Nipote del celebre geologo Antonio Stoppani, mons. Stoppani è nato a Lecco il 6 gennaio 1873. Fu allievo dell’Istituto San Giuseppe di Monza. Diventato sacerdote nel 1895, entrava nell’Istituto comboniano attuando il sogno vagheggiato da tanti anni. Nel settembre del 1899 s’imbarcò per la Missione. Il suo primo campo di lavoro furono gli istituti combonaini del Cairo e la colonia antischiavistica della Gesira dove erano raccolti i profughi e gli ex schiavi africani fuggiti dalla persecuzione del Mahdi.
Nel 1902 andò a Khartoum e fu tra i primi missionari che rientrarono in Sudan dopo la rivoluzione mahdista che aveva tenuti prigionieri i missionari e le suore per 17 anni e distrutte tutte le missioni del Comboni. Per otto anni vi tenne l’ufficio di procuratore e fu di un’attività prodigiosa così che le Autorità e la popolazione ricorrevano a lui per ogni evenienza. Ed egli, con il suo ottimismo, il suo gran cuore, il carattere franco e gioviale e il suo sorriso sistemava ogni cosa.
A Khartoum poté soddisfare il suo zelo instancabile dedicandosi alla cura pastorale dei cattolici orientali, africani, inglesi e italiani (era vietato dal governo inglese rivolgersi ai musulmani).
Prefetto apostolico
Nel 1910 la Missione del Bahr el Ghazal era travagliatissima da difficoltà create dalle Autorità inglesi e a causa delle tante morti dei missionari. Allora p. Stoppani si trasferì in quella missione lontana 2.000 chilometri da Khartoum. Lavorò così bene che, in tre anni, riuscì a trasformarla in Prefettura apostolica che abbracciava tutto il Sudan meridionale. Ed egli, dalla Santa Sede fu nominati primo Prefetto apostolico.
La regione era vastissima e l’opera di evangelizzazione, benché iniziata da alcuni anni, era ancora allo stato iniziale. L’opera svolta dai missionari sotto la saggia guida di mons. Stoppani, prese un ritmo accelerato tanto che, nel 1917 la Prefettura venne elevata a Vicariato apostolico e mons. Stoppani fu nominato Vescovo.
Da allora le missioni si svilupparono enormemente nonostante la carenza di missionari e di mezzi (in Italia c’era la prima guerra mondiale). Vennero erette molte missioni in modo da penetrare tutte le tribù della vasta regione, si costruirono chiese, alcune della quali, per le dimensioni e per la fattura potrebbero stare nelle nostre città, si aprirono scuole elementari, medie e anche un collegio per la formazione dei maestri. Quest’opera destò l’ammirazione degli indigeni e dei visitatori. Ciò che attirò la benevolenza del governo fu l’istituzione di officine attrezzate nel modo più moderno. Il risultato pratico fu quello di produrre periodicamente tanti artigiani esperti che, a loro volta, divennero piccoli imprenditori.
Un ardente apostolo
Quando, nel 1923 dal Vicariato del Bahr el Ghazal venne distaccato il Vicariato del Nilo equatoriale e con esso quella che divenne poi la Prefettura del Bahr el Gebel (1927), mons. Stoppani pensò anche al seminario indigeno per la preparazione dei sacerdoti africani. Premio a tante fatiche, il Vescovo accolse l’abiura e poi la conversione del Governatore della Provincia. Il Maggiore E. W. Witley era di famiglia protestante e, nominato Governatore, vi giunse prevenuto contro i cattolici, ma essendo persona colta e retta, frequentando mons. Stoppani e i missionari capì qual era la religione giusta, e l’abbracciò.
Nel 1933 mons. Stoppani chiese alla Santa Sede di ritirarsi e di lasciare il peso del Vicariato a spalle più giovani. Pochi mesi prima suor Pierina, sua sorella e superiora generale delle Pie Madri della Nigrizia, era morta in missione durante una sua visita alle consorelle. Anche la fibra di Monsignore, dopo 34 anni di vita missionaria in prima linea, dava segni di cedimento. Egli partecipò con gioia alla consacrazione del suo successore, mons. Rodolfo Orler e continuò ad occuparsi, nel limite del possibile, dei bisogni del Vicariato.
Ritiratosi nella casa di Noviziato a Vengono Superiore, fu venerato, amato ed apprezzato per la sua modestia e per lo zelo missionario che trasmetteva a tutti coloro che andavano a fargli visita.
Il Signore coronò la sua vita con la sofferenza che egli tenne nascosta fino a pochi giorni prima della morte. A chi gli diceva di farsi ricoverare in ospedale per mettere un freno al tumore al fegato che avanzava, rispondeva: “O vivo o morto, io resto qui”. Il Signore accolse il suo desiderio e il 6 agosto 1940 venne a prenderlo. La figura di mons. Antonio Stoppani resta nell’Istituto comboniano come quella di un ardente apostolo e di un indefesso operaio della vigna del Signore.