"Ormai mi sono abituato alla logica della morte. Il rischio è il denominatore comune di ogni scelta. Bisogna accettarlo con realismo e con fede in Dio"
La tragedia è avvenuta martedì 20 aprile 1982 alle ore 11,45, sulla strada che collega Kampala a Entebbe, in Uganda.
Padre Bilbao era al volante di un pulmino Wolkswagen, con lui viaggiavano il confratello P. Torquato Paolucci e una studentessa ugandese.
In un punto dove la grande strada asfaltata attraversa una zona disabitata, l’auto dei missionari venne raggiunta e affiancata da un’altra macchina sulla quale viaggiavano tre uomini armati. Costoro intimarono al missionario di fermarsi puntandogli in faccia la canna del mitra. Padre Bilbao, intuendo che aveva a chre con gente disposta al peggio, invece di fermarsi premette l’acceleratore nel vano tentativo di fuggire. Non ci riuscì: dalla macchina partì una vera pioggia di pallottole che fecero saltare i vetri del Wolkswagen e lo crivellarono con 16 colpi. Un colpo uccise all’istante padre Bilbao.
L’auto dei missionari sbandò e fini schiantandosi a tutta velocità contro un albero in un prato vicino. I tre assalitori si fermarono ed entrarono nel pulmino rubando tutto ciò che i missionari avevano in tasca, gli orologi e la ruota di scorta. Padre Paolucci, con il vestito imbrattato del sangue del confratello, si finse morto per non destare sospetti negli assalitori. La studentessa rimase sepolta da un mucchio di fogli e perciò non fu notata. Anch’essa come padre Paolucci, era rimasta incolume.
I banditi sicuri di non aver lasciato testimoni, se ne andarono in tutta fretta.
Padre Osmundo Bilbao Garamendi era nato a S. Julian de Musques, presso Bilbao (Spagna), il 7 novembre 1944. A 18 anni di età chiese di entrare tra i missionari comboniani. Nel 1969, a Moncada, in Spagna, padre Bilbao venne ordinato sacerdote e dopo alcuni mesi passati a Londra per imparare l’inglese partì alla volta dell’Uganda.
Dopo qualche tempo era già parroco della missione di Metu, una missione di montagna tra i Madi, al confine col Sudan.
“Quando lo inviai tra i Madi- ricorda padre Marchetti- gli scrissi scherzosamente: ‘Per te, Bilbao, non ci sono che i massi di Moyo e Metu, molto adatti a te’. Egli prese l’obbedianza come vera missione e si mise al alvoro a capofitto imparando bene la lingua, sentendosi attaccato al popolo Madi, collaborando con il clero locale e dandosi a tutte le opere di cui era particolarmente piena la missione di Moyo”.
In un’intervista sul mensile”Mundo Negro” padre Bilbao fa un bilancio di questi anni: “Ho lavorato nel nord dell’Uganda, nella zona che confina col Sudan, nella missione di Metu, tra la tribù Madi: ventimila abitanti la cui risorsa principale di vita è l’agricoltura.
Per il modo di comportarsi, i membri di questa tribù vengono chiamati ‘tedeschi dell’Africa’, e si sentono orgogliosi di distinguersi con questo appellativo. Sono molto nobili e sinceri.
Il nostro lavoro principale consiste nella formazione di comunità tanto a livello di Chiesa che a livello sociale ed economico, ma non è facile educarli al senso comunitario della vita.
Nonostante tutto, durante questi ultimi cinque anni, abbiamo impostato la nostra attività esclusivamente in questa linea perché capiamo che la nostra presenza diviene sempre più precaria. È necessario creare un minimo di condizioni che assicurino la continuità anche in una nostra eventuale assenza.
Oggi la Chiesa in quella zona ha raggiunto un grado di sviluppo e di autonomia molto notevoli…la nostra presenza può essere ancora molto utile, ma anche molto relativa”.
Dopo una breve vacanza in patria, nel 1977 ripartì per l’Uganda. Le prospettive non erano rosee. Il futuro era molto incerto e padre Osmundo lo lasciò ben intuire, ma non rinunciò a rientrare in Uganda. Alla domanda: “Perché ritorni?” Rispose:
“A farmi decidere ha influito parecchio l’attuale situazione in Uganda; è più facile che permettano di entrare a uno già noto che a uno che mette piede per la prima volta.
Nella mia decisione di ritornare ci gioca anche il sentimento e l’affetto, cose del tutto naturali per chi, da cinque anni, condivide la vita di quella gente. Chi è chiamato non può resistere all’irresistibile tentazione del ritorno… L’andare o il ritornare è sempre questione di essere chiamato da Dio. Supposta l’esistenza di questa chiamata e le attitudini necessarie per la vita missionaria, è indispensabile una risposta, e questa comporta sempre una decisione che va al di là di ogni sicurezza”:
Il rischio di padre Bilbao non era fatto di parole. Rientrava in Uganda, a Kampala, mentre il paese viveva i momenti più tragici della sua storia. La situazione era caotica sotto ogni aspetto. I comboniani e le comboniani si sentivano motivo di speranza per la loro gente che viveva momenti di disperazione.