L’ultimo saluto dei Comboniani a Roma a Padre Celestino Prevedello

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Martedì 22 dicembre 2020
La perdita umana di un confratello è sempre un momento triste. Ancora di più al tempo del coronavirus, quando anche l’estremo saluto viene ridotto alla forma più semplice e breve. Così i missionari comboniani della comunità della Curia Generalizia hanno celebrato il 17 dicembre la Messa di addio per Padre Celestino Prevedello, superiore della comunità negli ultimi due anni, deceduto l’11 dicembre all’ospedale Sant’Eugenio di Roma, dove è stato ricoverato per più di un mese. Non ce l’ha fatta!

P. Celestino Prevedello, 17.10.1950 - 11.12.2020

L’Eucaristia di addio è stata presieduta da Padre Tesfaye Tadesse, superiore generale, e ha avuto la partecipazione dei confratelli della Curia e della comunità di San Pancrazio, della superiora generale delle Comboniane, Madre Luigia Coccia, accompagnata da alcune suore comboniane, dei dipendenti della comunità, della Dott.ssa Anna Rosa Trichilo, medico che lo seguiva, e da alcuni amici stretti di P. Celestino.

Dopo il vangelo del giorno, P. Tesfaye ha dato la parola a quattro confratelli – P. Torquato Paolucci, Fr. Alberto Parise, Fr. Castro Jayson Torregosa e Fr. Marco Binaghi –e a Madre Luigia che hanno espresso la loro testimonianza. Tutti hanno parlato della sua amicizia e attenzione verso tutti, della la sua serenità e, soprattutto, della sua gioia e del costante sorriso anche nelle ore più difficili della malattia.

P. Torquato ha condiviso “una lettera personale”, così l’ha chiamata, indirizzata a P. Celestino, che pubblichiamo qui di seguito.

Lettera di P. Torquato Paolucci,
vice superiore della comunità

Caro Celestino,
mi è stato chiesto di scrivere due righe su di te. Lo faccio scrivendoti questa lettera. Voglio dirti che sei stato uno stupendo dono di Dio, un segno del suo amore per me e per tanti. Parlo della mia esperienza ma sono sicuro che molti di noi la pensano come me. Con me hai esercitato il tuo essere missionario. Il tuo sorriso (sempre, anche quando eri ammalato o avevi grossi problemi), la tua pazienza con me, la tua amicizia, le belle chiacchierate fatte insieme, i tempi belli della missione, sono ora tra i ricordi belli della mia vita, sono un segno che Dio è stato con noi attraverso di te. Sei passato veloce nel mio cielo come una stella cadente, che illumina e se ne va. Realizzi la sua luce quando è già scomparsa. Sarà molto difficile dimenticarti, ci hai dato tanta gioia anche quando, scherzosamente, mi prendevi in giro.

E devo dirti che sei stato un meraviglioso esempio di vita. Il tuo amore per la missione e per la nostra famiglia comboniana, il tuo ascolto quando potevo confidarti la mia esperienza come missionario in Uganda e come prete qui a Roma, il sentirmi compreso nelle mie difficoltà, la tua capacità di accogliere e ascoltare, il tuo scusare sempre tutti, sono state preziose lezioni di vita, indimenticabili. Come posso dimenticare i tuoi occhi sempre sorridenti, quella porta della tua stanza sempre aperta e accogliente, quelle ultime mattine quando, alle cinque del mattino, mi chiedevi di portarti il “mocaccino” che ti piaceva tanto o mi mostravi le foto delle tue desiderate Dolomiti e i sogni di belle camminate tra i monti? Queste esperienze rimarranno indimenticabili. In questo ultimo mese ho sofferto molto pensandoti solo, in ospedale, senza nessuno che potesse dirti una parola o darti un conforto, il tuo “calvario”, come lo chiamavi tu. Certo che gli ultimi giorni della tua vita sono stati di grande dolore e una grande purificazione. Lui ti ha preparato all’incontro e sono sicuro che il Comboni e la Bakhita erano là ad accoglierti. Sei stato molto presente nella preghiera mia e dei confratelli della comunità, che ti hanno tanto amato e ai quali ora manchi molto. Ti chiedo, dal cielo ogni tanto dà uno sguardo anche a noi e dacci una mano, L’appuntamento è in Paradiso.

Tutti noi della comunità di Via Lilio, a Roma, con cui hai vissuto gli ultimi due anni della tua vita su questa terra, vogliamo dirti un Grazie di Cuore. Tu che parlavi tante volte della “missione del cuore” riferendoti al Sudan e ci parlavi con nostalgia di quei bei tempi passati nella terra dove Comboni si è spento per la missione, fa crescere in noi la passione per la missione e intercedi per noi dal cielo, insieme a Comboni e a tanti confratelli e sorelle comboniani.

Grazie per quello che sei stato per il Sudan, per l’Africa e per tutti noi. Continua a proteggerci.

A nome della comunità della Curia Generalizia,
P. Torquato Paolucci,
vice superiore della comunità

Dopo la Santa Messa, è arrivato il carro funebre con la salma e ha avuto luogo una breve e semplice celebrazione delle Esequie presieduta dal Superiore Generale, P. Tesfaye Tadesse. Il feretro, una volta benedetto, è partito per Venegono Inferiore, terra natale del missionario, dove la famiglia darà l’ultimo saluto al caro P. Celestino Prevedello: un missionario gioioso e generoso, felice di essere Comboniano e di aver lavorato in Sudan, “la missione del cuore”, sulle orme di san Daniele Comboni.

Ricordando P. Celestino Prevedello
17.10.1950 - 11.12.2020
(70 anni)

Al mattino del 12 dicembre, P. Jeremias dos Santos Martins, vicario generale, ha presieduto la Santa Messa della comunità della Curia. Ha colto l’occasione per ringraziare tutti i membri della comunità per la preoccupazione che ognuno ha dimostrato nel cercare di avere notizie sulla situazione di P. Celestino. “Ringrazio – ha sottolineato – soprattutto i fratelli Marco e Mario che l’hanno accompagnato quando era ammalato qui a casa. Marco lo ha seguito anche dopo ed era il referente per i medici dell’ospedale. Grazie Marco. Grazie anche a P. Torquato che ha assunto il suo ruolo come vice-superiore e ci ha guidato in questi giorni in cui ci è mancato Celestino”.

P. Celestino non ce l’ha fatta! Si sfogava così, con Fr. Marco Binaghi, in uno dei suoi ultimi messaggi, dopo un mese che stava in ospedale, senza aver visto più nessuno dei suoi cari: “Sai, Marco, incomincio a sperare! Quanta pazienza! Cosa vuoi che ti dica? Che possa rientrare a casa… stare anche solo in camera… ma muovermi!”.

Dopo aver commentato la parola di Dio del giorno, che parlava di due grandi figure profetiche della Bibbia, Elia e Giovanni Battista, P. Jeremias ha sottolineato di P. Celestino la gioia e il sorriso. Era una persona allegra, sempre sorridente. Questa è la sua caratteristica marcante. Il suo sorriso portava pace e serenità. Era una presenza amichevole, che ispirava fiducia e ti faceva sentire a tuo agio. In questo si vedeva la sua gioia di vivere!

Nella nostra comunità, P. Celestino ha creato un ambiente disteso, accogliente. Parlava con tutti, ci visitava nelle nostre stanze, gli piaceva scherzare. Si preoccupava e si prendeva cura di ognuno di noi.

Io, personalmente, l’ho avuto come amico (mi chiamava VG e io lo chiamavo Sup), come collaboratore, sempre disposto ad aiutare, a dare una mano in un momento di difficoltà. Insieme con lui ho condiviso le gioie e anche la sofferenza del servizio missionario in questa casa. Era una persona che ti rassicurava.

Per i confratelli che venivano da fuori, diceva, c’è sempre posto in questa casa!

Anche con le altre persone, che venivano da fuori, P. Celestino era sempre accogliente: le persone si sentivano a loro agio. Ha creato in poco tempo un gruppo di amici che lo stimavano:

Dall’esterno della comunità, ho ricevuto ancora ieri qualche messaggio dicendo:

Sono addolorata. Vi abbraccio tutti con tanto affetto. Sicuramente sarà tra le braccia del Signore e sarà lui a guidarci ed illuminarci in questo momento così difficile. (Dott.ssa Trichilo)

Una persona eccezionale. Mi mancherà molto il suo sorriso! (Rossella)

Davvero una persona eccezionale e un bellissimo esempio di missionario contento (Maurizio Binaghi, mccj)

Un’altra caratteristica che voglio sottolineare è che aveva la missione nel cuore. Parlava della missione, dei tempi del Sudan, dei missionari con cui ha vissuto. Del Sudan diceva: è la missione del cuore (riferendosi anche al libro di P. Vantini, che ha questo titolo).

Non si lamentava della sua malattia. Sapevamo che non sempre si sentiva bene. Sopportava la malattia e le terapie con molta pazienza, a volte con un certo stoicismo, sempre con fortezza d’animo.

P. Celestino ci mancherà molto. Il Signore l’ha chiamato dopo un tempo di grande sofferenza. Alcuni di noi l’hanno visto partire il 5 novembre, per essere ricoverato in ospedale. Era già notte. E non potremo vederlo più!

Lascia un vuoto in mezzo a noi che non può essere riempito.

Finisco leggendovi un breve testo di Dietrich Bonhoeffer.

Non c'è nulla che possa sostituire l'assenza di una persona a noi cara.
Non c'è alcun tentativo da fare, bisogna semplicemente tenere duro e sopportare.
Ciò può sembrare a prima vista molto difficile, ma è al tempo stesso una grande consolazione, perché finché il vuoto resta aperto si rimane legati l'un l'altro per suo mezzo.
È falso dire che Dio riempie il vuoto; Egli non lo riempie affatto, ma lo tiene espressamente aperto, aiutandoci in tal modo a conservare la nostra antica reciproca comunione, sia pure nel dolore.
Ma la gratitudine trasforma il tormento del ricordo in una gioia silenziosa.
I bei tempi passati si portano in sé non come una spina, ma come un dono prezioso,

Bisogna evitare di avvoltolarsi nei ricordi, di consegnarci ad essi; così come non si resta a contemplare di continuo un dono prezioso, ma lo si osserva in momenti particolari e per il resto lo si conserva come un tesoro nascosto di cui si ha la certezza.
Allora sì che dal passato emanano una gioia e una forza durevoli.

(Dietrich Bonhoeffer, in Resistenza e resa)

Breve riassunto della vita di P. Celestino Prevedello

Nasce a Vengono inferiore (Milano) il 17/10/1950.

Erano 3 fratelli incluso lui e una sorella.

A 24 anni (1974) fa i primi voti a Venegono, dopodiché va a Kampala come scolastico, dove rimane fino alla sua ordinazione, nel 1978.

Dopo l’ordinazione è assegnato al Sudan, ma prima passa qualche anno a studiare l’arabo a Zahle, in Libano. Nel 1981 è già in Sudan, prima a Wad Medani e poi a Kosti fino al 1987.

Lo stesso anno viene nominato Rettore del Seminario Diocesano di Khartoum fino al 1997 (dieci anni).

Possiamo immaginare quanti sacerdoti e vescovi sono passati in questo seminario. Due di questi sono l’arcivescovo di Khartoum Michael Didi e il vescovo di Kosti, Mons. Tombe Trille, di cui Celestino parlava con molta stima e apprezzamento.

Dal 1997 al 1999 è a Padova per l’animazione missionaria e poi torna in Sudan per essere professore, coordinatore della Pastorale nella diocesi di Khartoum e anche segretario della Conferenza Episcopale del Sudan.

C’è stato un momento della sua vita in cui gli è stata fatta la proposta di diventare vescovo in Sud Sudan, ma padre Celestino ha declinato questa proposta.

Da gennaio 2009 fino al 2018, padre Celestino è stato a Padova come formatore dei postulanti. Poi ha manifestato il desiderio di tornare in Sudan ed è assegnato a questa provincia. Tuttavia, non vi rimane molto tempo e, a causa della sua malattia, deve tornare in Italia.

Dal 1° novembre 2018, padre Celestino è assegnato alla nostra comunità come superiore della comunità della Curia. Qui rimane è rimasto fino ad oggi, in totale due anni.