Roma, domenica 16 dicembre 2012
Padre Saverio Paolillo, 50 anni, missionario comboniano italiano, ha ricevuto un altro riconoscimento per il suo impegno in difesa della dignità umana soprattutto di ragazzi e giovani. La cerimonia è avvenuta in Brasilia il 12 dicembre scorso, durante la quale è stato lanciato dall’ONU, Comunità Europea e Governo brasiliano, un libro – “I dieci volti della lotta dei diritti umani in Brasile” – in omaggio a dieci militanti di diritti umani minacciati, tra cui c’è anche P. Saverio Paolillo (nella foto a destra). Padre Xavier, come è conosciuto in Brasile, lo ha comunicato in una lettera, di cui si propone il testo integrale.
Carissimi Amici,
Vi scrivo dall’Italia, da dove mi trovo già da alcuni giorni. Mi fermerò fino alla fine di maggio 2013. Ho chiesto ai miei superiori di fare un corso di aggiornamento. Dopo quasi 25 anni di dedicazione a questo lavoro ho sentito il bisogno di “mettermi un po’ da parte” dal lavoro pastorale per un periodo di riflessione personale. Ho bisogno di digerire tutte le esperienze che ho vissuto in tutti questi anni. Il “mettermi da parte” non vuol dire assolutamente “mettere da parte” la mia vocazione e il mio impegno in difesa della vita e della dignità umana. Vi assicuro che non metterò mai da parte tutte le persone che ho incontrato in questi anni e, soprattutto il bene che mi hanno fatto. I poveri, i piccoli e i deboli faranno sempre parte della mia vita. Sull’esempio del Comboni, quante vite il Signore mi darà, tutte loro saranno sempre dedicate al servizio dei più poveri. Il lavoro è in buone mani. Vi chiedo di continuare ad appoggiarci. Abbiamo tante sfide e minacce davanti a noi, ma con la Grazia di Dio riusciremo a superarle.
La nostra lotta in difesa dei diritti umani ci ha creato tanti problemi, come c’era da aspettarselo. Le persecuzioni ormai sono all’ordine del giorno. Le istituzioni, invece di aiutarci, ci mettono i bastoni tra le ruote. La burocrazia ci strappa tempo e energie preziose che, ben utilizzate, potrebbero aiutarci a salvare ancora più vite. È di questi giorni la diffusione di una ricerca che pone il comune di Serra al terzo posto per numero di omicidi tra adolescenti e giovani. Ad ogni gruppo di 1000 ragazzi tra i 14 e 19 anni ne vengono uccisi quasi nove. Non c’è da perdere tempo. Secondo le previsioni, oltre 35 mila ragazzi potranno essere uccisi in tutto il Brasile fino al 2016.
È proprio vero quello che diceva il Comboni: “Le opere di Dio nascono ai piedi della croce”.
Il mio allontanamento provvisorio serve anche per restituire un po’ di serenità a me e a tutti i miei collaboratori, perché era grande il rischio di vendette trasversali.
Ringrazio il Cielo per tutti i collaboratori che sul posto continuano a dedicarsi a questo generoso lavoro. Ricordo in maniera speciale Dilma, a cui, già da tempo, è stato affidato il servizio della coordinazione generale. Voglio anche menzionare tutte le altre coordinatrici dei singoli progetti (Solange, Luciana, Ivanice, Leia, Márcia, Sônia e Deomelia) che da anni non si risparmiano per garantire ai nostri bambini e adolescenti migliori condizioni di vita. Tramite loro ringrazio anche tutti gli altri educatori. Si realizza un altro desiderio tipicamente comboniano: “Salvare l’Africa con l’Africa”. Sin dall’inizio i progetti sono andati avanti grazie alla dedicazione della gente del posto che da sempre si è presa cura dei suoi bambini.
È bello costatare che tra i principali collaboratori ci sono già alcuni dei nostri ragazzi. In questi giorni è tornata Graziela, una delle prime ragazze di strada che abbiamo accolto agli inizi del 2000. Dopo aver fatto tutto il percorso con noi ed essere ritornata in famiglia, attualmente sta facendo un corso e una analisi psicologica per assumere il ruolo di educatrice residente in una delle nostre case famiglie. Lo stesso è avvenuto nella Casa Famiglia Luca Fossati dove Celio, un ragazzo abbandonato dai genitori sin dalla tenera età, dopo aver vissuto alcuni anni con noi ed aver fatto un´esperienza fuori come cameriere in un ristorante, ha fatto un corso ed ora opera come educatore residente in quella casa.
Un ricordo speciale lo voglio riservare a Marcelo, uno dei primissimi collaboratori che da anni lavora con noi e che ora, dopo la mia partenza, ha preso su di sé, tra gli altri incarichi, la difficile responsabilità di seguire i ragazzi del carcere minorile. Tutte le settimane, insieme ad un gruppo di collaboratori, visita le carceri prendendosi cura di quei ragazzi con una dedicazione invidiabile.
Ve ne posso citare altri di esempi, ma questi sono i più significativi. Uno dei principi del nostro lavoro è quello del protagonismo giovanile. I ragazzi non possono essere semplici assistiti, ma soggetti di diritti che, nel rispetto della loro età e delle loro competenze, devono avere voce attiva e agire da protagonisti nella costruzione della loro storia e di quella del loro paese.
Voglio ricordare anche Marta, Sônia, Célia, Gilmar, Veronica, Padre Kelder, Bruno e tanti altri con cui ho condiviso tante battaglie in questi anni e che continuano a svolgere il ruolo di difensori di diritti umani con grande coraggio. Sono persone che hanno preso sul serio la fedeltà al Vangelo.
Trascorrerò il Natale in casa e poi, da gennaio, sarò a Roma.
Vi mando, in allegato, l’ultimo riconoscimento che ho ricevuto il 12 dicembre. Il governo brasiliano, l’ONU e la Comunità Europea hanno pubblicato un libro raccogliendo le testimonianze di 10 militanti di diritti umani minacciati di morte, tra cui hanno scelto anche me. In questo momento di tristezza per essere venuto via da un paese che amo con passione, questo riconoscimento è una consolazione. Ancora una volta lo dedico a tutti voi che siete parte di questa storia. La nostra è una costruzione collettiva.
Quest’anno davanti al presepe mi sento un agnellino, forse quello più piccolo portato sulle spalle dell´ultimo pastore. Dopo essermi fatto carico di tanti, sono io questa volta, ad avere bisogno di una spalla su cui appoggiarmi. Spero che il mio amico pastorello mi porti sempre più vicino a Gesù Bambino perche possa avere un po’ di spazio accanto alla sua mangiatoia. Perché, pur vivendo in questi mesi in un contesto di maggiore tranquillità, è dalla mangiatoia del Bambinello che voglio continuare ad osservare il mondo. È la grotta di Betlemme il punto di riferimento delle mie scelte. Roma ricorda Gerusalemme. Porta alla memoria la cultura di palazzo, seduce con la tentazione del potere, può indurre alla mediocrità e all’imborghesimento, ma c’è tanta Galilea anche lì. Me ne sono accorto sin dal mio primo arrivo. Erano le ore 23 quando arrivai a Roma l’undici dicembre. Confesso che mi sentì in casa. La stazione pullulava di poveri. Era il punto di ritrovo di quelli che vivono sommersi durante il giorno perché per loro non c’è spazio nel tran tran quotidiano. Ce ne erano di tutti i colori, di tutte le razze, di tutte le religioni. Si udivano lingue diverse, ma, allo stesso tempo, dialetti di varie regioni di Italia, segno evidente di come la povertà attinge sempre di più anche gli italiani. Erano ammucchiati in gruppi variopinti in cui si superavano le differenze. Si trattavano da amici. Si scambiavano il poco che avevano. Sembravano i gruppi dei pastori che nella loro emarginazione ebbero il privilegio di essere avvisati per primi della nascita del Messia. Questo rimane il mio mondo. L’universo delle mie opzioni.
Tra i tanti volti che ho visto quella sera ce n’è stato uno che mi ha colpito di più. Era quello di un ragazzino, che doveva avere all’incirca 12 anni. Suonava il violino nei vagoni della metropolitana. Le tristi note della sua melodia erano scritte sullo spartito spento dei suoi occhi. Mi ha fatto tanta tenerezza. Aveva il sembiante dei nostri ragazzi. Cambiava solo la latitudine geografica, ma la tragedia umana era la stessa.
Gesù ci aveva avvisato: “I poveri li avrete sempre con voi”. Non c´è come svignarsela e fare finta di non vedere. Loro sono sempre lì, sulla porta di casa, all´uscita delle nostre chiese, sdraiati sotto i cartoni sui nostri marciapiedi, sotto i nostri portici, alla nostra portata di mano. Ci circondano con la mano tesa mentre siamo al bar e cerchiamo di prenderci un caffè. Urtano la nostra sensibilità quando si trascinano dietro i loro bambini per ricattare le nostre coscienze. Quasi sempre ci infastidiscono. In realtà ad infastidirci dovrebbe essere la povertà che, oltre ad essere un peccato, dovrebbe essere considerata un delitto de lesa umanità. Dovremmo avere il coraggio di trascinare davanti alle corti nazionali e internazionali tutte le istituzioni che creano le condizioni perché ci siano persone costrette a vivere nella miseria o che non fanno i passi necessari per garantire a tutti vita con dignità.
Questo dovrebbe essere l’impegno che ciascuno di noi dovrebbe assumere davanti al presepe. Non dimentichiamoci che il volto dei poveri non è così diverso da quello dei personaggi dei nostri presepi. Per quanto possano essere artistici, tutti loro hanno il volto dei poveri. Lo stesso Bambinello, pur paffutello, giace sempre in una condizione di povertà. Anche Lui forse comincia a infastidirci. È per questo che stiamo scappando via dalla grotta di Betlemme e ce ne stiamo andando in Lapponia. Il faccione di Babbo Natale, con la sua slitta carica di regali è molto più affascinante di un Dio Bambino che disteso in una mangiatoia ci invita a dare e a donarsi.
Ricordiamoci nelle preghiere, ma soprattutto ricordatevi dei nostri bambini. Che continuino ad occupare la parte più importante del vostro cuore.
Buon Natale
Dio dica bene di tutti noi.
Barletta, 15 dicembre 2012
P. Saverio Paolillo, mccj