P. Simoncelli è nato a Mozzecane, Verona, il 17 giugno 1891. Ha studiato nel seminario diocesano di Verona ed è entrato tra i Comboniani alla fine di seconda teologia (1912). Ordinato sacerdote nel 1915, è stato inviato in Uganda dove i missionari di Comboni erano arrivati nel 1910. Dopo aver percorso in bicicletta i 160 chilometri che separano Masindi da Gulu, è arrivato a destinazione che era già buio. Non conosceva né il posto della missione né la lingua. Per buona sorte ha sentito nel silenzio un coro molto forte e, indirizzandosi là, è arrivato proprio davanti alla chiesa. Era la sera del 23 dicembre 1915. Si è fatto subito notare per il suo zelo e per la carità nei confronti dei confratelli e della gente: “La solitudine - ha scritto – è la cosa più dura per il missionario”.
Ha imparato cinque lingue locali per poter comunicare con la gente. In un momento di carestia e di fame, ha venduto tutto il bestiame della missione e perfino la sua bicicletta, dono di suo padre, per comperare cibo per i ragazzi. Ha fatto stampare la Storia Sacra in Logbara “perché la gente va nutrita con la parola di Dio”. Scriveva spesso al superiore generale, e chiedeva come “grande atto di carità” una sua visita alle missioni “per confortare e sostenere i confratelli”. Infatti, l’amore per i confratelli è stata una caratteristica fondamentale di tutta la sua vita.
Superiore generale
Diventato superiore provinciale d’Uganda, ha dato un grande incremento alle missioni e ha obbligato i confratelli a trattarsi meglio quanto a cibo e ad abitazione: “Via certe abitazioni che sembrano fatte apposta per mettere al forno i missionari”, ha scritto.
Nel quinto Capitolo della congregazione è stato eletto a Superiore Generale della Congregazione. È rimasto in carica dal 1931 al 1937. Uomo dalle idee aperte come il suo predecessore (p. Meroni) ha contribuito all’apertura dei seminari di Lucca e Padova nel 1931, San Pancrazio a Roma nel 1934 e Riccione nel 1936.
Gravi problemi economici incombevano allora sulle case comboniane d’Italia: gli Istituti missionari trovavano serie difficoltà per le Giornate Missionarie e per la stessa stampa. P. Simoncelli ha incrementato il più possibile l’azione degli zelatori e delle zelatrici in modo che la stampa missionaria avesse un’adeguata diffusione. Con la diffusione della stampa sono arrivati anche i benefattori e gli aiuti.
Nei sei anni del suo mandato come Superiore generale, ha compiuto ben due visite alle missioni fermandosi alcuni giorni in ognuna per condividere la vita dei confratelli. Andava via lasciando sempre dei miglioramenti in funzione della salute dei missionari.
Aveva intuito la necessità di padri laureati in vista della missione, per questo ha acquistato la sede di San Pancrazio a Roma dalla quale i missionari potevano frequentare gli Atenei romani. Ha preso pure cura della salute degli studenti di teologia e liceo. Per essi ha fatto costruire la casa di villeggiatura di Fai della Paganella, Trento. Con i futuri missionari passava molto tempo parlando con molta familiarità. E intanto infondeva in loro lo spirito missionario di cui era pieno il suo cuore.
La missione etiopica
Durante un suo viaggio in Africa, p. Simoncelli si è reso conto che molti missionari del Sudan e dell’Uganda erano stanchi e malati. Allora ha deciso di costruire una casa di villeggiatura sull’altipiano etiopico per assicurare ai confratelli riposo e aria buona. Proprio in quel periodo (1935-36) l’esercito italiano tentava di sottomettere l’Etiopia. Il Governo aveva bisogno di alcuni cappellani che andassero al seguito delle truppe. La Santa Sede ha indicato i Comboniani come i più adatti a questa missione.
La presenza comboniana in Etiopia è stata all’origine di un meraviglioso fiorire di missioni, il cui centro è stata la Prefettura Apostolica di Gondar. Peccato che tutto sia stato troncato dalla guerra nel 1941. In Etiopia, proprio nel 1941, c’è stato il primo martire comboniano nella persona del ventisettenne p. Alfredo Delai, ucciso dagli ascari al soldo degli inglesi.
Alla fine del suo mandato come superiore generale (1937) ha chiesto di tornare in Uganda come semplice missionario, desideroso di morire in quella terra. Dopo 27 anni di attività, una fastidiosa ernia lo ha obbligato a rientrare in Italia. È morto in Casa madre il 26 luglio 1964, a 73 anni, dopo averne spesi quaranta in Uganda. Ha lasciato in tutti un grato ricordo di uomo buono e sempre premuroso con i confratelli.
(P. Lorenzo Gaiga)