Intervento di Mons. Gabriel Zubeir Wako
Celebrazione Eucaristica presso l’Istituto Don Nicola Mazza (2 ottobre 2003)
Celebrazione Eucaristica nella Basilica di San Zeno (3 ottobre 2003)
Festa di San Daniele Comboni (10 ottobre)
Celebrazione Eucaristica di ringraziamento nella cattedrale di Verona (9 novembre 2003)
Incontro sul Comboni (1° ottobre 2003 - ore 20.30)
Incontro organizzato dal Centro Missionario Diocesano, dai Missionari Comboniani, dalle Missionarie Comboniane e dalla fondazione CUM presso il Teatro Camploy dal titolo: “‘Con l’Africa nel cuore’, Daniele Comboni oggi... ai giovani”.
Ospiti di riguardo presenti sono stati: Mons. Gabriel Zubeir Wako, Arcivescovo di Khartoum, Mons. Gianfranco Masserdotti, Missionario Comboniano e vescovo di Balsas (Brasile) e Don Alessandro Pronzato, autore di una biografia di Comboni.
Intervento di Mons. Gabriel Zubeir Wako
“Noi sudanesi, figli del coraggio di Comboni”. Proprio in quella Verona da cui partì “l’Apostolo della Nigrizia”, Mons. Gabriel Zubeir Wako ha voluto esprimere pubblicamente l’omaggio del Sudan al nuovo santo. “Comboni - ha spiegato Mons. Zubeir - faceva affermazioni straordinarie per quei tempi sull’evangelizzazione degli africani. Per questo motivo negli africani c’è stata e c’è ancora un’ammirazione profonda per il Comboni”.
Una figura, quella del profeta della Nigrizia, che l’arcivescovo di Khartoum ha additato a modello anche per i giovani d’oggi: “Comboni aveva quella forza di creatività che è propria della gioventù. Non si è lasciato abbattere dalle delusioni e dalle sconfitte nella sua azione missionaria, ma ha proseguito con l’entusiasmo proprio dei giovani”.
Anche il Piano di rigenerazione dell’Africa mediante l’Africa - la magna carta dell’impegno missionario di Comboni - è stato citato dall’arcivescovo Zubeir come frutto della passione del Comboni per un continente che doveva trovare in se stesso la forza della propria rinascita: “... per lui - ha sottolineato - lo scopo della vita era portare la salvezza agli Africani fino a quando essi sarebbero stati in grado di salvarsi da soli. Non si aiutano gli altri a respirare respirando al loro posto. È il messaggio di Daniele Comboni - ha concluso - che mantiene intatta tutta la sua attualità”. (Catholica 4 ottobre 2003)
Celebrazione Eucaristica presso l’Istituto Don Nicola Mazza (2 ottobre 2003)
Di grandissimo significato comunionale e, soprattutto, di recupero della memoria, sono state le iniziative realizzate dall’Istituto Mazziano.
Nella celebrazione eucaristica del 2 ottobre 2003 nella chiesa dell’Istituto Don Nicola Mazza, in Via San Carlo 5, oltre a una buona partecipazione dei membri delle Famiglie Mazziana e Comboniana, l’occasione ha visto radunati i rappresentanti di diverse Famiglie Religiose-Missionarie presenti nella città nel desiderio di onorare il nuovo santo.
Sr. Maria Teresa Ratti, Missionaria Comboniana, ha sottolineato il vincolo fraterno che lega la Famiglia Comboniana all’istituto Mazza: “... Siamo qui nella chiesa dell’Istituto Mazza, di quello cioè che è stato l’ambiente, la fonte, la circostanza provvidenziale attraverso la quale lo Spirito ha portato il giovane Comboni ad abbracciare senza riserve la sua vocazione missionaria.
Iniziato ai grandi orizzonti della vita alla scuola di quel ‘formatore di tempre forti’ che era Don Nicola Mazza, Comboni ha potuto realizzare il suo sogno proprio perché ha avuto la fortuna di respirare ‘alla grande’ le dimensioni missionarie che caratterizzavano la vita all’interno dell’Istituto Mazziano che lo aveva accolto ancora adolescente.
È perciò molto opportuno che questa sera si faccia memoria anche della radice dalla quale è spuntato un tronco agile e forte, i cui rami continuano a crescere e a portare frutti in diverse parti del mondo. Si, grazie di cuore siano rese a Dio per la presenza e per il ruolo unico che Don Nicola Mazza ha svolto nella vita di Comboni, e grazie per tutto ciò con cui l’Istituto Mazza ha contribuito al ‘divenire’ del missionario Comboni. ‘La sola gloria di Dio promovete e intendete sempre’ ha detto il santo padre Mazza ai membri della prima spedizione che nel 1857 si imbarcava per il Cairo. E Comboni visse la sua vita missionaria, nei suoi momenti di gioia come in quelli di sofferenza, alla luce di queste parole, parole che pure oggi ci sfidano quali colonne portanti nella vita di chi è disponibile alla sequela di Cristo e all’annuncio del Regno in qualunque parte del mondo viva...”
Un’appassionata testimonianza dell’incidenza che la canonizzazione di Comboni ha avuto in Verona è data dalla maestra Gabriella Gallio, responsabile dell’Associazione Cooperatrici Don Mazza (l’antico Istituto femminile dove Don Mazza accoglieva le ragazze povere per educarle - e dove sono state pure accolte le giovani africane che più tardi sono divenute le istitutrici che con Comboni, nel 1867, viaggiarono verso il Cairo per aprirvi là una scuola per ragazze. Tra loro era Fortunata Quascè, che sarebbe poi diventata la prima comboniana africana).
La maestra Gallio osserva che “la canonizzazione ha fatto rifiorire e riportare alla luce un legame che già esisteva tra la Famiglia Mazziana e quella Comboniana, un legame che va ben al di là delle celebrazioni e che si radica nell’impegno a realizzare, dentro l’oggi della nostra storia, i tracciati che Mazza e Comboni hanno indicato. La santità del nostro fratello Comboni ci chiama a specchiarci nella sua spiritualità e a tradurre in realtà il sogno di Dio realizzatosi in modo mirabile nelle persone di Don Mazza e di Mons. Comboni”.
Celebrazione Eucaristica nella Basilica di San Zeno (3 ottobre 2003)
La celebrazione Eucaristica, molto partecipata e sentita, è stata presieduta da Mons. Flavio Roberto Carraro, Vescovo di Verona.
Intervento di P. Benito Cruciani MCCJ
Siamo alla conclusione del triduo in preparazione alla canonizzazione di mons. Daniele Comboni.
Nel primo giorno del triduo abbiamo pregato nella chiesa di Santa Maria in Organo, prima ed attuale sede dell’Istituto delle Pie Madri della Nigrizia, o Missionarie Comboniane, fondate da Comboni.
Nel secondo giorno abbiamo pregato nella chiesa di San Carlo dell’Istituto Don Nicola Mazza, dove Comboni visse come allievo e sacerdote dal 1843 al 1867, quindi dai 12 ai 36 anni di età.
Questo fatto ci fa pensare al giovane Daniele Comboni come ad un immigrato a Verona. Il giovane Daniele infatti dovette migrare dal suo paese natale, Limone sul Garda, qui a Verona, a motivo della povertà della sua famiglia. Come anche voi, ospiti africani, siete venuti dai vostri paesi in Italia in cerca di migliori condizioni di lavoro e di studio.
Benvenuti, questa sera, qui riuniti con il nostro Vescovo Mons. Flavio Roberto, insieme ai Comboniani, le Comboniane e gli amici veronesi.
La vostra presenza qui, in questa cattedrale di San Zeno ci fa ricordare anche un fatto storico fondamentale per Verona: Verona infatti è una delle poche città della penisola italiana, se non l'unica, il cui principale evangelizzatore fu un africano: San Zenone, o San Zeno, come confidenzialmente lo chiamano i veronesi.
Molto probabilmente Zeno era uno di quei monaci che, nel secolo IV, i Papi mandavano come missionari incontro ai barbari che scendevano dal nord Europa invadendo le verdi pianure d'Italia. Zeno proveniva dalle infuocate coste dell'Africa ed approdò a Verona e vi rimase fino alla morte avvenuta nel 380 [1831-380=1451]; circa 1500 anni fa.
[Anche se fu l'ottavo vescovo di Verona, per i suoi meriti e il suo lavoro apostolico, specialmente nella lotta contro i pagani e contro gli ariani, divenne il patrono della città. Di lui, infatti, si diceva che “predicando condusse Verona al battesimo”. Oltre che perfetto pastore, fu anche prodigioso “cane da guardia capace di tenere lontani i lupi che volevano sbranare il gregge e mettere in fuga le serpi dell'eresia; anzi, lupi e serpi ridusse a miti e obbedienti agnelli”].
Dobbiamo ammettere che il seme dello spirito missionario, gettato da San Zeno, sbocciò con un rigoglio e una vitalità formidabili solo dopo 1500 anni, nel secolo XIX, il 1800. Le devastazioni morali e materiali provocate a Verona dalle guerre napoleoniche, accesero negli spiriti migliori la scintilla della carità che si è espressa dapprima come attenzione ai malati e ai poveri, poi come carità educativa verso la gioventù abbandonata ed infine come carità evangelizzante-missionaria. Tuttavia il protagonista principale del carisma missionario di Verona e colui che ha restituito la visita "missionaria" all'Africa, fu proprio il beato Daniele Comboni. Questi aveva assimilato l’impulso missionario verso l’Africa propugnato in Verona da San Gaspare Bertoni, padre spirituale nel seminario diocesano e fondatore degli Stimmatini, da Maddalena di Canossa, da Teodora Campostrini e soprattutto dal Servo di Dio don Nicola Mazza, educatore di Daniele.
Comboni capì che non bastava educare gli africani portati nei vari Istituti in Italia, dopo essere stati riscattati dalla schiavitù; era meglio andare a visitarli ed educarli nella loro stessa terra, la “cara Africa” come lui la chiamava.
Venerdì 12 aprile 1878, al suo arrivo a Khartoum come Vicario Apostolico e primo vescovo cattolico, così si espresse nell’Omelia: “Il vostro bene sarà il mio, e le vostre pene saranno pure le mie: Io prendo a far causa comune con ognuno di voi, e il più felice dei miei giorni sarà quello in cui potrò dare la vita per voi”.
E alla sua morte a Khartoum il 10 ottobre 1881, 122 anni fa, si scrisse: “È morto Comboni il “padre, pastore ed amico dell’Africa”.
Ma una particolare menzione merita l’omelia che Mons. Comboni tenne in questa cattedrale in occasione della festa del ritrovamento del corpo di San Zeno nell'antico e monumentale sotterraneo di questa grandiosa e stupenda Basilica. Era la domenica 22 agosto 1880, 123 anni fa. Comboni, già vescovo e vicario apostolico dell’Africa Centrale, aveva 49 anni e si stava preparando al suo 8° ed ultimo viaggio in Sudan.
[Non sto a leggere il suo lungo ed elaborato discorso, che rispecchia il linguaggio e la lunghezza delle omelie del suo tempo. Come nei riti orientali, un’omelia che si rispetti deve durare almeno mezz’ora!].
Riporterò solo alcuni punti che, pur parlando dell’arduo apostolato di San Zeno, riflettono tuttavia anche quella animazione cristiana e missionaria che Comboni stava svolgendo in Sudan e nelle varie città e paesi d’Europa. Ed inoltre essi ci richiamano le problematiche della moderna società, che minaccia di affondare in un paganesimo peggiore di quello dei tempi di San Zeno e di Comboni. Problematiche che sento anch’io venendo ogni tre anni in vacanza in Italia dopo aver speso 31 anni nello stesso campo di lavoro di Comboni: il Sudan e l’Egitto.
Vorrei dire a voi immigrati africani: “Non è tutto oro quel che riluce”, l’Italia o l’Europa spesso non sono quelle presentate dai mass media, specie la TV e Internet. Siate selettivi!
È un dovere umano e cristiano mantenere il ricordo dei nostri benefattori materiali e morali. I benefattori morali apportano una grandezza ed una gloria maggiore e più duratura di quelle dei benefattori materiali. “Ad esempio, San Pietro forma la gloria di Roma da 19 secoli (oggi da 21 secoli). Così ‘Zenone è il più grande, il più insigne benefattore del popolo veronese’. Quale fu Pietro per Roma, tale fu per Verona Zenone: perché come Roma da Pietro, così Verona da Zenone ricevette la fede di Cristo, quella fede che circonda i popoli che l'accolgono di gloria sì luminosa, da renderli spettacolo di ammirazione al mondo, agli angeli, ed agli uomini”.
Gesù Cristo è il fondamento della vera grandezza dei popoli. “Gesù Cristo soltanto, o Signori, può formare la vera grandezza dei popoli, perché Gesù Cristo soltanto con l’azione vivificante che egli dispiega, mercé la sua dottrina compendiata nel Vangelo che lasciò in deposito alla Chiesa Cattolica, può far fiorire in mezzo ai popoli tutte le virtù sociali e domestiche, che sono il principio e il fondamento della vera grandezza. Conoscere dunque Gesù Cristo il Figliuolo di Dio, e conoscendolo amarlo, e amandolo praticarne gli insegnamenti, tutto ciò costituisce per un popolo la sua più grande fortuna: e nonostante ciò che ne dica la terrena filosofia, o ne pensino i cultori del senso e della materia, nonostante si vada insinuando dalla superba incredulità, sta di fatto che quel popolo, il quale conosce ed ama ed obbedisce a Gesù Cristo, progredisce molto di più in confronto a quei popoli, che privi del beneficio della fede, non sanno occuparsi che dei volgari e bassi interessi del mondo, dal quale ricevono poi in contraccambio affanni, umiliazioni, vergognose miserie, amari disinganni, e finalmente la morte nella eternità”.
[“Conoscerti infatti è giustizia perfetta - cade qui a proposito la sentenza del libro della Sapienza - conoscere la tua potenza è radice di immortalità” (Sap. 15,3; Gv 17,3) “Questa è la vita eterna: conoscere”, pensiamo a come il Papa insiste affinché nella Carta della Costituzione Europea si menzionino le radici cristiane dell’Europa].
“Pensate a Verona senza chiese, senza le opere caritative dei vari Istituti religiosi, senza leggi morali illuminate dalla fede e vi restano l’Arena, il Circo ed il Teatro romano, monumenti magnifici in cui si ammirò e si ammira ancora ancor oggi la grandezza romana, ma che pur tuttavia furono monumenti della perfidia, della barbarie, e delle dissolutezze dei nostri antenati, e testimoni delle nostre antiche vergogne di popolo pagano”. “Ti rammenta, o Verona, quando nel tuo famoso e monumentale Anfiteatro aizzavi contro i gladiatori sol per oggetto di trastullo le belve feroci, pascendo il loro ventre di carne umana, e gli occhi crudeli di umano sangue per istudiata barbarie”.
[Pensiamo a ciò che avviene in certi stadi, per opera di quelli che vivono solo la “domenica sportiva”].
Verona ai tempi di San Zeno fu anche turbata dalle eresie degli Ariani, degli Ebioniti, dei Basilici che strapparono dalla Chiesa cattolica il sublime e sostanziale carattere del Cristianesimo, cioè, la divinità di Gesù Cristo; le quali eresie, se non il nome, portano tuttavia con sé tutta la deformità e tutti i vizi dell'idolatria, più quelli del livore che le macera, dell'odio che le consuma, della frode e dell'inganno, che furono sempre fatali alla Chiesa più della guerra aperta.
[Pensiamo al pullulare odierno di sette di ogni colore, perfino delle sette sataniche…].
San Zeno fece opere sociali con la croce di Cristo, ara del mondo. “Egli rivendicò i diritti dei deboli e degli oppressi contro la tirannide dei potenti; della donna schiava e soggetta al suo crudele consorte ne formò la diletta e indivisibile compagna, i figliuoli considerati come cose dai loro spietati genitori, chiamò a far parte della famiglia: fu lui in una parola, che sulle rovine degli altari di Venere, di Marte, di Giove e di Minerva collocò la Croce, riguardata poc'anzi come oggetto di scandalo e stoltezza”.
[Pensiamo alla lotta di Comboni contro lo schiavismo, e quella dei suoi successori che si fanno “voce di chi non ha voce”].
In conclusione, San Zeno convertì e battezzò Verona, tramutandola da pagana ed eretica in Verona cristiana e cattolica. Perciò San Zeno procurò il vero lustro, il vero splendore della patria nostra. Perché egli fu benefattore di ricchezze spirituali. “Se non sapessi di offendere la vostra modestia, o Veronesi, vi parlerei di quella fede e virtù, che costituisce il precipuo carattere del vostro popolo. Vi direi della gloria di quella fede, che serbaste sempre intatta nella purità dei dogmi, ed acquistò a Verona il bel vanto di essere chiamata Verona fidelis: fede santissima, di cui Zenone vi innestò nel cuore le fondamenta e ne aveste dalle sue labbra il più splendido elogio in queste magnifiche parole: "La larghezza vostra a tutte le province è palese; le vostre case a tutti i pellegrini sono aperte; già i vostri poveri non san che sia mendicare gli alimenti; già le vedove ed i poverelli hanno di che far testamento; e più direi a vostra lode, se non foste miei”.
Né tacerò dell'angelica Verginità, e che il nostro Santo fu il primo nell'Occidente che facesse germogliare in questa sacra terra veronese i conventi per quelle anime che volevano condurre vita da angeli fra gli uomini.
No, no, Verona, l'ubertà del tuo suolo, l'amenità dei famosi tuoi colli, la dolcezza del tuo clima, la magnificenza dei tuoi monumenti non sono ciò che ti fanno bella e onorata di vera gloria: perché a che ti gioverebbero questi vanti senza la fede in Gesù Cristo?
Oh! fede augusta, tu sei il decoro delle nazioni, la pace dei popoli, l'onor di quella città ove fosti seminata. Tu insegni ai grandi l'uso del potere, ai ricchi l’uso delle ricchezze: tu leghi nella società gli uomini coi vincoli della carità. Ma senza te, infelici sono i regni, misere le città; vacillano i troni, che solo il timore sostiene; le leggi non hanno amatori, si calpesta la virtù, si onora il vizio.
[Pensiamo alla psicosi della paura dopo l’11 settembre e i black out, i pacchi bomba…; pensiamo alle marce dei gay, all’approvazione delle coppie omosessuali e all’approvazione governativa dell’aborto, del divorzio e dell’eutanasia, ecc. San Paolo anche ai suoi tempi così metteva in guardia i cristiani di Filippi: “Ve l’ho già detto e ora lo ripeto con le lacrime agli occhi: molti si comportano da nemici della croce; perché essi hanno come dio il loro ventre, si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi, tutti intenti alle cose della terra” (Fil 3, 19)].
San Zenone inoltre ha continuato a proteggere la fede di Verona anche dopo la sua morte, donando santi Vescovi suoi successori (28) e la protegge tutt’oggi, presente con le sue spoglie nella cripta della Basilica. “Mentre per tutto la fede si vede esposta a gravi cimenti, ed in parti d'Italia si va indebolendo, perché contro la fede si è dichiarata guerra tremenda, guerra di sterminio, e di morte; chi mai non dovrebbe sentirsi preso di ammirazione, vedendo come tra voi la fede risplende di tutta la sua vigoria? Nel corso di questi ultimi anni quante prove non deste di riverenza, di sommissione alla Chiesa cattolica? Quante di ossequio profondo alla Cattedra infallibile ed alla Sede di Pietro, dalla vostra fede fortificati, eccitati dall'esempio edificantissimo del venerabile Eminentissimo Principe nostro Vescovo e Padre? Quante prove di filiale amore non deste alla santa memoria dell'angelico Pio IX, tanto più grande quanto più vilipeso, contraddetto, ed angustiato dai nemici suoi? Quante ne tributaste al sapientissimo e venerando suo successore Leone XIII gloriosamente regnante?”.
[Pensiamo al nostro comportamento verso i nostri capi spirituali attuali].
Comboni termina con la preghiera a San Zeno: per Verona. “Salve dunque, o Santo venerato, inclito Protettore di questa illustre Città; salve, o Santo Padre Zenone. Deh! accetta la mia preghiera: io ti supplico dal fondo del cuore, a volere far discendere in più larga misura le benedizioni del cielo in questo giorno solenne sopra questo popolo. Tutto si spera da Te questo popolo. Sia dunque per Te, che veda i suoi desideri esauditi, compiuti i suoi voti”.
Per l’Africa Centrale. “Ma un'altra preghiera io voglio deporre, o gloriosissimo Santo, su quella sacra Tomba, che da oltre quindici secoli è sorgente feconda di tante grazie e misericordie. Uno sguardo rivolgi pietoso a quelle genti dell'Africa Centrale. Da questa diletta Verona partì la poderosa scintilla di quel sacro fuoco destinato ad illuminare quelle nazioni, e a dar vita ed incremento a quella vasta e desolata vigna di Cristo, irta di tante spine, che da Dio venne affidata alla mia indegnità, ed alle fievoli ed inette mie pastorali sollecitudini, e per la quale pure palpitò il Cuore Sacratissimo di Gesù, e morì sulla Croce”.
Per le vocazioni missionarie veronesi. “Da quella gloriosa tomba, teatro di tante misericordie, stendi, o Zenone, la pietosa tua mano sopra quell'umile cenacolo di futuri operai evangelici e di sacre vergini (gli Istituti delle Missioni dell’Africa Centrale: i Comboniani e le Comboniane), che si preparano all'arduo e laborioso apostolato africano, e che sorse da non molto in questa religiosa città, sotto i provvidi auspici del Principe nostro Vescovo, tuo degno Successore. Ah! degnati, o gloriosissimo San Zenone, di suscitare da questa sacra terra veronese elette vocazioni all'arduo e santo apostolato della Nigrizia; e fa sì, che da questa religiosa città e Diocesi, mercé il potente aiuto di assidue e fervorose preghiere, e di sante e generose vocazioni apostoliche dei tuoi figli, sia trapiantato nell'Africa Centrale il tesoro prezioso di quella cattolica fede, che tu già dall'Africa ci portasti in Verona; affinché questa fede santissima, che costituisce la vera grandezza e la vera gloria del popolo veronese, torni all'Africa ed all'infelice Nigrizia sorgente inesausta di redenzione e di vita. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Così sia”.
Festa di San Daniele Comboni (10 ottobre)
Celebrazione Eucaristica in Santa Maria in Organo presieduta da Mons. Gabriel Zubeir Wako (Arcivescovo di Khartoum) con il Consiglio Generale dei Missionari Comboniani.
Don Paolo Arcaini, parroco di Santa Maria in Organo, accogliendo i pellegrini nella bella e antica Chiesa di Santa Maria in Organo si dice certo che la canonizzazione di Comboni è una ulteriore conferma della santità presente nella zona veronese , e che questo incoraggia i cristiani ad accogliere l’invito ad essere santi come un percorso fattibile da vivere nel quotidiano. Oltre ad un profondo senso di gratitudine verso Dio per la grazia della canonizzazione, Don Paolo e i suoi parrocchiani nutrono una profonda riconoscenza verso il Comboni per l’esempio che continua ad offrire al mondo con la sua vita vissuta in pienezza a favore dell’annuncio del Vangelo in Africa. “Abbiamo canonizzato un membro della nostra famiglia” è la frase con cui Don Paolo riassume il sentire della Chiesa locale nei riguardi del Comboni, e termina affermando che i fiori e gli ulivi attorno alla statua del Comboni, posta nel giardino antistante la Chiesa, testimoniano l’affetto e l’ammirazione che i veronesi sentono verso il loro concittadino d’adozione.
Alla liturgia erano presenti vari gruppi di immigrati che con vivacità e calore hanno dato il loro contributo per rendere solenne la cerimonia.
Celebrazione ad Avesa (12 ottobre 2003)
Un altro evento mazziano ha avuto luogo il giorno 12 ottobre 2003 ad Avesa, ed è iniziato con la celebrazione eucaristica nella chiesa conosciuta come Camaldola - attorno alla quale monaci camaldolesi hanno vissuto dal XIII al XVI secolo - e ha avuto il suo culmine nella cappella di Villa Scopoli che è stata dedicata a San Daniele Comboni e al Beato Giuseppe Tovini, entrambi allievi del Mazza e fortemente impegnati nel sociale. Prendendo spunto dalla liturgia domenicale, Don Corrado Ginami, Superiore Generale dei Mazziani, ha sottolineato come Comboni e Tovini siano stati veri discepoli del Maestro nell’investire cosi saggiamente i talenti loro affidati. Don Corrado ha pure rilevato che la canonizzazione ci ha fatto capire quanto ancora vi sia da riscoprire del ‘gigante Comboni’ e delle sue radici, e che l’evento deve incrementare la collaborazione tra le famiglie che si rifanno alla spiritualità e metodologia missionaria che Don Nicola Mazza e Daniele Comboni hanno promosso e per le quali sono vissuti. (Sr. Maria Teresa Ratti, smc)
Celebrazione Eucaristica di ringraziamento nella cattedrale di Verona (9 novembre 2003)
La celebrazione Eucaristica è stata ancora una volta presieduta da Mons. Flavio Roberto Carraro. Sr. Giulia Costa, superiora provinciale dalla Provincia Veneta delle Suore Missionarie Comboniane alla fine ha ringraziato i presenti con le seguenti parole.
“È con il cuore colmo di gratitudine che desidero esprimere un grazie sentito a tutti, anche a nome di Madre Adele Brambilla, Superiora Generale, attualmente in visita al Sudan, e del suo Consiglio.
Al Signore prima di tutto, per il dono che ha fatto a noi, alla missione, alla Chiesa e all’Africa di Daniele Comboni; per aver donato a Lui un cuore grande, una passione forte e profonda per Cristo e per l’umanità più povera e abbandonata, la Nigrizia; per avergli donato una grande speranza e fiducia negli altri, negli Africani; per avergli ispirato il Piano per la rigenerazione dell’Africa; per aver donato a Comboni di riconoscere e di sottolineare il ruolo fondamentale della donna consacrata e della donna Africana; per avergli donato di offrire tutta la sua vita per la causa della rigenerazione dell’Africa.
Al Santo Padre, per la canonizzazione di Daniele Comboni e aver offerto così a noi, a tutta la Chiesa, San Daniele Comboni come modello, esempio di santità, apostolato, zelo missionario, quale insigne evangelizzatore e protettore del continente nero.
Al nostro vescovo, per la sua presenza di pastore appassionato di Dio e delle anime, per la sua costante presenza nella vita dei nostri Istituti, per la sua parola di pastore che sempre ci invita a vivere la carità, la fraternità, la solidarietà.
A tutte le altre autorità religiose e civili presenti; ai sacerdoti, alle religiose e ai laici di tutta la diocesi, a voi tutti, per la vostra vicinanza da sempre e in particolare in questo Anno Comboniano che ci ha fatto sentire tutti fratelli e sorelle in Cristo, uniti dalla stessa passione per Dio, per l’evangelizzazione, per la costruzione della civiltà dell’amore.
Un grazie poi dal profondo del cuore a Lui, a San Daniele Comboni, per la sua vita vissuta in pienezza e totalmente per Dio e per l’umanità più povera e abbandonata, per l’eredità di fede, di amore, di fiducia, di donazione totale, fino alla morte, che ci ha lasciato.
Alla sua potente intercessione affido ciascuno di noi qui presenti e chiedo in particolare di ottenerci dal Signore un po’ di quel fuoco che bruciava dentro di lui, quella passione per Dio e per le anime, il suo abbraccio alla Croce, il suo amore per Cristo e per la Chiesa.
Grazie Signore Gesù. Grazie San Daniele Comboni”.
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