Martedì 18 marzo 2025
Lunedì 10 marzo, il Mozambico è stato tragicamente colpito dal ciclone Jude. L’evento distruttivo ha colpito in particolare la provincia di Nampula, nel distretto di Mossuril, con venti che hanno soffiato a oltre 140 km/h, causando forti piogge e onde anomale e aumentando il rischio di inondazioni e smottamenti. In alcuni villaggi, il ciclone Jude ha fatto crollare il 70% delle case!

Jude è il terzo ciclone che colpisce il Mozambico negli ultimi quattro mesi. Il ciclone Chido è passato a dicembre, provocando la morte di almeno 120 persone e distruggendo quasi 120.000 abitazioni. A metà gennaio, è stato il turno del ciclone Dikeledi, che ha ucciso almeno 5 persone e distrutto circa 3.500 case.

Anche la zona della comunità comboniana di Carapira, che ospita sia il Centro Pastorale Diocesano che Istituto Tecnico Industriale Carapira (ITIC), ha subito ingenti danni. I confratelli hanno comunicato che stanno bene. Padre De Guidi Davide, superiore della comunità, 14 marzo ha inviato un messaggio vocale, descrivendo la situazione.

«Il ciclone è passato sulla nostra zona con tremenda forza. È durato circa 12 ore, con vento fortissimo e pioggia intensa. Carapira è stata il centro del tremendo fenomeno. Il ciclone, poi, si è diretto verso Nampula, ma con meno forza. I danni sono ingenti. Nella parrocchia tantissime case sono crollate. Anche alcune cappelle sono state rase al suolo. Lo stesso centro della parrocchia ha avuto danni, sebbene non enormi, grazie a Dio. Sono caduti molti alberi. Gli edifici sono tutti allagati. L’acqua è entrata dovunque, anche dai soffitti danneggiati. Non c’è dubbio che ci aspetta un anno di fame».

È stato un vero e proprio shock. «E dire che le cose stavano andando davvero bene. Nei mesi precedenti, c’erano state abbondanti piogge. I raccolti stavano crescendo in modo meraviglioso. Si aspettava che passasse l’ultimo mese, prima di mettere mano alla falce e iniziare la mietitura. Ora, invece, ci aspetta un anno di difficoltà e di speranza… Ci guardiamo attorno e la mente è bombardata da tremende: Come faremo? Cosa farà la gente? Da dove ci verranno gli aiuti? La popolazione locale ha perso gran parte dei raccolti. Come sarà il domani?».

È seguita una riflessione di padre Davide: «I cicloni avvenuti gli ultimi mesi sono stati oltremodo frequenti e devastanti. Impossibile non pensare a una scriteriata manipolazione dell’ambiente. Come sempre, anche oggi a pagarne le spese sono i poveri, gli ultimi, che quasi certamente sono i meno colpevoli dello sfruttamento degli ecosistemi. Ovvio che i primi edifici a crollare sono state le capanne di fango dei più poveri. Sembra che non ci siano stati morti nella nostra parrocchia. Speriamo che ciò sia presto confermato».

Come ha reagito la popolazione? «La nostra gente è sorprendente: si è subito rimboccata le maniche e ha iniziato a rimettere le cose in sesto. Molti hanno subito cominciato a innalzare piccole strutture con pali e frasche. Ovvio: cercano un posto dove vivere… Ma, prima o poi, bisognerà iniziare a costruire dimore più forti e stabili. Il problema è dove trovare il denaro per fare ciò. Case di paglia e “matope” non durano: il prossimo ciclone se ne farebbe un baffo».

Ha continuato: «I bambini e i ragazzi sono tutti a casa. Le scuole sono state tutte colpite. Anche la scuola di Carapira è stata in parte distrutta. Il nostro Centro Pastorale – già bisognoso di riparazioni – è stato gravemente danneggiato. Solo la chiesa ha resistito: si è allagata, sì, ma è in buono stato. Fuori, nei villaggi, invece, molte cappelle sono state ridotte a mucchi di fango e paglia; altre sono state gravemente danneggiate e andranno riparate».

La nostra comunità ha subito aperto la chiesa parrocchiale, dando ospitalità a centinaia di sfollati e prestando loro i primi soccorsi».

In conclusione: «Molti poveri si sono riversati nel cortile della missione. Ci siamo subito attivati per poterli accogliere e aiutare. Offriamo un posto dove possano proteggersi e del cibo con cui sfamarsi. Bisognerà pensare a qualche progetto per poter affrontare la difficile situazione. Lanceremo appelli alle autorità locali, alla diocesi e ad amici all’estero, nella speranza che ci arrivano presto segni concreti di speranza per questi poveri vulnerabili. Non siamo scoraggiati. Siamo soltanto vogliosi di aiutare. Ma bisognerà anche pensare al futuro, cominciando con l’educare la popolazione locale a investire le poche risorse che hanno nel migliorare le loro abitazioni. Non si può fare fronte a un ciclone con le solite capannucce di fango e paglia».

Immagini di Namapa (Nampula), dove lavorano i padri missionari comboniani
Benjamin Avoga [nella foto] e Gabriel Panguanito Hilário