Nostra Signora del Sacro Cuore: icona mariana missionaria comboniana dell'evangelizzazione

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La riflessione è divisa in due parti: la prima verte su Maria, Nostra Signora del Sacro Cuore, icona mariana missionaria comboniana, mentre la seconda è una breve riflessione su un’altra immagine di Maria cara a Comboni, Maria Vergine Immacolata icona missionaria dell’umanità rigenerata.

Il Concilio ha introdotto una sua peculiarità nel lumeggiare il mistero di Maria. Se anteriormente si tendeva a mettere in risalto soprattutto i titoli della Vergine (Madre, Immacolata ecc.) nella loro qualità di eccellenza, facendo di essa una super-creatura, il Concilio la inquadra invece nella storia della salvezza, cioè nel mistero del Cristo salvatore e redentore e della Chiesa sacramento di salvezza e redenzione. Il cap. 8 della LG presenta Maria inserita nel mistero della Chiesa. L’affermazione essenziale del testo, che ritorna continuamente, recita: Maria è nella Chiesa, membro sovreminente, ma membro. La più alta, ma dentro (cfr. cap. 8, n° 52 ). Fin dalle prime righe si legge la visione equilibrante di "più alta che creatura" ma "creatura". "Maria è insignita della somma carica e della dignità di Madre del Figlio di Dio, e perciò è la figlia prediletta del Padre e il tempio dello Spirito Santo, per questo dono di una grazia eminente precede di molto tutte le altre creature, celesti e terrestri […], però è unita, nella stirpe di Adamo, con tutti gli uomini bisognosi di salvezza" (n° 53). La sua opera è funzione materna verso gli uomini, più che mediazione; cooperazione alla redenzione, più che corredenzione; socia del redentore, madre degli uomini, madre della grazia, più che mediatrice e corredentrice. Insomma la Madre di Dio è tra le creature riscattate la più sublime e la primizia dei frutti della Redenzione, e pur tuttavia, restando dalla nostra parte nella fila dei riscattati, essa detiene in mezzo ad essi la più alta posizione, che la costituisce non solo eminente consorella del corpo mistico, ma in modo infinitamente più intimo, Madre del Cristo totale, capo di tutte le membra del suo corpo mistico.

Mi domando: il Comboni avrà qualcosa da dire sul mistero di Maria. Il suo messaggio su Maria potrà dirsi preziosa eredità per noi? E penso subito al fastidio che causerà in qualcuno la titolazione della presente riflessione: Nostra Signora del Sacro Cuore, principale icona mariana missionaria comboniana. Ma non si tratterebbe di una titolazione devozionale, per non dire pietista? Una designazione piuttosto datata, fatta passare per molto significativa o arbitrariamente la più significativa, che il Comboni ha lasciato all’interno del suo trittico comprendente il Cuore di Cristo, S. Giuseppe e appunto N. Signora del Sacro Cuore? Premetto che la presente scelta, naturalmente da provarsi, si colloca nel quadro della ricerca di una icona mariana non generica, ma missionaria. Del resto è un fatto pacifico che tutto ciò che Comboni fa proprio nell’ambito devozionale assume tonalità missionaria e si colloca sul versante della spiritualità.
La domanda dunque è una: "Esiste un’immagine, particolarmente pregnante di Maria, a cui il Comboni si riferisce, e che può divenire fonte di ispirazione per la preghiera e l’attività evangelizzante sia nel campo personale come in quello dell’animazione e della formazione"? Per rispondervi adeguatamente percorrerò tre momenti: anzitutto la scelta dell’icona come particolarmente significativa per Comboni; poi la ricerca del significato che vi ha annesso e infine le conseguenze per noi in quanto soggetti e oggetti di evangelizzazione.


A) Nostra Signore del Sacro Cuore: una presenza decisiva nel tempo della maturità di Comboni

Maria è una presenza viva e costante che accompagna tutta la vita del Comboni. Affermazione questa che non ha bisogno di prove, tanto ognuno sa che tutte le sue lettere portano un ricordo, un’invocazione o un riferimento mariano. Si potrebbe parlare di una grande inclusione che le comprende tutte. Si va dalla Madre della consolazione del missionario, alle sue prime esperienze: "La Vergine Maria, il prezioso conforto del Missionario, quella Vergine che è la vera Regina della Nigrizia, la Madre della consolazione, non poteva lasciare in abbandono quattro poveri suoi servi, che tentano di farla conoscere in un col suo divin Figlio anche a quelle genti idolatre" (S 261), fino alla Madre della misericordia, che protegge l’opera: "Sotto gli auspici della Madonna delle Mercede, spero che Dio mi darà la grazia di trattare degnamente la causa della Nigrizia" (S 7081).

Più interessante invece è cogliere, tra i titoli attribuiti a Maria, quello più presente nella vita del Comboni, specialmente negli anni della maturità, e che quindi assume più spessore e maggior significato e importanza. Secondo l’indice analitico degli Scritti, le ricorrenze più frequenti sono Madre (S 256, 1640, 1642, 1649, 1733, 2681, 3162, 4005), Nostra Signora del Sacro Cuore (3373, 3992-95, 4690, 4884, 5284, 5437, 5791, 5867, 6172, 6960, 7080), Regina della Nigrizia (S 262, 895, 913, 1644, 2522, 3265, 3992, 5891, 6725, 6768) e Vergine Immacolata (S 472, 438, 1472, 1638, 1641, 2522, 3265, 3411, 3617, 3992, 4003, 4733). Soprattutto due di loro appaiono con numerose variazioni: Madre (M. buona, M. buona di misericordia, M. mia, M. nostra, M. avventurata, M. divina, di Dio, di Cristo, M. nostra presso il Cuore di Gesù, M. degli Africani, M. degli apostoli, M. più amorosa di tutte le madri, M. del buon Consiglio, M. della Consolazione, M. e regina della Nigrizia, M. del Vicariato dell’Africa centrale, M. pietosissima, Mamma), e Nostra Signora del Sacro Cuore (Regina del S.C., Sovrana augusta del S.C., Padrona del Sacro Cuore, addirittura Imperatrice…). Ora il titolo che, ad un certo momento della vita del Comboni si impone come particolarmente pregnante, armonizzando tutte le prerogative più belle di Maria, tra cui quella di Madre, Regina della Nigrizia e Immacolata, è proprio il titolo di Nostra Signora del S. Cuore, mutuato da P. Giulio Chevalier (Cf. Positio, II, 834-837. Mi riservo di trattare più estesamente tutto l’argomen-to in un prossimo articolo di Archivio Comboniano ).

La prima volta che appare questo titolo è nella Lettera Pastorale, scritta da Delen il 28.10.1875 (S 3990), in preparazione alla Consacrazione del Vicariato a N.S. del S. Cuore. Consacrazione poi realizzata 1’8 dicembre 1875, con una formula recante la data di novembre 1875 (S 4002). Una consacrazione a cui Comboni annetteva la stessa importanza di quella del Sacro Cuore, emessa il 14 settembre 1873 (S 5182). Con la consacrazione a N.S. del Sacro Cuore stabiliva infatti un nesso logico (lo esigeva la dinamica dell’evento redentore avvenuto attraverso la cooperazione umana) e si lanciava anche in una interpretazione del titolo scelto, attraverso una lunga enumerazione dei nomi di Maria (S 3990-3991). Particolare di non poco conto, è notare che il Comboni consacrava il Vicariato a N.S. del Sacro Cuore in un momento in cui detta devozione, proprio a causa del titolo, aveva sollevato forti perplessità, per non dire ostilità, negli ambienti romani tanto da decretarne poi nel 1870 la soppressione e la chiusura della basilica di Issoudun.

Alcuni fugaci accenni mostreranno all’evidenza come Comboni annetteva a tale riferimento mariano la massima importanza per la sua Opera. Così al cardinale Giovanni Simeoni scriveva da Khartoum il primo giugno del 1878: "Il Sacro Cuor di Gesù, N.S. del S.C., a cui è consacrata l’Africa centrale proteggeranno l’Opera loro" (S 5185). Scrivendo dal Cordofan il 17. 5. 1881 allo stesso cardinale, gli menzionava la chiesa di N.S. del S. Cuore che stava costruendo, aggiungendo immediatamente: "...ed ho tutta la fiducia, che N.S. del S.C., Regina della Nigrizia, e padrona del Cuore di Gesù, convertirà questi barbari, che finora furono avvolti nelle tenebre della morte" (S 6727). Il Comboni inseriva questo riferimento nella triade irrinunciabile della sua spiritualità, cioè il Cuore di Cristo e la figura benevola e provvidente di S. Giuseppe. In una lettera al Can. Cristoforo Milone da Khartoum, il 24 ottobre 1878 scriveva: "[…] ma ho la ferma speranza nel Divin Cuore di Gesù, che palpitò anche pella Nigrizia, in nostra Signora del S.C., e in quel mio caro economo ed amministratore generale dell’Africa Centrale, S. Giuseppe protettore della Chiesa cattolica (S 5437). Nel punto giusto dunque della missione, dove questa diventava anche assunzione di tutte le tragedie umane della povertà, degli eventi umani sfavorevoli (carestia) e delle oppressioni causate (problema della schiavitù), appare come saldo rifugio ispiratore questa triade.

Si può davvero dire che questo titolo di N.S. del S. Cuore era entrato nel suo animo. Con trasporto e convinzione aveva scritto a P. Chevalier quanto ci tenesse a questo titolo di N.S. del Sacro Cuore (Domina nostra a Corde Jesu e non Domina nostra Cordis Jesu) che esprimeva non il dominio della Madre sul Cuore del Figlio, quanto piuttosto le sue relazioni. Ecco le parole vergate a Gebel Nuba, il 28 maggio 1881: "...In più, nella Missione e in tutte le Stazioni il nome di N.S. del Sacro Cuore è su tutte le labbra e questo a causa delle grandi grazie ottenute per sua intercessione. Questo culto è dovuto allo zelo con il quale lo propaga la mia Superiora Provinciale dell’Africa centrale, Sr. Teresa, alla quale questa devozione è sempre stata cara, dopo che ha avuto la fortuna di imparare a conoscerla a Osimo, in Italia" (S 6771).

Si può veramente affermare che, tra i molteplici titoli con cui Comboni ha onorato Maria durante tutta la sua vita, questo è certamente il più pregnante e il più caro. Oseremmo dire che si tratta del frutto di una raggiunta maturità spirituale perché in tale titolo vedeva sintetizzate le prerogative più importanti di Maria come Madre e come Cooperatrice con Cristo nell’ opera della salvezza ossia come Madre di Dio e madre di tutti gli uomini, in concreto degli africani che in quel frangente erano certamente le creature più abbandonate. "O nome il più bello dopo quello di Madre di Dio" (S 3992) – scriveva nella lettera di indizione. – "Ora non è pel Nostro Dilettissimo Vicariato dell’Africa Centrale un gran segno di salute e di grazia questo nuovo titolo, di cui in questi tempi apparisce gloriosa in mezzo a noi la gran Madre di Dio?" (S 3996).

B) Significato del titolo Nostra Signora del Sacro Cuore: Madre presso il Cuore del Figlio per noi

Per cogliere il significato del titolo N.S. del Sacro Cuore ci rifacciamo a quei due testi fondamentali che sono la Lettera circolare preparatoria (S 3990-4001) e la Consacrazione preparata per l’8 dicembre 1875 (S 4002-4005).
Anzitutto l’appellativo di N.S. del Sacro Cuore è rispettoso del ruolo unico della mediazione di Cristo, a cui tuttavia essa è associata: "Ella medesima è la mistica chiave del Cuore adorabile del suo Figlio Gesù (S 3992) e pur tuttavia "Voi siete ogni cosa per noi dopo Gesù" (S 4004) – scrive Comboni. Maria inoltre è inserita nella visione della storia della salvezza che si distende nel tempo è ha dei momenti privilegiati. N.S. del Sacro Cuore è certamente una creatura eccelsa: "… la Donna senza macchia…il Prodigio dell’infinito amore di Dio" (S 3993), ma è "speculum Trinitatis" per noi: "Figlia prediletta dell’eterno Padre, per cui la cognizione di Dio è pervenuta fino agli ultimi confini della terra; …Domicilio dell’eterno Figlio, il quale da voi è nato vestito d’umana carne; …abitazione ineffabile dell’Eterno Divino Spirito Santo, il quale ha profuso in lei tutti i suoi doni e tutte le sue grazie" (S 4003). Tanto unita a noi da essere presente soprattutto nei momenti delle estreme necessità: : "…come giungete opportuna nelle nostre necessità! Oh! Come la Divina Provvidenza Vi aveva riserbata per questi tempi e luoghi…". Questa sua presenza puntuale ha una ragione teologica. La Madre è unita indissolubilmente al sacrificio redentore del Figlio: "Madre avventurata del Nostro Divin Redentore morto per tutti sulla Croce" (S 4004).

Tuttavia c’è qualcosa di più specifico: Maria non è solo sotto la croce, ma presso, rivolta al centro della redenzione, che è il Cuore del Figlio. Ed ecco la splendida definizione di N.S. del Sacro Cuore, come "la nostra Madre presso il Cuore del Figlio in tutta la nostra vita" (S 4005). Maria continua a generare figli, e quindi ad essere Madre nei nostri confronti, proprio in quanto è presso il Cuore del Figlio, ossia in quanto penetra i sentimenti del Figlio. Quindi questa definizione di Maria colloca il Cuore della Madre all’apice della traiettoria umano-spirituale della storia della salvezza e trasmette l’atteggiamento più maturo della fede che salva e si comunica. Qui la storia della salvezza è arrivata, in una persona, alla profonda coscienza della grazia che salva e che chiama alla partecipazione. N.S. del Sacro Cuore indica ciò che si deve contemplare e come vi si aderisce. Maria indica il fatto primo della salvezza: i sentimenti del Cuore del Figlio; Maria induce inoltre al duplice atteggiamento che sempre lo deve accompagnare: contemplare il mistero dell’amore e assumerne la responsabilità (sguardo che genera missione). Maria infine indica il luogo: sotto la Croce nasce l’atto redentore e la Chiesa. Ci si muove dunque dentro una dinamica contemplativa e di partecipazione.

In termini attuali potremmo dire che qui Maria diviene la Madre che genera, in quanto si comporta da discepola. In tal senso qui raggiunge il suo equilibrio anche il potere mediatore di Maria sul Cuore del Figlio a nostro favore. Essa apre il Cuore di Cristo per noi in quanto lo contempla in profondità, in quanto si mette in sintonia con il centro dell’amore redentore: da persona a persona indissolubilmente.

Che questa lettura non sia arbitraria, ma trovi uno stupefacente riscontro nella vita di Comboni, ce lo conferma l’atto di Consacrazione della Nigrizia a Notre Dame de La Salette (26 luglio 1868), stilato da lui stesso con felicissima formula. In tale atto è affermata esplicitamente la connessione tra Piano, sua realizzazione e funzione mediatrice di Maria; è proclamata la connessione tra funzione materna – ecclesiale - propiziatrice di Maria. Ecco il testo, tanto straordinario quanto premonitore: "Sei tu, divina Madre, che mi hai ispirato il nuovo piano per la rigenerazione dell’Africa centrale, che il Vicario di Cristo e molti Vescovi hanno approvato come il più saggio e il più opportuno. …mi sono dedicato , con dei generosi compagni, alla conversione dei neri ancora infedeli malgrado gli sforzi della Chiesa, anche se il Sangue di Cristo li ha riscattati e che Tu, o Maria, li hai addottati come figli sul Calvario" (S 1639-1640). È normale quindi che si formi o si possa riscontrare quasi come una grande inclusione: dalla Consacrazione della Nigrizia a La Salette (26 luglio 1868), alla consacrazione del Vicariato dell’Africa a El-Obeid (8 dicembre 1875), mediata da questo stare della Madre presso la croce del Figlio. Da La Salette ossia da una madre che ha adottato i suoi figli sul Calvario a El-Obeid ossia a N.S. del Sacro Cuore che è "la nostra Madre presso il Cuore del Vostro benedetto Figlio Gesù in tutta la nostra vita". Espressione compiuta di quanto scriveva già nel 1868 a Marie Deluil-Martiniy: "Il Cuore di Cristo è stato ferito dalla lancia sulla croce mentre Egli era morto e […] questo colpo terribile di lancia ha trapassato il Cuore della nostra Madre Maria: questo colpo di lancia si ripercuoterà anche nell’Africa" (S 1733).

Significato per noi

"Stare con la Madre presso il Cuore", significa credere e vivere il primato dell’amore di Cristo nell’evangelizzazione. Maria che guarda i sentimenti del Cuore del Figlio diviene l’icona per eccellenza di colui e colei che evangelizza e ci indica il cammino: anch’essa per poter generare figli si fa discepola. Quello sguardo orientato assolutamente e totalmente al centro dell’amore efficace indica la consacrazione missionaria a doppio binario: guardare l’amore che salva e rispondere incondizionatamente all’amore che sceglie. Alla luce di N.S. del Sacro Cuore, ogni festa mariana potrebbe diventare per noi "memoria" come ricordo e riattualizzazione della nostra consacrazione missionaria. "Noi per Lei siamo entrati nel Cuore Sacratissimo di Gesù; noi per lei conosciamo Gesù Cristo…" (S 3999). Ogni consacrazione racchiude in sé un necessario sguardo contemplativo. Il monito mariano è dunque: penetrare sempre di più i sentimenti del Cuore del Redentore o come si afferma nella Redemptoris Mater (RMa) "ricalcare l’itinerario compiuto dalla Vergine Maria, la quale "avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio fino alla croce" (n° 2, anche 22, 27). Invito dunque a esaminare lo spessore e la presenza della contemplazione nella nostra vita per valutare la verità e l’autenticità della nostra consacrazione missionaria.

"La Madre presso il Cuore del Figlio per tutta la nostra vita", significa anche che Maria è socia di Cristo, quindi non strumento inerte, ma attivo Essa partecipa nell’atto salvatore con tutta se stessa e quindi mette sull’avviso che la salvezza deve essere trasmessa con tutta la ricchezza della persona umana: al maschile e al femminile. Ogni sbilanciamento, o rivendicazione esclusiva, o discriminazione di uno a favore dell’altro decreta la falsificazione dell’atto salvifico. Quindi, propone una seria riflessione sulla capacità della nostra azione evangelizzatrice di esprimere la ricchezza, la diversità e la complementarietà dell’elemento maschile e femminile. Ci stimola a scoprire i possibili elementi discriminanti, escludenti e, prima ancora, ad enumerare positivamente le differenze che possono dare completezza, complementarietà e autenticità al nostro essere evangelizzatori e evangelizzatrici, come persone e come comunità. "L’Africa centrale è la più ardua e laboriosa missione dell’universo – scriveva il Comboni da Khartoum, il 24 luglio 1878, a Madre Maria Annunciata Coseghi: "Ora perché il più piccolo e insignificante degli Istituti, qual è il mio, microscopico, ed insignificante degli Istituti, ha potuto consolidare l’apostolato dell’Africa Centrale, e dilatare le sue tende più, che non han potuto fare e miei antecessori?Perché io d’accordo con Pio IX ho consacrato solennemente il Vicariato al Sacro Cuore di Gesù, a Nostra Signora del Sacro Cuore, e a S. Giuseppe, […] e perché nell’apostolato dell’Africa Centrale io il primo ho fatto concorrere l’onnipotente ministero della donna del Vangelo, e della suora della carità, che è lo scudo, la forza, e la garanzia del ministero del missionario" (S 5284; cfr. anche RMa 46). Valutare il nostro stare assieme come evangelizzatrici e evangelizzatori (convinzioni, sensibilità, suscettibilità, realizzazioni, difficoltà…).

"La Madre presso il Cuore in tutta la nostra vita", significa infine che l’atto evangelizzatore nasce con Maria ai piedi della Croce. Non in maniera qualunque però, ma come lei nasce assieme al (ai) Crocifisso (crocifissi) e come Chiesa. Tutto un programma di verifica sulle nostre fedeltà (a ciò che ci vincola a Dio, ai fratelli, alle situazioni) e tutto un programma di verifica dei nostri atteggiamenti vincenti il nostro individualismo: orientare l’attenzione verso l’altro/l’altra (S 3993, 3997, 4003), consolare (S 4004), proteggere (S 4005), asciugare lacrime (S 4004), essere benedizione (S 4003), intercedere (S 4004), "offrire e consacrare tutti i nostri pensieri, le nostre parole, le nostre azioni…i nostri patimenti, le nostre fatiche, tutta la nostra vita" (S 4005). "Maria si pone tra suo figlio e gli uomini nella realtà delle loro privazioni, indigenze e sofferenze" – scrive Giovanni Paolo II (RMa 21, anche 23 e 37 pr.3).

Nostra Signora del Sacro Cuore, come "Madre che sta presso il Cuore del Figlio per noi", è dunque un irrinunciabile lascito mariano di S. Daniele Comboni che ci apre in continuazione la via della missione e la verifica, se crediamo appunto che Maria continua a costituire nella storia della salvezza: "Momento unico, punto in cui l’eternità di Dio tocca il fluire della storia umana" (Karl Rahner).

La Vergine Immacolata, icona missionaria dell’umanità rigenerata

Nella lettera circolare preparatoria (S 3990-4001) e nella Consacrazione preparata per l’8 dicembre 1875 (S 4002-4005), Comboni collega il titolo di N.S. del Sacro Cuore in maniera armoniosa con Immacolata, Madre, Socia della Redenzione, Protettrice. Egli stesso consacrava il nascente Istituto al Santissimo Cuore di Gesù e lo poneva sotto la protezione della Beata Vergine Immacolata (cfr. Regole 1871, S 2649).

Certamente anche motivi storici inducevano Comboni a usare molto frequentemente il titolo di Maria Immacolata: qualche giorno prima della sua ordinazione sacerdotale, Papa Pio IX, l’8 dicembre 1854, aveva, infatti, proclamato solennemente il Dogma dell’Immacolata Concezione.

Daniele Comboni nutrì un affetto particolare per Maria Vergine; a lei guardò come al Prezioso conforto del Missionario, come alla Madre degli Africani a cui si rivolse sempre con filiale fiducia. Maria, la Vergine Immacolata, è colei che ha adottato sul Calvario tutti gli Africani come figli (S 1639), e nel cui diadema Comboni auspicava che la Nigrizia presto brillasse come perla nera (S 1031).

Nell’Istituto delle Suore missionarie Comboniane, la festa dell’Immacolata Concezione è sempre stata celebrata con solennità fin dai suoi primi anni di vita. Daniele Comboni aveva già reso particolarmente significativo il giorno dedicato alla celebrazione liturgica dell’Immacolata Concezione con la fondazione dell’Istituto del Cairo l’8 dicembre 1867 (cfr. S 2895) e, ancora, con l’atto di consacrazione del Vicariato dell’Africa Centrale l’8 dicembre 1875 (cfr. S 4000). Rinnovando dunque la loro consacrazione per la missione ad gentes nella festa dell’Immacolata, le Suore Missionarie Comboniane vedono in Maria un modello di consacrazione feconda, di fedeltà e di totale disponibilità a collaborare al Piano di Dio per la "rigenerazione" dell’umanità.

La devozione del nostro Fondatore nei confronti di Maria fu profonda e reale. È la dimensione missionaria del rapporto di Comboni con Maria che vogliamo soprattutto sottolineare, considerandola come l’aspetto più specifico della sua devozione mariana.
Il suo voto di missione, vale a dire il suo riordinare, ri-orientare tutto - talenti, desideri, energie, affetti, tempo - a vantaggio della missione, di quello che egli chiamava il primo amore della mia giovinezza, risulta chiaro anche dalle sue devozioni, tra queste, in particolare quella mariana. Ne è un esempio il modo in cui egli, nell’omelia di Khartoum, invocava Maria dopo avere, con cuore di pastore, ri-espresso il dono totale di sé per la rigenerazione del popolo africano: Affrettate l’ora della loro salute, spianate gli ostacoli disperdete i nemici preparate i cuori, ed inviate sempre nuovi apostoli a queste remote contrade tanto infelici e bisognose (S 4002).

Celebrare il mistero dell’Immacolata Concezione di Maria significa affermare, al di sopra di tutto, la nostra fede in Cristo che compie il Piano d’amore del Padre vincendo il male presente nel mondo. Maria concepita senza peccato, infatti, è il segno meraviglioso dell’azione della grazia salvifica del Redentore che vince il male che affligge il mondo; ella, come prima creatura salvata da Cristo, è modello di tutta l’umanità rigenerata; è l’affermazione assoluta che la grazia di Dio è più grande della nostra miseria e del peccato. In lei vediamo già la nuova creazione; in lei scorgiamo il destino di tutta l’umanità e il compimento della storia: una umanità liberata da ogni forma di male, guarita dalle ferite della divisione e dell’oppressione e che vive in armonia e in unità.

Ef 1,3-6.11-12 - seconda lettura della festa liturgica - ci descrive la vita dell’umanità che, pur attraversando prove e tribolazioni, avanza verso il compimento perfetto: "In Cristo il Padre ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità". È l’immagine di un’umanità amata e rigenerata in cui si compie l’incontro definitivo degli uomini con Dio e tra di loro, segno questo inconfondibile della presenza del Regno. Maria è colei nella quale tutto ciò si è già realizzato in modo unico ed eccezionale.

Come Comboni, guardiamo allora a lei come segno di speranza che splende come un’Iride di pace e riconciliazione tra la terra e il cielo e quindi come l’immagine stessa del Piano di salvezza già realizzato: in lei scorgiamo l’umanità redenta, liberata dalla schiavitù del peccato e della divisione. Un’umanità alla quale siamo inviate e nella quale come Cristo Buon Pastore, come Maria nel Magnificat e come Comboni siamo chiamati ad immergerci, in solidarietà profonda con chi, a causa del peccato e delle schiavitù di oggi, non gode della pienezza di vita e della vera libertà dei figli di Dio. È la missione vera di Gesù Cristo, dice Comboni, che è venuto nel mondo a liberare gli schiavi, a rendere a tutti la libertà, e costituirli fratelli suoi e figli di un medesimo Padre che è nei cieli (S 3603).

La celebrazione di questo mistero, allora, ci lancia insieme a Maria nel mondo con uno sguardo ottimista, con nuova speranza e coraggio; e nelle situazioni spesso crocifiggenti, dolorose che incontriamo ella ci appare come icona di un’umanità in pace, armonica e riconciliata. Da lei che non si è accasciata ma che ha saputo stare ritta sotto la croce, e che ha seguito il Figlio fino alla tomba "luogo del travaglio" verso la vita piena, attingiamo sia la forza di perseverare e di saper sempre ricominciare, certi, come Comboni, che le opere di Dio nascono e crescono ai piedi del Calvario, sia la grazia di essere inseriti nel mistero della Croce, delle sofferenze del mondo, ma anche di quelle che viviamo in noi stessi: la nostra fragilità e le nostre ferite, accettandone lo scandalo ma ponendoci in condizione di intravederne, come Maria e in Maria, tutta la fecondità per l’avvento del Regno di Dio. È l’impegno, dunque, a far sì che le tracce del peccato diminuiscano nel mondo per lasciar posto all’azione rigeneratrice della grazia di Cristo che trasforma e ricrea l’umanità dal di dentro. E allora anche noi, come Comboni, guardiamo a lei "con la Nigrizia nel cuore": a lei affidiamo le ansie, le speranze, le gioie, le angosce del popolo al quale siamo state inviati e che riceviamo dal Cuore trafitto del Buon Pastore contemplato sulla croce nella certezza che l’assurdità di ogni sofferenza umana trova un senso nel sacrificio di Cristo.

La festa dell’Immacolata Concezione ci ricorda che la componente mariana della nostra vocazione missionaria comboniana è un aspetto essenziale della nostra vita. La nostra devozione nasce dalla contemplazione di Maria: da una parte guardiamo a quello che innanzitutto il Signore ha compiuto in lei, toccandola e rigenerandola con la sua grazia e rendendola icona dell’umanità amata e salvata e quindi segno di speranza per tutti noi; dall’altra vediamo poi nella Vergine la piena disponibilità a lasciarsi plasmare dall’amore misericordioso di Dio ogni giorno della sua vita, divenendone così la prima e vera missionaria.

Se riconosciamo in Maria il segno dell’umanità redenta, non possiamo che rivolgerci poi all’umanità stessa e in essa intravedere i segni della presenza della grazia di Dio sempre, anche in mezzo alle tenebre più fitte e alle tempeste più violente. Maria Immacolata, "icona" dell’umanità armonica e riconciliata, è infatti un invito a contemplare con speranza la storia umana riconoscendola come luogo sacro dove si compie giorno per giorno il Piano di Dio fino alla fine.

Maria concepita senza peccato è così una sfida per noi tutti, un invito costante a ricominciare ogni giorno un nuovo cammino di conversione ai "modi" di Dio nel nostro servizio missionario perché la sua grazia redentrice possa liberamente agire in noi e nella storia per condurla lentamente ma costantemente fino al suo compimento. Come Maria, siamo chiamati ad essere come Famiglia Comboniana per l’umanità, un dono di Dio, sacramento e strumento di pace, di riconciliazione e di unità armonica.



P. Arnaldo Baritussio, mccj
Sr. Marina Cassarino, smc

P. Arnaldo Baritussio, mccj - Sr. Marina Cassarino, smc