P. Federico Vianello è nato a Portosecco, Venezia, 1872. Dopo aver concluso il corso ginnasiale presso le scuole dei Padri Cavanis di Venezia, il 19 agosto 1888 è entrato tra i Comboniani, accolto e formato da p. Asperti che ha intuito subito le grandi doti di cuore e di intelligenza del giovinetto aspirante alla nascente Congregazione (aveva tre anni di vita). Federico è cresciuto come un modello di osservanza religiosa.
Ordinato sacerdote a Verona l’11 agosto 1895 è stato subito incaricato dell’apertura della casa comboniana di Bressanone, ma subito dopo è tornato in Casa madre a fianco del superiore p. Mologni che lo aveva in grande stima.
Il 3 settembre 1897 è stato mandato in Egitto come p. Spirituale nelle case del Cairo e della Gesira. Richiamato in Italia, è diventato Assistente del superiore Generale insieme a p. Angelo Colombaroli.
Nel Capitolo del 1899 è stato eletto Maestro dei novizi. Ripieno di spirito di Dio, ha cercato di infonderlo nei suoi allievi dei quali sapeva guadagnarsi la confidenza con le sue maniere affabili, nelle quali riluceva la carità di nostro Signore. È stato chiamato il padre spirituale della Congregazione.
Nel 1909 è diventato Superiore Generale.Terrorizzato dal peso imposto sulle sue spalle, ha cercato di liberarsene ricorrendo perfino al papa Pio X che lo conosceva personalmente e lo stimava. Ma il Papa è stato irremovibile nel non voler accettare la rinunzia. Lo ha assicurato, però, del suo aiuto che difatti gli ha dato in molte occasioni.
I Comboniani in Uganda
Fino a questa data i Comboniani erano presenti solamente in Sudan. Comboni stesso, però, aveva desiderato ardentemente di mandare i suoi figli nella regione dei Grandi laghi d’Uganda, ma la morte lo ha strappato prematuramente da questo mondo, all’età di 50 anni, per cui il suo sogno è rimasto… un sogno.
P. Vianello ha voluto realizzare questo sogno e, già nel 1910, ha inviato i primi missionari in Uganda. Per la Missione d’Uganda si è fatto mendicante presso i Benefattori per trovare i mezzi. Nel 1913 ha ottenuto che si effettuasse la prima divisione dell’immenso Vicariato dell’Africa centrale, distaccandone la parte sud che divenne la Prefettura e poi il Vicariato del Bahr el Ghazal.
Gli anni della prima guerra mondiale hanno rovesciato sulle sue spalle problemi a non finire. Molti missionari del Vicariato di Khartoum sono stati internati, i beni della Congregazione sono stati sul punto di essere sequestrati, gli aiuti alle Missioni che si andavano moltiplicando venivano meno. I missionari non potevano sostituire i confratelli stanchi o ammalati perché le vie di comunicazione erano interrotte e il personale scarseggiava. Non solo, ma tra i missionari chiamati alle armi c’erano italiani e austriaci, obbligati dai rispettivi governi a spararsi addosso.
P. Federico ha scritto migliaia di lettere sacrificando giorni e notti pur di essere vicino ai suoi confratelli e far giungere il conforto della sua parola. Nessuno si è perso o è venuto meno nella carità. Questo enorme lavoro ha inciso profondamente sulla sua salute tanto che, nel Capitolo del 1919 i confratelli hanno dovuto rinunciare al desiderio di riaverlo loro capo, però lo è stato nominato 2° Assistente e, il Superiore Generale, lo ha voluto suo Vicario dal 1923 fino al 1928, anno in cui ha rinunciato all’ incarico, tanto era malato.
Nel 1931 è stato esonerato da ogni ufficio causa l’insonnia persistente e un’ambascia indicibile per disturbi di cuore. Eppure ha mantenuto sempre la sua calma e il suo sorriso. La sua costante preghiera era: Non abbandonarmi nel tempo della mia vecchiaia; quando la mia forza verrà meno non lasciarmi solo.
Auspicava la canonizzazione di Comboni
P. Federico desiderava ardentemente la canonizzazione di Comboni. Ha caldeggiato la grossa biografia del fondatore, scritta da Mons. Grancelli, e ha cercato di diffonderla il più possibile. Prima di morire ha lasciato ai presenti la consegna di adoperarsi perché la Chiesa riconoscesse la santità del Fondatore.
Nell’ultima malattia, broncopolmonite, i confratelli gli hanno detto che stavano pregando mons. Comboni perché lo guarisse. “Più che per me, sarei contento per la glorificazione del nostro caro Padre, che mi sta tanto a cuore. Ma anche se io andrò in paradiso, voi ricordatevi di lavorare per la sua glorificazione... State saldi nella vostra vocazione che è l’unica tavola di salvezza che il Signore vi ha posto nelle mani. Cercate di diventare tutti dei grandi santi, e vedete di non lasciarmi a lungo in Purgatorio”.
Nelle sue ultime ore di vita è stato visitato dal Vescovo di Verona e da San Giovanni Calabria. Si è spento serenamente alle 11,55 di giovedì 17 dicembre 1936. I suoi funerali hanno mosso e commosso tutta Verona. P. Vianello, infatti, era il confessore di tantissime persone, anche importanti. La sua memoria rimane ancor oggi in benedizione nell’Istituto comboniano.
(P. Lorenzo Gaiga)