La liturgia di Natale commemora l’apparizione nel mondo del Figlio di Dio, la sua nascita a Betlemme. “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Il problema fondamentale del Natale oggi non è più quello si sapere il “come”, ma il perché di quest’evento; cioè di scoprire il motivo reale dell’incarnarsi del Verbo di Dio, di capire il significato dell’evento Gesù Cristo. [...]

Oggi è nato per noi il Salvatore

La liturgia di Natale commemora l’apparizione nel mondo del Figlio di Dio, la sua nascita a Betlemme. “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Il problema fondamentale del Natale oggi non è più quello si sapere il “come”, ma il perché di quest’evento; cioè di scoprire il motivo reale dell’incarnarsi del Verbo di Dio, di capire il significato dell’evento Gesù Cristo.

Si tratta, in un altro modo, di ritornare sulla vecchia problematica del Cur Deus Homo? Nel Nuovo Testamento l’incarnazione del Figlio di Dio appare come un mistero di amore; è il parossismo dell’amore di Dio per l’Umanità; Il bambino Gesù è l’amore divino divenuto visibile. L’intenzione primordiale del Padre in Cristo consiste quindi, anzitutto, nell’inserzione personale di Dio stesso nella famiglia umana e nella sua storia; la quale inserzione pone Dio al livello e alla portata dell’uomo, di ogni uomo.

Dunque il presupposto immediato dell’incarnazione del Verbo di Dio non è l’aspetto negativo di peccato del mondo da togliere, ma quello positivo dell’avvicinarsi di Dio all’uomo in una autocomunicazione immanente, ricreatrice e riparatrice, che ha come corollario diretto l’adozione dell’umano. Tuttavia, in questa adozione stessa l’essenziale non viene posto sulla redenzione come tale, ma sulla deificazione dell’uomo. Dio si fa uomo perché siamo divinizzati. In altre parole: stando Figlio di Dio, Gesù è venuto farsi figlio dell’uomo e darci a noi che eravamo figli degli uomini di diventare figli di Dio. “A quanti l’hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio”.

Si tratta di un “ammirabile scambio tra l’umanità e la divinità di Cristo. La nostra debolezza è assunta dal Verbo di Dio, l’uomo mortale è innalzato alla dignità perenne e condivide ormai la vita immortale. Quindi in Gesù Cristo Dio è diventato un parente, un fratello e un amico dell’uomo. Cioè tutti gli uomini, in Gesù Cristo, appartengono alla stessa famiglia divina Nel giorno in cui facciamo memoria di questo mistero di amore, può gioire il santo, perché si avvicina il premio; può esultare il peccatore, perché gli è offerto il perdono; può riprendere coraggio il pagano, perché è chiamato alla vita. Infatti, nella memoria celebrativa o liturgica partecipiamo alla ripetizione di questi eventi che si rinnovano e si attualizzano per noi, nell’oggi della Chiesa, con tutti i loro effetti. Il che significa che il Natale è un mistero sempre nuovo che non invecchia mai.

La parola “incarnazione” proviene dal brano di prosa ritmica che fa il prologo al quarto vangelo. Al suo centro si trova l’espressione “e la parola si fece carne”. Il suo corrispettivo si trova nel prologo della Lettera agli Ebrei, dove viene affermato con forza, rispetto al Padre, che la parola di Dio per noi ora è il Figlio, “irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza”. Il brano di Isaia, nella prima lettura, prepara questa duplice professione di fede cristiana nella forma di un annuncio gioioso di salvezza. Il poeta- profeta adopera l’immagina d’arrivo di un messaggero di buone notizie che corre veloce sui monti e va fino a Gerusalemme, e proclama: ”Regna il tuo Dio”. A questa buona novella tutte le sentinelle che stanno sulle mura gridano di gioia. E all’orizzonte esse vedono già la carovana di quelli che ritornano dall’esilio. Ciò che conta di più, è il significato religioso di questo evento, cioè il suo preludio a Natale. Dio, ancora una volta, come nel primo Esodo, ha liberato il suo popolo; come la sua fedeltà travalica i confini di un popolo, perciò l’annuncio della salvezza ora assume accenti universali.

Con Natale, la nuova esperienza di Esodo, descritta da Isaia, avviene in un contesto universale. Quindi le Parole di un tempo di Leone Magno conservano la loro attualità:” Riconosci, perciò, o cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura divina, non voler ritornare alla vile condizione di un tempo con una condotta indegna. Ricorda chi è il tuo Capo e di quale corpo sei membro. Ricorda che strappato dal potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce del Regno di Dio”. Possiamo vivere ormai nella luce di un Natale perenne; e possa il Figlio di Dio, nato a Betlemme, rimanere sempre con noi, per renderci simili a Lui.
Don Joseph Ndoum