Fr. Angelo Zanetti è nato nel rione San Giovanni in Valle, Verona, dove si trova la Casa madre dei Comboniani il 28 settembre 1910 e ha “succhiato” fin da bambino lo spirito missionario vivendo a stretto contatto con i missionari. Infatti, ha trascorso l’infanzia tra le tonache dei missionari che non mancavano di raccontare al ragazzino e ai suoi compagni, frequentatori abituali del frutteto in fondo all’orto, le avventure della missione.
“Il contatto con i missionari, la loro cordialità e la gioia di aver donato la vita a Gesù Cristo nelle missioni furono gli elementi che influirono sulla mia scelta vocazionale. Se sono così contenti, giovani e anziani, vuol dire che la loro è una gran bella vita”, ha scritto Angelo rispondendo ad un’intervista.
Il 23 luglio 1930 s’imbarcò a Brindisi e raggiunse l’Egitto e poi proseguì per il Sud. Aveva 19 anni. Dopo sei settimane di viaggio, parte in nave, parte in treno, parte in battello, raggiunse Wau, la sua prima missione di destinazione. A Wau cominciò subito a fare il tipografo “Stampavamo un giornale locale molto apprezzato dai pochi che sapevano leggere… La cultura era molto importante perché apriva la strada all’evangelizzazione”, disse. Fu missionario in Sudan e in Uganda per ben settant’anni.
Tre cose importanti
Un giorno chiamò nella sua stanza il Padre che normalmente scrive i profili biografici dei confratelli che lasciano questo mondo e gli disse: “Senti, ormai suonerà la campana anche per me. Io ti prego, ma sinceramente, come fossi sul letto di morte, di dire su di me solo tre cose. La prima: in questi 70 anni di missione ho messo sempre tanta buona volontà anche quando ho incontrato difficoltà che parevano insormontabili; la seconda: ho sempre amato e stimato sopra ogni cosa la mia vocazione missionaria e non l’ho mai barattata con niente; terza: il Signore mi ha ampiamente ripagato con tanta gioia. Tutto qui, non una parola di più. Me lo prometti?”. “Non te lo prometto, fr. Angelo, ma queste tre cose le dirò di sicuro”, rispose il Padre.
Fr. Zanetti, dotato di una salute di ferro, nei primi tempi di vita missionaria passava gran parte della notte a studiare le lingue locali. Imparò anche il swahili e l’inglese alla perfezione. Quanto ai lavori, dovette fare di tutto: ha scavato pozzi, ha costruito stazioni missionarie, scuole, chiese e dispensari, andò nei boschi a tagliare il legname per fare le capriate dei tetti, impiantò officine, impastò mattoni, coltivò l’orto perché i confratelli avessero cibo sano e abbondante, fece anche il dentista, l’infermiere, l’idraulico, il meccanico, il falegnameria e anche il direttore di fattorie. Fu pure abilissimo cacciatore “non per divertimento – precisava – ma per necessità in quanto in certi periodi in missione si pativa la fame”. In tutti i lavori riusciva bene grazie a una acuta intelligenza, a un notevole senso pratico e a tanto entusiasmo.
Messo al muro
Durante la guerra d’Uganda scatenata dal dittatore Amin fr. Angelo è stato messo al muro per essere fucilato, egli però è riuscito a convincere il soldato a lasciarlo vivere. Di pericoli ne ha superati a bizzeffe: “ma il Signore e la Madonna mi hanno sempre aiutato”, commentava soddisfatto. È diventata proverbiale la sua capacità di fare amicizia con gli africani. Egli li amava davvero ed essi percepivano questo amore e sapevano ricambiare. Nei frequenti periodi di carestia fr. Angelo sapeva ricavare dalla fattoria che aveva messo in piedi accanto alla missione il latte per le mamme e i bambini. Era commovente vedere, ogni mattina, una fila interminabile di donne e bambini, col loro pentolino in mano, che aspettavano dal Fratello la loro porzione di latte. Non si accontentava di dare il latte, ma faceva una carezza sulla testa ai più piccoli e loro ricambiavano con un sorriso.
Davvero Zanetti è stato un vero Fratello missionario proprio come Comboni voleva i laici che portava con sé nel cuore dell’Africa. L’ombra della frustrazione non ha mai oscurato la sua vita, la sua gioia di vivere, il suo entusiasmo missionario. Insomma, è stato in comboniano realizzato al cento per cento, contento, anzi entusiasta, del suo essere comboniano e Fratello comboniano. È deceduto in Casa madre il 6 aprile 2002, dopo poche settimane di malattia e ora riposa nel cimitero di Verona nel reparto riservato ai Comboniani.
(P. Lorenzo Gaiga)