Venerdì 28 gennaio 2022
Nel secondo capitolo della Fratelli tutti papa Francesco presenta una riflessione teologica sulla realtà che stiamo vivendo, alla luce del Vangelo. La parabola del buon samaritano (Lc 10, 25-37) ci offre una chiave di lettura della realtà di esclusione e indifferenza, di disuguaglianze e violenza e della cultura dello scarto che caratterizzano il nostro tempo.

Con i suoi gesti, il buon samaritano ha mostrato che l’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma è tempo di incontro. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile; non possiamo lasciare che qualcuno rimanga ai margini della vita: questo è dignità. L’esclusione o l’inclusione di chi soffre lungo la strada definisce tutti i progetti economici, politici, sociali e religiosi. Gesù ha fiducia nella parte migliore dello spirito umano e con la parabola la incoraggia affinché aderisca all’amore.

Pertanto siamo tutti chiamati ad una cittadinanza attiva per costruire legami sociali per il bene comune; per ricostruire sempre nuovamente l’ordine politico e sociale, il tessuto di relazioni, il progetto umano. Si tratta di dar vita ad uno spazio di corresponsabilità capace d avviare e generare processi e trasformazioni. Dobbiamo essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle nostre società ferite. Ciò significa esprimere il nostro essere fratelli e sorelle che prendono su di sé il dolore dei fallimenti, invece di fomentare odi e risentimenti. Ci vuole solo il desiderio di essere popolo, di essere costanti ed instancabili nell’impegno di includere, di integrare, di risollevare chi è caduto.

In termini pratici, è possibile cominciare dal basso e caso per caso, lottare per ciò che è più concreto e locale. Papa Francesco ci invita a cercare gli altri e a farci carico della realtà che ci spetta, senza temere il dolore e l’impotenza, perché lì c’è tutto il bene che Dio ha seminato nel cuore dell’essere umano. Le difficoltà che sembrano enormi sono l’opportunità per crescere e non la scusa per la tristezza inerte che favorisce la sottomissione. La cosa essenziale è di non agire da soli, individualmente, nell’isolamento o nella frammentazione, ma di farlo assieme e crescere come popolo inclusivo.
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