Martedì 27 aprile 2021
In merito alle informazioni che stanno apparendo su vari organi di stampa a riguardo dell’aggressione subita da Mons. Christian Carlassare, alle sue cause ed ai suoi mandanti, il Consiglio Generale dei Missionari Comboniani è grato e fiducioso nel lavoro che stanno svolgendo gli organi di polizia e le autorità competenti.
È significativo a questo proposito che la più alta autorità civile del Paese si sia pronunciata auspicando che le indagini proseguano rapide, approfondite e imparziali. Anche se dolorosa, la verità accertata è sempre un punto di partenza per la guarigione delle ferite da parte di chi le ha subite come da parte di chi le ha inflitte. Attendiamo con vigile fiducia i risultati dell’inchiesta.
Siamo grati a Dio che le ferite riportate da Mons Carlassare non mettano in pericolo la sua vita. Siamo grati in modo particolare a lui per averci indicato con quali sentimenti vivere, come cristiani e come missionari, quanto accaduto: misericordia verso i colpevoli solidarietà con le persone semplici e di buon cuore, che rappresentano la maggioranza della popolazione a Rumbek come altrove, vittime ogni giorno, nel silenzio e lontano dai riflettori dei mezzi di comunicazione di massa, di un clima di violenza e di intimidazione che è diventato troppo consueto nei rapporti tra le diverse espressioni della società Sud-sudanese e, purtroppo, non soltanto di questa.
Preghiamo soprattutto perché non prevalga nel cuore di tutti il desiderio di vendetta. Affidiamo questa nostra preghiera all’intercessione di San Daniele Comboni, che in questo momento drammatico della vita della Chiesa e del popolo Sud-sudanese mostri la sua cura paterna suscitando in tutti la speranza di pace e di giustizia che la Resurrezione di Cristo fa albeggiare su ogni vicenda dolorosa e complessa.
Missionari Comboniani
Roma
Mons. Carlassare alla madre:
queste ferite, “un segno d'amore” per il Sud Sudan
A Vatican News parla la mamma del missionario ferito a Rumbek: il dolore che proviamo oggi, quel popolo lo prova da anni. Pensiamo alle armi che costruiamo e vendiamo a questa gente. Senza armi le tragedie sarebbero di meno e meno gravi.
Marcellina Leder, madre di padre Christian Carlassare, parla al telefono dalla casa di Piovene Rocchette, in provincia di Vicenza. La voce è rotta dall'emozione dopo aver appreso che il Papa sta pregando per suo figlio, ferito a Rumbek in Sud Sudan, nella notte tra domenica e lunedì scorsi. "E' motivo di grande, grande conforto", afferma nell'intervista, ricordando come fin da bambino il figlio abbia avuto una predisposizione agli altri, un tratto dell'animo che lo ha accompagnato nel cammino verso il sacerdozio. "Che gioia avere un figlio missionario, mai avremmo pensato che il Papa gli avrebbe affidato una diocesi", dice ancora la mamma, che invita ogni genitore a "camminare accanto ai propri figli, così da accompagnarli nei loro desideri più profondi, nelle loro vocazioni". Un figlio che "appartiene al Sud Sudan, è parte di quel popolo", sottolinea. Infine la mamma di padre Christian condivide il testo che il figlio le ha mandato questa mattina, dopo l'intervento chirurgico. Un passaggio di un sermone di san Pietro Crisologo.
R. - "Tante persone ci sono vicine in questo momento, sono accanto soprattutto a Christian. Conoscere però la vicinanza del Papa è una gioia immensa per noi, Francesco per il popolo del Sud Sudan sta facendo tantissimo e gli siamo infinitamente grati".
Sapere che il Papa sta pregando per suo figlio e per il popolo che gli sarà affidato come vescovo è un conforto importante, cosa vi ha trasmesso questa vicinanza?
R. - "Questa sua vicinanza è importantissima, soprattutto per quello che ha fatto e sta facendo per le persone del Sud Sudan che stanno soffrendo. L'episodio di mio figlio è grave, ma si può risolvere. Tragedie che per le famiglie di quel Paese sono all'ordine del giorno. Il dolore che noi proviamo oggi è un dolore che quel popolo prova da anni. Pregheremo anche questa sera per Christian, ma soprattutto per quel popolo. Martoriato. Pensiamo anche alle armi che costruiamo e vendiamo a questi popoli. Senza armi le tragedie sarebbe di meno, meno gravi. Qualche giorno fa sono stati uccisi più di venti ragazzi, queste cose sono inaccettabili".
Suo figlio il prossimo mese sarà vescovo a soli 43 anni. Già da bambino mostrava questa sensibilità per gli altri? Aveva già riconosciuto questa scintilla?
R. - "Christian è sempre stato vicino alla Chiesa, ai gruppi parrocchiali. Ha trascorso la giovinezza così, un ragazzo come tanti. Poi quando ha conosciuto i Comboniani ha capito che poteva essere la sua strada, è voluto entrare per conoscerli meglio. Ha iniziato un cammino ed è riuscito a sviluppare questo dono. Come famiglia abbiamo camminato con lui, siamo stati coinvolti e ci sentiamo parte della famiglia comboniana. Avere un missionario in famiglia è un dono grande. Mai ci saremmo aspettati che il Papa pensasse a nostro figlio come vescovo di una diocesi così grande e difficile da guidare".
Le prime parole di suo figlio sono di perdono verso gli attentatori, quindi la richiesta di cura, attenzione verso il popolo del Sud Sudan, Si aspettava queste parole?
R. - "Non so se lui si aspettava una cosa così grave, che arrivassero a tanto. Era sereno, tranquillo. Le parole che ha pronunciato dopo l'attentato provengono secondo me dal cuore. Il suo cuore è con il Sud Sudan, lui è un sud sudanese a tutti gli effetti. Si sente parte di questo popolo, anche perché lui è stato accolto, amato, ha trascorso gran parte della sua vita lì. Questo nostro figlio è del Sud Sudan".
Lei ha appena affermato che è una grande gioia avere un figlio missionario. Che consiglio si sente di dare a tutte quelle mamme che invece spesso provano timore nel vedere i figli allontanarsi, prendere la loro strada? Avere un figlio è un dono, ma forse lei può spiegarci quanto sia bello poi donare al mondo il proprio figlio?
R. - "Non è mai facile comunicare agli altri ciò che si prova. Vorrei dire ad ogni mamma che incontro quanto è grande il dono di avere un figlio sacerdote, missionario. Ogni persona ha i suoi pensieri. Alle mamme che non sono d'accordo magari con le scelte dei figli, le incoraggerei a camminare loro affianco. Facendo così potrebbero capire quelle scelte. Non dicendo ti capisco, procedi o stai tranquillo, ma condividendo veramente il cammino".
Ha avuto modo di sentire oggi suo figlio?
R. - "Sì, questa mattina alle 09:30. Non so come abbia fatto, dopo l'intervento di questa notte di un'ora e mezza alla gamba destra. Ha avuto la forza di scrivere queste parole, prese da San Pietro Crisologo: 'Non abbiate timore. Questa croce non è un pungiglione per me, ma per la morte. Questi chiodi non mi procurano tanto dolore, quanto imprimono più profondamente in me l'amore verso di voi. Queste ferite non mi fanno gemere, ma piuttosto introducono voi al mio interno. Il mio corpo disteso anziché accrescere la pena, allarga gli spazi del cuore per accogliervi. Il mio sangue non è perduto per me, ma è donato in riscatto per voi'. Queste parole ho ricevuto oggi da mio figlio e desidero condividerle con voi".
Padre Christian? La persona giusta per Rumbek
Il dottor Enzo Pisani, Responsabile dei progetti Cuamm a Rumbek, racconta a Vatican News il contesto territoriale. "Rumbek è la capitale dello Stato dei Laghi, una regione con più di un milione di abitanti suddivisa in 8 province. In ognuna di esse Cuamm è presente", spiega. "Sono tre gli ospedali con cui siamo presenti ed oltre cento le strutture secondarie - prosegue -, lavoriamo in un contesto fragile sia da un punto di vista sanitario che politico. Il nuovo Governo a Rumbek è agli inizi, si è formato un mese fa e vede insieme maggioranza ed opposizione". La violenza, purtroppo, è all'ordine del giorno: "Tutte le parti - afferma - sono armate e continuamente assistiamo feriti di arma da fuoco nelle nostre strutture".
Chiediamo dunque al medico di Cuamm un ritratto di padre Christian. "L'ho conosciuto il giorno in cui è arrivato. Ne sentivo già parlare perché era in un'altra diocesi. A me sembra un figlio di Papa Francesco, è la figura giusta, la persona adatta per Rumbek, per affrontare una crisi difficile. Sono sicuro che tornerà e riuscirà ad essere guida di questo gregge di cattolici, con la sua grande spiritualità ed il coraggio che gli è proprio".
[Andrea De Angelis – Vatican News]
La preghiera del Papa
per padre Carlassare, missionario ferito a Rumbek
Francesco prega per il missionario italiano ferito in Sud Sudan. Padre Carlassare, prossimo vescovo, è stato trasferito in un ospedale del Kenya per ricevere le cure adatte, mentre il presidente Salva Kiir chiede una rapida indagine.
Il Papa prega per Christian Carlassare. È stato il direttore della sala stampa vaticana, Matteo Bruni, ad informare della sollecitudine di Francesco per il 43 enne missionario comboniano ferito in un attentato in Sud Sudan, che il Papa stesso aveva scelto lo scorso 8 marzo come vescovo per la diocesi di Rumbek, città a maggioranza dinka, una delle etnie più numerose del Paese, dove padre Carlassare era stato accolto con gioia lo scorso 16 aprile. Il comboniano vicentino è fuori pericolo, ora si trova in ospedale a Nairobi, dove è stato sottoposto a trasfusione, dopo essere stato gambizzato da due uomini entrati nella sua abitazione due notti fa. Il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir ha chiesto alle autorità locali una rapida indagine sull’attacco che porti alla cattura dei criminali che hanno ferito padre Christian. "Le autorità non permetteranno – ha detto Salva Kiir – che l’azione di pochi criminali condizionino i piani della Chiesa".
Il perdono di padre Carlassare
"Perdono chi mi ha sparato", sono state le prime parole di Carlassare, la cui ordinazione a vescovo è prevista per il prossimo 23 maggio. Il missionario ha quindi invitato alla preghiera non per lui, "ma per la gente di Rumbek - ha detto - che soffre più di me". Padre Christian è il vescovo italiano più giovane al mondo, posto alla guida di una diocesi che fu anche di un altro missionario comboniano, padre Cesare Mazzolari, morto nel 2011, pochi giorni prima della dichiarazione di indipendenza del Sud Sudan, da quel momento la diocesi di Rumbek era rimasta sede vacante.
Sconosciuto il movente
Restano ancora sconosciute le possibili ragioni dietro all’attentato, 24 le persone finora arrestate perché sospette. Le indagini non vanno nella direzione di una rapina finita male, poiché non ci sarebbe stato furto. A soccorrere per primi il sacerdote sono stati i sanitari dell’organizzazione Medici per l’Africa Cuamm, il cui compound è vicino a quello della Curia, il che ha permesso un pronto intervento e di poter scongiurare il peggio. La zona di Rumbek è da anni dilaniata da conflitti tribali che potrebbero essere all’origine dell’attacco al religioso.
[Francesca Sabatinelli – Vatican News]