Era più che convinto della sua vocazione, ma sapeva che i suoi non ne volevano sentir parlare: erano troppo preziose le sue robuste braccia per mandare avanti la famiglia. Ma il Comboni gli aveva detto, fissandolo negli occhi: "Tu devi fuggire da casa, e se tuo padre vuole salvarsi l'anima, deve lasciarti partire".
Fr. Giori, come Roveggio e Colombaroli, è uno dei primi dieci che hanno emesso la professione religiosa il 28 ottobre 1887 nella vecchia casa dell'Istituto comboniano, attigua al seminario diocesano. Era nato a Sacco, Trento, nel 1856. Animato dal desiderio di donarsi totalmente alle missioni dell'Africa centrale grazie alle parole di un amico che aveva incontrato Comboni, un giorno del 1879 fuggì di casa e, a piedi, andò fino a Limone sul Garda dove, in quei giorni si trovava proprio mons. Daniele Comboni in persona. Giori era più che convinto della sua vocazione ma sapeva che i suoi non ne volevano sentir parlare: erano troppo preziose le sue robuste braccia per mandare avanti la famiglia.
Solo quando seppe che Comboni era morto (1881) sentì come una scossa e si ricordò le parole che il grande Vescovo gli aveva dette fissandolo negli occhi: “Tu devi fuggire da casa, e se tuo padre vuole salvarsi l'anima, deve lasciarti partire”. La lotta in famiglia fu accanita. Finalmente, dopo aver dissodato l'ultimo pezzo di bosco per trasformarlo in vigneto, ebbe il permesso di partire.
Nel settembre del 1882 la città di Verona venne sommersa dalle acque dell'Adige. Le ondate limacciose erano arrivate fino al tabernacolo dove era custodita l'Eucaristia. Fr. Giori, che era in quella casa da pochi giorni, senza perdere un attimo di tempo, si buttò nell'acqua, raggiunse il tabernacolo, lo aprì e portò in salvo Gesù eucaristia.
L'inondazione aveva devastato la povera sede dell'Istituto per cui Giori si trasformò in muratore, falegname, idraulico per renderla abitabile; ma all'occorrenza sapeva fare il cuoco, il contadino, il calzolaio… per aiutare i confratelli. Finalmente il 22 ottobre 1883 emise il duplice giuramento di fedeltà alla missione e di appartenenza all'Istituto. Ma le vie dell'Africa erano chiuse causa la rivoluzione del Mahdi che aveva distrutto le missioni e fatti prigionieri i missionari e le suore. Che fare?
Intanto mons. Sogaro, successore di Comboni come Vicario Apostolico dell'Africa centrale, trasformò l'Istituto di Comboni in Congregazione religiosa. Fr. Giori nel 1885 iniziò il noviziato che concluse il 28 ottobre 1887 con i Voti che lo fecero missionario Figlio del Sacro Cuore. Cinque anni trascorsi a Verona pesarono sull'anima di fr. Giori, specialmente considerando quanto sarebbero state preziose le sue braccia in famiglia, ma alle volte la vocazione chiede anche questo sacrificio.
Con gli ex schiavi della Gesira
L'ultima domenica di novembre del 1887 il nostro missionario era al paese natale per salutare i parenti e gli amici. Il primo dicembre, infatti, partì da Trieste per l'Africa. Giunto al Cairo, fu mandato nell'isola di Gesira, sul Nilo, dove mons. Sogaro aveva dato inizio ad una colonia antischiavista. Lì trovavano rifugio quegli africani che riuscivano a fuggire dalle grinfie del Mahdi.
Fr. Giori diventò istruttore di quegli ex schiavi, ormai uomini liberi, costruì strade, canali, edifici; coltivò il cotone e il grano, curò l'allevamento del bestiame ricavando latte e formaggio che, oltre a bastare al fabbisogno interno, veniva venduto al Cairo. Con lui lavoravano altri confratelli, tra i quali p. Roveggio, suo compagno di noviziato, e alcune suore comboniane che si dedicavano alle donne e alle ragazze. In pochi anni l'isola, prima una distesa di sabbia, fiorì e la vita trascorreva serena per tutti. Le famiglie africane si erano moltiplicate e abitavano un villaggio formato da belle casette. Nel 1891 p. Roveggio fece arrivare una potente macchina a vapore che, sollevando l'acqua dal Nilo, assicurava l'irrigazione.
Gli africani andavano a scuola e imparavano i diversi mestieri. C'era perfino un gruppo che studiava latino con la prospettiva di accedere al sacerdozio. Per rallegrare le serate e i giorni di festa, fr. Giori si esibiva con l'ocarina che suonava magnificamente e diede vita ad una banda musicale.
Capitano del Redemptor
Il 21 aprile 1895 p. Roveggio fu eletto vescovo, succedendo a mons. Sogaro. Nel 1898 le orde del Mahdi furono sconfitte dagli inglesi e il Sudan si riaprì all'attività missionaria. A Londra, per ordine di mons. Roveggio e di p. Colombaroli, si stava costruendo il battello Redemptor che, solcando il Nilo a sud di Khartoum, avrebbe calcato le orme di Comboni e dei primi missionari, fin nel cuore dell'Africa centrale.
Una nuova epoca missionaria stava per cominciare. Mons. Roveggio aveva bisogno di un capitano di battello e pensò subito a fr. Giori che aveva dato ottima prova di sé alla Gesira. E lo mandò presso i cantieri di Alessandria d'Egitto per far pratica di navigazione fluviale e di meccanica. Era ospite dei Francescani. Intanto arrivò a Omdurman il battello, smontato e sistemato in casse.
Il 13 dicembre 1899 ci fu il viaggio inaugurale: “Dunque, sia il nome del Signore benedetto - scrive Roveggio - dopo quasi 16 anni di assenza e di forzato esilio, la nostra Missione ha potuto riprendere l'opera sua”.
Quindici anni su e giù lungo il Nilo, portando personale e materiale da costruzione per le nuove missioni che sorgevano come fari luminosi in una notte oscura, sfidando le erbe galleggianti che sovente formavano delle vere isole mobili. Più di una volta il battello s'incagliò e allora il capitano e i suoi uomini, si immergevano nell'acqua sfidando i coccodrilli e, a colpi di accetta, si aprivano una passaggio. Qualche volta le isole formavano dei canali che poi risultavano chiusi per cui bisognava fare marcia indietro e tentate un'altra via. Costantemente bisognava proteggersi dai nugoli di zanzare che si avventavano fameliche sui marinai. Poi c'era la malaria che, alle volte trasformava il battello in un ospedale galleggiante. Eppure fr. Giori non perse mai il buon umore e l'entusiasmo, anzi, seppe infondere fiducia e ottimismo nei suoi uomini.
Quando arrivava ad una nuova missione, diventava costruttore, meccanico, e anche cuoco all'occorrenza, perché la professione prima del fratello missionario è la disponibilità, lo spirito di servizio, l'aiuto ai confratelli.
Il 25 luglio 1914 fu un giorno triste per il nostro capitano e anche per il suo battello: per una manovra sbagliata di una grossa draga che si trovava nel porto di Khartoum, il Redemptor venne rovesciato e affondato.
Fr. Giori non si perse d'animo: con spirito missionario accettò di andare nella grande missione di Wau, nel Sudan meridionale, e divenne istruttore nella scuola di falegnameria e di meccanica che i missionari avevano aperta. Lasciò questo mondo il 28 giugno 1918. Le ultime parole sono state: “Facendomi missionario ho trovato il paradiso in terra”.
(P. Lorenzo Gaiga)