Parrocchia di San Benedetto
Saluto del parroco di Limone Don Eraldo Fracassi
Omelia di Mons. Gabriel Zubeir Wako
Indirizzo del sindaco di Limone, Battista Martinelli

Parrocchia di San Benedetto

La Santa Messa di ringraziamento, presieduta dal settimo successore di San Daniele Comboni, il neo eletto cardinale Mons. Gabriel Zubeir Wako, Arcivescovo di Khartoum, si tiene al Palacongressi stipato di fedeli. Una cerimonia suggestiva, arricchita e rallegrata da un coro di circa 30 persone accompagnate da alcune tastiere, batteria, tromba e chitarre, una delle quali imbracciata da Battista Martinelli, sindaco di Limone.
Una volta di più viene sottolineata l’importanza del missionario gardesano, convinto assertore che l’Africa deve “salvarsi per mano degli Africani”. Una tesi, quella di Comboni, premonitrice e che anticipava di svariati decenni alcune convinzioni maturate assai più tardi e che, forse, non sono ancora del tutto accettate.
Folto il pubblico e, in prima fila, i sindaci altogardesani o i loro rappresentanti, il presidente della Comunità Montana, l’assessore regionale Mario Scotti, il deputato Luigi Maninetti, alti ufficiali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Il presidente della Regione, Roberto Formigoni, ha inviato un messaggio in cui sostiene che “la vita di Comboni è un patrimonio prezioso”.
Al neo cardinale di Khartoum vengono donati olio e limoni gardesani. Li porterà nel Sudan dove, ha detto, la gente è solita entusiasmarsi e partecipare agli eventi molto più intensamente che in Europa.
Con il passare dei minuti, il clima di entusiasmo finisce per contagiare tutto l’uditorio e gli applausi rimarcano sovente i passaggi più importanti sia dell’omelia di Mons. Zubeir che degli interventi del parroco Don Eraldo Fracassi, del comboniano P. Gianni Nobili (responsabile della casa natale di Comboni, al Tesöl) e dello stesso sindaco che, deposta momentaneamente la chitarra, tiene il discorso ufficiale con la fascia tricolore, per poi riprendere a suonare e cantare assieme agli altri (Brescia Oggi, Lunedì 13 ottobre 2003 - Bruno Festa)

Saluto del parroco di Limone Don Eraldo Fracassi

Eminenza, Eccellenze, Reverendi Missionari Comboniani, Reverende Suore, illustri rappresentanti delle amministrazioni civili e tutti i rappresentanti della Regione, della Provincia, siamo ben contenti di ospitarvi qui. Siamo fieri e orgogliosi di aver dato alla Chiesa Universale un Santo. L’emozione ci pervadeva i cuori quando abbiamo visto il nostro Signor Sindaco salire i gradini dell’altare e porgere al Santo Padre quel dono africano. Siamo fieri e orgogliosi di aver dato alla Chiesa Universale un Santo… Ci siamo sentiti un po’ tutti rappresentati e vicini al nostro Papa...
Il nostro Daniele Comboni ha esalato il suo ultimo respiro in Sudan, con vostra Eminenza il respiro di Daniele Comboni ritorna qui in mezzo a noi. La sua presenza ci è molto gradita. Abbiamo bisogno di essere rincuorati, di essere di nuovo rafforzati. Le sue parole noi le aspettiamo con ansia, perché ci spronerà e farà in modo che nella nostra piccola comunità di Limone sia data più attenzione ai problemi della missione. Sono qui presenti tante autorità civili, ci sono anche le nostre autorità dei Carabinieri, delle Guardie di Finanza, siamo qui tutti noi laici e fedeli per ascoltare la sua parola. Benvenuto!

Omelia di Mons. Gabriel Zubeir Wako

Fratelli e sorelle, di nuovo saluto le autorità civili di Limone, i sacerdoti che qui lavorano e tutti voi che siete venuti oggi per celebrare la Messa di Ringraziamento per Daniele Comboni. Io sento Limone come il paese da cui lui è uscito, che lo ha allevato. Voi siete pieni di gioia perché uno del vostro paese è diventato santo, la stessa gioia la sentiamo noi, pur essendo così lontani, a Khartoum in Sudan. Noi siamo pieni di gioia perché il nostro primo vescovo di Khartoum, quello che ha iniziato il lavoro molto impegnativo di portare Cristo nella nostra terra e di aiutare la gente a svilupparsi, è un santo. Questa è una gioia veramente grande. Gli Europei non esprimono facilmente i loro sentimenti, non è così per gli Africani. Io posso immaginare come i fedeli a Khartoum e in tutto il Sudan hanno gridato, cantato e ballato, per la buona notizia che Comboni, nostro nonno nella fede, è diventato santo.
La festa di Comboni è diventata una festa globale. Tanta gente ha seguito questo avvenimento, specialmente in questi giorni, e tutti sanno che un cittadino di Limone è diventato Santo, viene onorato tra i santi da tutta la Chiesa e ha preso il suo posto davanti al Signore. Siamo sicuri che Comboni continuerà a pregare e a far scendere le sue grazie su tutti coloro che hanno bisogno di lui.
Comboni è molto importante per noi, e voglio spiegarvi, perché Comboni è così amato tra di noi, convinto che questo aumenterà la vostra gioia. È una riflessione sul perché uno di voi è diventato un santo della Chiesa. Avevamo sentito parlare di Comboni, anche se prima non era ancora così chiaro chi realmente fosse. Tutti in Sudan conoscevano il nome Comboni. Le scuole e altre opere della Chiesa erano chiamate “Comboni”, e allora il nonno Comboni era diventato un nome per la Chiesa, e per cercare una parrocchia si doveva chiedere alla gente locale: dove è Comboni? e tutti sapevano dove indirizzarti. Iniziative pastorali, iniziative educative, iniziative sanitarie, questo era Comboni nell’idea di tanta gente. Ma con la sua Beatificazione le cose sono cambiate. La gente ha cominciato a capire che questo Comboni è una persona. È una persona che è vissuta in mezzo a noi. Una persona che ha avuto il coraggio di stare insieme a noi, di difenderci da quanti nel mondo intero, come pure nella Chiesa, non avevano fiducia in noi, non credevano che una persona nera potesse imparare e meno ancora potesse ricevere il dono della fede e diventare santa. Ma Comboni ha creduto in noi e si è battuto perché venisse riconosciuto che il Signore Gesù è morto per tutti, anche per i neri: I neri devono sapere che il Figlio di Dio è morto anche per loro, e li ama come ama tutto il mondo. E li ama in un modo molto speciale, perché sono poveri, oppressi dagli altri, e impediti dal crescere come esseri umani.
Quando Comboni ha incominciato la sua missione di “Salvare l’Africa con l’Africa”, è entrato tra di noi con questo programma e ha chiamato tutto il mondo ad entrare in questo programma. Lui gridava: ho bisogno di mezzi, ho bisogno di persone per insegnare agli Africani, affinché possano a loro volta insegnare ai loro compagni. E questo lavoro, incominciato ai tempi di Comboni, continua oggi in Sudan dove possiamo dire che, a parte il programma del governo, nessun altro gruppo porta avanti l’educazione dei sudanesi come la Chiesa cattolica. Nella diocesi di Khartoum, abbiamo nelle nostre scuole più di 60.000 alunni! E queste scuole vanno avanti solo per la Provvidenza di Dio. Noi non abbiamo soldi, facciamo debiti per portare avanti queste scuole. Io non ho il coraggio di dire: chiudete queste scuole, mandate a casa i bambini. Dove andrebbero i quarantadue mila bambini se fossero mandati via dalla scuola per mancanza di mezzi? Sono sicuro che Comboni è con noi, e come Santo proteggerà questo programma che lui stesso ha incominciato. Siamo fieri di questo santo, perché è lui che ha pensato di “Salvare l’Africa con l’Africa”. Ha incominciato Lui ad avere sacerdoti e suore sudanesi, in un tempo in cui la gente diceva: questi africani non possono essere sacerdoti, non possono essere suore.
Vi sono certo delle difficoltà, ma in questi giorni ci siamo accorti che le difficoltà ci sono per tutti. Anche gli europei, nonostante abbiano una tradizione più forte di cristianità, hanno i loro problemi. Abbiamo tutti la nostra povera umanità. Il santo Comboni illumini tutti i suoi figli, in particolare quelli da lui fondati e li aiuti a guardare con coraggio al futuro, a superare le inevitabili difficoltà e ad andare sempre avanti con una grande fiducia in Dio.
La Chiesa in Sudan non è mai stata in pace, e qualche volta si sente dire che è inutile continuare. Io dico: se Comboni avesse fatto così, cosa sarebbe successo di noi? Lui è andato avanti, e anche noi andremo avanti, perché questa non è opera umana, ma opera di Dio e Dio non lascerà la sua opera finire così facilmente. Lui è andato avanti con coraggio, i suoi missionari e quelli che mantengono le sue parole vanno avanti con grande coraggio nonostante le difficoltà che incontriamo. Stiamo facendo il lavoro di Dio per la salvezza della gente, e c’è gente che ha bisogno di quest’opera. Comboni è santo, conosce tutte le nostre difficoltà. Quando è tornato a Khartoum come vescovo ha detto: “Io avevo lasciato qui il mio cuore, adesso ritornato a riprenderlo”, e lo ha ripreso; ma noi diciamo: “Il cuore l’hai lasciato qui, è nostro. Se tu vuoi partire, vai, ma senza cuore, il cuore lo teniamo noi e sappiamo che questo cuore è pieno di amore”. Sappiamo che l’intercessione di Comboni è un incoraggiamento per tutti; i santi non sono fatti per dire “santo, santo, santo”: sono dono della provvidenza di Dio.
Chi oggi parla di Comboni non può dimenticare l’Africa. Questa persona è morta in Sudan, ha insegnato ai suoi missionari l’amore, è cresciuto nell’amore per i neri in Sudan, questo l’hanno detto i sudanesi. Anche se Comboni parlava degli Africani, gli Africani che lui conosceva erano i neri sudanesi. Quando preghiamo e parliamo di Comboni Santo non possiamo non pensare a questi poveri, a questa gente che è stata oppressa e che ancora continua ad essere oppressa. Sono sicuro che a Limone, quando pensano a Comboni, pensano che è morto dove era amato e dove è ancora amato e dove ancora lavora perché pur nella gloria di Dio non può dimenticare ciò che ha cominciato.
La natalità in Italia sta diminuendo; io auguro ai cristiani di Limone di avere famiglie numerose per essere capaci, secondo l’esempio di papà Luigi e mamma Domenica, di donare un figlio al Signore. Preghiamo perché, per intercessione di Comboni, questo diventi una realtà in tutte le famiglie cristiane di Limone e di tutto il mondo. Grazie per avermi ascoltato.

Indirizzo del sindaco di Limone, Battista Martinelli

In queste occasioni il primo compito del sindaco è quello di ringraziare tutte le autorità presenti e sarà un onore per me farlo, prima di tutto però sento di dover ringraziare Dio per averci donato Daniele Comboni, un uomo di cui non siamo ancora riusciti del tutto a capire quanto sia stato importante per la crescita spirituale del nostro paese, dell’Africa e del mondo intero. P. Andrea Polati è da tempo che mi dice: “Guarda, Giambattista, che avere un Santo in casa non è cosa semplice, e fare i conti con un Santo è una cosa molto difficile”. Sinceramente non capivo questa cosa fino alla mattina del 5 ottobre quando il Santo Padre ha pronunciato la formula della canonizzazione e, guardando l’immagine del Comboni appesa alla facciata della Basilica di San Pietro e quegli occhi che sembravano scrutare solo me, ho compreso che da quel momento il rapporto con quell’uomo era profondamente cambiato; sembrava dirmi: “Attento, da adesso non si scherza più; quando si parla di me c’è bisogno di più attenzione. Io non appartengo più alla favola paesana, io appartengo a tutto il mondo” e forse il mondo si aspetta da Limone qualcosa di nuovo, di inedito, qualcosa che noi limonesi dobbiamo ancora scoprire e che sicuramente fa parte della nostra cultura profondamente cristiana, che è stata terreno fertile per la crescita spirituale di San Daniele.
Poi mi sento di dover ringraziare tutti i Missionari Comboniani e le Suore Comboniane che hanno sacrificato e sacrificano tuttora la loro vita a servizio di tanta gente meno fortunata di noi e, seguendo l’esempio del Comboni, cercano di creare le basi per l’evangelizzazione e per lo sviluppo autonomo dei popoli del terzo mondo. I canti che sono stati scelti per questa Messa solenne hanno un significato: vi è parte del recital che è stato fatto nel 1982 per far conoscere Comboni nei comuni vicini, vi sono canti che risalgono agli anni ’70 quando tra noi c’era P. Merloni - e si andava a far prove al Tesöl e certi strumenti non creavano problemi perché P. Merloni ci diceva che in Africa quel tipo di musica era del tutto normale durante le Messe - e poi i canti dei giovani introdotti con la venuta di Don Eraldo.
Ora è il momento dei ringraziamenti agli ospiti, veramente sentiti, a partire da Mons, Zubeir che ha presieduto questa cerimonia. Abbiamo saputo della sua recente nomina a cardinale e ci congratuliamo con lui. Essendo il successore del Vescovo Comboni a Khartoum, è proprio il caso di dire che nella gerarchia della Chiesa l’allievo ha superato il maestro e sono sicuro che questa battuta farà sorridere anche il Santo Daniele il quale sarà sicuramente il più felice di questa nomina a coronamento del suo sogno di salvare l’Africa con l’Africa.
Un ringraziamento particolare a P. Venanzio Milani, a P. Gianni Nobili, a P. Andrea Polati e a tutti i Comboniani del Tesöl, un grazie a Don Eraldo per la disponibilità dimostrata in queste giornate particolarmente intense, ai miei collaboratori per l’impegno profuso nell’organizzare le manifestazioni e alla popolazione di Limone che, nonostante gli impegni di una stagione turistica non ancora terminata, ha dato prova di una grande devozione a Daniele partecipando numerosa a tutte le cerimonie, comprese quelle che si sono svolte a Roma.
Ringrazio tutte le autorità presenti, religiose, politiche e militari, i miei amici sindaci e tutti coloro che con la loro presenza hanno contribuito a rendere ancora più importante questa cerimonia di ringraziamento per la canonizzazione del nostro San Daniele Comboni. Nel cuore di Daniele però c’è sempre stata l’Africa ed è con l’Africa che Limone deve gemellarsi, un gemellaggio che deve concretizzarsi in aiuti anche economici per sostenere i bisogni di chi lotta giorno per giorno contro la povertà, la fame, la miseria e le malattie. Prima di morire disse: “Non temete, io muoio, ma l’opera mia non morirà”; e mai uomo mortale fu più profeta di se stesso come lo fu Daniele perché queste parole furono pronunciate in un momento difficile e solo la sua grande fede in Dio e nel mistero della Croce hanno fatto sì che tutto ciò si avverasse, tanto che i grandi del mondo oggi non possono più fingere di dimenticarsi delle popolazioni più emarginate perché sarà la santità del Comboni a ricordarglielo. (Vita Parrocchiale di Limone sul Garda).

Una mostra di disegni sul Comboni

In corrispondenza delle celebrazioni per la canonizzazione di Daniele Comboni, è stata allestita in Sala Patuzzi la mostra dei disegni dei bambini e ragazzi del catechismo. In modo semplice e colorato hanno illustrato, con l’intuito creativo proprio dell’età di ciascuno, la vita di San Daniele, i punti salienti del suo programma e della sua missione, le sue frasi più significative. Vogliamo ringraziare tutti coloro, limonesi e non, che hanno visitato la mostra. Ci ha piacevolmente sorpreso il fatto che anche persone di diverse nazionalità si siano soffermate a lungo chiedendo spiegazione sui vari valori e complimentandosi per i nostri piccoli artisti. L’augurio è che l’aver conosciuto più profondamente il nostro Santo Daniele alimenti la nostra fede affinché il suo esempio accresca il nostro amore verso Dio e verso le missioni.
12 ottobre 2003