Lunedì 4 maggio 2015
Il 25 aprile scorso si è conclusa la celebrazione dei 150 anni del Piano di san Daniele Comboni per la rigenerazione dell’Africa con l’Africa e dei 90 anni di presenza comboniana in Sudafrica. Alla cerimonia, che si è svolta a Silverton e che è stata presieduta dall’Arcivescovo di Pretoria, Mons. William Slattery, hanno partecipato Mons. Giuseppe Sandri, vescovo comboniano di Witbank, la maggior parte dei comboniani che lavorano nel paese e molti amici e benefattori. Nella foto: P. Jeremias dos Santos Martins, superiore provinciale dei missionari comboniani nel Sudafrica.
Il superiore provinciale, P. Jeremias dos Santos Martins, nel suo discorso di benvenuto, ha ripercorso la storia dei due eventi.
Da parte sua, Mons. Slattery, nell’omelia, ha detto che san Daniele Comboni, grazie alla sua vicinanza spirituale al Cuore di Gesù, è stato in grado di vedere più di quello che vedevano gli antropologi e gli esploratori del suo tempo, intuendo, con almeno cento anni di anticipo, l’enorme potenziale dell’Africa.
Il lavoro di evangelizzazione e di promozione umana svolto dai comboniani in Sudafrica è stato veramente grande. Oltre a stabilire la Chiesa cattolica in quella che oggi è la diocesi di Witbank – una vasta area che si estende da Bronkhorstpruit (diocesi di Pretoria) fino al Mozambico – dove hanno costruito più di 160 chiese, i comboniani hanno portato un grande sviluppo umano con la costruzione di ospedali, cliniche, scuole, asili nido, ospizi, mulini, falegnamerie, centri di tessitura, e piccoli orti per le famiglie.
Mons Slattery ha ricordato anche le difficoltà che i “pionieri” comboniani hanno incontrato: dal clima di sospetto (la Chiesa cattolica era considerata la “Roomse gevaar”, la “minaccia romana”), agli ostacoli per servire le persone di colore, dalla necessità di adattarsi a una nuova realtà e imparare le lingue locali, a grandi sforzi fisici, come i lunghi viaggi per coprire le distanze fra le numerose e piccole comunità cristiane, la mancanza di strade, di negozi, di strutture e di assistenza sanitaria. “Quando i comboniani arrivarono – ha concluso – il territorio dell’Eastern Transvaal era invaso da persone in cerca di oro. I missionari hanno portato loro una cosa più preziosa dell’oro: hanno portato Cristo”.