Lunedì 24 marzo 2025
Quest’anno le annuali ordinazioni sacerdotali nella diocesi di Butembo-Beni hanno avuto un tono davvero solenne. Non solo il gruppo degli ordinandi è stato oltremodo folto (23 diaconi diocesani e 2 comboniani, Muyisa Kapitula e Mapenzi Kahongya), ma la Chiesa diocesana ha deciso di approfittarne per celebrare anche la memoria dei primi due vescovi della diocesi, mons. Henri Joseph Piérard (1893-1975) e mons. Emmanuel Kataliko (1958-2000).

Mons. Piérard, un assunzionista belga, è stato il primo vescovo di questa Chiesa locale dal 1938 al 1966, ed è oggi considerato il padre fondatore della diocesi di Butembo-Beni. Oltre tutto, ha anche fondato due congregazioni religiose: i Fratelli dell’Assunzione nel 1952 e le Piccole Sorelle della Presentazione di Nostra Signora al Tempio nel 1948. Morto il 5 marzo 1975, l’attuale vescovo, mons. Sikuli Paluku Melchisédech, ha scelto di celebrare le ordinazioni di quest’anno nel 50° anniversario della sua nascita al cielo.

Mons. Kataliko è stato il secondo vescovo della diocesi, ma il primo originario del luogo. Nato nel 1932, ha guidato la diocesi di Butembo-Beni dal 1966 al 1997, quando fu trasferito a Bukavu per succedere a mons. Christophe Munzihirwa, assassinato nel 1996, ed è rimasto arcivescovo di Bukavu fino alla sua morte nel 2000.

Noto per il suo impegno a favore della pace e della giustizia nella RDC e difensore dei diritti umani, mons. Kataliko ha coraggiosamente denunciato le violenze, i massacri e le ingiustizie perpetrate contro la popolazione civile, in particolare per mano di gruppi armati e delle forze di occupazione straniere sostenute dal Rwanda. Costretto all’esilio nel 1990, poté tornare nella sua diocesi solo a gennaio 2000, ma morì pochi mesi dopo, nell’ottobre dello stesso anno, in circostanze poco chiare. Il suo impegno ha segnato la storia della Chiesa di Butembo-Beni e il suo ricordo rimane vivo nella memoria collettiva. Il clima di guerra in cui si sono svolte le ordinazioni di quest’anno ha richiamato nella mente di tutti i presenti le condizioni in cui egli morì.

Significativa è stata la scelta dell’arcivescovo Sikuli di ordinare preti i 25 diaconi in due diverse cerimonie in altrettanti posti: 17 (tra cui i due comboniani) a Butembo il 27 febbraio, e 6 il 2 marzo a Beni, dove l’arcivescovo Piérard aveva dato inizio alla diocesi di Beni, divenuta poi diocesi di Butembo-Beni con la nomina dell’arcivescovo Kataliko.

Le due celebrazioni si sono svolte in uno spirito di speranza, ma anche in un clima di insicurezza a causa della minaccia del gruppo ribelle M23, che alla fine di gennaio scorso si era impadronito della città di Goma, capoluogo del Nord Kivu, che comprende la diocesi di Butembo-Beni, e della città di Bukavu, capoluogo del Sud Kivu, il 14 febbraio. Tutti si aspettavano che l’M23 si spostasse a nord, verso Butembo, città dalla posizione strategica e centro commerciale della regione. Tuttavia, come ha detto il vescovo Sikuli, «Dio ci ha visitato e ci ha assicurato la pace», grazie alle molte preghiere elevate in tutto il mondo per questa diocesi.

Dal 17 al 23 febbraio, gli ordinandi hanno avuto un ritiro spirituale, sul tema “Essere sacerdote secondo il cuore di Dio”, a Musimba, alla periferia di Butembo, nella parrocchia di Nostra Signora di Guadalupe, dove sono stati ordinati i 17 sacerdoti del primo gruppo.

Chissà se i presenti hanno saputo cogliere la duplice dimensione missionaria dell’evento: essere sacerdoti secondo il cuore di Dio nelle periferie, e profeti di pace e riconciliazione, come lo è stata la Vergine apparsa a Guadalupe. Ma è proprio questo l’augurio che la provincia comboniana del Congo fa a questi due suoi nuovi membri.

Situazione sociopolitica ed ecclesiale nella Rd Congo
(marzo 2025)

Il gruppo ribelle M23, sostenuto dalle forze armate rwandesi, combatte l’esercito congolese da oltre due anni. Nelle ultime settimane, i combattimenti si sono intensificati nelle province del Nord e Sud Kivu, con il gruppo ribelle che attualmente controlla la città di Goma, capitale della provincia del Nord Kivu, e Bukavu, capitale del Sud Kivu, oltre ad alcuni dei rispettivi territori. Questo controllo rappresenta un punto di svolta nella storia del conflitto congolese. Non si sa esattamente quante persone abbiano perso la vita, ma le stime parlano di oltre 10.000 vittime.

Inoltre, dall’inizio dell’anno, l’esercito ugandese dell’UPDF, presente in territorio congolese dal 30 novembre 2021 per dare la caccia alle Forze Democratiche Alleate (ADF) e neutralizzarle, ha esteso la sua area di operazione oltre il necessario. Si suppone che copra le aree in cui questi ribelli sono attivi, compresi i territori di Beni, Irumu, Mambasa e parte del territorio di Lubero. L’estensione della loro area di controllo sta sollevando domande e perplessità tra la popolazione congolese.

I due Kivu e l’Ituri ospitano migliaia di sfollati che ora si trovano in una situazione molto precaria. Con le strade principali nell’est del Paese interrotte e gli aeroporti di Goma e Kavumu chiusi, la situazione potrebbe peggiorare, se il conflitto non sarà risolto al più presto.

Il vertice congiunto dei Capi di Stato e di governo della Comunità dell’Africa Orientale (EAC) e della Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC), tenutosi l’8 febbraio 2025 a Dar es Salaam, in Tanzania, ha chiesto un cessate-il-fuoco immediato e incondizionato, la fine delle ostilità nella parte orientale della RD Congo, e la ripresa dei negoziati e del dialogo con tutte le parti statali e non statali, compreso l’M23. Il vertice ha anche chiesto il ritiro immediato dell’esercito rwandese dai territori occupati nella RD Congo e ha condannato l’attivismo dell’M23, invitandolo a far tacere le armi senza condizioni. Nelle ultime settimane si sono moltiplicati gli appelli al popolo congolese affinché sostenga le Forze armate congolesi (FARDC) e ai giovani, in particolare, affinché si arruolino nell’esercito.

Nonostante i ripetuti appelli al cessate-il-fuoco e al ritiro immediato delle truppe rwandesi dal territorio congolese da parte delle Nazioni Unite, della SADC, ecc., e nonostante le sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea contro il Rwanda e l’M23, nonché la sospensione degli aiuti da parte di molti donatori, i combattimenti continuano sul terreno, e i ribelli dell’M23, sostenuti dall’esercito rwandese, continuano a guadagnare terreno nei due Kivu. Nel resto del Paese, compresa la capitale Kinshasa, l’incertezza pervade la popolazione e la situazione sociale si sta deteriorando sempre di più.

Patto sociale per la pace

In virtù della loro missione profetica, le due principali confessioni religiose della RD Congo (la cattolica e la protestante) stanno cercando di rilanciare il processo di dialogo per il ritorno della pace, al fine di evitare altre morti e altre sofferenze: «Il nostro Paese è in rovina a causa di una guerra che condanna migliaia di congolesi allo sfollamento, alla fame, alla miseria e a traumi di ogni genere. La nostra priorità è la pace», ha dichiarato mons. Donatien Nshole, segretario della Conferenza episcopale nazionale della RD Congo (Cenco), alla presentazione del piano intitolato “Patto sociale per la pace e la convivenza nella RDC e nei Grandi Laghi”.

Dal 4 febbraio 2025, una delegazione composta da mons. Fulgence Muteba e mons. Donatien Nshole, rispettivamente presidente e segretario generale della Cenco, e dai pastori André Bokundoa ed Éric Senga dell’Église du Christ au Congo (ECC), sta incontrando il Presidente Félix Tshisekedi e alcuni attori sociopolitici a Kinshasa. La delegazione è arrivata anche a Goma il 12 febbraio 2025 per colloqui con i leader dell’M23 e con Corneille Nangaa, ex presidente della Commissione elettorale indipendente e ora leader del gruppo ribelle Alliance du Fleuve Congo (AFC), che collabora con il gruppo ribelle dell’M23. Il 13 febbraio 2025, i leader religiosi hanno incontrato il presidente rwandese Paul Kagame a Kigali, e hanno continuato le consultazioni in Europa, incontrando anche i principali membri dell’opposizione politica congolese. Il 4 marzo 2025 hanno incontrato il presidente ugandese Yoweri Museveni e altri leader africani e occidentali per sensibilizzare sulla necessità di un dialogo intercongolese e sull’organizzazione di una conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi.

Ma non tutti sono soddisfatti del piano dei leader religiosi. I critici di questo approccio rimangono convinti che la soluzione militare sia la via d’uscita dalla crisi congolese. Sostengono che le confessioni religiose stanno oltrepassando il loro ruolo in uno Stato laico e vedono il loro avvicinamento ai ribelli come un tradimento. In effetti, alcuni ribelli hanno minacciato di attaccare le chiese di Kinshasa domenica 13 febbraio 2025, ma ciò è stato impedito dalle autorità, che hanno dispiegato le forze di sicurezza nei luoghi di culto.

Le Chiese cattolica e protestante, che ancora svolgono un ruolo di primo piano nel Paese, soprattutto nei momenti di incertezza politica e sociale, sembrano venire in soccorso dei processi di pace di Luanda e Nairobi, che non hanno avuto successo sia a causa della persistenza del conflitto, sia, secondo gli analisti, per conflitto di interessi. Nei due processi di pace avviati nel 2022 sono state spese ingenti risorse economiche, militari e diplomatiche, senza gli attesi risultati.

Per questo i vescovi della Cenco e i pastori della CEC continuano a sensibilizzare gli attori politici e la popolazione affinché aderiscano al patto sociale per la pace e la buona convivenza nella RDC e nei Grandi Laghi.

Padre Justin K. Muvawa, mccj
Comboni Missionaries