Padre Renzo Piazza dal Ciad, le primissime impressioni del ritorno in missione

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Mercoledì 18 settembre 2024
Padre Renzo Piazza [nella foto], nato il 25 settembre 1951 a Valli del Pasubio, borgo montano ai piedi delle Piccole Dolomiti, a nord-ovest della provincia di Vicenza in Veneto (Italia), era in Italia dal 2011. Gli ultimi nove anni (2015-2024) è stato superiore della comunità comboniana più numerosa dell’Istituto, quella di Castel d’Azzano, che accoglie confratelli anziani e ammalati, la maggior parte italiani. Qualche settimana fa, è tornato in Ciad, dove è stato assegnato per la terza volta, per una nuova missione in quel paese africano. Qui sotto, pubblichiamo la lettera che ha scritto a P. Manuel João, il 16 settembre, per raccontare le primissime impressioni del suo ritorno in missione.

Carissimo Manuel João,
Grazie per il tuo ricordo graditissimo.
Sono arrivato puntuale a N’Djamena e l’ho trovata completamente rivoluzionata. Ho fatto fatica a ritrovarmi nei posti che mi erano familiari. È normale quando la popolazione si è moltiplicata a dismisura in pochi anni e le strutture ancora di più. C’è un traffico da far paura, complicato dal fatto che le strade sono spesso inondate dall’acqua delle piogge.

Il giorno dopo il mio arrivo sono andato a vedere il vescovo che sembra intenzionato ad affidarmi la formazione permanente oltre che al lavoro pastorale previsto nella missione di periferia e nella prigione.

Il giorno seguente con la complicità del padre Jean Nestor, ho fatto la prima formazione in parrocchia sulle comunità ecclesiali di base.

Sabato ho celebrato la prima messa nella nuova prigione che si trova al di là del seminario di Bakara, luogo che hai avuto modo di conoscere quando eri venuto in Ciad.

Ieri non potendo andare nella missione di periferia a causa dell’impraticabilità delle strade, ho celebrato due messe nella parrocchia nostra di Sao, dove fino a un anno fa c’era padre Saturnin e ora c’è Jean Nestor come parroco. Ho ritrovato un bel po’ di gente che conoscevo e mi è sembrato di riprendere un discorso appena sospeso.

Questa mattina abbiamo il ritiro della comunità con un momento di formazione permanente che naturalmente mi è stato affidato… C’è già chi si è iscritto per un ritiro personalizzato di qualche giorno… Come vedi il lavoro non manca… forse bisognerà tirare un po’ i freni…

Ti mando un forte abbraccio e un saluto da estendere a chi ti sta intorno.
Grazie per il tuo ricordo, rimaniamo uniti nella preghiera.

P. Renzo Piazza, mccj
16 settembre 2024

Primo incontro con i detenuti

Sabato 14 settembre per la prima volta ho visitato i detenuti nel carcere di Klessoum e ho celebrato con loro l’Eucarestia. Il viaggio è iniziato su strade inondate dalle recenti piogge: siamo passati a prendere due Religiose che fanno parte dell’équipe incaricata di questo ministero e dopo una mezz’ora abbondante di viaggio, siamo arrivati a destinazione.

La prigione è nuova, inaugurata il 5 febbraio 2021, ha una capacità di 1.200 posti ed è a 21 km da N’djamena. Dopo dei brevi controlli (abbiamo un’autorizzazione di visita per cinque persone per “condividere la parola di Dio e predicare ai detenuti” in cui si dice che “saranno puniti con la reclusione da 15 giorni a sei mesi coloro che volessero introdurre ai detenuti soldi, corrispondenza o qualsiasi oggetto…;), siamo entrati in una grande struttura, simile a un grande mercato: una strada centrale, solcata da un canaletto di scolo, a destra e a sinistra gente che griglia la carne, prepara cibo “fast food”, bancarelle, venditori e un po’ più in là, le celle dove risiedono i detenuti.

Mi hanno spiegato che queste attività sono gestite dai detenuti stessi, che vi svolgono un traffico notevole. C’è qualcuno che non vuole uscire dal carcere perché l’attività che svolge all’interno è più redditizia di quella che aveva quando si trovava in libertà.

Siamo stati attirati dalle voci di un coro e dal rullio dei tam tam: sotto una capiente veranda, abbiamo trovato i fedeli già riuniti, in attesa. Il luogo era ben preparato, l’altare ordinato e, stranamente, sopra la testa dei prigionieri giravano 6 ventilatori. Anche sulla sedia posta accanto a quella del celebrante era appoggiato un ventilatore… funzionante!

Mentre mi vestivo per la Messa, hanno intonato un canto natalizio che conoscevo bene: “Oggi è venuto Gesù”. Era facile associare la visita ai carcerati come una visita del Signore ai suoi fratelli più piccoli… Confesso che ho avuto un primo momento di emozione. Di fianco alla corale, vi era una lavagna che riportava tutti i dati importanti per una buona celebrazione: 24° domenica del tempo ordinario, i riferimenti per le letture, i nomi dei lettori, del servizio d’ordine, del chierichetto (detenuto!) che serviva all’altare in abiti bianchi e mi dava gli opportuni suggerimenti.

C’erano tre-quattro giovani che portavano una stola gialla sulla spalla con una scritta: “servizio d’ordine”. Quando uno arrivava un po’ in ritardo lo aiutavano a trovare posto; durante la messa, passavano con dei bicchieri di acqua e li distribuivano ai loro compagni assetati. I bicchieri di acqua che passavano da una mano all’altra fino a raggiungere gli assetati, mi hanno fatto pensare ai pani e ai pesci che Gesù fece distribuire alla folla affamata. Secondo momento di emozione. Ho contato una cinquantina di persone, la più parte giovani.

Dopo un breve tempo di attesa sono arrivate anche le donne: ben vestite, eleganti, accompagnate da qualche bambino. Abbiamo celebrato la liturgia della domenica; le letture sono state lette in francese, il vangelo in lingua ngambay e francese. Al momento dell’omelia ho espresso la mia gioia di essere in mezzo a loro, poiché mi permettevano di incontrare Gesù presente nella loro persona: “Ero in prigione e siete venuti a visitarmi”. Visitare i carcerati è un privilegio che non a tutti è concesso.

Ho approfittato dell’occasione per ricordare le parole di Papa Francesco alle detenute nel carcere della Giudecca a Venezia quattro mesi fa: “Saluto con affetto tutti, soprattutto voi sorelle detenute nella casa circondariale. Ho desiderato incontrarvi per dirvi che avete un posto speciale nel mio cuore. Questo è un luogo di rinascita e qui nessuno può togliere la dignità ad una persona…” Ho ricordato loro che in carcere c’è molta sofferenza, ma anche molto umanità, molta fraternità molta collaborazione. Altro momento di emozione.

Dopo l’omelia una giovane donna si è alzata ed è passata a raccogliere l’elemosina. Ho visto che tra le monete c’era anche un biglietto da 500 franchi (1 €). Alla fine della messa hanno letto gli avvisi per le loro riunioni settimanali; hanno chiesto chi erano i nuovi arrivati nell’ultimo periodo, fissando per il sabato prossimo un momento di conoscenza e di condivisione. Ne ho approfittato per consegnare un’immagine di Santa Giuseppina Bakita che, da schiava, ha fatto l’esperienza di essere privata della libertà. Una Santa che sa dunque capire la situazione di questi uomini e di queste donne.

Alla fine hanno ripreso il canto iniziale “Oggi è venuto Gesù!”. Lo hanno cantato con grande forza e ritmo: ne è nata una danza molto partecipata. Si vedeva che erano contenti. Gli altri prigionieri si sono ammassati attorno, incuriositi da questa gioia apparentemente inspiegabile. Non mi sarei mai aspettato di andare nelle carceri e di terminare la messa con danze e canti di gioia.

Abbiamo ripreso la strada del ritorno con una breve pausa, dopo pochi km, per una foto al nuovo stadio di Mandjaffa, finanziato da un dono della Cina, della capienza di 30.000 posti e dal costo di circa 80.000.000 di €. “Forse era meglio investire quei soldi nelle strade”, diceva l’autista, messo alla prova dalle buche e dal traffico caotico.

Ultima considerazione: pregare, va bene. Lo sanno già fare. Cosa fare perché quel luogo sia più umano e dignitoso? Il Vescovo si augura che l’équipe che ha designato sia capace di fare qualche proposta per ascoltare, accogliere e trasformare quel luogo, che ha bisogno di Parola di Dio, ma anche di giustizia, di rispetto, di dignità…

Comboni2000