Roma, giovedì 23 agosto 2012
“Ha vissuto una vita breve ma l’ha offerta per difendere la vita degli oppressi” ha scritto P. Louis Tony Okot Ochermoi per ricordare il 47º anniversario del martirio del nostro confratello comboniano P. Barnaba Deng, il 23 Agosto 1965. Barnaba era un Dinka del Sud Sudan. Aveva 29 anni e solo tre come sacerdote. Barnaba è solo una delle tante vittime della dittatura e della discriminazione in Sudan.
Oggi ricorre il 47º anniversario del martirio di P. Barnaba Deng. Era un missionario comboniano del Sudan meridionale, della tribù Denka. Era stato ordinato sacerdote nel 1962, dopo aver terminato gli studi teologici in Italia, dal cardinale di Milano Montini, divenuto poi Papa Paolo VI.
Fu poi assegnato a lavorare nella sua terra d’origine, che a quel tempo faceva parte di un unico Sudan, nella diocesi di Wau, sotto il vescovo Ireneo Dud. Il suo compito in Sudan si è svolto in un periodo in cui il governo del Sudan aveva intensificato una politica sistematica di oppressione, islamizzando e arabizzando il sud. Le autorità hanno usato tutti i modi possibili per mettere a tacere i pochi ma tenaci intellettuali del Sud. Sono anche arrivati a fare della domenica un giorno qualsiasi di lavoro, mentre il venerdì, il giorno dei mussulmani, è diventato l’unico giorno di preghiera e di riposo per tutti i cittadini di ogni credo.
In tutte le scuole fu imposta la lingua araba come l’unica lingua per l’istruzione. Le autorità erano anche infastidite dalla presenza di missionari stranieri che hanno accusato di istigare i neri del Sud a chiedere la separazione dal Nord. Per sentirsi liberi e sicuri nell’attuazione della loro politica, nel 1964 decisero di espellere tutti i missionari stranieri, tra cui circa 300 Missionari Comboniani (suore, sacerdoti e fratelli). Pensavano così di vincere la battaglia, ma la storia in seguito ha dimostrato che si stavano ingannando.
Questa era la situazione in cui P. Barnaba Deng si trovava mentre, ancora in luna di miele per quanto riguardava il suo sacerdozio, ordinato da solo tre anni, è stato chiamato a rendere testimonianza a Cristo. Il Signore aveva toccato la sua bocca e gli aveva messo le sue parole sulle labbra. È stato all’inizio del suo ministero (Ger 1,9-10). Di sicuro la sua mente era piena di sogni e di entusiasmo. Avrà meditato molte volte le parole di Gesù che ha detto di essere “il Buon Pastore” che liberamente dà la propria vita (Gv 10). E avrà meditato anche le parole di Comboni, che diceva che il più felice dei suoi giorni sarebbe stato quello in cui avrebbe dato la vita per gli africani.
È stato un giorno come oggi, 23 agosto 1965, quando P. Barnaba è stato brutalmente picchiato, il petto squarciato dalla pallottola di un soldato determinato a mettere a tacere la voce di questo giovane sacerdote.
Che cosa resta di lui? Il luminoso esempio di una testimonianza di vita: una vita ben spesa per la causa dei poveri, poiché aveva difeso la vita degli oppressi, vale a dire, di una donna brutalmente picchiata dai soldati. Sapeva che avrebbe rischiato la vita difendendo quella donna e, tuttavia, non ha esitato.
P. Deng è solo una delle tante vittime delle dittature e delle discriminazioni. Altri due sacerdoti diocesani hanno pure perso la vita allo stesso modo: P. Arcangelo Ali, ucciso a Rumbek, e P. Saturnino Ohure, ucciso al confine tra il Sudan e l’Uganda. Altri intellettuali del Sud, come William Deng, furono presi di mira e gradualmente eliminati.
P. Deng è morto con coraggio nel difendere la vita del popolo oppresso e senza voce del suo tempo. La sua voce e la sua testimonianza sono un invito rivolto a tutti noi oggi, in particolare ai giovani, un invito a difendere senza paura coloro la cui vita e dignità sono a rischio.
Fr. Louis Tony Okot Ochermoi, mccj