P. Manuel Augusto Lopes Ferreira, mccj
In vista al Capitolo Generale comboni.org continua nella presentazione di documenti utili per la riflessione.
Roma, 14.04.2009
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Ho cercato di accompagnare il processo di riflessione della Ratio Missionis (RM). Ho partecipato con interesse alle iniziative promosse nella provincia. Ho letto i documenti, le sintesi che sono state pubblicate: quella della Provincia Portoghese, quella dell’Europa e il documento finale preparato dalla commissione della RM in vista del XVII Capitolo Generale (CG). Ammetto che fare tutto questo non è stato un compito facile: le sintesi ripetevano quello che si era condiviso nelle riunioni, erano liste di cose dette e udite, raccolte con il metodo “copia e incolla”, riproponevano sentimenti e desideri più che offrire una riflessione che desse loro un senso. La difficoltà di leggere e sintetizzare (che penso non aver provato solo io), di trovare senso in quello che leggevo, è aumentata in seguito con il riassunto fatto dalla Commissione Tematica della RM: la sensazione di ripetizione, di mancanza di un filo conduttore unitario, mi è rimasta in bocca, a rovinare il sapore di quanto avevo letto.
Gli obbiettivi raggiunti
Il processo di riflessione della RM è così arrivato alla retta finale, con un programma proposto per quest’anno (vedi la lettera del Superiore Gen. e il testo della Commissione Tematica), confondendosi con la preparazione immediata al CG. Diciamo che, in buona parte, il processo della RM ha già dato quello che poteva dare. A giudicare dai testi prodotti, potremmo dire che la montagna ha partorito il topolino. Ma, all’inizio, il processo era stato organizzato non per produrre un documento (come è stato ripetuto più che a sufficienza) ma per promuovere la condivisione tra i membri dell’Istituto. In questo senso, il processo ha raggiunto il suo obbiettivo: non tanto di non produrre un documento, quanto di promuovere un buon livello di riflessione e condivisione (forse più condivisione che riflessione!) tra i membri delle comunità e province. La lettura attenta delle sintesi fa di fatto intravedere questo livello ragionevole di partecipazione e condivisione.
Quali gli elementi messi in evidenza da questo processo? Fondamentalmente due, che sono davvero le basi della nostra vita e missione. In primo luogo, le dimensioni costitutive della nostra spiritualità missionaria comboniana: la centralità di Cristo, nel riferimento al Cuore trafitto e al buon Pastore; l’attualità del carisma di san Daniele Comboni e l’importanza della familiarità con i suoi scritti e con la tradizione comboniana che l’ha mantenuto vivo nella Chiesa fino ad oggi; la validità e l’importanza della Regola di Vita per la pratica del carisma comboniano oggi. In secondo luogo, l’affermazione della comunità come contesto del nostro vivere il carisma e la missione: parlare della comunità fa emergere i desideri di una rinnovata fraternità per la missione e riaffermare il valore della vita fraterna per un annuncio efficace del vangelo.
La riflessione promossa dal processo della RM ha evidenziato le dimensioni che abbiamo appena indicato e quindi ha fatto emergere questi punti positivi per una eventuale riflessione e pratica missionaria. Ma lo ha fatto attraverso di una via che potremmo chiamare negativa. Cioè attraverso la coscienza, l’ammissione della loro assenza o della loro presenza limitata o problematica. Nella condivisione ha prevalso il senso di verità: si sono sottolineati questi punti come ideale che si visualizza e si sono ammesse le lacune; si è riconosciuto che abbiamo tutti gli elementi formali per una spiritualità missionaria forte, ma anche che non li viviamo. Le sintesi dicono espressamente che – in questi come in altri aspetti della nostra vita – siamo arrivati a riflettere molto in questi ultimi anni ma non siamo riusciti a cambiare niente (Missione-Evangelizzazione, Costatazione, 175).
Riqualificare la missione
Il processo della RM è stato organizzato con lo scopo di fare una ratio missionis, come suggerito dal XVI CG e sentito da molti come una necessità per un’esperienza più comboniana e ecclesiale del servizio missionario. Riqualificare la missione è uno degli obbiettivi principali proposto per il prossimo Capitolo Generale.
La sintesi però non contiene gli elementi che possano portare all’elaborazione di una ratio, nè riunisce gli elementi di una visione e prassi della missione. Propendo a credere che dalla condivisione fatta nelle province sono emersi elementi che si potrebbero riunire per presentare una visione di missione e offrire una proposta di prassi adeguate al tempo in cui viviamo. Tale visione e proposta non appaiono nella sintesi che abbiamo a disposizione. Questa, in ciò che si riferisce alla missione cristiana oggi, ha lacune che è necessario enumerare. In primo luogo, manca una lettura dell’oggi ecclesiale e sociale, delle società e chiese locali dove svolgiamo la nostra missione. In secondo luogo, mancano gli elementi di una riflessione teologica sulla missione oggi. Mancano i riferimenti cristologici e biblici: come è possibile discutere sulla missione cristiana oggi senza parlare del servizio alla Parola di Dio, di proposte di annuncio (kerigma) cristiano, di itinerari di iniziazione cristiana per giovani e adulti?
A giudicare dalla sintesi presentata, i comboniani sono preoccupati solo con la questione della propria spiritualità per la missione, ma non indicano nessun “paradigma di missione” che sia riferimento attuale, non traspirano una visione ispiratrice del servizio missionario che vorrebbero sviluppare nella Chiesa, non sembrano coscienti dei “passaggi” che caratterizzano la missione nel post-Vaticano II: il passaggio della missione alle chiese locali, che sono soggetto della missione; l’emergere dei laici e la ministerialità; la presenza della donna nella missione e nella vita della Chiesa, ecc. La sintesi che ci è offerta nei documenti di lavoro in preparazone del XVII CG è ripetitiva, dà suggerimenti e si limita al concreto. Ma non offre una visione di fondo ispiratrice della nostra missione oggi nè propone elementi profetici. Sarà che li abbiamo completamente dimenticati nella nostra condivisione?
La chiesa locale
La mancanza di un riferimento chiaro al contesto ecclesiale in cui si svolge la nostra missione mi sembra particolarmente grave. Le chiese locali, nei vari continenti dove siamo presenti, sono i soggetti e le protagoniste della missione cristiana oggi. Il nostro dono, carisma di istituto e dei suoi membri, deve situarsi e svilupparsi in questo contesto e avrà condizioni di fruttificare nella misura in cui si inserirà nelle chiese locali. Faccio fatica a credere che nella condivisione promossa dalla RM non siano emerse le difficoltà e i problemi di questo nostro inserimento, o della sua mancanza, della sua necessità come condizione per la pienezza di senso della nostra missione e per il nostro futuro come istituto missionario. Faccio fatica a credere che la nostra condivisione si sia limitata a richiami – come quelli che appaiono nella sintesi – affinché siamo benevoli, rispettosi e disposti a collaborare con la chiesa locale.
Suppongo che nella condivisione dei confratelli che sono in Europa siano stati manifestati gli interrogativi e lo sconforto che molti di loro sentono nei confronti del modo in cui siamo presenti nelle chiese locali del vecchio continente. Ma niente di questa condivisione traspare adesso nella sintesi. Il desiderio che si faccia una revisione dell’attuale modello della nostra presenza e l’apertura, che si è venuta mostrando, in relazione a una presenza comboniana nelle chiese dell’Europa in cui si attuino tutte le dimensioni del nostro carisma – evangelizzazione, animazione missionaria, promozione vocazionale, coinvolgimento nei processi di trasformazione sociale – non è adeguatamente presente nella sintesi che ci è proposta. Quello che la sintesi dice sulla nostra presenza in Europa (vedi Missione ed evangelizzazione, proposte e suggerimenti, tema centrale a, suggerimento per l’Europa) è chiaramente insufficiente, sia in relazione alla riflessione che è stata fatta nelle province d’Europa, che in relazione alle sfide che ci aspettano nel futuro, alle quali il Capitolo vuole dare risposta.
La nostra identità
La preoccupazione per ridefinire la nostra identità appare chiaramente nei documenti di preparazione per il prossimo Capitolo e particolarmente nella sintesi della RM. È ovviamente una preoccupazione che accompagna molti di noi e ha senso che sia presente nelle preoccupazioni di un capitolo che vuole riqualificare la nostra missione. La Commissione Preparatoria del XVII CG giustamente identifica come temi centrali della RM le questioni della spiritualità e dell’identità-carisma. La sintesi presentata offre alcuni principi per mettere a fuoco la nostra identità, fa proposte e suggerimenti ed enuncia la questione giudicata centrale: “la necessità di chiarire il significato di ad gentes, ad extra, ad vitam, ad pauperes e “ai popoli non sufficientemente evangelizzati”.
Per cercare di definire la nostra identità, che è una questione di vita, ci affidiamo a una terminologia che pretendiamo fissa – ad gentes, ad extra, ad vitam, ad pauperes – come se essa fosse la più adatta a chiarire. Ma in realtà questa terminologia, proposta adesso nei documenti, appare sempre più inadeguata a definire la nostra missione e vocazione missionaria, alla luce della riflessione missionologica e ecclesiologica attuale. Oggi le frontiere che vogliamo definire appaiono molto più fluide: l’ad gentes è presente in tutti i continenti e la missione è globale, l’ad extra ha molti significati e non solo quello geografico, l’ad pauperes conosce molti tipi di povertà e l’ad vitam ingloba una grande varietà di forme di consacrazione.
Non sarebbe più logico cercare di definire la nostra identità attraverso gli elementi carismatici, di grazia, concessi al fondatore e ai suoi seguaci? Il carisma ha necessariamente elementi di riferimento storico e geografico, legati al contesto particolare in cui è vissuto il fondatore. Ma gli elementi determinanti che definiscono un’identità che resiste ai cambiamenti del tempo sono di natura carismatica, spirituale e personale: l’esperienza di Dio, di Cristo, della Chiesa, della società, fatta dal fondatore; la sua esperienza di missione più negli atteggiamenti con cui l’ha vissuta (donazione totale, disponibilità, motivazioni, martirio, ecc.) che nelle realizzazioni concrete in cui è riuscito storicamente a realizzarla. È in questa esplorazione psicologica, spirituale, cristiana del fondatore che starebbe l’itinerario per definire la nostra identità carismatica di missionari, persone alle quali lo Spirito ha concesso doni particolari, di grazia e natura, per servire la missione cristiana in questo tempo – missione che come tale è della Chiesa e appartiene anche a molti altri che sono chiamati a viverla alla maniera del loro carisma, come noi comboniani siamo chiamati a viverla alla maniera del nostro carisma: la particolare grazia che è stata concessa a san Daniele Comboni e a noi in lui – di servire il Vangelo di Cristo come cenacolo di apostoli per la rigenerazione delle nigrizie.
Trasmettere il carisma
Riqualificare la formazione – che ha a che vedere con la trasmissione del nostro carisma ad altri nelle chiese locali e nei continenti dove siamo presenti – è il secondo obbiettivo del XVII CG. I documenti preparatori del capitolo includono un testo sulla formazione, che si distacca un poco dagli altri per contenuto e stile e non ha a che vedere con il processo di condivisione della RM. Riporta decisioni di capitoli anteriori, rivisita documenti e ricorda il cammino fatto e le decisioni prese ultimamente. Tutto molto certo, molto corretto, molto teorico e molto asettico. Il documento dimentica la crisi reale in cui ci troviamo con la formazione: alti indici di abbandono in Africa, nelle Americhe e in Asia; deserto quasi glaciale in Europa (con un solo novizio nel noviziato).
Ciononostante il documento ha due punti positivi che interessa sottolineare. Primo, attira l’attenzione su e pone come priorità la preparazione dei formatori. Non dice quello che c’è dietro questa opzione e che è importante ricordare: l’ammissione amara che i fallimenti che recentemente si sono avuti nella formazione di base sono da addebitare ai formatori, che non sono stati all’altezza del compito che era stato loro affidato, più che ai formandi. Secondo, propone il concetto di comunità formativa come concetto ideale per accogliere, seguire i formandi e trasmettere loro vitalmente, per la via della testimonianza personale e comunitaria, il carisma missionario comboniano.
Anche qui però non si è portata a compimento la proposta e si è rimasti a metà del cammino. Abbiamo bisogno che ci venga ribadito che la responsabilità per la promozione vocazionale e per la formazione, della trasmissione del carisma ad altri, è responsabilità di ogni comboniano e di ogni comunità, dipendendo il suo esito (il potere di convocazione e attrazione) dalla qualità della nostra vita cristiana personale, dalla fraternità che viviamo per la missione. In un momento di crisi come quello che stiamo passando, e soprattutto in un continente come il nostro dove ci troviamo al punto zero in quanto a vocazioni, mi sembra aleatorio che si parli di strutture complesse e si proponga un metodo di formazione un po’ ideologico e teorico (modello educativo dell’integrazione). Mi sembra che sarebbe più importante che ci venisse ricordato l’essenziale – il potere della testimonianza cristiana e missionaria – e si indicasse alla province europee di stabilire comunità per accogliere i candidati e di definire i “padri maestri” per introdurre i giovani candidati alla vita missionaria comboniana e ai suoi valori e discipline. Avrebbe più senso ritornare alla tradizione cristiana dei “maestri di spirito” per la vita missionaria, che sprecare tempo in definire strutture e preparare documenti teorici che poi perdono incidenza per il semplice fatto che non abbiamo candidati. In questa proposta, quale sarebbe allora il ruolo della Direzione Generale (e del Segretariato Generale della Formazione di Base)? Quello di stabilire i criteri, i contenuti, i valori della formazione da trasmettere nelle diverse fasi e quello di vigilare perchè le fasi e gli scrutini nella scelta ed ammissione dei candidati siano debitamente seguiti.
Governo e autorità
L’ultimo dei documenti di lavoro del XVII CG fa proposte di cambiamento dell’attuale sistema di governo dell’Istituto, in sintonia con il terzo obbiettivo del XVII CG che è riqualificare il governo. Le proposte di cambiamento si riassumono in tre questioni di fondo, che adesso ci sembrano ovvie, ma che ci hanno messo del tempo per maturare. La prima è che è ora di semplificare il nostro sistema di governo, prendendo in considerazione le reali dimensioni dell’Istituto e la prevedibile diminuzione del personale. La seconda è la necessità di contestualizzare il governo in termini continentali, dando più iniziativa alle province in alcune aree, particolarmente nell’evangelizzazione. La terza è che abbiamo bisogno di più stabilità nel governo e che è necessario avere periodi di governo un poco più lunghi per poter essere effettivi nell’implementazione degli orientamenti e nell’accompagnamento delle persone e delle attività, da parte delle persone in autorità. I cambiamenti sembrano ovvi, ma non sempre tra noi ciò che è ovvio si fa, visto che le trasformazioni proposte avrebbero potuto già essere adottate nel XVI CG... avrebbero potuto, ma non lo sono state, e così adesso siamo arrivati fondamentalmente alle stesse posizioni... con sei anni di ritardo. È il caso di dire: meglio tardi che mai... e dimenticare i soldi e il tempo persi in riunioni e commissioni.
Ma anche qui c’è una cosa che non è detta nel documento e che dovrebbe essere detta prima di trattare il tema del governo nell’Istituto: che i limiti che sperimentiamo nel governo dell’istituto non sono da addebitare solo al modello che abbiamo. Sono da addebitare anche alle persone che hanno esercitato l’autorità e non sono state all’altezza del servizio loro affidato. Dobbiamo avere il coraggio di dirci questo, perchè le persone in autorità non appaiono completamente esenti nel panorama dell’esercizio dell’autorità nell’istituto negli ultimi anni (io assumo la mia parte di responsabilità, perchè anch’io sono presente nella foto di gruppo!). I superiori hanno la tendenza a farsi vittime e abitualmente parliamo dell’autorità come un servizio e come un peso. Ma la verità è che nei processi di elezione dei superiori, dal locale al generale passando per il provinciale, la poltrona dell’autorità di solito non rimane vuota e non mancano i candidati. Le rinunce alla carica da parte di persone elette sono rarissime tra noi e, come mostrano gli ultimi capitoli, i giochi di influenza e di potere sono una realtà anche tra noi. Sono decadi che situazioni di abuso e irresponsabilità si ripetono, tanto in quello che si riferisce al servizio missionario come alla vita consacrata (voti), alla vita comunitaria come all’uso dei beni, e abitualmente nessuno in autorità assume responsabilità per esse (oltre alle persone che incorrono nelle irresponsabilità, c’è una responsabilità di chi ha l’autorità, una responsabilità “in vigilando”, come ci ricorda il Codice di Condotta). Ora, è bene che ci ricordiamo, non c’è un sistema di governo che resista a questa mancanza di responsabilità e che funzioni bene senza che essa sia pienamente assunta. La conclusione necessaria è: cambiare il sistema sì, ma solo questo non è sufficiente, è indispensabile una crescita nella responsabilità da parte di tutti noi, a cominciare da chi esercita l’autorità.
Conclusione
Partendo dal “Piano di Comboni” per arrivare al “Piano dei Comboniani”, il prossimo CG si propone di “riqualificare la missione, la formazione e il governo”. Come preparazione remota a questo compito ha adottato il processo della RM, che ha finito per rappresentare l’unico coinvolgimento dei confratelli nella preparazione del capitolo, per ora. I mesi che si separano dal capitolo saranno di preparazione immediata, con fasi e tempi definiti: fase provinciale, continentale e preparazione prossima, a partire fondamentalmente dai documenti di lavoro appena distribuiti e da eventuali nuove sintesi e proposte che la Commissione Preparatoria venga ancora a fare, alle quali i confratelli potranno reagire nella misura che il tempo glielo permetterà.
Si pensava che il processo della RM accentuasse la condivisione e il coinvolgimento vitale dei confratelli nella riflessione sulla nostra missione oggi. Ma, da quando il processo è stato assunto come preparazione al capitolo generale, era importante che si pensasse a una sintesi, a un documento che evidenziasse le problematiche di fondo e proponesse una visione d’insieme con più appello all’immaginario comboniano. Le indicazioni pratiche e gli aspetti concreti che emergono dalla sintesi che ci è stata presentata come documento di lavoro hanno senso per i membri del capitolo e per tutti noi. Ma hanno bisogno di una lettura di fondo teologica, ecclesiologica, missionologica, carismatica, di spiritualità e di prassi della missione. Quanto qui vi propongo è solo una provocazione in questo senso. E un contributo per questa lettura che ciascuno dovrà tentare di fare, questa sintesi di fondo che ci aiuti a dare un senso a tutto quello che abbiamo condiviso nella riflessione della RM e a partecipare con rinnovato interesse nella preparazione immediata del XVII Capitolo Generale.
P. Manuel Augusto Lopes Ferreira, mccj