Giovedì 10 settembre 2020
Padre Ivo Ciccacci è deceduto cinquanta anni fa (1970). La sua è un’eccezionale figura di evangelizzatore in Sudan, dove ha dato inizio a comunità cristiane e si è distinto per l’amore ai poveri. Poi in Italia si è qualificato come appassionato animatore missionario. Una figura che merita di essere evocata. In allegato. publichiamo il testo del libri in PDF.

AURELIO BOSCAINI
Passiamo ai fatti
Ivo Ciccacci, missionario in prima linea
EMI 2011

PRESENTAZIONE

Perché ricordare la figura di un missionario scomparso da più di quarant’anni e il cui nome non è familiare a molti?

Semplicemente perché non gli mancano gli amici che ancora lo ricordano e lo venerano come padre e maestro, e intendono offrirlo alla conoscenza di altri amici ancora, essendo un grande missionario. La sua è un’eccezionale figura di evangelizzatore in Sudan, dove ha dato inizio a comunità cristiane e si è distinto per l’amore ai poveri. Poi in Italia si è qualificato come appassionato animatore missionario, che sapeva contagiare con la sua creatività ed entusiasmo. Infine padre Ivo, con il suo ministero di parroco, in un momento entusiasmante per la chiesa ma non facile né per la società né per la comunità cristiana, ci ha lasciato un significativo esempio di “nuova evangelizzazione”.

«Un apostolo entusiasta, sorridente, ottimista, giovane, moderno. Un uomo piccolo di statura, magro, nervoso, dai tratti un poco tesi, i capelli grigi e sempre arruffati, un pizzetto ribelle che le dita scarne e sottili tormentavano incessantemente, un parlare a scatti, con suono duro, quasi tedesco, due occhi azzurri tanto profondi e, sotto l’abito talare, un cuore traboccante d’amore per Cristo e per gli uomini fino a scoppiarne». Così quella che era stata la sua comunità parrocchiale di Villanova a Napoli ricordava padre Ivo Ciccacci a un paio di mesi dalla sua morte improvvisa (aveva da poco compiuto cinquant’anni) su Azione Missionaria (oggi Missionari Comboniani), il mensile che egli stesso aveva fondato e diretto fino alla morte.

Per quindici anni, padre Ivo aveva lavorato tra la gente del Sud Sudan, i denka in particolare. Erano stati anni meravigliosi, che lo avevano visto entusiasta e capace evangelizzatore di un popolo di cui si era innamorato e a cui guardava con la purezza degli occhi di Dio. A quel popolo aveva consacrato la sua vita e tutta avrebbe voluto spenderla abitando in mezzo ad esso, condividendone la buona e la cattiva sorte.

Ma, per un tempo, l’opposizione alla penetrazione cristiana nel Sud Sudan sembrò averla vinta. Tutti i missionari, uomini e donne, furono espulsi dal paese a fine febbraio del 1964.
La chiesa sud-sudanese parve destinata a sparire. Invece, quel piccolo seme ha trovato in sé e nella forza dello Spirito il coraggio di rinascere ed spandersi. Oggi non solo la chiesa del Sud Sudan è viva, ma è in forte crescita. Lo scorso 9 luglio, noi comboniani in particolare abbiamo esultato per il traguardo raggiunto dal Sudan del Sud: l’indipendenza nel concerto delle nazioni d’Africa.

Espulso, padre Ivo si era visto catapultato a Napoli come animatore missionario nelle terre del sud. L’anno dopo (1965), la Provvidenza lo voleva parroco della comunità di Santa Maria della Consolazione a Villanova, sul promontorio di Posillipo. Ne sarà, per soli cinque anni, il pastore esigente ed entusiasta. Con il Vangelo in mano. E soprattutto con uno sguardo di predilezione per i giovani, l’oggi della chiesa e sua speranza per il domani. Quei giovani, di fronte a sfide e preoccupazioni per il loro avvenire in un momento di grandi mutamenti, si ponevano domande e cercavano tenacemente risposte. In padre Ivo trovavano speranza, perché era un testimone che offriva almeno un abbozzo di risposta. Padre Ivo, infatti, era convinto che i valori umani rimangono sempre gli stessi e che si chiamano amicizia, formazione e educazione, ricerca di una vita autentica in Gesù, fondazione di una famiglia.

Di una comunità cristiana piuttosto spenta e sonnacchiosa seppe, in così breve tempo, fare una comunità vivace, accogliente e aperta alla missione. Convinto che la chiesa non è una comunità di perfetti, ma che è attorno all’eucaristia domenicale che essa si costruisce, e che quello è il luogo in cui si manifesta il suo volto, quello di una chiesa che non esclude nessuno ma che, anzi, sceglie di mettersi con e tra i poveri, senza fare differenze o eccezioni di persone. Mettendosi i poveri nel cuore, loro che del Signore dicono la presenza, padre Ivo ha riportato la parrocchia «presso le case», come evidenzia la traduzione letterale delle stesse parole in greco. Significative, a questo proposito, le sue messe nei palazzi del quartiere. Coinvolgendo, nell’entusiasmante avventura di costruire una comunità, tutte le buone volontà, piccoli e grandi, ricchi e poveri, vi è riuscito a un punto tale che il cardinale arcivescovo Corrado Ursi lo indicò come modello ai suoi preti.
Sono anni, ormai, che si parla di crisi della parrocchia, che si sottolinea la necessità di una «nuova evangelizzazione». Sono felice di presentare ai lettori la figura di un missionario che nella parrocchia ha creduto, come annuncio e presenza del regno di Dio tra di noi.

P. CORRADO MASINI, mccj
2011