Dovette adempiere a delicatissime incombenze: contatti con le diplomazie di diverse nazioni, rapporti non facili col governo inglese che mise dei veti per l'apertura delle missioni sulla sinistra del Nilo ... Al termine del suo mandato l'Istituto aveva raddoppiato il numero dei membri grazie ad una capillare opera di animazione.
P. Angelo è nato a Dolcè, un piccolo paese della Val d'Adige, a pochi chilometri da Verona, il 9 maggio 1863. Dopo aver studiato presso gli Stimmatini, è passato al seminario diocesano. Da qui, all'età di 20 anni, è entrato nell'Istituto comboniano che preparava sacerdoti e fratelli per le missioni dell'Africa centrale.
Nel 1885 l'Istituto comboniano si è trasformato in Congregazione religiosa, ed Angelo, insieme ad altri nove compagni, tra i quali p. Roveggio di cui abbiamo parlato nel mese scorso, ha iniziato il noviziato. Il 7 agosto 1887 è diventato sacerdote ed in ottobre ha emesso la professione religiosa insieme agli altri nove primi compagni. Un mese dopo era già in Egitto come economo e poi superiore della missione. Voi resterà per 10 anni. Con lui c'era anche p. Roveggio al quale era affidata la cura spirituale dei missionari, delle suore e dei cristiani.
P. Angelo si fece molto apprezzare per le sue qualità, tanto da essere posto nella terna dei candidati a Vicario Apostolico, (incarico poi affidato a p. Roveggio). Conosceva alla perfezione il francese, l'inglese, il tedesco e l'arabo, compilò una grammatica ed un dizionario della lingua Niam- Niam premiati due volte con medaglia d'oro all'Esposizione di Bruxelles nel 1897 e a quella di Arte Sacra di Torino nel 1898. Ricordiamo due udienze private con il Papa: il 14 gennaio 1901 con Leone XIII e il 20 dicembre 1904 con San Pio X.
Generale dalle larghe vedute
Nel 1899 la Congregazione, prima retta da Padri della Compagnia di Gesù, cominciò a camminare con le proprie gambe. In quell'anno, infatti, ci fu il primo Capitolo generale nel quale venne eletto come superiore generale proprio p. Angelo (21 giugno 1899). Uomo di una sobrietà estrema, appena eletto Generale partì con mons. Roveggio per Londra per concordare la costruzione del battello Redemptor. Come vettovagliamento, i due avevano un po' di pane e formaggio avvolti in un giornale. P. Angelo si mostrò subito un uomo dinamico e intraprendente. Dopo la visita a Londra per concludere l'affare del battello, il 30 luglio, sempre col Roveggio, andò al Cairo a visitare il “secondo polo” dell'istituto dopo Verona, e intanto preparava la nuova penetrazione dell'Africa del post Mahdi.
Nel settembre del 1889, dopo 30 ore di ferrovia e 4 di battello, i padri Giuseppe Ohrwalder (già prigioniero del Mahdi) e Guglielmo Banholzer sbarcarono sulla riva sinistra del Nilo, presso Omdurman. Erano i primi a giungere nel Sudan dopo la triste esperienza della Mahdìa. La “vampa” che aveva arso il cuore di Comboni, bruciava nel loro.
Poi, insieme al governatore inglese lord Kitchener (il vincitore dei mahdisti) si recarono nel giardino della missione di Khartoum (ormai proprietà del governo inglese) ed esumarono i pochi resti di Comboni dalla tomba violata di recente, e li portarono ad Assuan.
Intanto era arrivato a Omdurman, ben imballato in casse di legno, il battello Redemptor, che fu montato da un ingegnere inglese e dai fratelli comboniani.
Dopo aver lasciato Omdurman, la città testimone delle sofferenze dei prigionieri del Mahdi, i missionari iniziarono la nuova penetrazione dell'Africa centrale sulle orme di abuna Vinco, di Comboni e di altri gloriosi missionari.
Le prime due suore comboniane a tornare in Sudan dopo la Mahdìa sono state Francesca Dalmasso e Maria Bonetti. Vestivano all'orientale per non urtare la suscettibilità degli arabi. La prima di esse teneva ben piegata nella valigia la veste che Comboni indossava al momento della morte. Giunsero a Omdurman verso le ore 11 del 30 ottobre 1900.
La Congregazione si espande
La Congregazione, sotto la spinta di p. Angelo s'ingrandiva anche in Europa. Nel 1900 ebbe inizio l'istituto Comboni di Brescia. Questo seminario richiamava un esplicito desiderio di Comboni che il 16 luglio 1877 aveva scritto da Roma al vescovo di Brescia, mons. Girolamo Verzeri, “Oh quanto sospiro avere qualche ottimo soggetto dalla nostra cara città e diocesi di Brescia!… Perché non avrò io alcuni fratelli e sacerdoti bresciani per la salvezza di quelle anime, le più infelici della terra?” (teniamo presente che Comboni è bresciano). Nel 1902 p. Angelo aprì un altro seminario a San Vito al Tagliamento. Poi cominciarono le aperture nel Sudan: Omdurman, 1899; Lull, 1901; Khartoum, 1902; Halfaya, Kayango, Mbili, Tonga, 1904; Wau e Port Sudan nel 1905...
Il 2 maggio 1902 è stato un giorno doloroso per p. Angelo: ha saputo che era morto in pieno deserto il suo amico e compagno di missione mons. Antonio Roveggio, stroncato dalle fatiche a 43 anni di età, ma la Missione non doveva fermarsi. L'11 settembre 1902 ci fu la nomina di mons. Francesco Geyer come Vicario Apostolico dell'Africa centrale.
Il Sudan, sotto la spinta di p. Angelo e di mons. Geyer, ha realizzato in pieno il motto comboniano “salvare l'Africa con l'Africa”. Infatti oggi le dieci diocesi sudanesi sono rette da altrettanti vescovi africani, due dei quali comboniani, e i missionari di Comboni lavorano fianco a fianco con il clero indigeno, sia al nord come al sud del paese, nonostante la persecuzione, la guerra e la fame.
Le missioni aprirono scuole, officine, laboratori, tipografie, dispensari… Determinante fu la presenza delle suore comboniane e dei fratelli istruttori. “Le nostre missioni - scrisse p. Colombaroli su “La Nigrizia” del 1902 - sono delle più difficili che vi siano al mondo ed i nostri missionari sono esposti ad ogni genere di pericoli: sacrifici di clima, di privazioni, di isolamento…”.
P. Angelo dovette adempiere a delicatissime incombenze: contatti con le diplomazie di diverse nazioni, rapporti non facili col governo inglese che mise dei veti per l'apertura delle missioni sulla sinistra del Nilo… Al termine del suo mandato l'Istituto aveva raddoppiato il numero dei membri grazia ad una capillare opera di animazione. Terminò il suo mandato mentre a Khartoum veniva posta la prima pietra della chiesa, benedetta da mons. Geyer.
Il problema dell'evangelizzazione
P. Angelo affrontò pure il problema di “come” evangelizzare le tribù pagane e spesso ostili ai missionari (che avevano la pelle bianca come quella degli antichi schiavisti).
Nel 1908 aprì una casa a Messendorf, in Austria, a Sidcup in Inghilterra e consolidò quelle di Trento e di Bressanone. Con lui, la giovane congregazione comboniana - possiamo ben dirlo - è partita bene.
Quando divenne “soldato semplice”, chiese di andare come missionario in Egitto. Durante la prima guerra mondiale, avendo la cittadinanza austriaca, fu confinato in Svizzera per tre anni. Al termine, andò nel seminario missionario di San Vito al Tagliamento. Qui lo colse la paralisi. Terminò i suoi giorni a Verona nel 1922. Aveva 58 anni. Sulla casa canonica di San Pietro Incariano c'è una targa in marmo che ricorda quattro grandi missionari veronesi: don Oliboni, don Beltrami e i fratelli p. Angelo e p. Albino Colombaroli. Al Cairo, ancora oggi c'è “Rue Angelo Colombaroli”. È giusto ricordare anche suo fratello, p. Albino, pure comboniano (1877-1929) che fu uno dei fondatori della prima missione d'Uganda nel 1910.
(P. Lorenzo Gaiga)