Martedì 8 aprile 2025
I missionari e le missionarie della Chiesa cattolica che vivono in Mozambico hanno difficoltà a definirla una “guerriglia islamista”. «In realtà io non parlerei mai di guerriglia islamista o, peggio ancora, di gruppi islamici: penso che questo terrorismo mantenga solo una facciata religiosa, ma è sostanzialmente legato allo sfruttamento delle materie prime. I terroristi danno un’impronta simil religiosa alle loro azioni criminali, ma sono pagati da potenze straniere», ci spiega al telefono da Nampula la comboniana suor Anna Insogna. [Ilaria De Bonis – L’Osservatore Romano]
La guerriglia interna che dal 2017 affligge il nord del Mozambico, ricco soprattutto di gas naturale e rubini, ha fatto finora oltre 9.000 morti, con incursioni armate giunte fin dentro il territorio di Nacala. E da allora non si è mai conclusa. Il mese scorso, tuttavia, le azioni terroristiche risultavano leggermente attenuate. Secondo le mappe del Cabo Ligado Observatory, portale creato dall’organizzazione no-profit internazionale Acled, il motivo dell’apparente “silenzio” dei terroristi sarebbe legato al Ramadan.
Durante il mese di digiuno rituale per l’Islam (che quest’anno cadeva a marzo), infatti, i guerriglieri affiliati all’Isis avrebbero limitato di molto le loro incursioni armate. Spingendo però l’acceleratore sul proselitismo, sugli atti vandalici e compiendo «tour di predicazione» a bordo di piccole imbarcazioni per indurre i locali al rispetto di rigidi precetti. I “ribelli” (insurgentes in portoghese) sembrano aver «temporaneamente deposto le armi – si legge nel report di Cabo Ligado – limitando i massacri, ma non sono mai spariti da Cabo Delgado».
La pratica di terrorizzare la gente del posto, girando nei villaggi alla ricerca di soldi e cibo, non è cambiata. Tuttavia i missionari e le missionarie della Chiesa cattolica che vivono in Mozambico hanno difficoltà a definirla una “guerriglia islamista”. «In realtà io non parlerei mai di guerriglia islamista o peggio ancora di gruppi islamici: penso che questo terrorismo mantenga solo una facciata religiosa, ma è sostanzialmente legato allo sfruttamento delle materie prime. I terroristi danno un’impronta simil religiosa alle loro azioni criminali, ma sono pagati da potenze straniere», ci spiega al telefono da Nampula la comboniana suor Anna Insogna.
Gli analisti ed osservatorio internazionali dicono che il gruppo armato continua ad usare la bandiera dell’Islam ma annovera tra le vittime i musulmani stessi. Anche questa “tregua” dovuta al Ramadan appare piuttosto strumentale: «L’attività dello Stato islamico (Is) del Mozambico – scrive ancora il Cabo ligado Observatory – ha registrato livelli bassi nel mese di marzo ma il gruppo è stato avvistato nei distretti di Meluco, Macomia e Mocímboa da Praia». Le violenze contro i civili si sono “limitate” a tre episodi e le vittime ammontano a poche unità.
Ciò non toglie che «la mattina del 17 marzo i ribelli abbiano attaccato il villaggio di Iba, 80 km ad est di Ravia, uccidendo un civile e appiccando il fuoco a 60 abitazioni». L’Is ha condiviso delle foto che mostrano i “ribelli” alle prese con l’incendio di una casa e uno degli abitanti catturato e messo in mostra come un trofeo. «Li hanno visti muoversi liberamente e con disinvoltura su piccole imbarcazioni lungo la costa nei distretti di Mocimboa da Praia e Macomia, a nord del Mozambico — scrive il portale — Circa 30 di loro erano nel villaggio di Malinde, a meno di dieci km da Mocimboa da Praia, e sono entrati nei villaggi di Milamba, Pequeué e Pangane per chiedere cibo e denaro». Gli elementi per spiegare tanta violenza vanno dalla povertà materiale (i residenti sono spesso reclutati tra i guerriglieri) alla competizione per le risorse, al fattore etnico.
«Cabo Delgado in realtà è una delle regioni più povere del Mozambico — sostiene in un suo scritto Mario Zamponi, docente di Storia e Istituzioni dell’Africa all’università di Bologna — e una delle aree in cui la scoperta di significativi giacimenti di gas ha creato aspettative disattese, in quanto le aziende internazionali sono ancora nella fase di costruzione di un’industria del Gas naturale liquefatto che non ha offerto benefici economici alla popolazione».
Tutto questo ha avuto inizio nel 2017 quando uomini armati attaccano e occupano per ore la città di Mocimboa da Praia, rubando armi e fuggendo nella boscaglia all’arrivo della polizia. La maggior parte degli insorti era costituita da uomini cresciuti lì «anche se alcuni provenivano da altre zone e avevano accenti stranieri», dice Zamponi. Nel 2018 gli insorti hanno iniziato ad attuare assalti anche durante il giorno e dal 2019 in poi a prendere di mira piccole città, avamposti dell’esercito e mezzi di trasporto. Da allora, vivere e lavorare nel nord del Mozambico è diventato un inferno senza vie d’uscita.
Anche per i missionari. A Chipene, il 6 settembre 2022 la comboniana suor Maria De Coppi è stata uccisa proprio dai guerriglieri che in quel caso si erano spinti molto più a sud. Le multinazionali del gas e petrolio presenti a Cabo Delgado continuano però a portare avanti il loro business sia nelle acque profonde dell’Oceano, sia sulla terraferma, proteggendo i loro impianti tramite contractors e guardie private. Mentre il resto della popolazione rischia la vita o fugge via alimentando io numero degli sfollati interni.
Ilaria De Bonis – L’Osservatore Romano