Fu un istruttore di prima categoria e un gran formatore di giovani africani che, sotto di lui, diventarono operai specializzati. Si distinse per la sua vita completamente dedicata al Signore e ai più poveri del Terzo Mondo.

La vocazione di questo Fratello comboniano è misteriosamente legata al sacrificio di una sua sorella, Gilda, che nel silenzio e nel nascondimento, si è immolata per lui e per la salvezza delle anime. Devotissima di santa Teresina del Bambino Gesù, questa generosa ragazza volle imitarla percorrendo la “piccola via”. Anche lei voleva il suo missionario e, per questo, si è dichiarata pronta a pagare. Il Signore l’ha presa in parola e così Gilda ha concluso il suo sacrificio a 20 anni, distrutta dalla TBC proprio come la sua Patrona, nel 1932 quando il fratello missionario aveva da poco emessa la professione religiosa missionaria.
Mario è nato il 19 maggio 1909 a Correggio, Reggio Emilia, da una famiglia di artisti della pietra. Integrò la sua cultura con corsi serali di disegno e di scultura ma fu soprattutto a casa sua, dal papà e dalla sorella Carmela, famosa scultrice, che apprese l’arte delle costruzioni e il modo di modellare la graniglia. A sua volta trasmise quest’arte ad altri comboniani che furono con lui in missione

La vocazione

Mario aveva un corpo d’atleta. Una domenica mattina, prima di andare alla messa si guardò nello specchio. Vide che era proprio un bel giovane. Non per niente il suo istruttore di scuola tecnica gli aveva prospettato delle carriere lusinghiere nello sport.
Mentre considerava queste possibilità, udì una voce non udita dall’orecchio ma dal cuore che gli diceva: “Mario, lascia tutte queste cose. Voglio che tu vada a lavorare per me in Africa”.
Il primo ottobre 1929 Mario iniziò il suo periodo di noviziato dopo aver superato la resistenza del papà che non si rassegnava a perderlo. Quando andò alla visita militare, l’ufficiale medico commentò ad alta voce ai colleghi: “Cento centimetri di torace: In quale corpo lo mandiamo?”.
“Sono già nel corpo dei missionari”, ribatté Mario. Consultarono le carte e si limitarono a dire: “Peccato!”.
I cento centimetri di torace e gli ottanta chili di peso furono presto collaudati: si trattava di elevare le torri del castello di Venegono e di eseguire altri lavori per rendere idoneo a sede di noviziato quel vecchio maniero acquistato dai Comboniani nel 1921.
Il 2 febbraio del 1931, Mario si consacrò a Dio per la missione secondo il carisma di san Daniele Comboni. Il giorno stesso in cui emise i Voti ricevette l’ordine di partire immediatamente per il Sudan, esattamente per Khartoum, dove c’era da costruire la cattedrale. Aveva 21 anni e, dal 1931 al 1933, affiancato da validissimi confratelli e da bravi operai, si mise subito al lavoro e tirò su la cattedrale che ancor oggi s’incastona come un rubino tra il verde delle palme e l’azzurro del Nilo. Era la prima di altre tre: quella di Wau e di El Obeid in Sudan e quella di Gondar in Etiopia.

Pioniere in Sudafrica

Al termine del rito dell’inaugurazione della cattedrale, mentre tutti gli altri facevano festa, egli si era nascosto dietro l’altare e ringraziava Dio del lavoro eseguito, senza disgrazie. Intanto era pronto per lui il foglio di via per la missione tra gli Scilluk, in zone paludose, caldissime, semiselvagge. In cinque anni di lavoro, affiancato da fr. Giovanni Motter e da altri fratelli, riuscì a costruire ex novo, o quasi, le missioni di Detwok, Lul, Tonga e Malakal.
Andò in fin di vita per la morsicatura di uno scorpione e per poco, non finì tra le fauci di un coccodrillo che lo assalì mentre passava lungo il Nilo.
Il primo sacerdote schilluk, poi vescovo, fu un ragazzo aiutato da fr. Adani che gli mise in funzione una vecchia bicicletta perché potesse andare a scuola.
Ed ecco che nel 1967 a fr. Mario fu assegnato un compito delicatissimo: andare in Sudafrica a lavorare con i confratelli comboniani del ramo tedesco con la prospettiva della riunione dei due Istituti. Il neo arrivato si mise con l’abituale semplicità e umiltà alla scuola del nuovo impresario, con la convinzione che anche quel tirocinio gli avrebbe fatto bene: “C’è sempre qualche cosa di nuovo da imparare”, commentava fr. Mario.
Solo in Sudafrica fr. Mario lasciò 150 realizzazioni fra scuole, ospedali, case per missionari e chiese, e altrettanti in Sudan e in Etiopia. Fu un istruttore di prima categoria e un gran formatore di giovani africani che, sotto di lui, diventarono operai specializzati. Fr. Mario si distinse anche per la sua vita completamente dedicata al Signore e ai più poveri del Terzo Mondo. È spirato a Milano, nel centro Ambrosoli per Comboniani anziani e malati, il 10 maggio 2000, all’età di 91 anni, dopo una lunga malattia affrontata con fede e rassegnazione.

(P. Lorenzo Gaiga)
L’architetto di Dio (1909-2000)