Mercoledì 3 aprile 2024
Ho sempre bisogno di un po’ di calma per riuscire a scrivere. In questi giorni, il cielo ha voluto che non avessi troppi impegni. E allora ne approfitto per raccontarvi del mio ultimo viaggio in Italia e ritorno. Un viaggio – lo confesso – all’insegna della Provvidenza. Perfino un dottore italiano, cui mi sono rivolto per avere la possibilità di alcuni esami medici, mi ha detto: «Ma lei è un raccomandato!». Me l’ha detto con il tono di chi sa di dire una cosa vera. Sulle prime, non ci ho fatto molto caso. Oggi, invece, alla fine di ogni cosa, devo riconoscere che tutto è andato come doveva andare.
C’è la Provvidenza, eccome se c’è! E non è peccato crederci. Anzi, commetterei un peccato se non ci credessi. Perché, ancora una volta – la milionesima volta – è bello sapere, sentire e toccare con mano che c’è Qualcuno che mi guida, ben oltre i miei programmi. E in questo Qualcuno ho sempre grande fiducia.
Dunque, sono partito da Kisangani il 23 agosto scorso su un piccolo aereo guidato da un pilota che conosco da sempre. Mi ha offerto il volo “gratis” fino a Goma, una città situata nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, sulla riva settentrionale del Lago Kivu. Ma non era qui che ero diretto. L’intenzione era di raggiungere l’aeroporto internazionale di Entebbe, a 43 km a sud di Kampala, capitale dell’Uganda. Saputo ciò, il pilota si è offerto di pagarmi il biglietto per Entebbe, e non ha voluto neppure che lo ringraziassi.
I confratelli di Kampala erano all’aeroporto ad attendermi per dirmi che avevano già organizzato il mio volo per l’Italia (anche questo è Provvidenza!).
Giunto in Italia, ho iniziato subito a cercare il modo di poter fare alcuni esami medici. Non è stato facile. Ma due settimane dopo, ecco il primo test. I medici, però, mi hanno detto che ne servivano altri più approfonditi. E così, avanti fino al 31 ottobre, quando i medici che mi avevano preso in consegna mi hanno dato il loro responso finale: «Lei è davvero un vecchio raccomandato… Ringrazi Dio della buona salute di cui ancora gode, nonostante gli anni che ha. Per noi, lei potrebbe partire anche domani». Uno di loro, però, si è lasciato sfuggire una frase che non mi è piaciuta: «A dire il vero, è rimasto un piccolo dubbio… ma piccolo piccolo… a livello di carotidi. Vorrà dire che, se il problema si ripresenterà, lei dovrà tornare in Italia».
Li ho ringraziati di cuore per ogni cosa. Ma non ho saputo tenere la bocca chiusa circa quel “dubbio piccolo piccolo”: «Come faccio a partire con il dubbio che qualcosa possa non andare bene nei prossimi tre o quattro anni?». Ho aggiunto: «La cosa migliore che potreste farmi è togliermi quel dubbio “piccolo piccolo”. Non è così?». Hanno riso di gusto e mi hanno fissato nuovi controlli e test più approfonditi durante le due settimane successive. Alla fine, hanno preso la decisione di intervenire chirurgicamente. Così, il 15 gennaio 2024, mi hanno portato in sala operatoria dove, per due ore e mezza, hanno pulito ben bene le carotidi. Se non ricordo male, mi hanno detto di aver eseguito una angioplastica carotidea, con rimozione di ostruzioni presenti nei due vasi sanguigni. «Ora sei come nuovo», mi ha garantito il chirurgo vascolare.
Trovandomi in Italia, ne ho approfittato per farmi un periodo di vacanza. Mi sono anche godute le festività natalizie con parenti e amici. Poi è arrivato il momento di tornare nella Repubblica democratica del Congo.
Viaggio avventuroso
Il 2 febbraio prendo il volo per Kampala-Entebbe. Quando arrivo, però, scopro che non ci sono più voli regolari della Mission Aviation Fellowship (MAF), che è il più grande operatore aereo umanitario del mondo. Ho un vero e proprio incubo: senza un loro volo, mi toccherà fare il giro di mezzo mondo per entrare nell’Rd Congo. Mi consigliano un volo di linea Entebbe-Goma, da dove potrei trovare un secondo volo verso Kisangani… Ma poi? Giunto a Kisangani, che faccio?
Ma ecco rifarsi vivo Colui che guida la mia vita ben oltre i miei programmi. Mentre attendo una buona notizia, ospite della comunità comboniana di Mbuya-Kampala, arriva una telefonata che mi informa che c’è un volo MAF per Bunia-Mungbere il 29 febbraio: è stato “ordinato” da padre Gian Maria Corbetta per trasportare un grosso carico di medicine e dispositivi medici all’ospedale “Anoalite” di Mungbere, dove svolge la professione di medico. Un grande dono dall’alto: avrò un altro volo “gratis”!
Ma non faccio i conti con la “vecchiaia”, che, da un po’ di tempo a questa parte, si diverte a farmi brutti scherzi. Durante l’ultimo controllo scanner all’aeroporto di Entebbe, mi dimentico di riprendermi il computer portatile. Sono convinto di averlo già rimesso nella valigia e mi avvio tranquillo verso il cancello d’imbarco. Il vero guaio è che mi accorgo della dimenticanza solo due giorni dopo, quando arrivo a Mungbere: aperta la valigia, non trovo il portatile.
Fortuna vuole che abbia con me il numero di telefono della Mission Aviation Fellowship. Chiamo e mi dicono che hanno trovato il portatile, ma hanno bisogno di un mio permesso scritto per poterlo ritirare. Invio subito via cellulare il permesso e il prezioso aggeggio è prontamente ritirato dal personale della MAF. Poco dopo, mi inviano un messaggio in cui mi dicono che il computer è già stato consegnato al pilota del prossimo volo per Bunia; da lì, mi contatteranno per decidere il da farsi.
Giuro che ho rischiato un infarto! In quel portatile c’era – e c’è – tanto lavoro, tanti documenti, moltissime lettere… anni di corrispondenza, indirizzi, contatti, numeri telefonici, e anche fotografie che mi sono molto care e preziose. Grazie, o Signore, di avermelo “custodito” finché è stato ritrovato!
A Mungbere
Trascorro alcuni giorni alla missione di Mungbere, dove faccio visita anche ai miei cari pigmei. Rivedo anche tanti miei ragazzi della scuola. Mi viene detto, però, che alcuni di loro sono letteralmente spariti… “ufficialmente dispersi”. Il fatto mi addolora profondamente.
Nella missione è rimasto solo un padre incaricato della pastorale parrocchiale e delle visite agli accampamenti dei pigmei. Tutti sanno che un missionario non basta! Come potrebbe coprire tutti i compiti che gli spettano? Prego il cielo che i superiori capiscano – e presto! – che è necessario inviare un altro padre o fratello, in particolare per seguire i gruppi di pigmei.
Domenica 3 marzo, mi chiedono di presiedere la Santa Messa al centro di Mungbere. Accetto più che volentieri. La chiesa è strapiena. Ormai è chiaro che è diventata troppo piccola per la grande comunità parrocchiale. Nonostante i 1.300 posti a sedere nell’ampio edificio, almeno 300 persone sono rimaste fuori. Ma non è così che la gente vuole partecipare all’Eucaristia: vuole “esserci”, sedersi dentro, gomito a gomito con gli altri… e cantare e danzare insieme. Se sei fuori, puoi sempre pregare, è vero, ma non è la stessa cosa. Ci sono cinque ministri straordinari dell’Eucaristia ad aiutarmi a distribuire la Santa Comunione.
Dopo la messa, ho tempo di ammirare i magnifici affreschi della chiesa, da poco rinnovati. Splendidi davvero! La chiesa sembra nuova.
“Rivoglio il portatile”
Lunedi 11 marzo mi portano con il fuoristrada a Isiro, che dista da Mungbere 115 chilometri. Ho già in tasca il biglietto aereo per Kisangani, ma la testa e il cuore si stanno domandando come potrò raggiungere Buta. Ho anche messaggiato con il personale della MAF, invitandoli a fare arrivare il computer a Isiro, se possibile. Mi hanno risposto di sì.
Martedì sono all’aeroporto di Isiro per ritirare il computer, ma il pilota non l’ha portato. Mi spiega: «Nessuno sapeva di preciso a chi dovesse essere consegnato». Mentre parlo del più e del meno con lui, si lascia sfuggire l’informazione che per domani pomeriggio c’è in programma un volo da Bunia fino a Buta, con scalo a Isiro! Che fortuna! Buta è la mia destinazione… e domani avrò il mio computer! Al desk della MAF scambio il biglietto per Kisangani con uno per Buta. Un impiegato mi garantisce che provvederà a informare chi di dovere per consegnare al pilota il computer.
Il mattino dopo, 13 marzo, arriva l’aereo da Bunia. Il pilota mi consegna il computer. Salgo sull’aereo: dopo 21 giorni di viaggio, finalmente, a mezzogiorno atterro a Buta, con immensa gioia e senza più alcun affanno o preoccupazione. Se non è questa una vera benedizione del cielo! Ditemi voi se non c’è nella nostra vita chi guida i nostri passi e ci conduce alla meta, nonostante le nostre dimenticanze, i nostri fallimenti e le nostre deficienze!
Finalmente a casa
A Buta ho ritrovato la mia gente. I bambini mi sono corsi incontro. Sono cresciuti tutti un tantino: in sette mesi, hanno messo su un po’ di chili e si sono alzati di alcuni centimetri. Come al solito, sono tutti nudi, o quasi. Tutti mi hanno teso la manina, in attesa di una caramella. Che non s’è fatta attendere, ovviamente. Se il “nonno” torna a casa, arriva sempre con un piccolo dono. Basta così poco per renderli felici!
In città ho trovato una sorprendente novità: una senatrice ha fatto installare in tutti i quartieri – anche sulla riva sinistra del fiume, dove viviamo noi – dei pali sormontati da pannelli solari che danno luce la notte. Funzionano che è una meraviglia. Ora non c’è più bisogno di portarsi dietro la torcia se devi uscire la sera o di notte.
Il giorno dopo, nello studio della Radio Comunitaria, ho salutato la cittadinanza. Ho elogiato l’idea dei pannelli solari. Ma ho sentito il bisogno di aggiungere: «Manca ancora una cosa: vanno presto riparati i 380 km di strada che ci isolano dal mondo e fanno salire alle stelle i prezzi dei beni di consumo più basilari. Non si può obbligare la popolazione a vivere nella miseria, senza la più piccola speranza». Spero che il governatore abbia sentito la mia tiratina d’orecchi.
Purtroppo, nell’est del paese continuano i massacri, che causano immancabilmente lo sfollamento di tanta gente. Anche là, non sembra esserci alcuna speranza di un po’ di pace. Troppi gli interessi delle multinazionali per i preziosi metalli dell’Rd Congo! E troppo grande è la corruzione che impedisce l’instaurarsi di una vita migliore per milioni e milioni di congolesi.
In parrocchia, l’accoglienza della gente è stata commovente. Mi aspettavano. Domenica sera abbiamo ripreso a proiettare un film per i bambini e i ragazzi: è l’unico diversivo possibile nel quartiere.
Croci e speranza
Siamo in piena stagione asciutta, ma la cosa strana è che abbiamo una temperatura attorno ai 38-40° gradi, con molta umidità che ti lascia sempre bagnato di sudore. In casa siamo senz’acqua: il piccolo pozzo è asciutto. Siamo costretti a dosare l’acqua per lavarci e per mantenere un po’ di pulizia in casa. Aspettiamo le piogge, che vengano a rinfrescare un po’ l’atmosfera e a consentirci di seminare arachidi e granoturco. Ho intenzione di iniziare a tenere un orticello…
Purtroppo, quando arrivano le piogge, tutto diventa più difficile. Viaggiare sarà pressoché impossibile. Se proprio ti deve mettere per strada, sai che sarà una pena indicibile… e anche molto costoso, tra il carburante che è salito di prezzo e i pezzi di ricambio che dovrai fare arrivare in aereo dalla capitale.
Stiamo aspettando dai superiori la luce verde per iniziare i lavori per la costruzione della nostra casa e della chiesa parrocchiale. Il terreno dato alla missione è libero al momento, ma si parte da zero in tutto e per tutto. Speriamo nella collaborazione della comunità parrocchiale, anche se il loro contributo si limiterà certamente a prestare la manodopera gratis.
Non posso concludere, senza prima ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato in passato e mi hanno donato offerte durante l’ultima vacanza. Che il Signore ricompensi la vostra generosità.
Domenica prossima, Domenica della Palme, accoglieremo Gesù che fa il suo trionfale ingresso in Gerusalemme. Anche noi qui lo accoglieremo con rami di palma, canti e danze. Nella liturgia sentiremo che Gesù è incamminato verso la croce. Brutta roba, la croce. Non però se ti arriva addosso perché stai seguendo Gesù e la accogli con fede vera. Sappiamo che la croce è la sorgente della salvezza nostra e del mondo intero. E anche la nostra gloria. Guardando a lui e seguendolo in tutto e per tutto, troveremo la volontà e la forza di donarci agli altri per amore, per poter partecipare alla gloria della risurrezione.
Mentre vi racchiudo in un forte abbraccio, vi auguro una Santa Pasqua.
Padre Franco Laudani, mccj
Buta, 18 marzo 2024