Riccardo Mele era uno studente liceale nella sua Sicilia quando a 19 anni entrò nel noviziato dei Comboniani a Firenze (1947), deciso a percorrere il cammino del sacerdozio (1956) e della missione. Fu uno dei primissimi Comboniani ad arrivare in Spagna, da giovane prete, appena ordinato. L’unica casa era allora la residenza del cappellano delle Suore della Visitazione a San Sebastián, in vista di dare inizio a un gran Collegio-Seminario missionario a Corella (Navarra), che di fatto si aprì qualche anno dopo.
Reclutatore in Spagna
A P. Riccardo fu dato quasi subito l’incarico di reclutatore, come si diceva allora, cioè promotore vocazionale. Doveva girare per le parrocchie, le scuole e le famiglie per portare ragazzi a Corella. Cominciò subito a visitare alcuni paesi baschi intorno a San Sebastián, ma ben presto si accorse che la vicina diocesi di Pamplona offriva migliori speranze vocazionali, per cui si trasferì volentieri in una sede provvisoria a Corella, in attesa di entrare nella nuova casa, già in costruzione.
Fu in quegli anni di Corella che lo conobbi, quando arrivai, anch’io giovane prete, in settembre del 1961, e mi dettero casualmente una stanza vicina alla sua. Riccardo era gioviale, entusiasta, generoso; aveva imparato bene lo spagnolo, anche con le varianti locali delle rive dell’Ebro. Fino a quel momento, la missione e l’Africa le aveva imparate sui libri e nelle testimonianze dei missionari, ma l’ardore missionario l’aveva nel cuore: sapeva appassionare i ragazzi parlando di Comboni e degli africani. Durante un buon lustro percorse a tappeto, con la FIAT 600, varie parrocchie nelle vicine province di Navarra, Rioja, Soria, Zaragoza…, chiedendo di parlare ai ragazzi nelle scuole e nelle parrocchie. Frutto di quegli anni di scorribande vocazionali sono, tra gli altri, i Padri Javier Sagasti, Felipe Castrejana, José Istúriz e suo fratello Miguel Ángel (+)… Le domeniche poi aiutava spesso per le giornate missionarie e il ministero nelle parrocchie, dando così un buon contributo all’economia della comunità.
Per un altro lustro Riccardo fu poi assegnato a San Sebastián, dove, da alcuni anni si pubblicava Aguiluchos, rivista missionaria per ragazzi, alla quale diede un forte impulso, abbinando il lavoro di redazione con la diffusione, andando lui stesso nelle scuole.
In Perù
Nel 1968 lasciò la Spagna per un periodo di aggiornamento in Italia, prima della nuova destinazione: l’America Latina, dove lavorò per quasi 25 anni. Dopo un breve passaggio in Ecuador, il suo principale campo di lavoro fu il Perù, dal 1972. In quegli anni le periferie della capitale e delle altre città della costa si stavano ingrossando sensibilmente per l’arrivo di interi villaggi che si spostavano dalle Ande, prima in cerca di maggior benessere e, negli anni ’80, soprattutto per fuggire dai crudeli movimenti terroristici Sendero Luminoso e MRTA (Movimiento Revolucionario Tupac Amaru).
Per venire incontro alle nuove urgenze pastorali, i Comboniani fondarono nel 1970 la parrocchia “Los 12 Apóstoles” di Chorrillos, nella periferia a sudovest di Lima verso l’Oceano Pacifico, dove si insediavano continuamente nuovi “Pueblos jóvenes”. Il primo parroco fu P. Mario Mazzoni, coadiuvato ben presto da P. Riccardo Mele, che, dopo alcuni anni, fu chiamato a continuarne l’opera. Fu lì a Lima che, negli anni’80, incontrai nuovamente l’amico Riccardo.
La presenza di Comboniani italiani in Perù dal 1966 rispondeva anche ad un piano di integrazione con i Comboniani di lingua tedesca, che erano in Perù dal 1938, essendo stati essi i primi Comboniani ad arrivare nel continente americano. La presenza simultanea dei due gruppi aveva lo scopo di superare nei fatti la divisione avvenuta nel 1923 e di camminare insieme verso la riunificazione dei due Istituti, che finalmente si raggiunse nel 1979. I Padri Mazzoni, Mele, Eccher, Pasina e gli altri italiani accettarono quel progetto e collaborarono alla sua realizzazione.
La gente che scendeva dalle Ande arrivava senza una programmazione e senza piani urbanistici. Grazie anche al clima secco e benevolo di Lima, alla gente bastava ‘invadere’ di notte le zone libere, stendere delle stuoie sulla sabbia, piantare una bandiera per dire che era terreno occupato; durante il giorno qualche donna restava sul posto a custodire gli scarsi bagagli, mentre gli uomini, i ragazzi e le altre donne andavano in città fino a sera in cerca di un lavoro precario e di qualcosa da mangiare; per i bambini era prematuro pensare alla scuola; per mettere un mattone sull’altro bisognava poi aspettare due, cinque, dieci anni… Problemi a non finire per queste popolazioni giovani, alle quali l’unica cosa che non mancava era la speranza. Nella loro tradizione la maggior parte erano cattolici, ma la pratica della vita cristiana era carente. C’erano problemi di promozione umana, istruzione e sanità, difesa dei diritti essenziali, integrazione umana e sociale fra gente che non si era mai conosciuta prima…
Il Plan NIP
Alle enormi esigenze bisognava rispondere con metodi pastorali innovativi; e i missionari Mario, Riccardo e altri non trovarono di meglio che adottare il Plan NIP (Nuova Immagine di Parrocchia), che si ispirava al Movimento per un Mondo Migliore, lanciato dal gesuita P. Riccardo Lombardi nel dopoguerra, allo scopo di ricostruire sulle macerie del conflitto mondiale nuovi tessuti umani, familiari, sociali, religiosi, cristiani. La nuova parrocchia doveva essere un centro di evangelizzazione, formazione umana e religiosa dei parrocchiani; svilupparsi come comunione di piccole comunità; bisognava far crescere le persone dentro i gruppi e integrare i gruppi in seno alla comunità più grande; occorreva scoprire e formare leader, distribuire responsabilità, coinvolgere il maggior numero di persone; salvaguardare l’autonomia delle piccole comunità, ma sempre dentro l’unità di tutta la parrocchia.
Il Piano era promettente, ma la metodologia e la pianificazione delle attività esigevano dai sacerdoti una dedizione piena, presenza costante, chiarezza nei rapporti, capacità di animazione, e soprattutto continue e svariate sessioni di formazione ai vari livelli. P. Riccardo ebbe qui il suo momento stellare; diede il meglio di sé per la vita della parrocchia in quegli anni, e la vide crescere fino alla maturità, cioè fino a quando giunse il momento di consegnare al clero diocesano la parte più sviluppata e organizzata. In tal modo, i missionari si spinsero ancor più in periferia per lavorare tra comunità più bisognose. Queste ultime tappe furono a carico dei successori di P. Riccardo (i PP. Silvester Engl, Conrado Franco e altri).
Le piccole comunità crescevano, il lavoro aumentava; fortunatamente confratelli di altre comunità di Lima o di passaggio aiutavano per il ministero nelle varie cappelle. Ricordo che P. Riccardo mi era sempre riconoscente quando alla domenica potevo aiutarlo con una Messa o altro. Era un lavoratore instancabile e un bravo organizzatore e ne portava il peso maggiore; era rigido nella povertà, esatto nei conti. Qualche confratello lo considerava un po’ troppo accentratore, ma, si capisce, con tante cose... Dopo il buon periodo di Lima, P. Mele fu assegnato alla comunità comboniana in Cile, dove rimase per un altro lustro (1987-1993), dando uno speciale impulso al bollettino di informazione missionaria e di collegamento con amici e benefattori. Quindi rientrò definitivamente in Italia.
Un aneddoto
In una calda giornata Riccardo decise di concedersi un tuffo in mare. Lasciò i vestiti dentro l’auto chiusa e si avviò in costume da bagno verso la spiaggia. Quando uscì dall’acqua, andò per riprendersi i vestiti, ma l’auto era scomparsa; si diceva fosse stato un terrorista di Sendero Luminoso. Come fare? Andò in un bar vicino e disse: “Io sono il parroco…” (ma chi ci credeva, vedendolo così, in costume?)… Chiese che, per favore, avvisassero la parrocchia perché qualcuno venisse in soccorso... L’auto intanto era stata abbandonata…
Grazie, Riccardo. Prega per noi.
P. Romeo Ballan, mccj
Ricordando con stima e affetto P. Riccardo
Dopo due anni di lavoro missionario in Ecuador, arrivò a Lima e si unì al lavoro pastorale che portavo avanti da qualche anno nella parrocchia di recente fondazione di “Los Doce Apostoles” a Chorrillos. Lavorammo insieme fino al 1969 quando i superiori mi chiesero di andare in Spagna per la promozione vocazionale. Portò avanti la pastorale per diversi anni e a Chorrillos ancora lo ricordano per il suo zelo missionario. Nel 1993, con profonda tristezza, lasciò il Perù, dove aveva dato con entusiasmo il meglio di sé.
L’ho visto qualche giorno prima del suo ritorno al Padre. Gli ho detto: “Guarda che tocca prima a me che sono più vecchio” ma, come al solito, non mi ha ascoltato. Ora, caro Riccardo, ricordati di tutti noi e soprattutto dei Chorrillani che ancora si ricordano del tuo instancabile lavoro missionario e dei tuoi… buoni rimproveri. Riposa in pace.
(P. Mario Mazzoni).
Da Mccj Bulletin n. 274 suppl. In Memoriam, gennaio 2018, p. 1-6.