Sabato 31 gennaio 2015
Ieri è stato presentato il libro del dott. Marco de Feo dal titolo: Nimetoka Italia! L’epopea dei volontari e missionari Italiani nella guerra d’Uganda, nell’aula capitolare dei Missionari Comboniani a Roma. Padre Enrique Sánchez, Superiore Generale dei Comboniani, ha iniziato l’incontro con un saluto di benvenuto e di ringraziamento a tutti i presenti e, in particolare, a Marco de Feo per “la sua dedizione tra i più poveri dell’Uganda come missionario volontario e soprattutto per aver messo tra le nostre mani il libro che di seguito ci verrà presentato”.
Ha introdotto e guidato l’incontro il giornalista Piero Badaloni; sono inoltre intervenute alcune persone la cui testimonianza è riportata nel libro del dott. de Feo: il medico Stefano Calderale, volontario in Uganda dal 1986 al 1987, e i missionari comboniani fr. Daniele Giusti, fr. Mario Camporese, p. Torquato Paolucci e p. Mariano Tibaldo.
In un’aula gremita Piero Badaloni ha iniziato leggendo una lettera della dott.ssa Chiara Catellani, medico e volontaria in Congo, che descriveva il libro come “un pugno allo stomaco” per i racconti di vita vissuta che narrano le tragedie ma anche gli atti di eroismo di persone – volontari, missionari e pure gente del posto, come il dott. Matthew Lukuwya – in un momento buio della storia dell’Uganda. Il libro del dott. De Feo, lui stesso volontario in Uganda nell’ospedale di Lacor, è una raccolta di testimonianze di un periodo storico che copre un arco di tempo di quasi trent’anni: dalla cacciata di Amin agli eccidi del movimento ribelle Lord’s Resistance Army che ha fatto terra bruciata in vaste zone dell’Uganda del nord.
P. Enrique Sánchez González,
Superiore Generale dei Comboniani,
ha iniziato l’incontro con un saluto
di benvenuto e di ringraziamento
a tutti i presenti.
“Nimetoka Italia! L’epopea dei volontari e missionari Italiani nella guerra d’Uganda” è un libro, letto da chi è stato testimone diretto dei fatti raccontati, che non solo fa ricordare ma fa rivivere le stesse emozioni di paura, rabbia, frustrazione, impotenza e anche odio provate in quei momenti: è come se il passato non fosse mai passato ma, anzi, si fosse semplicemente nascosto nei meandri della psiche per riemergere con la stessa forza di un incubo notturno.
Ma ciò che il libro lascia intendere è la straordinaria storia di chi, nonostante tutto, è rimasto e ha resistito al male: “Il resistere e il rimanere – scrive l’autore alla fine del libro – fa da sfondo a tutti i racconti; il restare con la popolazione in difficoltà in qualsiasi momento della loro travagliata storia rappresenta in comune denominatore di tutti gli intervistati” convinti di aver forse vissuto un’utopia, se così è stata, ma di aver “trovato un modo di dedicarsi agli altri gratuitamente, senza schemi mentali, e senza chiedersi il perché di tanta violenza gratuita”.