria. Ad ogni modo ho bisogno di una speciale assistenza divina. Domani col Sig.r Provicario andrò di nuovo presso il Console Generale d'Alessandria, che sta in Cairo, per ottenere raccomandazioni pel Lloyd austriaco. Questa Società, mi dice D. Biagio Verri, compagno del P. Olivieri, non accorderà a' mori nessun ribasso, qualora il Console Austriaco la disponga ad imbarcare i mori; per cui mi toccherà a spendere molto.


[615]
Io ho meco Nº 7 mori portati da Aden: più la ragazza Zenab dinkese, che aiutò D. Beltrame a comporre il dizionario, catechismo e grammatica della lingua dei Denka. Il Provicario alla prima mia domanda diede un no assoluto: ma datogli l'assalto, dopo passate le convulsioni, ed espostogli il bene che ne deriva al nostro Ist.o coll'introdurvi per mezzo di essa la vera pronuncia dinkese, si risolse a favorirmi. Grave ostacolo trovai nella Superiora della Monache di Cairo, che se la tenea cara. Ma alla fine è ora a mia disposizione. Si apparecchino adunque le nostre maestre allo studio del denka.


[616]
Per condurre questi otto individui fino a Verona, dato il caso che non mi facciano alcun ribasso, mi ci vogliono Nº 500 cinquecento talleri; e non ne ho che appena Nº 300, che mi feci imprestare in Aden. Nel caso, che Ella, Sig.r Superiore, non mi avesse spedito fino ad ora nessun denaro, la pregherei, nel caso che ricevesse questa lettera entro il corr.te 25, di spedire al Cavalier Napoli in Trieste Nº 50 Napoleoni d'oro, pregandolo, se è a tempo, di spedirmeli subito in Alessandria col vapore del 27 corr.te. Nel caso che la presente arrivi dopo il 25 corr.te, spedisca i detti 50 nap.ni al Cav. Napoli, entro il 5 di marzo, pregandolo a consegnarmeli al mio arrivo in Trieste. Nel caso che avesse già spedito del denaro in Alessandria, allora resti tranquillo; e mi aspetti in Verona prima della metà del futuro marzo. Ad ogni modo v'è la Provvidenza, m'ingegnerò.


[617]
Il Console Generale Austr.co d'Alessandria, reduce da Assuan, mi disse stamane che D. Beltrame e D. Dalbosco stan bene, e mi consegnò un plico di lettere per Lei da portare in Verona. Siccome poi oggi abbiamo deciso col Provicario di aspettare l'altro vapore, domani mattina riporterò il plico al Console, che egli stesso lo spedirà alla Luogotenenza di Venezia, e così sarà più sicuro che prontamente venga nelle sue mani.

Fino ad ora ho molto da consolarmi dei giovani che ho scelti. Spero che Dio medesimo abbia guidato il negozio.


[618]
Mi riverisca D. Bricolo e tutti i Preti, e Collegi; mentre implorando la sua benedizione, nei SS. Cuori di G. e di M. mi dichiaro con tutto il rispetto

Affez.mo ed ind. figlio

D. Daniele


[619]
Riceva gli ossequi di D. Matteo Kirchner che partirà fra breve per Assuan.

NB. Il Console Generale Austriaco d'Alessandria S. Ecc.a Schreiner ha ottenuto da S. Altezza il Vice Re d'Egitto la facoltà di fare una strada ferrata fra Suakin e Berber che congiunge il Mar Rosso e il Nilo e Fiume Bianco. Ciò contribuirà bene alla civilizzazione e conversione dell'Africa. Dio lo voglia.