Il colore dominante nelle prime ore del mattino è il grigio. Grigio è il cielo nuvoloso, così come la pietra e i marmi del colonnato e della facciata della Basilica. Ad un certo punto però questa tonalità diffusa è rotta, a mano a mano che la piazza si anima della moltitudine di persone che intervengono alle celebrazioni per la canonizzazione di tre grandi figure di cristiani accomunate dallo zelo missionario.
La sensazione visiva più evidente riguarda proprio i colori che vengono ad interrompere il grigiore mattutino della piazza: il nero e il giallo della pelle dei popoli africani e asiatici, nei loro multicolori costumi tradizionali. Ci sono l’Africa e la Cina stamani in Piazza San Pietro. E lo raccontano gli arazzi sui quali sono impresse le figure dei tre nuovi santi: il volto di Daniele Comboni è come accarezzato dal profilo della sua amata terra d’Africa, Arnold Janssen tiene tra le mani, all’altezza del cuore, la bibbia e la mostra con fierezza, Joseph Freinademetz aggrappato alla Croce, indossa le vesti tipiche del popolo cinese.
Le balconate, sorrette dalle colonne del Bernini, ospitano compagnie televisive da tutto il mondo, compresa la CNN e la BBC, solitamente disinteressate agli avvenimenti religiosi.
La Santa Messa ha inizio alle ore 10. Il canto d’ingresso fa subito sentire l’alto “respiro missionario” di questa giornata: “Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio”. Di grande intensità è il rito della canonizzazione.
Il Cardinale José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, accompagnato dai postulatori (P. Arnaldo Baritussio per Comboni e P. Giancarlo Girardi per Janssen e Freinademetz), si reca dinanzi al Santo Padre, gli chiede di procedere alla canonizzazione dei tre beati e legge una breve biografia di ciascuno di loro.
Dopo il canto delle litanie, quando il Papa pronuncia la formula di canonizzazione: “Dichiariamo e definiamo santi...” un lungo applauso si leva dall’immensa assemblea dei presenti. Gli occhi di tutti sono fissi sui tre arazzi posti sulla facciata della Basilica Vaticana.
Le reliquie dei nuovi santi sono collocate accanto all’altare. Quella di San Daniele Comboni viene portata da Madre Adele Brambilla, Superiora Generale delle Missionarie Comboniani.
Proclamando santo il vescovo missionario Comboni, il Papa ricorda difficoltà e problemi dell’Africa: “Affido questo mio appello all’intercessione di San Daniele Comboni, insigne evangelizzatore del continente nero” e descrive il ladino Freinademetz, che fu missionario della Cina, come modello di inculturazione evangelica.
La solennità e la rigidità del rito latino sono interrotte da frequenti richiami alle usanze liturgiche africane e orientali: nella processione introitale, dodici fedeli provenienti da diverse parti del mondo “accompagnano” il libro dei Vangeli portando fiori e incenso. In segno di venerazione per il Vangelo, è usato il tipico “ombrello”, secondo la cultura di vari paesi dell’Asia e dell’Africa.
La processione offertoriale è accompagnata da un gruppo di danzatori dell’arcidiocesi di Khartoum in Sudan con i loro travolgenti e gioiosi ritmi. Oltre al pane e al vino per il Sacrificio Eucaristico, sono presentati al Papa i doni delle tre postulazioni. Quella di San Daniele Comboni presenta una scultura africana, un calice, una patena e un ostensorio.
Al canto dell’Amen della Dossologia, prima del Pater Noster ha luogo il rito liturgico Arati, secondo le modalità della cultura indiana. Il coro indiano esegue il canto Aradhana Ho dedicato alla Santissima Trinità, mentre alcune danzatrici eseguono la tradizionale coreografia religiosa.
In piazza San Pietro ci sono tantissime persone legate, anche personalmente, ai tre nuovi santi. Sono presenti, in particolare, i superiori e le superiore generali degli Istituti fondati da San Comboni e da San Janssen; rappresentanti dei loro luoghi natali ed alcuni familiari: tra loro, la signora Rosangela Comboni, pronipote del nuovo santo, e la signora Maria Comboni Kopianska, anch’essa discendente della famiglia e oggi residente negli USA. Numerosi i gruppi missionari nati sulle orme dei tre santi.
Omelia del Papa
1. “Predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15). Con queste parole il Risorto, prima dell’Ascensione, affidò agli Apostoli l’universale mandato missionario. Subito dopo, li assicurò che in tale impegnativa missione avrebbero potuto contare sulla sua costante assistenza (cfr. Mc 16,20).
Queste stesse parole sono risuonate, in modo eloquente, nell’odierna solenne celebrazione. Esse costituiscono il messaggio che ci rinnovano questi tre nuovi Santi: Daniele Comboni, vescovo, fondatore dell’Istituto dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù e delle Suore Missionarie Comboniane Pie Madri della Nigrizia; Arnold Janssen, presbitero, fondatore della Società del Verbo Divino, dell’Istituto delle Suore Missionarie Serve dello Spirito e dell’Istituto delle Suore Serve dello Spirito Santo dell’Adorazione Perpetua; Josef Freinademetz, presbitero, della Società del Verbo Divino.
La loro esistenza mette in evidenza che l’annuncio del Vangelo “costituisce il primo servizio che la Chiesa può rendere a ciascun uomo e all’intera umanità” (Redemptoris Missio, 2).
L’evangelizzazione, insegnano questi nuovi santi, oltre a interventi di promozione umana, talora persino rischiosi come testimonia l’esperienza di tanti missionari, comporta sempre un esplicito annuncio di Cristo. Questo è l’esempio e questa è l’eredità preziosa che i tre santi, elevati oggi alla gloria degli altari, lasciano specialmente alle loro famiglie religiose. Primo compito degli Istituti missionari è la missione ad gentes, da non posporre a nessun altro impegno, pur necessario, di carattere sociale e umanitario.
2. “Tutti i popoli vedranno la gloria del Signore”. Il salmo responsoriale, che poc’anzi abbiamo cantato, sottolinea l’urgenza della missione ad gentes anche in questi nostri tempi. Sono necessari evangelizzatori dall’entusiasmo e dalla passione apostolica del vescovo Daniele Comboni, apostolo di Cristo tra gli Africani. Egli impegnò le risorse della sua ricca personalità e della sua solida spiritualità per far conoscere ed accogliere Cristo in Africa, continente che amava profondamente.
Come non volgere, anche quest’oggi, lo sguardo con affetto e preoccupazione a quelle care popolazioni? Terra ricca di risorse umane e spirituali, l’Africa continua ad essere segnata da tante difficoltà e problemi. Possa la comunità internazionale aiutarla attivamente a costruire un futuro di speranza. Affido questo mio appello all’intercessione di san Daniele Comboni, insigne evangelizzatore e protettore del Continente Nero.
3. “Cammineranno i popoli alla tua luce” (Is 60,3). L’immagine profetica della nuova Gerusalemme, che diffonde la luce divina su tutti i popoli, illustra bene la vita e l’instancabile apostolato di Sant'Arnold Janssen. La sua attività sacerdotale fu piena di zelo nel diffondere la Parola di Dio, utilizzando i nuovi mezzi di comunicazione di massa, specialmente la stampa.
Non si perse d’animo dinanzi agli ostacoli. Amava ripetere: “L’annuncio della Buona Novella è la prima e principale espressione dell’amore del prossimo”. Dal Cielo ora egli aiuta la sua famiglia religiosa a proseguire fedelmente nel solco da lui tracciato, che testimonia la permanente validità della missione evangelizzatrice della Chiesa.
4. “Allora essi partirono e predicarono dappertutto” (Mc 16,20). Così l’evangelista Marco conclude il suo Vangelo. Aggiunge poi che il Signore non cessa di accompagnare l’attività degli apostoli con la potenza dei suoi prodigi. A queste parole di Gesù fanno eco quelle piene di fede di San Josef Freinademetz: “Non considero la vita missionaria come un sacrificio che offro a Dio, ma come la più grande grazia che Dio avrebbe mai potuto darmi”. Con la tenacia tipica della gente di montagna, questo generoso “testimone dell’amore” fece dono di se stesso alle popolazioni cinesi dello Shandong meridionale. Abbracciò per amore e con amore le loro condizioni di vita, secondo il consiglio che egli stesso dava ai missionari: “Il lavoro missionario è vano se non si ama e non si è amati”. Modello esemplare di inculturazione evangelica, questo santo imitò Gesù, che ha salvato gli uomini condividendone fino in fondo l’esistenza.
5. “Andate in tutto il mondo”. I tre santi, che con gioia oggi onoriamo, ricordano la vocazione missionaria di ogni battezzato. Ogni cristiano è inviato in missione, ma per essere autentici testimoni di Cristo occorre tendere costantemente alla santità (cfr. Redemptoris Missio, 90).
Accogliamo, carissimi Fratelli e Sorelle, quest’invito che ci viene dall’odierna suggestiva celebrazione. Ci illumini dal Cielo la Regina dei Santi, Stella della nuova evangelizzazione. A Lei ci rivolgiamo con fiducia specialmente in questo mese di ottobre, dedicato al Rosario e alle missioni. Maria Santissima, Regina delle missioni, prega per noi.
Saluto del Papa all’Angelus
Al termine della Santa Messa, Giovanni Paolo II, pur affaticato nella parola e nel gesto ma determinato ad andare avanti, prima di recitare l’Angelus rivolge ai presenti le seguenti parole:
“Al termine di questa celebrazione, desidero salutare i numerosi pellegrini convenuti per onorare i nuovi santi.
Von Herzen heiße ich die Pilgergruppen und Delegationen aus Deutschland, Österreich und Südtirol willkommen. Ein besonderer Gruß gilt den Mitgliedern der Steyler Ordensfamilie. Euch allen mögen die neuen Heiligen helfen, die Gnade Gottes unter den Menschen zu bezeugen!
I greet all the English-speaking pilgrims. Inspired by the lives of the new saints, may you be filled with joy and deepen your love of the universal Church. God bless you all.
Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i missionari e le missionarie delle grandi famiglie Comboniana e Verbita, e i fedeli provenienti dalle diocesi di Verona e Bolzano-Bressanone, accompagnati dai loro vescovi.
Spiritualmente uniti ai nuovi santi, invochiamo ora Maria col titolo di Madonna del Rosario, rivolti al santuario di Pompei, dove a Dio piacendo, mi recherò pellegrino dopodomani”.
In Piazza San Pietro