“Siamo mercanti del tempio se, usciti di Chiesa, continuiamo a calunniare, sfruttare, derubare il nostro fratello. Siamo mercanti del tempio se, usciti di Chiesa, calpestiamo la giustizia, ricerchiamo guadagni, titoli, privilegi con inganno e imbrogli. E siamo ancora mercanti del tempio se, usciti di Chiesa, non siamo capaci di imboccare la strada della pulizia interiore, di onestà, di giustizia, di attenzione al prossimo, di rispetto agli altri. (Papa Francesco)
Dal monte Tabor al monte del Tempio
“Non fate della casa del Padre mio un mercato!”
Giovanni 2,13-25
Eccoci alla terza domenica di Quaresima. Dal deserto (per un incontro profondo con noi stessi) siamo ascesi al Tabor con Gesù (per un incontro trasfigurante con Dio). Oggi saliamo a Gerusalemme, al Tempio del Signore, per rivedere e purificare il nostro rapporto con Dio. Andiamo con Gesù in pellegrinaggio perché si avvicina la Pasqua. Gerusalemme brulica di pellegrini, più di centomila, accorsi da tutte le parti del territorio e dalla diaspora. La Pasqua è la festa per eccellenza, la festa della nostra liberazione. Così dice il Signore: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile!” (prima lettura).
La prima Pasqua, punto di partenza
Il vangelo che ci guida in questa visita al Tempio non è più Marco, ma Giovanni. Cosa singolare, l’evangelista Giovanni colloca questa Pasqua all’inizio della vita pubblica di Gesù, mentre i sinottici (Matteo, Marco e Luca) la collocano alla fine del suo ministero, alcuni giorni prima di essere condannato e crocifisso. Per Giovanni è il punto di partenza, per gli altri evangelisti è il punto d’arrivo. Il fatto non dovrebbe stupirci, se teniamo conto che i racconti sono allineati secondo lo scopo catechetico che ogni vangelo si propone. Bisogna notare, inoltre, che solo Giovanni ci parla di tre Pasque durante la vita pubblica di Gesù (cf. Gv 2,13; 6,4; 11,55), mentre i sinottici parlano di una sola, quella finale. Il racconto di Giovanni è più articolato e ci fornisce dati storici preziosi, mentre i sinottici raccontano il vangelo in un modo lineare, come se tutto il ministero di Gesù fosse orientato e si svolgesse in funzione di quella sola Pasqua della sua passione, morte e risurrezione.
Questa Pasqua è quella conosciuta come della “purificazione del Tempio”. Gesù “trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete”. A questa vista Gesù andò su tutte le furie: “Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi…”. Non si era mai visto una cosa simile, dai tempi dei profeti!
Precisiamo che quando si parla di Tempio (“hieròn”, in greco) non si riferisce al Santuario (“naòs”, in greco). Mentre il “tempio” include tutto l’insieme, il “santuario” è la sua parte più interna e sacra. In questo caso si trattava della parte più esterna, l’enorme spianata con un’area corrispondente a 22 campi da calcio regolamentari (F. Armellini) dove tutti potevano entrare, peccatori, impuri e pagani. Quindi, non era di per sé un luogo sacro. Dalla spianata, tramite diverse barriere per “scremare” le persone “pure” avevano accesso agli atri interni: quello per le donne e poi quello per gli uomini; successivamente il Santuario, accessibile solo ai sacerdoti, ed infine il “Santo dei santi”, dove entrava il Sommo Sacerdote una volta all’anno. Il Tempio era stato ricostruito dal re Erode il Grande (quello della “strage degli innocenti”!) ed era una delle grandi meraviglie dell’epoca, sia per la bellezza che per la sua grandezza, degno davvero del nome di Erode! Ebbene, Gesù interviene in quella parte più esterna, dove c’era un reparto per gli animali destinati ai sacrifici. Lo storico ebreo Giuseppe Flavio (nato nel 37 d.C) ha scritto che per Pasqua si immolavano circa 20.000 agnelli! Noi immaginiamo la scena in modo spettacolare. In realtà, tenuto conto dell’estensione degli spazi e del numero esorbitante di animali, il gesto di Gesù sarà stato un atto provocatorio, un gesto profetico di indignazione. Il profeta Malachia (3,1-6) aveva detto che il Messia, “come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai”, avrebbe purificato il Tempio e il culto. Per questo i capi religiosi gli chiederanno: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”.
La purificazione del Tempio del nostro cuore
Quale è il senso profondo di questo episodio per noi oggi? In che modo ci interpella? Mi limito a presentare quattro aspetti.
1) La collera del “Leone di Giuda”. Siamo abituati a vedere un Gesù “mite ed umile di cuore” e, quindi, rimaniamo stupiti e sconcertati davanti a questa sua reazione. Non affrettiamoci a definire questa collera come “santa”, quanto piuttosto… sana! Gesù, il Figlio di Dio, è vero uomo e conosce tutti i sentimenti nostri di reazione agli eventi. Come interpretare questo gesto? L’evangelista ci offre la chiave di lettura: “I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà»” (Salmo 69,10). Questa ira di Gesù interpella un certo atteggiamento nostro da “collo storto” e “senza spina dorsale”. Sì, egli è “l’agnello di Dio”, ma pure “il Leone di Giuda” (Apocalisse 5,5), e così devono essere i suoi discepoli. Il nostro problema è che quando dovremmo essere dei “leoni” ci comportiamo da “agnelli”, per paura e codardia. Quando dovremmo essere degli “agnelli” agiamo da “leoni”, mossi dalla violenza e dalla aggressività!
2) Il connubio tra Dio e il denaro! “Non fate della casa del Padre mio un mercato!”. Ecco la grande denuncia profetica di Gesù: il dio mammona si è impossessato del Tempio di Dio. La Pasqua era la grande occasione annuale degli affari, per la vendita degli animali per i sacrifici, per il cambio della moneta di quelli che provenivano dalla diaspora e per la moneta che circolava nel Tempio, dove non si poteva introdurre la moneta “profana” con l’effigie del Cesare. Inoltre, era a Pasqua che si portava la tassa per il tempio. In quei giorni scorreva un fiume di denaro, gestito dalla classe sacerdotale, specie dalla famiglia dei Sommi sacerdoti, Anna e Caifa. Solo per farci un’idea, il Tempio di Gerusalemme era considerato la più grande “banca” dell’antico medio-oriente. Non sbarazziamoci troppo sbrigativamente da questa denuncia, credendo che non ci riguardi o tutt’al più riguardi la chiesa istituzionale. In realtà tutti rischiamo di servire il dio denaro e che questo idolo occupi il posto di Dio nel nostro cuore!
3) È tramontata l’epoca dei “sacrifici”! “ Portate via di qui queste cose”, dice Gesù ai venditori, cacciando via dal Tempio gli animali per i sacrifici. Ma, se non ci sono gli animali, come si faranno i sacrifici?! Se non c’è l’agnello, come celebrare la Pasqua? È finita l’era dei sacrifici; è tempo di fare un passo in avanti in questa religiosità pagana che pretende di compiacere Dio con i sacrifici. Dio è gratuito nel suo amore; non vuole sacrifici, ma giustizia, amore e compassione! Non diamo per scontato che noi abbiamo compiuto questo passo. Tutti siamo tentati di pensare che Dio ci ama, se… siamo buoni; se adempiamo certi doveri; se andiamo a messa la domenica!… Certe pratiche rischiano di essere fatte con una vera mentalità mercantile, una forma di comprare il favore di Dio. Siamo facilmente “religiosi”, ma lenti a credere!
4) Gesù, il nuovo Santuario. “Distruggete questo tempio [“naòs”, santuario] e in tre giorni lo farò risorgere”, risponde Gesù enigmaticamente ai capi religiosi. I suoi discepoli lo capiranno solo dopo la risurrezione: “Egli parlava del tempio del suo corpo”. Più tardi Gesù dirà alla samaritana: “Viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità” (Giovanni 4,23). Gesù è il nuovo e definitivo Tempio/Santuario. Non c’è più uno spazio e un tempo sacro che possa circoscrivere la presenza di Dio. Nel Nuovo Testamento c’è una convinzione che il cristiano è associato a questo nuovo Tempio e nuova liturgia. Dice Pietro: “Quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo” (1 Pietro 2,5). Dice Paolo: “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi” (1 Corinzi 3,16-17). Oggi è cresciuta la consapevolezza che non solo il cristiano, ma ogni uomo e donna è Tempio di Dio da rispettare!
Riflessione per la settimana:
1) Confrontati con i quattro aspetti sopra accennati per portare avanti la purificazione del Tempio del tuo cuore. Se bisogno ci fosse, chiedi al Signore di intervenire con la “frusta” della sua Parola.
2) Chiediti quanto è cresciuta in te la consapevolezza che ogni uomo/donna è Tempio di Dio.
P. Manuel João Pereira Correia, mccj
Verona, febbraio 2024
Gesù e il tempio
Ascoltando il Vangelo di questa domenica, vien voglia di compiacersi e felicitarsi con Cristo per il gesto che sta facendo. Finalmente, finalmente Gesù ci insegna a fare piazza pulita di tutte le storture e deformazioni che si fanno in nome della fede e della carità. Magari riferendosi a tariffe per servizi religiosi, matrimoni, funerali, celebrazione di Messe, vendita di medaglie, candele e roba varia. “Dio non ha nulla a che vedere con i soldi”, ha detto Papa Francesco denunciando la deriva affaristica della Chiesa. Ma se ci fermassimo solo a questo avremmo una visione riduttiva e strumentale del gesto di Gesù. C’è anche e soprattutto il mercanteggiare e il negoziare con il Signore. E questo riguarda tutti e ognuno di noi. Venire al Tempio per sentirsi a posto in coscienza, ascoltare la Messa perché c’è un preciso comandamento, credere di sistemare le nostre cose poco buone con la santa Comunione, questo, questo non è altro che mercanteggiare con Dio. Siamo mercanti del tempio se, usciti di Chiesa, continuiamo a calunniare, sfruttare, derubare il nostro fratello. Siamo mercanti del tempio se, usciti di Chiesa, calpestiamo la giustizia, ricerchiamo guadagni, titoli, privilegi con inganno e imbrogli. E siamo ancora mercanti del tempio se, usciti di Chiesa, non siamo capaci di imboccare la strada della pulizia interiore, di onestà, di giustizia, di attenzione al prossimo, di rispetto agli altri.
Se non è così, vuol dire che si è frequentata la Chiesa sbagliata, o meglio, non si è neppure entrati in Chiesa. E allora, “la Messa è cominciata, andate in pace”, dovremmo dire alla fine di questa celebrazione eucaristica.
La chiesa e i credenti: segno dell’amore di Dio
Es 20,1-17; Sl 18/19; 1Cor 1,22-25; Gv 2,13-25
Il vangelo di questa domenica ci parla dei mercanti nel tempio: «portate via queste cose e non fate della casa del padre mio un luogo di mercato». Il gesto compiuto da Gesù è stato, probabilmente, meno spettacolare di quanto abitualmente si creda. L'incidente deve essere stato più che altro un’azione simbolica. Un fatto storico, certo, ma più importante per il significato che per le dimensioni, soprattutto nei confronti dei frequentatori abusivi del tempio.
L'atteggiamento che Gesù sconfessa la si può ricavare dal brano di Geremia (7, 2-11). Non si va al tempio per ottenere una specie di impunità, per sentirsi a posto a buon mercato: bisogna piuttosto convertirsi. Non si può frequentare il tempio, la chiesa, e poi continuare a rubare, sfruttare, calunniare... Dio non accetta il culto di chi calpesta la giustizia, inganna i propri simili. Si va proprio in chiesa per prendere coscienza delle sue responsabilità.
In altre parole, le cose che vengono condannate, denunciate e sconfessate sono: la frequentazione della chiesa come rifugio ("caverna", covo che mette al riparo), l'aspetto sicurizzante delle pratiche religiose, la pietà come alibi per cui uno può illudersi di andare nella casa del signore a riciclare con preghiere o/e offerte, una condotta fondamentalmente cattiva.
Questo tipo di culto è menzognero e la sicurezza che ci si spera è falsa. Quindi Gesù lascia intuire, riferendosi al profeta Geremia, che la religiosità autentica consiste nel modificare la condotta, e non nel moltiplicare le invocazioni e aumentare le offerte. L'alternativa al tempio "covo di briganti" è la chiesa aperta, non certo a persone perfette, ma a persone che desiderano vivere nella fedeltà, nella coerenza e nella semplicità, e che non ricercano un Dio "complice" disposto a chiudere gli occhi su certe faccende, ma uno che guida, orienta su una strada di rettitudine e di giustizia.
Don Joseph Ndoum
Un invito alla purificazione,
non al perfezionismo
«Egli infatti conosceva quello che c’è nel cuore dell’uomo» (Gv 2, 25). Queste parole del Vangelo di Giovanni concludono il racconto della cacciata dei mercanti dal tempio, e mostrano perché il passo ci viene riproposto nel percorso della Quaresima. Si tratta infatti di una purificazione spirituale che ognuno di noi è chiamato a compiere.
Nel ciclo di affreschi della Cappella degli Scrovegni, Giotto rappresenta Gesù che sferza i mercanti nel tempio con gesto solenne e imperioso, e viene guardato con sospetto dai sacerdoti. In realtà la presenza dei venditori di animali e dei cambiavalute non era di per sé un abuso, perché essi svolgevano un compito che era necessario proprio per il culto nel tempio. Un dettaglio della rappresentazione di Giotto è a questo proposito illuminante: sul lato sinistro dell’affresco si vedono due bambini che sono spaventati dalla severità del Signore e si rifugiano tra le braccia di Pietro e di un altro apostolo, che li accolgono teneramente. Uno dei due bambini, in particolare, stringe tra le mani una colomba, cioè proprio uno degli animali che erano in vendita nel tempio.
Gesù non condanna l’azione umana in sé (in questo caso il commercio), ma la pretesa di autonomia da Dio, la centralità che l’uomo nel suo agire dà all’aspetto solo umano, mettendo in secondo piano Dio e l’adorazione a lui dovuta. E Gesù stesso, proprio nel momento in cui esprime con forza quasi violenta la radicalità della chiamata evangelica a dare priorità a Dio, affida agli apostoli il compito di accogliere con tenerezza ogni umana debolezza.
La Quaresima è un invito alla purificazione ma non al perfezionismo. Dio sa bene cosa c’è nel cuore di ognuno di noi, e conosce di prima mano i grovigli che noi uomini e donne di ogni tempo siamo in grado di creare con le nostre fragilità e incoerenze, e con la tanta rumorosa confusione. Per questo ci promette che avremo sempre accanto la compagnia affettuosa e misericordiosa della Chiesa, che ha il compito di accogliere e valorizzare tutto ciò che è umano: «Troppe volte pensiamo che Dio faccia affidamento solo sulla parte buona e vincente di noi, mentre in realtà la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza» (Papa Francesco). Una debolezza che la Chiesa accoglie e perdona in particolare nella celebrazione del sacramento della riconciliazione, momento speciale del percorso della Quaresima.
Dio conosce il cuore di ognuno, «con tante cose che vanno e vengono dentro di noi, con tanto movimento e nel contempo con tanta quiete; con tanto disordine e con tanto ordine; con tanto rumore e con tanto silenzio; con tanta guerra e con tanta pace» (san Josemaría Escrivá). E Gesù ci incoraggia a credere che è sempre possibile ricominciare, nonostante e attraverso le tante mercanzie buone e meno buone che ognuno di noi si ritrova nel cuore. Il Maestro che ci insegna il rifiuto radicale all’egoismo e al disordine, allo stesso tempo ci promette che «in tre giorni farà risorgere» tutto il bene che c’è nel nostro cuore che, anche se a volte è un mercato, resta sempre la «casa del Padre mio» (Gv 2, 16).
[Carlo De Marchi – L’Osservatore Romano]
Il “cuore sincero”: culla del culto vero
Èsodo 20,1-17; Salmo 18; 1Corinzi 1,22-25; Giovanni 2,13-25
Riflessioni
I 10 Comandamenti (I lettura) erano già scritti nella coscienza degli uomini e delle donne prima ancora che Dio li proclamasse tali e li affidasse a Mosè. I 10 Comandamenti hanno le loro radici nella natura stessa dell’essere umano,. Non sono un’invenzione della Chiesa, ma il risultato di una riflessione puramente umana. E quindi sono vincolanti, fortunatamente, per ogni persona, popolo e istituzione. Si deve dire ‘fortunatamente’, poiché essi costituiscono la base dell’etica umana universale. Sono un patrimonio comune condiviso fra le nazioni. Una piattaforma comune per l’incontro di tutti i popoli a qualunque credo o religione appartengano. La coscienza morale e lo stato laico trovano legittimità e contenuti basilari nella prima lettura di oggi. Finalmente, i Comandamenti sono un dono d’amore di Dio per tutti i popoli, vie sicure alla vita e alla felicità.
Culto ed etica, credo religioso e pratica morale sono due elementi costitutivi del ritratto spirituale di ogni persona umana, che emergono dalla Parola di Dio proclamata oggi. Per quanto riguarda il culto, la venuta di Gesù ha portato cambiamenti radicali rispetto all’Antico Testamento. Chiunque riflette con realismo sul fatto di Gesù che scaccia dal tempio, a sferzate, mercanti e cambisti, buoi, pecore e colombe (Vangelo), rimane sorpreso dall’energia e dal coraggio con cui Egli osa affrontare categorie di persone legate più ai soldi e agli interessi che al culto e alla religione. Un intervento di Gesù che sarà uno dei capi di accusa nel giudizio che lo porterà alla morte.
Il significato di questo gesto insolito (diremmo ‘scomposto’) in un Gesù “mite e umile di cuore” (Mt 11,29), va ben oltre l’irritazione di un momento per l’indecenza di aver fatto “della casa del Padre mio un mercato!” (v. 16). Quel gesto è un segno che ormai è finito il tempo di un culto legato al sacrificio degli animali e all’offerta di cose per placare Dio. Quel gesto e il fatto che “il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo” (Mc 15,38) sono segni del definitivo superamento della religione giudaica. Da allora in poi, l’unico tempio è il corpo di Cristo, crocifisso e risorto: infatti, “Egli parlava del tempio del suo corpo” (v. 21).
Il contatto con Lui - l’unico Salvatore! - avviene non più attraverso le strettoie di muri, sangue di animali, adempimento meccanico, quasi magico, di riti esterni, ma nell’intimo di ogni persona, “in spirito e verità” (Gv 4,23). Per il cristiano, in modo particolare, il contatto con Dio ha luogo nella fede e nei segni sacramentali. L’unico culto gradito a Dio parte dal cuore contrito, come nel pubblicano (Lc 18,13-14), e da un cuore riconciliato: “va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono” (Mt 5,24). A ragione, quindi, Paolo esorta i cristiani “a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale” (Rm 12,1). Questo messaggio apre fruttuose prospettive per la Missione, per il dialogo interreligioso e per l’inculturazione del Vangelo. Le vie al contatto salvifico con Cristo Salvatore non sono riservate soltanto ad alcuni, ma sono aperte a tutte le genti: a chiunque cerca Dio con cuore sincero. (*)
Oltre alla fede e al culto, possiamo leggere, in prospettiva missionaria universale, anche gli impegni della vita morale. I 10 Comandamenti hanno il loro fondamento nella legge naturale, che è anteriore alla rivelazione di Dio nella Bibbia e nella Chiesa. Questa verità ha un’importanza straordinaria per il dialogo tra i popoli e per il lavoro quotidiano dei missionari e dei catechisti impegnati nel primo annuncio. I Comandamenti sono patrimonio spirituale ed etico di tutta l’umanità, anche se la Rivelazione cristiana viene a darci una maggiore certezza, chiarezza e completezza nella comprensione della legge naturale stessa.
È quanto insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica: «I 10 Comandamenti appartengono alla Rivelazione di Dio. Al tempo stesso ci insegnano la vera umanità dell'uomo. Mettono in luce i doveri essenziali e, quindi, indirettamente, i diritti fondamentali inerenti alla natura della persona umana. Il Decalogo contiene una espressione privilegiata della legge naturale: “Fin dalle origini, Dio aveva radicato nel cuore degli uomini i precetti della legge naturale. Poi si limitò a richiamarli alla loro mente. Fu il Decalogo” (Sant’Ireneo di Lione). Quantunque accessibili alla sola ragione, i precetti del Decalogo sono stati rivelati. Per giungere ad una conoscenza completa e certa delle esigenze della legge naturale, l'umanità peccatrice aveva bisogno di questa rivelazione: “Una completa esposizione dei comandamenti del Decalogo si rese necessaria nella condizione di peccato, perché la luce della ragione si era ottenebrata e la volontà si era sviata” (San Bonaventura). Noi conosciamo i comandamenti di Dio attraverso la Rivelazione divina che ci è proposta nella Chiesa, e per mezzo della voce della coscienza morale» (CCC, nn. 2070-2071).
San Giuseppe di Nàzaret (siamo nel mese di marzo a lui dedicato e vicini alla sua festa) è entrato in modo singolare nel mistero pasquale di Cristo, di Maria e della Chiesa, della quale è Patrono universale. Egli è modello insigne di ricerca, ascolto e fedeltà a Dio, al quale ha offerto il culto del suo cuore sincero con una vita esemplare. Quest’anno, che Papa Francesco ha voluto dedicargli, è una bella opportunità per approfondire la grandezza e la santità dello sposo di Maria e padre legale di Gesù.
Parola del Papa
(*) «In questo tempo di Quaresima ci stiamo preparando alla celebrazione della Pasqua, quando rinnoveremo le promesse del nostro Battesimo... Ma ci domandiamo: permettiamo a Gesù di fare “pulizia” nel nostro cuore e di scacciare gli idoli, cioè quegli atteggiamenti di cupidigia, gelosia, mondanità, invidia, odio, quell’abitudine di chiacchierare e “spellare” gli altri?... Gesù farà pulizia con tenerezza, con misericordia, con amore. La misericordia è il suo modo di fare pulizia. Lasciamo - ognuno di noi - lasciamo che il Signore entri con la sua misericordia - non con la frusta, no, con la sua misericordia - a fare pulizia nei nostri cuori. La frusta di Gesù con noi è la sua misericordia. Apriamogli la porta perché faccia un po’ di pulizia».
Papa Francesco
Angelus domenica 8.3.2015
P. Romeo Ballan, MCCJ