A lui è dedicato il Centro Ammalati di Verona perché la sua vocazione si è esplicata nel servizio ai confratelli ammalati che tornavano dalla missione. Il binario della sua santità è costituito da una particolare devozione all’Eucaristia e dall’esercizio della carità in grado eroico.
Nato a Sant’Anna d’Alfaedo, Verona, nel 1898, da ragazzino ha fatto il pastorello di pecore sui monti della sua terra. Dato che suo padre era il postino del paese, Angelo sì è dedicato a mantenere i contatti tra i lettori di Nigrizia, sollecitando gli abbonamenti, e i missionari comboniani. Benché le sue condizioni di salute fossero sempre precarie, durante la guerra del 1915-18, è stato mandato sul fronte francese. Ad un certo punto lo hanno mandato a casa perché, oltre ad avere i piedi piatti, non faceva che passare da un’infermeria all’altra.
“Con questi soldati non si vince la guerra”, aveva commentato il tenente medico.
Il mistero di una voce
Viviani era l’uomo che, fin da piccolo, “parlava con Dio faccia a faccia” come Mosè. Ha scritto sul suo diario: “Una mattina mi trovavo nella chiesa di Romagnano, mio paese di adozione, mi sentivo povero, sempre sofferente, passavo da una malattia all’altra. Avevo conosciuto il dolore, l’incomprensione, l’abbandono. Mentre pregavo il Signore, dopo la comunione, perché provvedesse anche a me, percepii una voce interiore, ma chiara, che mi diceva: ‘Vieni con me, Angelo, e io ti darò salute e una vita felice’. Allora ho chiesto: ‘Dove, Signore?’. ‘Missionario’. ‘Non è possibile: i missionari devono essere giganti di salute, mentre io…’. ‘Tu sei come ti ho voluto io. Le sofferenze che hai vissuto, sono state la mia scuola e ti serviranno nella vita’”.
Nella sua richiesta per farsi comboniano, ha scritto: “Lo so, Reverendo Padre, che per essere missionario occorrono delle doti speciali e io sono così meschino che mi sento indegno e non so se riuscirò a stare al passo con i suoi diletti figli. E poi ho 29 anni. Ma io ho riposto tutta la mia fiducia nel Sacro Cuore”.
Dopo i Voti, è stato mandato a Verona. Doveva partire per l’Africa, ma il superiore Generale gli ha chiesto di sostituire il titolare dell’infermeria “per un mese, al massimo quaranta giorni”. L’incarico si è protratto per 40 anni perché, quando doveva partire per l’Africa, c’era sempre un nuovo malato grave che lo voleva al suo fianco. “Il lavoro di infermiere da principio mi era davvero pesante. Non avevo nessuna cognizione, e poi assistere padri anziani mi faceva una certa soggezione. Pregavo Dio perché mi mandasse un sostituto. Mi risuonò allora in fondo all’anima la medesima voce che conoscevo e mi disse. “Perché ti impressioni così tanto a fare l’infermiere? Basta ubbidire al medico. La cosa più importante è aveve un cuore di mamma. Per questo ti ho scelto”. Fr. Angelo ha vissuto davvero lo spirito di queste parole tanto che i confratelli lo hanno chiamato “la mamma degli ammalati”. Ha dovuto anche combattere col Maligno che lo voleva distogliere dal suo lavoro: “Non vedi che non ce la fai? I superiori si prendono gioco di te. Pianta lì tutto e torna ai tuoi monti e là vivrai felice”. La solita voce interna, in tono severo mi ammonì: “Miserabile, perché hai paura? Ci sono io! Io sarò la tua forza e la tua ricompensa”.
Nel 1953 morirono tanti missionari dopo lunga malattia. Viviani continuava su e già dalle scale (i gradini erano cento e non c’era l’ascensore) lavorando di giorno e di notte. Ad un certo punto non ne poteva più. “Le tenebre più oscure mi avvolgevano l’anima. Mi pareva che i superiori non percepissero la necessità di fare qualcosa per gli ammalati. Inoltre ignoravano anche il mio lavoro sfibrante… ma ecco che una mattina, dopo la comunione, si fece sentire nuovamente la voce. Questa volta era come un tuono di rimprovero:
‘Miserabile, perché hai paura? Ci sono io!’. Rimasi atterrito e non sapevo più cosa dire. Dopo un po’:
‘Perdonami, Signore, confidavo nelle mie forze ed ecco cosa mi succede’. La voce, tornando dolce, mi disse: ‘Avanti, avanti sempre, ci sono io. Io sono la tua forza e la tua ricompensa’. Ed io mi sentii forte come nei tempi migliori”.
Con lui vicino la morte non faceva paura
In un momento di calma, il superiore ha mandato fr. Viviani ad Arco per un po’ di riposo. Appena giunto in casa, andò in cappella a pregare: “Ad un certo punto il tabernacolo si illuminò e la solita voce mi impose di tornare immediatamente a Verona. Andai a dirlo al superiore: ‘Ma come, non siete ancora entrato in stanza e volete tornare?’.‘Devo proprio, padre’. Tornai e c’era un ex p. Generale, già sofferente, che si era improvvisamente aggravato. ‘Fratello, da quando siete uscito di casa non ho fatto che chiamarvi. Mi sento morire e ho paura, ma se voi mi tenete la mano, non avrò più paura’. Gli rimasi accanto, finché gli chiusi gli occhi”.
Casi come questo si susseguirono a centinaia in quarant’anni di attività. Angelo, trascinando i suoi piedi stanchi lungo le interminabili scale, bisbigliava preghiere. E quando aveva un momento di tregua, si rifugiava in cappella davanti al tabernacolo da dove gli derivava la forza per continuare
Il Centro Ammalati
Angelo aveva un sogno: realizzare un bel centro Ammalati. La Congregazione si era ingrandita, gli ammalati affluivano sempre più numerosi a Verona. Ottenne che gli installassero l’ascensore, “non solo per me, ma soprattutto per gli ammalati”.
Poi un intero piano della Casa Madre venne riservato all’infermerie. Arrivò qualche medico e dei confratelli infermieri. Oggi il Centro Ammalati di Verona è una realtà meravigliosa con tutte le comodità di un ospedale, dove i missionari reduci dalla missione trovano cure adeguate e serenità.
Fr. Angelo Viviani è spirato in quel Centro, che da lui ha preso il nome, il 15 ottobre 1984. La sua immagine scolpita nel bronzo campeggia accanto alla porta della cappella. Meriterebbe di finire in chiesa.
(P. Lorenzo Gaiga)