NOTIZIARIO MENSILE DEI MISSIONARI COMBONIANI DEL CUORE DI GESÙ
DIREZIONE GENERALE
Nuovo vescovo: Mons. Giuseppe Filippi
L’Osservatore Romano, in data 17 agosto 2009, annuncia: “Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Kotido (Uganda) il Reverendo Padre Giuseppe Filippi, MCCJ, superiore provinciale dei Missionari Comboniani in Uganda”.
Mons. Filippi succede a Mons. Denis Kiwanuka Lote, trasferito da due anni alla sede arcivescovile di Tororo.
A Mons. Giuseppe Filippi le nostre congratulazioni e i nostri auguri.
Suore Missionarie Comboniane
Sr. Fulgida, Comboniana, incaricata del Corso di Aggiornamento nella casa di Betania di Gerusalemme, avendo saputo che il nostro Corso di Rinnovamento quest’anno non si terrà, e quindi neanche il mese di permanenza a Gerusalemme, ha voluto comunicare quanto segue. Per il 2010, le Suore Missionarie Comboniane di Betania organizzeranno un corso per le suore che hanno dai 10 ai 15/20 anni di professione religiosa. Il corso avrà inizio il venerdì prima della Domenica delle Palme e terminerà due giorni dopo la domenica di Pentecoste.
Suor Fulgida fa presente che se qualche Comboniano desidera unirsi al gruppo, è il benvenuto. Siccome il corso sarà piuttosto impegnativo anche fisicamente, i partecipanti dovranno essere in buona salute, anche se comunque non dovranno necessariamente partecipare a tutti i momenti previsti dal programma.
L’invito, trasmesso dall’incaricata Fo.Co., viene dalla Superiora Generale, Madre Adele. Per informazioni più dettagliate, rivolgersi al seguente indirizzo: fulgidacms@gmail.com
Professioni perpetue
Opera del Redentore
Settembre 01 – 15 NAP 16 – 30 PE
Ottobre 01 – 15 P 16 – 31 RSA
Intenzioni di preghiera
Settembre - Perché il Capitolo Generale dei Comboniani sia tempo di speranza e di grazia per la chiesa missionaria e momento propizio per rinnovare la nostra consacrazione alla Missione che Dio ci ha affidato. Preghiamo.
Ottobre - Per le Chiese d’Africa, perché la celebrazione del Secondo Sinodo Speciale le renda sempre più testimoni gioiose e coraggiose di riconciliazione, di giustizia e di pace. Preghiamo.
ASIA
World Mission è citato dal Daily Inquirer
Il Daily Inquirer ha pubblicato in prima pagina un articolo di fondo di M. Ceres Doyo: “La Corea del Sud ha affittato 94.000 ettari nel Mindoro”. L’articolo è apparso in contemporanea con la notizia di copertina del numero di luglio della rivista World Mission, dal titolo “Ruberia a livello globale di terreni agricoli”. Nello strillo si legge: “Nelle nazioni povere, enormi estensioni di terra agricola vengono acquistate o affittate. In questa mappa, le Filippine appaiono come una zona calda”. La storia di Mindoro ha colto di sorpresa molti, soprattutto i rappresentanti governativi.
Secondo la rivista World Mission, scrive la giornalista, nazioni e società europee-americane-asiatiche stanno comprando o affittando terreni agricoli in nazioni povere, allo scopo di assicurarsi il rifornimento di prodotti alimentari e di bio-carburanti. I bersagli principali sono l’Africa e le regioni più povere dove la popolazione non ha nemmeno il diritto alla terra. Quasi nessuno protesta. L’unica eccezione è il Madagascar, dove la notizia del contratto di affitto di 1.3 milioni di ettari per 99 anni con la Società Sud Coreana Daewoo ha innescato la recente rivolta.
Più di 20 milioni di ettari di terreni agricoli in Africa, America Latina e Asia sono ora proprietà di governi e compagnie straniere. Di conseguenza, nazioni ricche che non hanno terra a sufficienza possono sempre trovare il modo di acquistarne dai loro più poveri vicini di casa.
Non possiamo fare a meno di chiederci: Questi accordi non violano i vigenti diritti custoditi dalle nostre leggi e dalla Costituzione? Non sono per caso calpestate la cultura e le tradizioni delle popolazioni indigene? E in futuro, alla fine del periodo di affitto, quando la terra sarà stata derubata della sua biodiversità e delle sue sostanze a causa della monocultura e del sistema agricolo degli OGM, e quando vaste estensioni, un tempo ricche e fertili, saranno state devastate, che cosa accadrà?
Quanto vorrei che i nostri politici leggessero l’ultimo numero di World Mission che tratta di questa “ruberia a livello globale”.
COLOMBIA
Assemblea della Pastorale Afro
Secondo la decisione presa in gennaio di quest’anno, la Delegazione della Colombia, nell’assemblea annuale di formazione permanente di agosto, ha trattato della Pastorale Afrocolombiana per avvalorare la sua “chiara e definitiva opzione per la Pastorale Afro”. La riflessione è stata facilitata in particolare da P. Neil e da suor Ayda Orobio.
P. Neil, sacerdote afrocolombiano della diocesi di Apartadó, ci ha accompagnati il primo giorno, 12 agosto, parlandoci della realtà del popolo afro e della sua spiritualità. Ci ha ricordato, per esempio, che l’80% degli afrocolombiani vivono in estrema povertà, che l’introito pro capite è tre volte inferiore a quello stabilito a livello nazionale e che circa il 74% riceve un salario inferiore a quello minimo legale. In quanto alla spiritualità, ha posto l’accento sul valore dell’emozione, della musica e del quotidiano. Il popolo afro, che ha subito una terribile ingiustizia storica e si è sempre sentito messo da parte, valorizza specialmente l’accoglienza, la vicinanza, il sapersi stimato e apprezzato. Ha anche rilevato l’importanza pastorale di aiutare a costruire un’identità serena, cosciente della storia vissuta però senza risentimenti e odio.
Suor Ayda, delle Missionarie di Madre Laura, ci ha parlato il secondo giorno, 13 agosto, della storia della resistenza del popolo afro, rimarcando l’importanza storica dei cimarrones (gente scappata dalla schiavitù) e dei palenques (posti di libertà costruiti per i neri nei tempi coloniali). In questa storia di resistenza s’inseriscono ora le centinaia di organizzazioni afrocolombiane esistenti, anche se non è facile per loro lavorare assieme, a causa proprio della loro storia di schiavizzazione.
Tra queste organizzazioni si distingue quella della Chiesa, la CEPAC (Centro di Pastorale Afrocolombiana), che cerca di creare uno spazio nel quale si possano ritrovare gli agenti di pastorale afro. Per questi agenti, “la pastorale afrocolombiana è l’azione evangelizzatrice della Chiesa cattolica che promuove integralmente il popolo afrocolombiano, affinché, partendo dalla sua identità culturale, possa vivere il progetto del Regno di Dio”.
D’altra parte, “la pastorale afrocolombiana, con la sua azione evangelizzatrice, contribuisce alla costruzione di una Chiesa con un volto proprio, di modo che includa la spiritualità afrocolombiana, riconosca la sua identità, favorisca la coesione delle organizzazioni e il miglioramento delle condizioni di vita della gente, e così realizzi e offra alla Chiesa Universale, e al popolo colombiano, le caratteristiche di un’eredità africana”.
Il terzo giorno, 14 agosto, i Comboniani hanno fatto una valutazione delle conferenze, applicandole alla loro vita e azione pastorale. Sono rimasti molto colpiti dall’amore con il quale i due conferenzieri hanno parlato del popolo afrocolombiano: la loro passione e sereno e realista entusiasmo ha fatto ricordare loro il Comboni. In qualche modo si sono resi conto che Comboni stava di nuovo invitandoli a qualcosa di bello. Rinnovando l’amore di Comboni per il popolo nero, si sono proposti di mettersi in un atteggiamento di ascolto e di apprendimento, e di iniziare progetti semplici e pratici, come una libreria per i leader afro o seminari di formazione nei luoghi dove lavorano.
CURIA
L’indirizzo “comboni.org” è temporaneamente irraggiungibile
Avvisiamo tutti i confratelli che gli indirizzi e-mail della Curia di Roma che terminano con “comboni.org” sono irraggiungibili. Chiediamo a tutti coloro che avessero inviato messaggi urgenti a questi indirizzi, di inviarli di nuovo usando l’indirizzo u.pescantini@gmail.com e specificare a chi è indirizzato il messaggio. Grazie.
Dal 29 giugno al 2 luglio si è tenuto a Limone il quarto Simposio sul Comboni. I Simposi di Limone, promossi dalla provincia italiana con l’appoggio del Gruppo Europeo di Riflessione Teologica (GERT) e dalle province europee, portano avanti la riflessione teologica e missionaria, rivisitando il carisma del Comboni in vista di una contestualizzazione del ministero apostolico anche in Europa.
Nella sua relazione introduttiva, intitolata “Facendo Memoria dei Simposi”, P. Fernando Zolli ha indicato in maniera molto sintetica la linea di incontro delle relazioni non solo di questo Simposio ma anche dei precedenti: “La missione vissuta e la missione pensata devono articolarsi dialetticamente; devono anche stimolarsi e provocarsi, se necessario, reciprocamente, perché una missione che dà enfasi al fare può diventare generica, ripetitiva, inefficiente e sterile”.
P. Benito De Marchi, professore emerito del MIL, nella relazione chiave del simposio ha raccolto le “Provocazioni per un’ermeneutica del carisma”. Fornendo delle “chiavi di lettura”, ha parlato dell’inedito di ogni evento carismatico che sotto la pressione “dell’avvenimento storico sfida il testo della tradizione del Fondatore”. È necessario quindi liberare il carisma per recuperarne l’energia e la forza di applicazione sull’oggi della missione affidata ai Comboniani.
La lettura dei segni dei tempi e la prassi missionaria di Gesù storico assieme al carisma del Fondatore sono stati messi a fuoco come parametri per un nuovo paradigma di missione per l’Europa e per l’Istituto. Questi due aspetti sono stati affidati a Theo Kneifel che, sul tema: “L’analisi della realtà”, ha sottolineato l’importanza di una visione globale, ad ampio spettro, e della lettura dei tempi. Sandro Gallazzi, con la sua relazione “La Parola deve illuminare e orientare le risposte missionarie”, ha fatto emergere alcuni aspetti della prassi missionaria di Gesù storico e le provocazioni per la nostra prassi missionaria oggi.
Il carisma nel contesto storico, invece, è stato preso in considerazione da P. Joaquim J. G. Valente da Cruz.
La giornata conclusiva è stata dedicata al laboratorio e alla condivisione dei parametri per un nuovo paradigma di missione. Si è avuto anche un pannello (P. Danilo Castello, P. Gian Paolo Pezzi Trebeschi e Carmelo Dotolo) incentrato sul carisma oggi, la sua dimensione culturale e la prospettiva laicale.
Il filo conduttore e un contatto vivo con la sorgente della Parola di Dio e degli elementi evocativi della vicenda del Fondatore sono stati curati da P. Fausto Beretta che, nella cappella della casa natale, ha sollecitato i partecipanti (una trentina fra delegati al Capitolo delle province europee, rappresentanti delle Missionarie Comboniane e Secolari, ecc.) ad accogliere l’invito del Comboni a “tenere gli occhi fissi su Gesù Cristo, amandolo teneramente”.
Casa natale del Fondatore: 150 anni dal primo ritorno
Due anni fa Verona ha celebrato in maniera degna dell’evento il 150° anniversario della partenza di Comboni per l’Africa con il gruppo dei Mazziani. Quest’anno nessuno ha pensato di “ricordare” il ritorno del Comboni, sfinito e stremato, alla sua “Limone”, dalla quale era partito appena due anni prima per un’avventura in cui avrebbe rischiato la vita.
Domenica 26 luglio, nella cappella della comunità comboniana di Limone, un gruppo di 5 giovani ha ricevuto il “mandato” per una “visita” a tre situazioni significative della missione in Kenya. Mons. Michele Russo, vescovo di Doba (Ciad), ha presieduto la cerimonia, assistito da don Giulio Bogna, vicario foraneo di tutta la zona pastorale dell’Alto Garda, e da don Francesco, curato di Gargnano, organizzatore della “consulta giovanile” della zona. Tutte le parrocchie (Gargnano, Tignale, Tremosine e Limone) erano rappresentate. La cappella era gremita di gente. I giovani partenti (tre ragazze e due ragazzi) hanno acceso il loro “lumino”, su cui erano scritte le parole del Comboni “tenere gli occhi fissi su Gesù Cristo”, alla fiamma di una candela su cui era dipinta la figura di Daniele. Un gesto semplice ma carico di simbolismo. La fiamma della missione che Comboni riportava a casa non si è spenta ma si riaccende di continuo in altri cuori. Proprio da qui, infatti, dalla casa di suo padre da cui lui stesso era partito con grande trepidazione 150 anni prima, alcuni giovani della sua terra, sedotti dal suo esempio, riprendono la strada della missione. Così ha ricordato Mons. Russo nella sua omelia. La cerimonia è stata seguita da una conferenza stampa diretta da P. Daniele Moschetti, reduce da Korogocho: un primo duro confronto con una realtà con la quale i giovani partenti si propongono di venire a diretto contatto.
Quanto è avvenuto domenica sera è la fase conclusiva di un impegno che la comunità di Limone si era assunta con i giovani dell’Alto Garda (una trentina), di età compresa fra i 18 e i trent’anni. Per tutto l’anno, dal 25 gennaio, si sono ritrovati ogni quindici giorni al Tesol presso la Limonaia, alla scuola di due campioni della missione: San Paolo e San Daniele. Le tematiche: alle riflessioni sulla missione come dono, fiducia, liberazione, ecc., si alternavano testimonianze di missione vissuta, cui anche le Missionarie Comboniane hanno dato un contributo considerevole con la presenza della Vicaria Generale, Sr. Dorina, presente come medico in Uganda ai tempi dell’ebola, e Sr. Valeria, che lavora per la liberazione dalla moderna schiavitù di cui tante ragazze africane sono vittime in Italia.
Domenica 7 giugno si è svolto l’ultimo incontro di un lungo cammino durato sei mesi, ma in realtà non si è chiuso niente, anzi è stata aperta una porta perché è proprio vero che “camminando si apre il cammino”. Cammino che riprenderà in autunno quando, dopo la partenza dei turisti, tutti avremo un po’ più di tranquillità. I giovani resteranno in Kenya solo tre settimane, per osservare, ascoltare e cercare di capire. Al loro ritorno racconteranno la loro testimonianza ai compagni che si stanno appassionando alla missione e alle loro comunità parrocchiali sempre più coinvolte e sorprese da quello che sta accadendo ai loro giovani.
KENYA
Corso introduttivo per i nuovi arrivati nella provincia
Dopo un anno d’interruzione, la provincia del Kenya ha tenuto un corso introduttivo per i nuovi arrivati nella provincia. Il corso si è tenuto a Nairobi dal 3 al 7 agosto. I partecipanti, 30 in tutto, erano missionari comboniani, suore comboniane, laici comboniani e alcuni membri di altri Istituti. Lo scopo del corso era di introdurre i nuovi arrivati nella provincia alla realtà attuale del Kenya per prepararli al loro ministero pastorale, tenendo conto della storia della nazione e facendosi un’idea delle maggiori forze in gioco nel mondo e nel processo di globalizzazione.
Professori e ricercatori di varie Università sono stati invitati a dare il loro contributo su una grande varietà di temi chiave che caratterizzano il panorama socio-economico e politico del Kenya, dalla popolazione e cultura locale alle dinamiche dell’etnocentrismo, dalla difficoltà di costruire la nazione al concentrarsi sulla preparazione della Costituzione e alla formazione di governo, dal problema della terra – visto da molti come il peccato originale nella storia della nazione – alla relazione tra economia e politica. Inoltre, un’introduzione alla storia e alla situazione attuale della provincia dei Comboniani e delle Comboniane e alla presentazione della realtà, ruoli e sfide della Chiesa locale, ha portato i partecipanti a una migliore comprensione del contesto ecclesiale e della storia in cui sono chiamati a operare.
Le discussioni sono servite a fornire nuove intuizioni e spunti di riflessione riguardo al prossimo Sinodo Africano e alla recente enciclica sociale di Benedetto XVI, Charitas in veritate. Tutto sommato, piuttosto che un’introduzione scolastica al Kenya, il corso si è rivelato per la Famiglia Comboniana un’opportunità apprezzata e preziosa di formazione permanente e di convivialità.
KHARTOUM
Sudan: tempi difficili
Durante le trattative che portarono nel 2005 alla firma del Comprehensive Peace Agreement (CPA), il National Congress Party (NCP), al potere a Khartoum aveva richiesto un periodo di transizione di dieci anni. Al Sudan People’s Liberation Movement (SPLM) sembrò eccessivamente lungo. Alla fine convennero su sei anni.
Punto chiave dell’accordo era il referendum con il quale a gennaio del 2011 il Sud dovrà scegliere se continuare a restare unito al Nord o separarsi. Ma prima del referendum l’accordo prevedeva alcuni passi importanti, con scadenze precise: la demarcazione del confine tra Nord e Sud, il censimento, le elezioni e la questione del territorio di Abyei.
Sei anni sembravano tanti. Invece ne sono già passati quattro e di cose da fare ne restano ancora molte. Il NCP, il partito di Omar Hasan Ahmad al-Bashir, che aveva digerito male l’accordo, mise in atto ogni mezzo per farlo fallire o svuotarlo dei suoi contenuti, così come aveva fatto con decine di accordi precedenti. Tra le tattiche usate: dilazione nell’esecuzione degli impegni presi, tentativi di dividere lo SPLM in modo da indebolirlo, sfruttare i casi di malgoverno nel Sud per dimostrare che i Sudisti non sono in grado di governarsi da soli.
Dei maggiori impegni presi e l’unico finora realizzato, anche se con ritardo, è stato il censimento (Aprile 2008). I risultati sono stati pubblicati più di un anno dopo e sono subito apparsi come inaffidabili. Il Sud li ha rifiutati, insistendo che per le elezioni è preferibile fare riferimento ai dati del 1956.
Per quanto riguarda il territorio di Abyei, il 22 luglio 2009 la corte internazionale di arbitraggio ha definito la zona che va sotto questo nome, limitandola a circa 10.600 Km quadrati. Ha innescato però una polemica sulle aree escluse a Est e a Ovest, aree ricche di petrolio. Khartoum ha subito dichiarato che queste aree sono parte del Nord (Kordofan), mentre i Sudisti hanno dichiarato che sono parte del Sud (Upper Nile). Questo spinoso problema è di competenza della commissione che deve definire dove passa il confine tra Nord e Sud ma questa commissione non ha ancora iniziato il suo lavoro.
Un’altro problema sono le elezioni. Si sarebbero dovute tenere a luglio 2009. Sono state rimandate a febbraio 2010, poi ad aprile 2010. In agosto 2009 è stata pubblicata la lista dei distretti elettorali, basata sui dati offerti dal censimento (Aprile 2008) ma rifiutata dallo SPLM. Secondo questa lista, i distretti elettorali sarebbero in tutto 450, di cui solo 88 nel Sud. Lo SPLM non ha accettato questi numeri, dichiarando senza mezzi termini che non vuole essere parte di un programma che nasce da un imbroglio. E ha ribadito la richiesta che per stabilire i distretti elettorali si devono usare i dati del censimento del 1956. È opinione comune, infatti, che la popolazione del Sud Sudan sia un terzo della popolazione a livello nazionale e non soltanto un quinto, come indicherebbe il censimento di aprile 2008.
Un punto sul quale lo SPLM non pare disposto a cedere è il referendum. Salva Kiir, presidente del Governo semiautonomo del Sud, ha dichiarato pubblicamente l’11 agosto a Juba che chiunque avesse tentato di spostare la data del referendum a dopo il 9 gennaio 2011, dovrà assumersi la responsabilità delle conseguenze che ne potrebbero derivare. Ha addirittura accennato all’eventualità di possibile spargimento di sangue, cioè di una guerra.
Anche per il referendum, il Nord sta cercando di imporre dei meccanismi per rendere impossibile la vittoria dei separatisti. Due sono già emersi chiari: il primo, pretendere che per la separazione sia necessario raggiungere il 75% dei voti, mentre lo SPLM aveva proposto il 50% più uno; il secondo, limitare il voto solo ai cittadini fisicamente presenti nel Sud Sudan al tempo del voto, escludendo così quelli residenti al Nord e all’estero.
In questa situazione piuttosto tesa, prende piede l’idea che il Sud possa proclamarsi indipendente unilateralmente, senza aspettare il referendum. La minaccia, ventilata per la prima volta circa un mese fa durante una sessione del parlamento di Juba, è stata riproposta a metà agosto da personalità di spicco nello SPLM, addirittura sotto forma di ultimatum e come reazione al modo in cui il National Congress Party di Omar vuole condurre il Referendum.
La preoccupazione delle chiese
Alla situazione del paese ha fatto riferimento anche il Sudan Council of Churches (SCC), che raggruppa undici denominazioni ecclesiali, tra cui la Chiesa Cattolica, nella sua 17° Assemblea Generale tenutasi a Khartoum dal 10 al 14 agosto 2009. Il SCC ha lanciato un urgente appello: “Uniamoci tutti insieme per salvare la pace del nostro popolo”. Dopo aver ricordato l’impegno delle Chiese a sostegno dell’Accordo di Pace, il SCC ha espresso la sua preoccupazione per i rischi che la pace sta correndo a motivo dei vari conflitti in atto nel Sud e in altre parti del paese, la corsa agli armamenti e la mancanza di sicurezza. Ha fatto un appello accorato ai due partner del governo, NCP e SPLM, a risolvere le loro differenze e a non mancare all’appuntamento delle elezioni e del referendum, dalle quali dipende il destino del paese.
MALAWI-ZAMBIA
25° di ordinazione sacerdotale di P. Carlos Alberto Nunes
Il 15 luglio 2009 ricorreva l’anniversario di sacerdozio di P. Carlos Alberto Nunes: infatti, era stato ordinato 25 anni fa nella sua città natale di Sabugal, in Portogallo, da Mons. Antonio dos Santos, vescovo di Guarda.
A Lusaka in Zambia, l’attuale posto di missione di P. Carlos Alberto, l’anniversario è stato celebrato sabato 18 luglio con una bella cerimonia all’aperto e alla presenza di oltre mille persone tra sacerdoti, suore e numerosissimi ragazzi membri della Santa Infanzia che celebravano il loro 10° anniversario di presenza nell’arcidiocesi di Lusaka. L’arcivescovo emerito di Lusaka, Mons. Medardo Mazombwe, ha onorato la cerimonia con la sua partecipazione. P. Bernard Makadani Zulu, direttore nazionale del PMS, ha tenuto una bella omelia, ricordando la grande dedizione dei Missionari Comboniani nel corso della loro presenza in Malawi-Zambia. Il gruppo vocazionale della parrocchia di Lilanda ha eseguito una danza simbolica di ringraziamento sul tema del Buon Pastore che, oltre ad essere una novità nella celebrazione, è stata apprezzata da tutti.
Il famoso coro “Mdzakazi” di Lilanda e quello inglese di “Holy Trinity Choir” hanno accompagnato la cerimonia con grande entusiasmo e abilità. Dopo il pranzo, c’è stato un pomeriggio d’intrattenimento organizzato dal gruppo della Santa Infanzia, con la partecipazione di un gruppo culturale dello Zambia e della Scozia, di nome “Zamscot”.
Nella sua città natale di Sabugal in Portogallo, l’anniversario è stato festeggiato domenica 19 luglio, in sua assenza. Erano presenti la madre di P. Carlos Alberto, i fratelli e le sorelle, parenti e amici. Durante la Messa, concelebrata dal provinciale e da alcuni sacerdoti amici, si sono messi in contatto via satellitare con P. Carlos Alberto che ha potuto così dire alcune parole di ringraziamento, tra la sorpresa e la gioia di tutti i presenti.
MÉXICO
I primi e gli ultimi comboniani a “San Ignacio”
P. Franco Mario Galletto e Fr. Virginio Negrin sono stati i “primi” comboniani ad arrivare nell’Oasi di San Ignacio il 21 novembre 1949, ma ufficialmente il gruppo comboniano che si prese cura della Missione, P. Gino Sterza, P. Guglielmo Miglioranzi e Fr. Virginio Negrin, arrivò il primo ottobre 1950.
La nostra storia comboniana in questo luogo ha visto passare molti confratelli che hanno generosamente servito la Chiesa e lasciato un’impronta profonda nella comunità.
Tra innumerevoli e solenni celebrazioni, processioni e, specialmente, un clima d’intesa segnato da momenti di apostolato molto impegnativo, i confratelli che vi hanno lavorato potrebbero riferire infiniti aneddoti ed esperienze vissute con la gente, impossibile da raccontare ora. Anni durante i quali si sono sacrificati a formare bravi catechisti, uno splendido gruppo di Azione Cattolica, un’attiva Legione di Maria e numerosi “Cursillistas”. La Legione dirigeva una biblioteca ambulante, visitava e si prendeva cura degli ammalati, ecc.
Tutto questo grazie a P. Gino Melato, P. Primo Bentivoglio e P. Antonio Piacentini.
La missione è stata consegnata alla diocesi lo scorso 15 agosto, dopo un’evangelizzazione di quasi 59 anni. I Comboniani che ultimamente si sono occupati della parrocchia per un certo numero di anni, sono stati P. Homero Gerardo Ramírez R. (Costa Rica), superiore e parroco, e P. James Donald Broussard Francez (USA).
La consegna è avvenuta alla presenza del P. Rogelio Arias Zaragoza, parroco di Guerrero Negro e vicario episcopale della zona nord, in assenza del vescovo Mons. Miguel Ángel Alba Díaz. P. Rogelio ha ricevuto la consegna da P. Rafael González Ponce, superiore provinciale dei Comboniani in Messico.
Esercizi spirituali e Assemblea provinciale
In un’atmosfera di silenzio e di raccoglimento e con la partecipazione di un buon numero di confratelli, abbiamo celebrato dal 27 al 31 luglio gli Esercizi Spirituali nella casa provinciale di Xochimilco. Il predicatore è stato P. Laureano Rojo Buxonat che ci ha accompagnato in questi giorni di riflessione e di preghiera.
Agli Esercizi è seguita l’Assemblea Provinciale dal 3 al 6 agosto. I lavori sono iniziati con una video-conferenza sulla Città di Guatemala (forse la prima di questo genere nel nostro Istituto) per mezzo della quale P. Enrique Sánchez González, membro della commissione preparatoria del XVII Capitolo Generale, ci ha informato del processo di questa preparazione e ci ha incoraggiati a partecipare al Capitolo attraverso la preghiera e suggerimenti.
Durante l’assemblea abbiamo avuto la visita del Nunzio Apostolico in Messico, Mons. Christophe Pierre, che ci ha parlato delle attuali preoccupazioni e attese della Chiesa messicana e della sua piacevole esperienza di lavoro con i Comboniani in Uganda, dove era stato come nunzio.
Nel nostro incontro abbiamo discusso temi molto importanti, quali l’organizzazione della provincia, il personale, gli impegni, le sfide e le aspettative. Ci siamo accordati di rimanere in comunione con tutti i Capitolari attraverso la preghiera, affinché possano trovare risposte adeguate alle attese del mondo d’oggi.
PERÚ-CHILE
Festa del Sacro Cuore
Lo scorso 19 giugno, festa liturgica del Sacro Cuore, i membri delle varie comunità comboniane di Lima si sono incontrati nella sede provinciale di Monterrico per celebrare assieme questa festa così cara alla nostra famiglia.
P. Gaetano Beltrami ha monitorato la riflessione parlando del rapporto che esiste fra il cuore e la spiritualità della croce e invitando tutti a tenere presente le conclusioni dell’Anno Paolino, l’imminente Capitolo Generale e il difficile contesto nel quale vive il Perù.
Ci ha ricordato che il comboniano deve vivere in comunione con gli ultimi (Gv 4, 12); ha detto che Dio ci ha dato un cuore capace di amare con lo stesso amore di suo Figlio e che essere comboniani ci porta al cuore ferito di Cristo, il Signore.
Ha anche affermato che chi ama non può evitare la croce e la sofferenza. È la croce che ci rafforza e ci rende fedeli. In un mondo frammentato e diviso è la croce che ci unifica. Essere comboniani significa puntare alla vita e alla comunione.
Ha concluso dicendo che il cuore può diventare compassionevole solo con un’autentica esperienza di preghiera e di dialogo continuo con la fonte dell’Amore, lì dove il comboniano ricorda i sofferenti del mondo e li presenta al Dio misericordioso.
Dopo la rinnovazione dei voti nel corso della celebrazione eucaristica, la festa si è conclusa con un pranzo fraterno.
Cinquantesimo di sacerdozio di P. Jakob Wellenzohn
Per molti comboniani, la solennità dei Santi Pietro e Paolo è una data memorabile perché coincide con la loro ordinazione. Questa volta, in consonanza con la chiusura dell’Anno Paolino indetto dalla Chiesa, abbiamo celebrato il cinquantesimo anniversario di ordinazione di P. Jakob Wellenzohn nella bella chiesa di Cristo Re di Pampas de Polanco, ad Arequipa. È stato lo stesso P. Jakob a presiedere l’Eucaristia, accompagnato da una decina di comboniani, in una chiesa gremita di fedeli. L’omelia è stata pronunciata da P. Silvester Engl, ex provinciale del Perù, che era stato invitato da P. Jakob.
P. Jaimito, come molti lo chiamano, è un comboniano tirolese (Bozen-Brixen) nato nel 1932 in una famiglia povera e numerosa. Ha emesso i primi voti a 23 anni ed è stato ordinato presbitero nel 1959. Per i primi tre anni di ministero è rimasto nella DSP, poi è stato destinato al Perù dove è rimasto ininterrottamente per 47 anni.
Sembra incredibile che una figura così minuta come la sua, ma dallo sguardo penetrante, abbia avuto un così gran numero di esperienze pastorali, alcune vissute oltre i 4.000 m. di altitudine. Tante parrocchie lo hanno visto passare, tra cui Llata, Ninacaca, Ambo, Carhuamayo, Urcumayo, Huariaca, Cerro de Pasco e Arequipa, dove lavora attualmente. Pur avendo quasi completamente perso l’udito, P. Jakob continua a testimoniare, soprattutto fra gli ammalati, che Cristo è vivo e presente per incoraggiare e sostenere la sua Chiesa.
Dopo la celebrazione eucaristica c’è stato un piccolo spettacolo nel salone delle riunioni con numeri artistici e toccanti interventi, per rendere omaggio a un uomo che ha ascoltato la chiamata di Dio e vissuto la sua vocazione sacerdotale, missionaria e comboniana in questa parte del mondo con serenità e dedizione.
Pomeriggio missionario
Ancora una volta il 5 agosto, come si fa da alcuni anni, P. Mario Mazzoni e un’equipe di entusiaste collaboratrici hanno organizzato il Pomeriggio missionario nel collegio Regina Pacis di Surco, vicinissimo alla sede provincializia.
Più di 500 persone hanno partecipato attivamente a questo evento che ha come scopo di sensibilizzare i nostri amici alla responsabilità missionaria dei battezzati e a sostenere i progetti dei missionari peruviani e cileni che lavorano fuori provincia. Un famoso presentatore della televisione peruviana ha diretto l’evento e presentato esibizioni artistiche, documentari missionari, lotterie e altre attività. Ringraziamo il Signore della generosa collaborazione di tante persone.
Il CONJUCOM (Congresso Giovanile Comboniano)
Con lo slogan: Giovane svegliati, la missione ti attende! è stato portato a termine con successo il 2° Congresso Giovanile Comboniano, dal 7 al 9 agosto, nel Collegio Chalet di Chorillos. Oltre 300 giovani hanno accettato l’invito della Pastorale Giovanile Comboniana e preso parte a questo congresso che si è celebrato in occasione del 6° anniversario della canonizzazione di Daniele Comboni. P. Ibercio Rojas Zevallos e un gruppo di coordinatori laici da mesi avevano preparato questo evento con l’apporto della Famiglia Comboniana. La maggior parte dei giovani proveniva dalle parrocchie tenute dai Comboniani in Perù nelle quali si è voluto suscitare e rafforzare una spiritualità missionaria che permette di essere agenti qualificati nel proprio ambiente. Testimonianze missionarie, una mostra, canti e temi di riflessione sono serviti a suscitare nei giovani il desiderio di un maggior impegno missionario. L’atmosfera durante le varie attività del Congresso è stata una di comunione e anche l’occasione per spargere i semi della missione nei giovani che vi hanno partecipato.
PORTUGAL
Pellegrinaggio della Famiglia Comboniana
Un pellegrinaggio nazionale della Famiglia Comboniana si è svolto il 25 luglio a Fatima, avendo come tema “Paolo, Comboni e noi: stessa passione, stessa missione”.
Incaricato di presentare il tema è stato P. José Júlio Martins Marques, della comunità di Viseu, che ha presentato i punti comuni tra Paolo e Comboni. Alle 11.00 abbiamo celebrato l’Eucarestia, momento importante del nostro incontro, presieduta da P. David da Costa Domingues, missionario nelle Filippine, mentre l’omelia è stata fatta da suo fratello, P. Fernando Domingues, rettore del Collegio Urbaniano di Roma. P. Fernando, partendo dalle parole di Gesù: “Scelse settantadue discepoli e li inviò a due a due”, ha incoraggiato i partecipanti a prendere coscienza della propria vocazione e missione.
Nel pomeriggio, nella Cappella delle Apparizioni, c’è stata il rosario e l’invio missionario. Sono stati inviati vari missionari e missionarie che ritornavano in missione o che partivano per la prima volta. Più tardi, nel Centro Paolo VI, i giovani che avevano raggiunto Fatima a piedi, hanno animato il convivio nel quale hanno presentato le attività della pastorale giovanile.
L’incontro è terminato con una breve presentazione dei missionari e missionarie in vacanza o che erano stati destinati al Portogallo e con una preghiera di ringraziamento.
RSA
Giornata della Familia Comboniana
Il giorno 28, ultima domenica di giugno, alla conclusione del mese dedicato al “Cuore Trafitto del Buon Pastore”, la comunità di Comboni Study Centre (CSC) ha invitato i parenti, amici e benefattori della zona di Tshwane, Pretoria, per una celebrazione congiunta come famiglia allargata di Comboni. Più di cento persone si sono riunite nel nostro Centro in una soleggiata giornata invernale.
Un grande tendone era stato eretto la sera precedente la festa dai giovani della parrocchia di San Daniele Comboni di Mahube Valley, Mamelodi. Fr. Francesco Padovan, promotore della nostra rivista Worldwide, e P. Andrew Bwalya, l’ultimo arrivato nella comunità, hanno spiegato agli ospiti la vocazione missionaria dei Comboniani e la loro presenza nel mondo, specialmente in Africa. È seguita una passeggiata-pellegrinaggio attraverso una mostra di poster su Comboni (la stessa che era stata preparata per la canonizzazione) all’interno del nostro cortile, guidata con competenza da P. Jaime Calvera Pi, incaricato della parrocchia di San Daniele Comboni.
Durante l’Eucaristia, la gente ha potuto rendersi conto della dimensione universale e multiculturale dell’essere “chiesa”. Il coro Izwi leThemba (“La Voce della Speranza”) della parrocchia di San Daniele Comboni, che aveva già mostrato le sue qualità e capacità artistiche durante la sua visita e concerto a Barcellona (Spagna), ci ha accompagnato nel cantare le lodi a Dio. P. Vincent Mkhabela Masoja, promotore vocazionale, ha presieduto l’Eucarestia e rilevato come la festa corrispondeva alla visione di Comboni che voleva coinvolgere uomini e donne, sacerdoti e laici, nella grande missione di proclamare il Vangelo ai più poveri e abbandonati. Per la comunità è stata un’occasione per ringraziare i genitori (la mamma di P. Vincent e di P. Gordon Rees e i genitori dello scolastico Kgomotso Sebopela erano presenti alla celebrazione), gli amici e i benefattori per il loro sostegno.
L’Eucarestia è stata seguita dal pranzo, un’agape ben preparata che ha evidenziato il valore della condivisione e dello stare insieme. La giornata è terminata con un concerto di canti e danze da parte di Izwi leThemba. È stata una celebrazione memorabile che ha suscitato solo commenti positivi e ringraziamenti arrivati anche giorni dopo l’evento.
Per otto mesi la comunità del CSC, che comprendeva quindici membri dell’Anno Comboniano di Formazione Permanente e cinque membri della comunità locale, originari da dodici nazioni diverse, hanno fatto esperienza di unità nella diversità “ad intra”. La celebrazione del 28 giugno ci ha offerto una bella panoramica di diversità e di unità multiculturale, un’esperienza eccezionale di un integrato Sudafrica, la Nazione Arcobaleno. Possiamo commentare la giornata alla luce della fede e visione di Comboni riguardo al Cuore del Buon Pastore che raduna i figli dispersi di Dio in un unico ovile.
IN PACE CHRISTI
P. Giuseppe Negri (05.10.1926 – 24.07.2009)
P. Giuseppe Negri era nato a Torino il 5 ottobre 1926. Dopo le medie è entrato nel seminario diocesano di Chieri per il liceo e la filosofia (1942-1945). Nell’istituto magistrale D. Berti ha ottenuto il titolo di maestro, il primo di molti altri.
Chiesto e ottenuto il permesso di entrare dai Comboniani, iniziò il noviziato nel settembre 1945 a Venegono Superiore, dove emise i primi voti il 9 settembre 1947. Il primo anno di teologia lo fece a Venegono, passando poi a Propaganda Fide di Roma, dove ottenne la licenza in teologia che venne riconosciuta come laurea dall’Urbaniana. Fu ordinato sacerdote nella Basilica dei 12 Apostoli di Roma l’8 aprile 1950. Dopo l’ordinazione trascorse cinque anni in Italia: i primi tre insegnando filosofia a Gozzano e gli ultimi due insegnando teologia a Venegono.
Inviato in Spagna (1955-1961), trascorse i primi due anni a San Sebastián e gli altri quattro a Corella, impegnandosi con zelo per la costruzione della scuola apostolica. Nominato direttore della scuola, spese molte ore nell’insegnamento.
Assegnato poi all’Ecuador (1955-1961), nella città di Esmeraldas, fu preside e professore del Collegio Sagrado Corazón e parroco di Santa Marianita, vivendo in una casetta di legno di piccolissime dimensioni. Divideva il suo tempo tra la pastorale e l’insegnamento nel Collegio ‘Sagrado Corazón’ che allora era la residenza vescovile e il centro di ritrovo dei comboniani della città. Ne assunse il rettorato quando P. Giacomo Giacomelli fu destinato alla parrocchia di Iñaquito nella capitale. È ricordato come un uomo esatto, zelante, piuttosto severo ma giusto e rispettoso dei professori. Era notevole la sua passione per lo studio e lasciò una biblioteca ben ordinata.
Perseguì varie specializzazioni, prima negli Stati Uniti (1969-1971) all’Università di Montclair, N.J., poi in Inghilterra e a Roma. Qui i suoi studi si alternarono tra l’Università di Nottingham (Inghilterra), dove nel 1974 ottenne la laurea in filosofia (Master of Philosophy) e Propaganda Fide a Roma, dove ottenne il dottorato (1975). In novembre 1982 pubblicò presso l’Università Urbaniana la sua tesi dottorale.
Inviato in Kenya (1975-1984), divenne professore di teologia e decano degli studi al seminario San Tommaso d’Aquino a Nairobi. La Conferenza Episcopale lo fece Segretario Nazionale della Liturgia per organizzare corsi di aggiornamento per i vescovi e altri agenti di pastorale. Sotto questa veste visitò quasi tutte le diocesi del Kenya e collaborò a dare inizio all’africanizzazione della liturgia. In occasione della visita di Giovanni Paolo II a quella nazione (maggio 1980), P. Giuseppe fu incaricato delle cerimonie per la Messa Papale a Uhuru Park. Organizzò nove corsi di liturgia (tra i conferenzieri c’era anche P. Yves-Marie Congar) e visitò l’Institut Supérieur de Liturgie a Parigi. Per conoscere sempre meglio il lavoro svolto nell’africanizzazione della liturgia, si recò in visita per quattro mesi, in nome della Conferenza dei Vescovi del Kenya, in Malawi, Zambia, Zimbabwe e Sudafrica, dove si incontrò con vescovi e agenti diocesani impegnati nella liturgia.
Nell’ottobre 1984, sempre a nome dei vescovi del Kenya, trascorse una settimana in Vaticano con Mons. Gianfranco Ravasi, partecipando alla celebrazione del 20° anniversario della Costituzione del Vaticano II sulla liturgia. Erano presenti due delegati di tutte le nazioni e Papa Giovanni Paolo II trascorse un’intera giornata con loro.
Nel 1984 venne di nuovo destinato all’Ecuador. Le prime due tappe furono San Lorenzo ed Esmeraldas (1984-1990), in qualità di parroco, rappresentante del vescovo nei collegi e professore. Ha pure costruito due cappelle e la clinica esterna all’ospedale.
Trasferito a Quito, nella casa della procura (1990-1994), divenne il procuratore del Vicario Apostolico di Esmeraldas. Fu poi fatto economo provinciale di Bogotà, in Colombia (che allora apparteneva alla provincia dell’Ecuador), e incaricato dell’animazione missionaria. Il 17 marzo 1996 ebbe la gioia di partecipare a Roma alla cerimonia per la beatificazione di Daniele Comboni. Al suo ritorno in Ecuador fu assegnato alla casa provincializia di Quito (1997-1999).
Agli inizi del 1998, a Milano, subì un’operazione all’anca destra. Dopo un periodo di convalescenza, fu trasferito a Guayaquil (1998-2003), al Centro Afro, per l’animazione missionaria e come economo locale.
Nel gennaio 2003 P. Giuseppe fu assegnato all’Italia e si recò al Centro Ambrosoli di Milano per cure. Il 5 ottobre poté partecipare a Roma alla cerimonia della canonizzazione di San Daniele Comboni.
Nel 2004 si recò nella parrocchia della Merced, in Esmeraldas, ma solo per un anno, poi costretto a ritornare a Milano per cure. Spese i suoi ultimi anni nell’apostolato parrocchiale in Italia. P. Giuseppe fece ritorno alla casa del Padre il 24 luglio 2009 a Milano.
P. Alberto Doneda, che ha trascorso una ventina d’anni nell’insegnamento con P. Giuseppe, dice che ha sempre ricercato la preparazione professionale e per questo si è guadagnato cinque lauree. Era un piemontese di carattere severo e disciplinato, ma con tutti si comportava da gentiluomo. Nell’insegnamento e come responsabile degli alunni era diligente e retto. Questo suo grande amore allo studio era accompagnato da grande capacità didattica e di responsabilità nel collegio e, quando poteva, nell’apostolato.
P. Enea Mauri parla della sua disponibilità a qualsiasi servizio e della capacità di adattarsi a ciò che gli si richiedeva, della sua meticolosità e precisione nello svolgere le varie attività, della sua abilità nel coinvolgere la gente e nell’interessarla alla missione e della sua fede semplice e sincera, unita all’ottimismo ed entusiasmo missionario.
Fr. Jakob Friedl (03.08.1934 – 01.08.2009)
Fr. Jakob Friedl era nato a Ornbau (Baviera, Germania) il 3 agosto 1934. All’età di dieci anni entrò nella comunità missionaria di Josefstal, Ellwangen. Dopo le elementari, seguì un corso di formazione professionale per fare l’ortolano. Fece il noviziato a Ellwangen (1952-1954) ed emise i primi voti l’8 dicembre 1954. Nella festa dell’Immacolata del 1960 si consacrò definitivamente a Dio per le missioni.
Iniziò il suo servizio a Mellatz, Germania (1954-1958) e continuò poi a Unterpremstätten, Austria (1958-1976). Dal 1976 al 1982 lo troviamo a Palencia, Spagna, dove, assieme ad altri Fratelli, prestò il suo servizio nella “finca” (fattoria) che doveva provvedere al mantenimento dei seminaristi di Saldaña e Palencia. All’età di cinquantadue anni accettò volentieri di essere destinato all’Ecuador come istruttore nella Ciudad de los Muchachos di Esmeraldas (1982-1996).
Nel 1996, a causa della chiusura de la Ciudad e della salute piuttosto precaria, tornò nella DSP. Dopo alcuni anni nella comunità di Milland, passò a quella di Josefstal, occupandosi sempre dell’orto e dei lavori di casa. Ha vissuto l’ultimo periodo della sua vita a Ellwangen, nel Centro per confratelli ammalati e anziani. Un tumore maligno al cervello è stato la causa della sua morte, avvenuta all’età di 75 anni.
Fr. Jakob appartiene senza dubbio a quel gruppo di persone che poteva dire con Pietro: “Non possiedo né oro, né argento ma quello che ho te lo do”. Infatti, ha dato se stesso senza riserve: il suo tempo, la sua gentilezza, la sua onestà, la sua disponibilità e pazienza. Molti dei giovani ‘difficili’ della Ciudad de los Muchachos ricordano “Hermano Jaime” e ne parlano ancora. Le comunità in cui è stato, lo hanno sempre stimato per il suo modo di essere: modesto, spiritoso, sempre pronto a dare una mano. Più che all’organizzazione era portato alla collaborazione silenziosa, ma era un confratello sempre presente, un membro affidabile della comunità.
Fr. Jakob è riuscito ad accettare la malattia, distaccandosi da tutto e aspettando con serenità l’ora della partenza da questa vita. Lo ricordiamo con gratitudine, anche per averci dato questo esempio.
Durante il funerale, Fr. Bruno Haspinger ha detto: “Al messaggio che Fr. Jakob ha dato con l’esempio della sua vita, bisogna aggiungere parecchio. Nell’ufficio della procura ho cercato invano un file col nome ‘Jakob Friedl’ con liste di benefattori, carte e progetti. Non aveva bisogno di cose di questo tipo, non ha mai mandato lettere circolari, né fatto richiesta di soldi.
Nella sua stanza non aveva oggetti superflui. Non comprava le cose che indossava, che erano sempre di seconda mano; qualche volta, infatti, ci sembrava un po’ dimesso.
Con i ragazzi di Esmeraldas lavorava nell’orto e nei campi, ma gli piaceva anche fermarsi a parlare con loro, scherzare, inseguire le mucche, godere dei primi frutti dell’orto. Spesso gli capitava di dover chiudere un occhio quando i ragazzi prendevano la frutta di nascosto. Voleva molto bene ai ragazzi della Ciudad.
Era sempre calmo, paziente, col suo sorriso un po’ sibillino, aveva un’allegria semplice e autentica.
La fedeltà incondizionata alla comunità era per lui una cosa ovvia. Nella Ciudad, ci furono anche delle ‘turbolenze’, dei confratelli entrarono in crisi e alcuni lasciarono l’Istituto. Fr. Jakob ha sempre portato avanti la sua missione in maniera tranquilla.
I cambiamenti da una comunità all’altra o da un paese all’altro non gli causarono mai problemi: una valigia e una borsa gli bastavano per portarsi dietro tutti i suoi ‘averi’.
Alcuni anni fa, a Innsbruck, gli era stato asportato un tumore benigno al cervello, ma ultimamente, il tumore si era formato di nuovo e questa volta l’intervento non era stato possibile. Così era cominciato per lui il tempo della sofferenza. Alcune funzioni diminuivano (aveva dovuto accettare la sedia a rotelle) e aumentavano di giorno in giorno i disturbi tanto che, verso la fine, aveva anche dei principi di soffocamento. Ma Fr. Jakob ha accettato la croce serenamente e ci ha lasciato, riconciliato con Dio e con il mondo, preparato e maturo. Con gratitudine ascoltava chi pregava con lui e, quando poteva, si univa alle preghiere. È tornato così alla casa del Padre. Era un uomo semplice, sincero, modesto e fedele. Siamo grati di averlo avuto come confratello”. (Fr. Bruno Haspinger e P. Georg Klose)
IL PADRE: Vincenzo, di P. Gaspare Trasparano Di Vincenzo (I).
LA MADRE: Irene, di P. Giuseppe Giannini (KE); Amabile, di P. Ezechiele Ramin (†).
IL FRATELLO: Gerardo, di P. Giovanni Battista Volpato (†); Mario, di P. Remo Mariani (BS); Tarcisio, di Fr. Giovanni Bonafini (U).
LA SORELLA: Aurelia, di P. Efrem Angelini (EC); Liliana, di P. Severino Crescentini (I); Giuliana, di P. Marco Passerini (BNE).
LE SUORE MISSIONARIE COMBONIANE: Sr. M. Guerina Bonezzi; Sr. M. Carla Colognesi; Sr. M. Donata Agostini; Sr. M. Giacinta Spiller; Sr. Romualda Anselmi.
PREGHIERA
PER IL CAPITOLO GENERALE
Padre, Ti lodiamo e Ti benediciamo,
per aver scelto Daniele Comboni
come apostolo e testimone del Tuo amore
per i popoli dell’Africa.
Benedici la nostra volontà di continuare
la missione che a lui hai affidato.
Guida i nostri passi,
sull’esempio del nostro Fondatore,
perché possiamo donare senza limiti
quell’amore con cui ci chiami
ad essere Comboniani.
Manda il Tuo Spirito,
perché ci renda capaci di assumere
con coraggio e creatività
le nuove sfide della missione
per la venuta del Regno nel mondo d’oggi.
Per Cristo Gesù, Buon Pastore. Amen.