Il 25 ottobre 1885 era iniziata la Congregazione dei Comboniani, sotto la direzione di due Gesuiti “imprestati” allo sparuto manipolo di sacerdoti e fratelli che si erano messi al seguito di Comboni, morto a 50 anni di età, nel 1881.
P. Bendinelli è uno dei primi dieci che hanno fatto parte della nuova congregazione comboniana. Infatti ha emesso i primi Voti il nel 1887 insieme ad altri nove confratelli, primizia di una lunga schiera di missionari che avrebbero percorso le strade del mondo.
Aveva iniziato i suoi studi nel collegio Accoliti della cattedrale di Verona, frequentando gli studi in seminario. Giovane studente di teologia, è entrato nell’istituto di Comboni col desiderio di darsi alle missioni.
Nato a Lazise, Verona, nel 1862, è stato ordinato sacerdote nel 1892 e subito è partito per il Cairo, che a quel tempo era rimasta l’unica missione comboniana a causa la rivoluzione del Mahdi, che aveva chiuso il Sudan e fatto prigionieri i missionari e le suore.
Inviato come superiore alla Gesira, l’isola in mezzo al Nilo dove trovavano rifugio gli ex schiavi sudanesi che riuscivano a fuggire dalla persecuzione del Mahdi, per 10 anni si è prodigato nell’accogliere i fuggiaschi, aiutandoli a costruirsi una casa e ad inserirsi nei lavori agricoli o in altri lavori artigianali a seconda dell’inclinazione e delle capacità di ciascuno. La sua azione è stata così efficace che è stato chiamato “il padre degli schiavi”.
Animatore missionario
Dopo l’esperienza della Gesira, è passato ad Assuan nella missione aperta dal Servo di Dio mons. Antonio Maria Roveggio. Vi è rimasto sette anni. Ha ampliato la missione e aumentato di molto il numero dei cristiani grazie alla sua capacità di dialogo con le persone.
Tornato in Italia, nel 1905 è diventato superiore nel seminario comboniano di San Vito al Tagliamento che era stato iniziato quattro anni prima. Con i suoi bei modi è riuscito ad attirare la simpatia dei sacerdoti e della gente verso i comboniani. Grazie alla sua azione missionaria nella zona, ha portato gli alunni a 109. Ma purtroppo è toccato ancora a lui chiudere quella casa quando si sono verificate gravi incomprensioni con le autorità.
È passato, quindi, a Roma dove è stato rettore della chiesa dei santi Vincenzo ed Anastasio, in piazza di Trevi, allora affidata ai comboniani. È diventato il confessore di tanti sacerdoti e il consigliere ricercato dalla gente. Soleva dire: “Per fare breccia nelle anime bisogna amare il possessore e non aver paura di sacrificarsi per gli altri”.
Una lunga pagina di storia
Ha trascorso gli ultimi anni nella quiete del noviziato di Venegono come confessore, non solo dei novizi, ma anche di tanta gente e dei sacerdoti della zona. Era considerato il “nonno” della Congregazione. Sulle sue spalle si era accumulata una lunga pagina di storia dell’Istituto, dagli inizi al suo pieno sviluppo.
Da buon nonno amava trascorrere ore ed ore raccontando ai giovani i passi dell’Istituto, le difficoltà incontrate e soprattutto i momenti di grazia che hanno rimarcato il suo cammino. Ha goduto fino all’ultimo di un’ottima memoria per cui citava nomi, date e avvenimenti con molta precisione.
Nel suo parlare metteva in risalto il disegno della Provvidenza divina che conduce le cose a buon fine “basta avere occhi per vedere, orecchie per ascoltare e pazienza per attendere”. È morto dopo lunga malattia nel 1941 con la soddisfazione di aver celebrato il 50° di professione, mentre si preparava a quello di sacerdozio che ha celebrato in Cielo.
(P. Lorenzo Gaiga)