Ucciso dai soldati di Amin il pomeriggio del sabato santo 14 aprile 1979
Bosaro (Rovigo – Italia)
Lira (Uganda)
Sabato Santo, 14 aprile 1979, ore 4,30 pomeriggio, P. Giuseppe Santi sta preparandosi a celebrare la solenne liturgia della vigilia pasquale nella chiesa di Aloi, Uganda. Due giovani arrivano da Patongo dove infuria il terrore dei soldati di Amin e chiedono che il Padre li aiuti ad andare a Lira, il capoluogo di provincia. La moto, con cui sono arrivati, non funziona più. P. Santi è incerto; non gli sembra giusto lasciare la Messa del Sabato Santo per gli affari, sia pur urgenti, di due giovani, ma gli stessi parrocchiani lo esortano a preferire l'aiuto a queste persone alla celebrazione eucaristica. La carità prevale. Forse meno di un'ora più tardi, P. Santi, ucciso dai soldati di Amin, aveva terminato il suo sacrificio terreno.
Il giorno di Pasqua la notizia dell'uccisione di un missionario nei pressi delle caserme di Lira, viene riportata al Vescovo Mons. C. Asili asserragliato insieme con il P. Pampaloni e Fr. Pratt, alcune suore, seminaristi e laici nella sua casa presso la cattedrale. Ma nessuno può uscire, perché i soldati di Amin sono sparpagliati dappertutto e sparano a vista.
Solo martedì mattina, 17 aprile, essendo partiti molti soldati, si riesce a trovare poco fuori delle caserme a un chilometro dalla cattedrale la buca dove erano stati buttati i corpi del missionario e di altre sei persone. Viene riconosciuto Padre Santi. In fretta si porta il suo corpo in cattedrale e si fa una breve liturgia funebre mentre si scava la fossa accanto alla tomba del sacerdote diocesano P. Anania Oryang ucciso 15 giorni prima. Durante la sepoltura, arriva un autocarro di soldati che si ferma a poca distanza. Tutti fuggono in casa e solo dopo la partenza dei soldati potranno completare la pietosa opera della sepoltura. Giuseppe Santi era nato a Bosaro, diocesi di Adria e provincia di Rovigo, il giorno dell'Annunciazione del 1920. Compiuto il ginnasio e la prima liceo nel seminario diocesano, entrò nel noviziato di Vengono (VA) nel settembre 1938 e vi emise la professione religiosa il 1 ottobre 1940. Intanto era scoppiata la guerra: gli scolastici erano stati trasferiti a Rebbio di Como, e là P. Santi fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1945, appena finita la guerra.
Nei primi cinque anni del suo sacerdozio svolse attività di animazione, percorrendo le diocesi di Milano e di Como, e tenendo una intensa corrispondenza con i ragazzi che manifestavano segni di vocazione missionaria.
Al Capitolo Generale del 1947 fu costituita la Circoscrizione delle Scuole Apostoliche (o Seminari Minori) perché il lavoro procedesse con maggiore autonomia ed efficienza. Nel 1949 c'erano infatti 526 alunni nelle 8 scuole apostoliche d’Italia, dei quali 90 a Crema e 82 a Brescia, frutto in gran parte delle fatiche dei viaggi e delle lettere di P. Santi.
Egli però voleva andare in Africa e nel 1950 fu esaudito. Dopo 10 mesi di permanenza a Londra per lo studio dell'inglese, il 1° settembre 1951 giungeva a Gulu, Uganda. Fu dapprima coadiutore nella parrocchia della cattedrale, allora vastissima, e si immerse con piacere nel lavoro di istruzione dei catecumeni con visite alle diverse cappelle. Era assiduo nei “safari” che faceva con metodicità e impegno, visitando casa per casa. non contento di conoscere la gente ma lavorando in profondità. risolvendo con pazienza e fermezza i casi difficili, incoraggiando tutti a perseverare nella preghiera. Dopo 20-25 anni in molti posti si notano ancora gli effetti del suo lavoro ed egli è ancora ricordato.
Soffriva di male di reni (per cui più tardi dovette subire un'operazione) ma la sofferenza non gli tolse mai il sorriso quando parlava con la gente. Fu durante questo tempo che egli lavorò particolarmente nella zona di Awach e la preparò a diventare parrocchia indipendente.
Nel 1956, rimanendo superiore della comunità e parroco della Cattedrale di Gulu, P. Santi fu nominato Superiore Regionale d'Uganda. La Regione comprendeva tutti i comboniani in Uganda che nel 1958 erano 139 (un Vescovo, 92 Padri e 46 Fratelli). Con i confratelli ebbe sempre molta comprensione anche se portato alla fermezza nelle decisioni prese.
Come Regionale, P. Santi partecipò al Capitolo Generale del 1959, dove fu eletto Superiore Generale P. Gaetano Briani. Questi lo nominò Superiore della Circoscrizione delle Scuole Apostoliche in Italia. P. Santi accettò con riluttanza e ben presto cominciò ad avanzare motivi di incapacità per essere esonerato e mandato in missione. Diceva che la carica di Superiore della casa di Brescia richiedeva una continua presenza ed era quindi incompatibile con l'ufficio di Superiore di Circoscrizione; soprattutto si dichiarava incapace di dare delle direttive e imporre degli ordini e quindi di essere inadatto all’ufficio di Superiore. Probabilmente i confratelli la pensavano diversamente, ma il Superiore Generale dovette tener conto dei sentimenti di P. Santi e nel giugno 1960 accettò le sue dimissioni. Fu trattenuto ancora un anno in Italia per l'animazione missionaria nei Seminari diocesani.
Nel luglio 1961 P. Santi era di nuovo a Gulu. Per un anno gli fu affidato il compito di organizzare e dirigere l'Azione Cattolica della diocesi, in successione a P. Agostoni trasferito a Kampala. La sua preferenza però era per il lavoro pastorale. Nell'agosto 1963 fu inviato come parroco ad Aber, che allora si trovava nella diocesi di Gulu. Pochi mesi dopo, nel febbraio 1964 fu chiamato ad aprire la parrocchia nella città di Lira in vista della erezione di questa città a sede vescovile. La città di Lira era stata fino a poco tempo prima preclusa ai cattolici, che avevano la loro parrocchia a Ngeta, a 8 km a nordovest. Padre Santi rimase a Lira 10 anni, eccetto una vacanza in Italia (1967-68).
In occasione del suo 25° di sacerdozio (nel 1970) così descrive la sua attività: “Dal 1964 ad oggi: ancora direttore di A.C., poi vicario vescovile e vicario generale, ma da strapazzo e che serve poco... Mi trovo in una città africana, Lira, e quasi mi vergogno. Iniziai la parrocchia di Gulu città; la portai a buon sviluppo; poi mi chiesero di venire a Lira. C'era un bosco e nel bosco una cappellina. Ora, oltre alla casa del Vescovo ed alla casa parrocchiale, è sorta una bella chiesa, capace di 600 persone a sedere. C'è poi un asilo e un oratorio maschile. Da 300 persone che frequentavano la domenica nel 1964 siamo arrivati a 1.400. Dirai: e perché ti vergogni? Rispondo: la mia vita è come quella di un parroco in Italia. 5.40 levata, poi preghiere, meditazione, Messa, colazione, ufficio fino all'una. Poi passo alla visita dei cristiani nei villaggi o in qualche scuola, o vado a celebrare in un posto a poche miglia di distanza. Nel pomeriggio recito le preghiere del Breviario, visito i vari catecumenati distribuiti in un raggio di una decina di km. Alla sera mi sento stanco. Il mio coadiutore è Padre Luigi Molinaro...” (di quasi 90 anni N.d.R.).
E in un'altra lettera: “Sono felice di essere un sacerdote-missionario nella Congregazione dei Comboniani. Felice perché ci si dona: non c'è nulla di più bello che donare... Progetti? Nessuno: solo continuare e migliorare il mio venticinquesimo: un controllo di rotta, raddrizzamenti. Un rilancio in avanti, un riscoprire il motto della prima Messa: "sitio", che comprende tutto: dedizione, aspirazione, protesa. Prete per altri 25 anni. Per sempre”.
Il Signore non gli diede altri 25 anni. La fine venne improvvisa, ma non inattesa. Dopo settimane di tensione e di pericolo, Padre Santi, nel tentativo di aiutare dei giovani a raggiungere le loro famiglie, corse il rischio deliberato che lo portò a morire per la sua gente. Il bagliore della sua fine ha illuminato una vita che egli aveva sempre cercato fosse modesta e nascosta.
L'UNICEF, la Croce Rossa Italiana e la Confederazione di Azione Popolare Italiana hanno incluso il Padre Santi tra le “persone che si sono segnalate per la loro attività in sostegno della battaglia per la difesa del bambino”. Durante una speciale celebrazione presso la Fiera di Roma il 14 luglio 1979 venne consegnata da un rappresentante dell'UNICEF una targa di bronzo alla memoria di P. Giuseppe Santi “per il suo costante impegno come baluardo di difesa per condizioni di vita più serene per il bambino”.