Martedì 22 marzo 2016
P. Saverio Paolillo, comboniano italiano da trenta anni in Brasile, scrive una lunga lettera per raccontarci la Pasqua di Gesù e la passione dolorosa del popolo brasiliano in questo momento difficile. La lettera è divisa in due argomenti: la vita di Gabriel come un avvenimento pasquale e la situazione politica e sociale attuale del Brasile. “Spero che non vi stanchiate di leggere – dice il missionario –, ma che queste povere righe vi aiutino a capire quello che stiamo sentendo e vivendo. È il punto di vista a partire dalla periferia, un umile contributo a un’informazione alternativa contro una stampa che, come dice papa Francesco, è anch’essa contaminata dalla globalizzazione dell’indifferenza. Non solo: deturpa la verità, manipola le coscienze dei più deboli e si inchina alla volontà dei gruppi di potere e alle loro ambizioni”.
Il Brasile è in piena recessione, la peggiore degli ultimi 25 anni. I prezzi aumentano a ritmo accelerato, scoppiano gli indici di inflazione e cresce la disoccupazione.
La vita di Gabriel
è un avvenimento pasquale
Gabriel è uno dei nostri ragazzi. Non sappiamo con esattezza la sua età perché non è mai stato registrato all’anagrafe. Non ha il certificato di nascita. Dimostra 12 anni. Abbiamo fatto una richiesta al Tribunale dei Minori perché faccia le dovute pratiche al fine di stabilire l’età e procedere al registro. Perambulava per la strada e sniffava colla di calzolaio. Nei primi mesi del progetto si fermava spesso davanti a uno dei cancelli per osservare gli altri bambini. Lo invitammo varie volte a partecipare. Arrivammo ad iscriverlo, ma vi restava solo per qualche giorno. Finché è avvenuto il miracolo. Gabriel frequenta regolarmente il Progetto da quasi un anno. Va anche a scuola. È iscritto alla prima elementare. Non sniffa più colla e non perambula per la strada. Vive con una sorella. Ha guadagnato peso. Anche la pelle, fino a qualche tempo fa imbiancata da una micosi, sta riprendendo il colore originale. Il suo volto ha ancora tratti di tristezza. Quando si parla di violenza contro i bambini scoppia in lacrime. È evidente che gli riaffiorano alla memoria tutte le aggressioni subite durante l’infanzia negata. Preferisce non parlarne, i suoi occhi, però, rivelano il suo dolore. Ma poi passa. Ora finalmente sorride. La vita ancora non gli ha dato quello che merita, soprattutto le cure di una famiglia premurosa. Le ferite, cicatrizzate nel corpo, ma ancora aperte nell’anima, lo perturberanno forse per sempre. Ma ha una voglia matta di vivere.
La sua è una storia di superamento. Direi di più: è un avvenimento pasquale. Non potete immaginare lo sforzo necessario per liberarsi dalla dipendenza della colla. Ma lui, da oltre un anno, non la sniffa più. Sta dicendo no alla droga e alla criminalità. Possiamo addebitargli una vittoria parziale sulla morte.
Non è una esagerazione. In Brasile non si scherza. Nella maggior parte dei casi la droga e la criminalità sono percorsi che portano ad un tragico bivio: il carcere o la morte. Confesso che non so che cosa sia peggiore. Finire in carcere è come essere sepolti vivi in una bara sociale in cui la dignità umana entra in putrefazione. Il sistema carcerario brasiliano, salvo rarissime eccezioni, è una macchina trituratrice di diritti umani che disumanizza e restituisce alla società esseri con grandi difficoltà a vivere socialmente. Il rischio di recidiva è altissimo. Non ho bisogno di studi e di statistiche per fare queste affermazioni. Questo ve lo posso dire perché lo vedo personalmente. Nei miei trent’anni di Brasile pensavo di aver visto il peggio, ma ogni giorno mi confronto con realtà carcerarie sempre peggiori. La brutalità è presente sia nelle carceri minorili sia in quelle per adulti. Sovraffollamento che in alcune situazioni arriva al quadruplo della capacità naturale; strutture obsolete senza le minime condizioni di igiene e abitabilità; oziosità permanente; torture e sevizie da parte delle guardie carcerarie sono alcune delle principali sfide mai risolte nel Paese. A questo si aggiunge il controllo da parte di organizzazioni malavitose. Nello stato della Paraíba, dove abito attualmente, le carceri sono controllate dalle stesse fazioni che dominano il narcotraffico nei quartieri di periferia: Okaida e Stati Uniti. Okaida è una versione locale di Al Qaeda. I due gruppi hanno trovato ispirazione nel conflitto tra gli estremisti islamici e gli americani. Come i territori periferici, anche le carceri sono lottizzate tra i due gruppi. È impossibile realizzare attività in comune. Potrebbero sfociare in carneficina. I capi danno ordini via telefonino che continua ad entrare clandestinamente, persino nelle carceri di “massima sicurezza”. I ragazzi, soprattutto “i manovali”, devono sottomettersi ai loro ordini se no muoiono. Le guardie, costrette a lavorare in condizioni terribili e impossibilitati a porre fine a questa situazione, cercano di mantenere l’ordine e la disciplina attraverso metodi repressivi. In questo contesto è impossibile qualsiasi intervento di rieducazione e risocializzazione. È un processo lento, ma efficace di ammazzamento della dimensione umana e imposizione della bestialità.
Quanto alla morte la situazione à ancora più drammatica. Uno studio recente, prodotto a partire di dati del 2012, ha rivelato che 42 mila adolescenti tra i 12 e i 18 anni rischiano di essere vittime di omicidio nelle citta brasiliane con più di 100 mila abitanti nei prossimi quattro anni. Ciò significa che, per ogni gruppo di mille adolescenti brasiliani, 3,32 corrono il rischio di essere uccisi prima di compiere 19 anni. Secondo i dati della ricerca, la regione Nordest presenta i peggiori indici di violenza contro gli adolescenti. Il rischio di essere uccisi attinge 5,97 adolescenti ogni gruppo di mille ragazzi nordestini. Quanto al profilo dei ragazzi più vulnerabili, lo studio dimostra che la possibilità di giovani neri essere uccisi è tre volte maggiore rispetto a quella dei coetanei bianchi. Giovani, quasi sempre neri e abitanti delle favelas, sono il bersaglio preferito della violenza. I ragazzi hanno l’abitudine di dire che la furia omicida ha indirizzo, colore e età preferiti. L’indirizzo prescelto è quasi sempre una strada della periferia dove non ci sono politiche pubbliche e la presenza dello stato è ridotta al minimo, affidata a una volante della polizia che ogni tanto fa la ronda e, quando interviene, in molti casi, lo fa violando le garanzie costituzionali. Il colore preferito è il nero, visto che il maggior numero di vittime è di ragazzi afrodiscendenti. E l’età prediletta è compresa tra i 12 e i 18 anni.
Gabriel ha tutti i “requisiti” per entrare in queste statistiche. Alcuni suoi vicini già ne fanno parte. O sono in carcere o hanno già terminato la loro giovane traiettoria di vita falciati da colpi di pistola.
Il Progetto Legal vuole arrivare prima e prevenire questa drammatica conclusione. Il suo obbiettivo è costruire un itinerario che abbia come meta una vita semplice, ma vissuta da protagonisti, con libertà e responsabilità, all’insegna dei valori, imbevuta della dignità dovuta ad ogni persona, con accesso garantito ai diritti e pieno esercizio della cittadinanza. Il Progetto Legal è impegnato in prima fila con tutti coloro che lavorano per strappare i ragazzi dalle grinfie della morte e diffondere la cultura della vita. É una missione pasquale. Gli educatori sono sfidati a vivere la Pasqua e ad esserne testimoni attraverso il loro impegno in difesa della vita di bambini e adolescenti in situazione di vulnerabilità. Non possiamo dimenticare che il Risorto è il Crocifisso e che la Resurrezione è l’apice di una vita vissuta a servizio dei più poveri con una dedicazione d´amore fino al gesto estremo di offrire la propria vita per noi. La passione e morte di Gesù furono le conseguenze della sua opzione per gli esclusi. Fu ucciso perché restituiva la dignità agli ultimi e smascherava le strutture di potere che manipolavano le coscienze e le assoggettavano a un progetto contrario a quello di Dio. Fu rifiutato dalle autorità del tempo perché incomodava gli interessi dei potenti. Fu accusato ingiustamente di causare disordine solo perché denunciava l’ipocrisia, i peccati e i delitti commessi contro la gente. Fu duramente perseguitato da coloro che si opponevano con tutte le forze al suo progetto e si ostinavano a seminare ingiustizia e morte. Nonostante i rifiuti e le persecuzioni optò per le vittime del sistema.
Vivere la resurrezione di Gesù è fare le sue stesse scelte. È camminare con Lui controcorrente. È assumere su di sé il dolore dei poveri. È mettersi al loro fianco per camminare con loro verso la pienezza della vita. Assumere la Resurrezione è rinnovare ogni giorno l’opzione per coloro che sono scartati e posti ai margini della società. La croce, dice Jon Sobrino teologo gesuita, martire sopravvissuto, amico personale di Mons. Oscar Romero (ucciso nel 1980) e confratello di comunità del gruppo di gesuiti uccisi nell´Università Cattolica di El Salvador nel 1989, è l´unico luogo da cui è possibile capire la resurrezione. Lo stesso di può dire di tutte le croci sparse nel mondo su cui sono appesi i poveri, inchiodati su di esse innocentemente. Solo assumendo il loro dolore e impegnandosi a discenderli dalla croce per restituirli alla vita è che potremo capire e vivere da testimoni del Risorto. San Paolo lo dice chiaramente: “Se con Lui moriamo, con Lui risusciteremo” (2Tm 2,12). Se con Lui saliamo sulle croci dei poveri del mondo, con Lui e con loro risusciteremo La celebrazione della Pasqua non deve limitarsi a un culto, ad un atto liturgico. La liturgia pasquale separata dalla realtà dei crocifissi della storia e dalla solidarietà con loro non piace a Dio. Non è una visione ideologica, ma evangelica. Per risorgere con Gesù siamo chiamati a seguire il Maestro, a fare le sue stesse scelte e a vivere il suo stesso amore. Al contrario continueremo a celebrare la Pasqua superficialmente e a vivere una vita da “cadaveri ambulanti” che celebrano con le labbra, ma non si lasciano trasformare dalla vita nuova che sgorga dal costato del crocifisso e trova la sua piena espressione nella Risurrezione.
Il disastro ambientale: il 5 novembre 2015 due dighe contenenti vari milioni di rifiuti tossici provenienti da operazioni minerarie sono crollate, generando il peggior disastro ambientale della storia del Brasile.
La passione dolorosa
del popolo brasiliano
Viviamo una situazione difficile. Tutti voi seguite le notizie del Brasile divulgate dalla stampa italiana. Ultimamente il paese vive uno dei suoi peggiori momenti. A farne le spese sono sempre i più poveri costretti a vivere una permanente Via Crucis la cui ultima stazione, quella della Risurrezione, sembra ancora lontana. I capricci della natura: negli ultimi due anni c´è stata un´altalena tra prolungati periodi di siccità che hanno messo in rischio le riserve idriche del Paese e improvvise alluvioni che hanno provocato distruzione e morte in varie parti del Brasile. Molti piangono per la siccità che non sembra finire più e altri per le piogge torrenziali. Alcuni sono costretti a lasciare la loro terra che non produce più niente per mancanza d´acqua e altri hanno visto le loro case e i loro familiari travolti dalle frane. Tutti hanno un´origine comune: la povertà. E tutti hanno un unico destino: le periferie o addirittura le strade delle metropoli brasiliane sempre più affollate di persone senza fissa dimora.
Il disastro ambientale: il 5 novembre scorso due dighe contenenti vari milioni di rifiuti tossici provenienti da operazioni minerarie sono crollate, generando il peggior disastro ambientale della storia del Brasile. Un flusso inarrestabile di fanghi ferrosi contaminati da arsenico, piombo, cromo ed altri metalli pesanti hanno invaso la città di Mariana, nello stato di Minas Gerais e da qui si sono sparsi alle località circostanti. Diciassette persone sono morte. Altre centinaia sono state evacuate. I volumi di sostanze tossiche che hanno coperto l’area sono impressionanti: 60 milioni di metri cubi, pari a 25 mila piscine olimpioniche. I fanghi, di un colore che varia dall’arancione al marroncino, sono prodotti di scarto dalle operazioni minerarie. Dalla diga crollata questi fanghi sono finiti nel Rio Doce – il Fiume Dolce – e da qui hanno iniziato il loro cammino inesorabile verso la foce, contaminando l’acqua e i terreni lungo il suo percorso. L´onda di fango ha percorso 500 km fino a sfociare nell´Oceano Atlantico contaminando decine di chilometri di spiagge famose per la pesca e il turismo. Intere foreste, aree protette, campi agricoli, case e, soprattutto la foce del fiume, habitat naturale di centinaia di specie di animali e vegetali sono stati coperti dal fango. Duecentocinquanta mila persone sono rimaste senza acqua potabile per vari giorni perché l´acqua è tutta arancione. Gli specialisti dicono che ci vorranno decine di anni per recuperare la natura contaminata. La diga appartiene alla Samarco Mineração S.A., che è controllata dalla anglo-australiana Bhp Billiton e dalla brasiliana Vale, entrambi colossi delle miniere. La tragedia, già ripetutamente annunciata da coloro che da anni denunciano la devastazione ambientale occasionata dall´estrazione selvaggia dei minerali, ancora una volta rivela un modello economico insostenibile, senza nessuna preoccupazione per la preservazione dell´ambiente, ma avida di lucro a qualsiasi prezzo.
L’invasione delle zanzare: come se non bastassero questi disastri, è arrivata un’ennesima minaccia: la zanzara aedes aegypti, volgarmente chiamata zanzara tigre. È una vecchia conoscenza del Brasile. Da anni è responsabile per la trasmissione della dengue, una malattia che nella sua forma più grave, quella emorragica, può anche portare alla morte. Dalla fine dell´anno scorso è diventata veicolo di diffusione di altri due virus: zika e chikungunya. Il timore per zika è sostenuto dal possibile collegamento con lo sviluppo di microcefalia nei neonati. Sono migliaia le persone infettate da queste malattie che, come sempre, colpiscono in maniera speciale le persone che vivono in periferia, in zone malsane, senza la rete fognaria e con grande numero di discariche abusive, dove è maggiore il rischio di proliferazione degli insetti.
La recessione: c´è, poi, la crisi economica. Il Brasile è in piena recessione, la peggiore degli ultimi 25 anni. I prezzi aumentano a ritmo accelerato, scoppiano gli indici di inflazione e cresce la disoccupazione.
Il terremoto politico: infine, c´è la crisi politica scaturita dall´Operazione Lava Jato (Autolavaggio), un´edizione brasiliana dell´Operazione Mani Pulite. Deflagrata due anni fa sotto il coordinamento di Sergio Moro, un giudice di Curitiba nel sud del Paese, l´Operazione Autolavaggio ha svelato lo schema di corruzione con un vasto giro di tangenti installato nella Petrobrás, la maggiore impresa pubblica del Brasile responsabile per l´estrazione e commercio di petrolio. Da quelle indagini, grazie alle testimonianze di pentiti, sono stati scoperti altri scandali che coinvolgono deputati, senatori e alcune autorità del Paese come il presidente del Senato e il presidente della Camera dei Deputati. Fino ad ora sono state realizzate 24 operazioni con decine di arresti. Ad ogni indagine vengono a galla molte altre denunce. Cresce il numero degli indagati. Alcuni già sono stati processati e condannati. Per la prima volta imprenditori, responsabili di grandi gruppi imprenditoriali del Paese, soprattutto della costruzione civile, sono finiti in manette per essersi aggiudicati gli appalti attraverso il pagamento di tangenti depositate all´estero, soprattutto in Svizzera. Le indagini riguardano alcuni membri del Partito dei Lavoratori che è al governo dal 2003 e potrebbero coinvolgere l´ex presidente Lula e Dilma Rousseff, attuale presidente della repubblica. Ci sono forti sospetti che le mazzette fossero utilizzate per finanziare le campagne elettorali del Partito. In questi giorni la Camera dei Deputati, presieduta da Eduardo Cunha, denunciato nell´alta corte per vari delitti, tra cui corruzione e lavaggio di denaro sporco, ha autorizzato l´apertura di processo di impeachment (impedimento) contro la presidente Dilma. Se ritenuta colpevole, potrà essere deposta dall´incarico. In questo caso le subentrerebbe il vice presidente Michel Temer, anche lui indagato. Insomma, è un grande imbroglio.
Il Paese è spaccato in due tra coloro che vogliono l´impeachment della presidente e quelli che considerano la sua deposizione un colpo di stato. La tensione è molto alta. Le posizioni tendono ad inasprirsi al punto di sfociare in aggressioni reciproche. Si diffonde sempre più da parte della classe alta un odio contro il Partito dei Lavoratori.
L´Operazione Autolavaggio è un grande passo in avanti nella lotta contro la corruzione. È vergognoso che un paese così ricco privi la sua gente dell´accesso ai diritti fondamentali a causa della deviazione dei fondi pubblici per interessi particolari. Spero che riesca a identificare, processare e punire tutti i responsabili. Allo stesso tempo, però, vedo che le procedure utilizzate dagli inquirenti, discutibili dal ponto di vista legale e etico, stanno squalificando l´operazione facendole perdere l´imparzialità. In alcuni casi stanno violando prerogative costituzionali. Questi vizi rischiano di indebolire l´operazione e decretarne il suicidio. Vediamone alcuni sinteticamente.
La corruzione in Brasile esiste da oltre 500 anni, da quando è cominciato il processo di colonizzazione. In questi anni le oligarchie hanno divorato le risorse del paese per fare i loro interessi lasciando la stragrande maggioranza della gente in situazione di miseria. Il Brasile, infatti, è sempre stato nei primi posti della classifica dei paesi più ingiusti del mondo. É interessante verificare che in tutti questi anni non ci sono mai state azioni energiche per combatterla. I responsabili si sono approfittati dell´impunità per continuare a rubare. Forti del loro potere e grazie alla politica degli intrallazzi tra esecutivo, legislativo e giudiziario non sono mai stati investigati e puniti.
L´ex presidente brasiliano
Luiz Inácio Lula da Silva.
Gli scandali di questi ultimi anni stanno scoppiando perché gli ultimi tre governi (due di Lula e uno di Dilma) non hanno mai interferito, al contrario di quello che si dice, nelle indagini. La procura e la polizia federale hanno sempre avuto carta bianca per realizzare il loro lavoro, anche quando le indagini riguardano persone legate al governo.
Gli investigatori, però ultimamente stanno commettendo eccessi che, secondo, alcuni giuristi, costituiscono un attacco alla Costituzione Federale. È in questo senso che si inseriscono le proteste dell´ex presidente Lula e della presidente Dilma. Non vogliono intralciare le indagini, ma esigono che gli inquirenti agiscano nei limiti della legge. Il caso più eclatante degli ultimi giorni è stata la conduzione coattiva di Lula per essere interrogato in un commissariato della Polizia Federale situato in uno degli aeroporti di San Paolo. Molti giuristi hanno condannato l´azione come un abuso di autorità, senza fondamento, visto che l´ex presidente non si è mai rifiutato di presentarsi davanti agli inquirenti e sottomettersi ad interrogatorio tutte le volte che era citato. Il giudice ha allegato che la conduzione coattiva era necessaria per garantire protezione a Lula e preservarlo dall´assedio della stampa. L´argomento no si sostiene. È inconcepibile arrestare una persona per proteggerla e preservarla dall´assedio dei giornalisti, soprattutto quando, al momento dell´arresto c´era un plotone di giornalisti pronti a registrare la scena, prova della fuga di notizie da parte degli inquirenti. È evidente che la conduzione coattiva di Lula aveva lo scopo di esporlo allo scherno pubblico e di incentivare le manifestazioni contro il governo.
Ugualmente allarmante è la diffusione, attraverso la stampa, del contenuto delle dichiarazioni dei pentiti senza aver indagato e prodotto prove come anche la divulgazione di telefonate intercettate esponendo le persone a un linciaggio collettivo e a una condanna anticipata, senza il dovuto processo legale. Tra le intercettazioni telefoniche diffuse attraverso la stampa ci sono persino i dialoghi tra Lula e il suo avvocato, chiara violazione del principio dell´inviolabilità della comunicazione tra avvocato e cliente. Peggio ancora è verificare che i contenuti delle denunce dei pentiti e delle telefonate intercettate sono utilizzati in maniera diversa a seconda delle persone coinvolte. Si dà amplia pubblicità a quelle riguardanti membri del Partito dei Lavoratori e del Governo e si lasciano nell´ombra le denunce contro membri dell´opposizione. È forte il sospetto di una forte relazione tra alcuni inquirenti con la stampa, soprattutto con mezzi di comunicazione sociale che utilizzano i loro programmi per distillare veleno, sospetti e informazioni selezionate con un chiaro e evidente disegno di distruggere il Partito dei Lavoratori e i suoi principali esponenti. Le reti televisive e la stampa in generale formano una specie di partito, il PIG (Partito della Stampa Golpista) che, a servizio degli interessi del sistema neoliberale, vuole spodestare la presidente della repubblica a qualsiasi costo. Non voglio difendere nessuno. Come ho già detto, desidero che tutti i responsabili di atti di corruzione, siano puniti. È deludente vedere che alcuni politici che si presentavano come difensori dei poveri hanno rinunciato a un progetto politico di trasformazione radicale in nome di un progetto di potere da difendere con unghie e denti. Ma, se l´obbiettivo dell´Operazione Autolavaggio è la lotta contro la corruzione la stessa deve essere a tutto campo, coprendo un raggio di 360º, colpendo tutte le persone, gruppi e partiti coinvolti. La stampa, a sua volta, non può schierarsi, ma deve essere neutrale e imparziale nella diffusione delle informazioni. La libertà di stampa è un diritto fondamentale e necessario in un stato democratico, ma non può ridursi alla libertà dei potenti proprietari dei mezzi di comunicazione che li utilizzano soltanto per diffondere il loro punto di vista che, quasi sempre, coincide con quello dei gruppi egemonici.
I partiti di destra che, a loro volta, formano l´opposizione, non hanno mai ingoiato l´ultima sconfitta elettorale. Vogliono riprendersi il potere a qualsiasi costo. Non sopportano i 12 anni di governo del Partito dei Lavoratori e, soprattutto la possibilità di una nuova elezione di Lula nel 2018. Dicono di essere contro la corruzione, ma anche loro hanno ricevuto finanziamenti illegali per le loro campagne elettorali e anche tra le loro file ci sono esponenti indagati. Molto di più si scoprirebbe a loro rispetto, negli anni in cui hanno governato il Brasile prima di Lula, ma gli inquirenti non sembrano interessati a far luce su quei fatti. Come se non bastasse, in questo momento, pur di raggiungere l´obbiettivo di fare cadere il governo, si sono alleati con il presidente della Camera e del Senato che, a differenza di Lula che è ancora indagato, sono già sotto processo nell´alta corte per corruzione.
Insomma, l´Operazione Autolavaggio è nata bene, con il nobile proposito di combattere la corruzione. È necessario fare emergere tutto il fango della corruzione della macchina pubblica. Ma comincia a perdere colpi quando viola prerogative costituzionali, si trasforma in un palco politico con interessi parziali e si mette a servizio di chi, sconfitto nelle urne, cerca di impossessarsi del potere con una manovra che ricorda un colpo di stato. In questa maniera l´operazione mani pulite si trasforma in operazione “ad una solo mano”, perché attacca solo alcuni, soprattutto quelli intralciano gli interessi di gruppi oligarchici storicamente contrari alle conquiste dei lavoratori e alla garanzia di accesso universale ai diritti umani. In questa maniera rinuncia al ruolo di smascherare i meccanismi perversi della corruzione e si trasforma in alleato parziale di gruppi che, quando erano al potere, hanno rubato anche loro. Il loro unico interesse è quello di tornare al comando per privatizzare quello che resta, soprattutto lo sfruttamento delle risorse petrolifere.
Ancora una volta sottolineo il mio desiderio che tutti, ripeto TUTTI coloro che sono responsabili per delitti come la corruzione, devono essere puniti. Ma, non posso tollerare che lo si faccia sommariamente, in maniera mediatica, parziale, anticipando la condanna senza raccogliere le dovute prove. I giudici devono essere imparziali e, soprattutto devono manifestarsi negli atti processuali, non sui palchi delle manifestazioni pubbliche. I processi devono avvenire nei tribunali e non negli studi televisivi. Il diritto alla presunzione di innocenza fino alla comprovazione definitiva delle accuse e l´ampio diritto alla legittima difesa non possono essere violati. La giustizia deve essere cieca nei due occhi e non in uno soltanto. Le masse che urlano per le strade a favore dell’impeachment della Presidente Dilma non possono condizionare la decisione della magistratura, anche perché la storia è piena di folle inferocite che, abilmente manipolate, hanno appoggiate le peggiori atrocità commesse contro l´umanità. La crocifissione di Gesù e la furia nazista ne sono gli esempi più vergognosi di quello che le masse possono combinare quando non pensano più con la propria testa, ma si fanno pensare dagli altri.
In realtà le oligarchie non hanno mai accettato le conquiste popolari degli ultimi anni. Sono arrabbiate perché hanno dovuto cominciare a condividere i loro privilegi con le classi più povere. È giusto che chi ha rubato, come ho già detto, indipendentemente dal partito, paghi. Ma la corruzione di persone e gruppi non può diventare il preteso per porre fine a un progetto politico democratico attento alle necessità dei più poveri e promotore di politiche pubbliche che garantiscano l´accesso ai diritti.
Se Lula ha commesso delitti si faccia luce con trasparenza e, se si dovessero provare le accuse, si applichino le pene previste dalla legge, ma non possiamo negare l´importanza delle politiche pubbliche del suo governo che hanno dato ai giovani di classi povere l´accesso all´università; che hanno garantito a milioni di senza tetto il diritto a ricevere una casa; che hanno permesso a 40 milioni di brasiliani di uscire dalla miseria grazie a un salario minimo più giusto a all’assegno familiare. Non possiamo dimenticare che alla fine del 2º mandato come presidente, Lula aveva 80% di approvazione e in una recente inchiesta, prima di queste denunce, era considerato il miglior presidente del Brasile con buone possibilità di essere eletto di nuovo presidente nel 2018. Sono questi numeri che danno fastidio.
Finalmente, credo che l´Operazione Autolavaggio da solo non basterà a porre fine alla corruzione. Sono urgenti altre misure, tra le quali la riforma politica e elettorale e la moralizzazione della politica. Come diceva il Beato Mons. Oscar Romero, la cui memoria ricordiamo il prossimo 24 marzo, bisogna restituire dignità alla politica. In questo campo i cristiani hanno una grande responsabilità. Nonostante tutto quello che sta succedendo, il cristiano non può fare lo schizzinoso, prendere distanza dalla politica e chiudersi in se stesso, in un individualismo solitario e insolidale. La fede è incompatibile con l´indifferenza e con la neutralità. Esige impegno. La fede rifiuta la manipolazione delle coscienze e la distorsione della realtà. Esige verità. La fede non tollera progetti che disumanizzano e opprimono. Esige vita abbondante per tutti. La fede rifiuta l´adesione all´idolatria del mercato senza limiti, che esige sacrifici umani e vieta il primato delle mete sociali. Esige conversione e adesione esclusiva al progetto di Gesù il cui principale manifesto è il Vangelo delle Beatitudini. La fede non accetta l´insensibilità di fronte al clamore dei poveri. Esige compassione e proposte concrete di liberazione. La fede cristiana non ha niente a che vedere con lo spiritualismo disincarnato. Esige uno stile di vita comunitario e solidale che si concretizza nella collaborazione tra le persone con l’obbiettivo di costruire un progetto di società più giusta e fraterna che umanizzi e produca vita. Invece di rinunciare alla politica, pertanto, è ora di impegnarsi in politica per riabilitarla e restituirle dignità, cercando la verità, lottando per la giustizia, promuovendo il bene comune, difendendo i diritti umani e trasformando la realtà perché diventi sempre più simile al sogno di Dio.
Approfitto per augurarvi una Buona e Santa Pasqua all´insegna dell´amore misericordioso del Padre.
Dio dica bene di tutti noi.
Padre Saverio Paolillo, mccj