Sudan, si aggrava il conflitto ma i Comboniani rilanciano assistenza e istruzione

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Martedì 28 maggio 2024
La Comunità internazionale denuncia i livelli di violenza raggiunti in Darfur e il rischio carestia che attanaglia tutto il Paese. A Port Sudan la Chiesa continua a sostenere centinaia di migliaia di profughi e sono stati riattivati i corsi del Collegio Comboniano. Padre Norberto Stonfer: “L’inflazione aggrava la crisi alimentare ma gli studenti delle nostre scuole stanno bene”. [Nella foto, P. Norberto al termine di una cerimonia religiosa celebrata con i profughi presenti a Port Sudan]

I ragazzi, la scuola, il brusio delle classi stracolme di studenti, le funzioni religiose partecipate con “grande gioia” e l’attività caritatevole. Padre Norberto Stonfer, missionario comboniano di origini italiane, al suo ritorno dieci giorni fa in Sudan, ha ritrovato l’ambiente del Comboni College di Khartoum che aveva lasciato alla vigilia della guerra civile, scoppiata ad aprile del 2023, per andarsi a curare in Italia.

Gli Studenti che animano il cortile del complesso che ospita le scuole cattoliche a Port Sudan.

Il trasferimento a Port Sudan

“Fra le mura dell’istituto universitario cattolico non sembra di stare in un Paese in guerra” afferma il religioso “se non fosse per il fatto che tutto l’ateneo si è traferito a Port Sudan”, insieme a gran parte del clero che animava la Chiesa nella capitale Khartoum. Padre Norberto risponde a Radio Vaticana-Vatican News dalla città portuale sudanese sul Mar Rosso, che, dallo scoppio del conflitto tra l’esercito e i ribelli delle Forze di Supporto Rapido (RSF), ospita centinaia di migliaia di profughi in fuga dai combattimenti e anche molte strutture della Chiesa sudanese.

Lo spirito di resilienza dei cristiani

Port Sudan è diventata la capitale de facto del Paese e qui la Chiesa offre assistenza agli sfollati mentre i comboniani hanno riattivato le attività, sia in presenza sia on line, del Comboni College di Khartoum. Nello stesso complesso scolastico, ci informa padre Norberto, ci sono anche le Suore di Madre Teresa (Missionarie della carità) le quali si occupano in particolare dei rifugiati e le Suore indiane della Visitazione che gestiscono l’asilo, le elementari e l’Intermediate, ossia le medie ma solo per ragazze. In questa cornice è aumentato notevolmente lo sforzo per il sostegno agli sfollati sudanesi arrivati nella città costiera. Padre Norberto conferma la scarsità di risorse alimentari e di alloggi per tutti. Nonostante le difficoltà, il comboniano riferisce tuttavia lo spirito di resilienza delle comunità cristiane in fuga: “Prima di tornare in Sudan sono stato quattro mesi in Egitto, dove i cristiani profughi sudanesi stanno animando e rafforzando le parrocchie locali”.

Attivi i corsi del Comboni College

I comboniani di Port Sudan hanno quindi riattivato i corsi del Comboni college, molto importante e apprezzato quello di infermieristica che garantisce la trasmissione di competenze al personale sanitario locale. Il collegio comboniano ha aperto inoltre un luogo di cura per i malati terminali. Il caro prezzi, secondo padre Norberto, aggrava la situazione. “Basta dire che al mio ritorno – racconta ancora – ho trovato il prezzo delle uova decuplicato e anche la carne ha subito un aumento dei costi esponenziali”. Infine, il missionario spende un pensiero per quella parte del clero cattolico che riesce ancora a svolgere il suo ministero nelle zone più colpite dalla guerra, come il Darfur e la città di Omdurman.

Si aggrava il conflitto nel Darfur

Sul terreno prosegue il conflitto scoppiato ad aprile del 2023, che ha provocato finora almeno 15 mila morti e 9 milioni tra sfollati interni e profughi fuggiti nei Paesi limitrofi della regione. Il Darfur, la capitale Khartum e la vicina città di Omdurman sono le aree più interessate dai combattimenti tra l’esercito comandato da generale Abdel Fattah al-Burhan e i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf). Domenica, il ministro degli Esteri britannico, David Cameron, ha affermato che la violenza nella regione sudanese del Darfur ha raggiunto livelli che equivalgono a crimini contro l’umanità. Gli scontri più feroci negli ultimi giorni si registrano a El-Fasher, dove sono segnalati almeno 58 civili uccisi e altri 213 feriti dalla settimana scorsa. Sempre in questi giorni l’Onu ha avvertito che 25 milioni di persone, ovvero la metà della popolazione del Sudan, necessita di aiuti umanitari ma che i fondi stanziati dalla comunità internazionale non sono insufficienti. Le Nazioni Unite hanno avvertito di aver ricevuto solo il 12% dei 2,7 miliardi di dollari richiesti, aggiungendo che “la carestia si avvicina”.

Marco Guerra – Vatican News